ambiente
LA GEOGRAFIA DEL GAS
TRA CRISI INTERNAZIONALE E TRANSIZIONE
ECOLOGICA / PARTE I
di Leila Tavi
Il forte aumento dei prezzi del gas di
questo periodo e le tensioni al confine
tra Russia e Ucraina hanno riportato
l’energia in cima all’agenda politica
dei Paesi occidentali, così come fu nel
2003, nel 2006 e ancora nel 2009. Il 22
febbraio si svolgerà in Qatar, a Doha,
il vertice annuale del Gas Exporting
Countries Forum (GECF), con i timori
degli Stati Uniti e dell’Unione Europea
riguardo all'approvvigionamento di gas,
se la Russia dovesse invadere l'Ucraina.
I membri del Forum sono undici: Algeria,
Bolivia, Egitto, Guinea Equatoriale,
Iran, Libia, Nigeria, Qatar, Russia,
Trinidad e Tobago e Venezuela, mentre
sette sono i Paesi osservatori: Angola,
Azerbaijan, Emirati Arabi, Iraq,
Malesia, Norvegia e Peru. La coalizione
rappresenta il 71% delle riserve
mondiali di gas naturale, il 43% della
sua produzione commercializzata, il 58%
delle esportazioni di LNG (gas naturale
liquefatto) e il 52% del commercio via
pipeline in tutto il mondo. La prima
riunione del GECF si tenne a Teheran il
19 e 20 maggio 2001 e vi parteciparono i
governi di Algeria, Brunei, Indonesia,
Iran, Malesia, Oman, Qatar, Russia e
Turkmenistan, con la Norvegia come
osservatore.
Tra i Paesi occidentali l’Australia e
gli Stati Uniti sono due dei principali
produttori di gas naturale al mondo, ma
non fanno parte del GECF. Nell’ipotesi
in cui la crisi tra Russia e Ucraina si
inasprisca ancora di più, i Paesi
dell’UE, dipendenti per il 40% dal gas
russo, sono in cerca di forniture
alternative.
Il TRTWorld ha riportato la notizia che
gli Stati Uniti stanno cercando il
supporto del Qatar, uno dei loro
principali alleati non-NATO, per
garantire forniture di emergenza, nel
caso in cui la Russia dovesse chiudere
le condutture verso l'Europa
occidentale. La partecipazione di
Vladimir Putin al meeting di Doha del 22
febbraio non è stata ancora confermata,
nel frattempo Joe Biden ha minacciato di
intralciare l’avvio del gasdotto Nord
Stream 2, i cui lavori sono ormai
terminati, se la Russia dovesse invadere
l’Ucraina. Già a maggio scorso
l’amministrazione Biden aveva rinunciato
a tutte le sanzioni contro il Nord
Stream 2, per non inasprire le relazioni
con la Germania. Il gasdotto Nord Stream
2, che corre sotto il Mar Baltico fino
alla costa della Germania e la cui
costruzione è stata sostenuta da
Berlino. Il gasdotto è già stato
completato, ma il gas naturale ancora
non è stato pompato verso la Germania.
Insieme al suo precedente cugino Nord
Stream 1, aperto nel 2011, il nuovo
gasdotto ha una capacità di trasporto di
55 miliardi di metri cubi di gas
naturale all'anno. Nord Stream 2 è
costato 9,5 miliardi di euro (10,6
miliardi di dollari) e con i suoi 1.230
chilometri di lunghezza, è il più lungo
gasdotto sottomarino del mondo. Di
proprietà della Gazprom (Газпром) , alla
costruzione del gasdotto hanno
contribuito con il 50% dell’investimento
iniziale OMV dell'Austria, Shell della
Gran Bretagna, Engie della Francia,
Uniper della Germania e l'unità
Wintershall della BASF. Ideato oltre un
decennio fa, la sua costruzione iniziò
nel maggio 2018, ma in quell’anno
l’allora presidente degli USA Donald
Trump impose sanzioni a chiunque fosse
coinvolto nella costruzione del Nord
Stream 2, così circa diciotto aziende
europee si ritirarono, tra cui la
tedesca Wintershall, per paura di essere
colpite da sanzioni finanziarie.
Nonostante il ritiro da parte di molte
aziende energetiche europee, Gazprom ha
ultimato la costruzione del gasdotto a
settembre scorso, ma, a causa dei
difficili rapporti diplomatici tra la
Russia e l’Occidente, il Bundestag
tedesco non ha ancora rilasciato
l’autorizzazione ufficiale per la messa
in funzione. La Casa Bianca ha
minacciato di nuovo forti sanzioni
contro le aziende che hanno partecipato
alla costruzione, se la Russia dovesse
attaccare l'Ucraina.
L'infrastruttura energetica sarebbe un
bersaglio sensibile in caso di conflitto
tra la Russia e l’Ucraina, in quanto le
forniture di gas russo transitano in
Europa attraverso la Bielorussia e
l’Ucraina con i gasdotti Nord Stream 1,
Blue Stream e Turk Stream, che
rappresentano circa la metà di tutte le
importazioni di gas nell'UE. I volumi
che arrivano dall'Ucraina non potranno
essere completamente sostituiti in caso
di danni ai gasdotti ora attivi, neanche
con l’aiuto degli Stati Uniti. A un
eventuale danno ai gasdotti ucraini
potrebbe invece essere fatto fronte, se
la Germania autorizzasse l’apertura del
gasdotto Nord Stream 2, affinché il
deficit di gas in Europa fosse
riassorbito, ma ovviamente ciò sarebbe
possibile soltanto se una definitiva
rottura diplomatica con la Russia fosse
scongiurata. La situazione energetica in
Europa è così critica che diverse voci
hanno chiesto di esentare le relazioni
energetiche dalle sanzioni che
potrebbero essere imposte alla Russia,
se dovesse peggiorare la situazione con
l'Ucraina. Soprattutto la Germania ha
puntato negli ultimi anni
all’approvvigionamento del gas naturale
nel quadro della transizione energetica,
fintanto che non avrà implementato
l’utilizzo di fonti energetiche
alternative. Il bisogno di gas è
diventato più impellente in Germania con
la chiusura di tre delle sei ultime
centrali nucleari della Germania il mese
scorso. Le ultime tre chiuderanno a
dicembre.
L'ex cancelliere tedesco, Gerhard
Schröder, è dal 2005 a capo del
consorzio Nord Stream AG, incaricato
della costruzione dell'omonimo gasdotto
tra la costa russa nella regione di
Vyborg e la costa tedesca nella regione
di Greifswald, passando per il Mar
Baltico. In seguito si è occupato della
costruzione del gasdotto Nord Stream 2
ed è stato nominato presidente di
Rosneft (Роснефть), società russa
operante nel settore petrolifero e del
gas naturale. Schröder è nel board della
maggiore industria petrolifera russa dal
2017, è stato eletto per un secondo
mandato a giugno 2021, con un compenso
di 600 mila euro. Pochi giorni fa
Schröder è stato, inoltre, nominato nel
Consiglio di sorveglianza di Gazprom, la
sua nomina sarà sottoposta all'Assemblea
degli azionisti prevista per il 30
giugno a San Pietroburgo. L’ex leader
socialdemocratico prenderà il posto di
Timur Kulibayev, genero dell'ex
presidente kazako Nursultan Nazarbayev,
estromesso in seguito ai disordini di
gennaio. Schröder ha criticato la
richiesta di armi all’Occidente da parte
dell'Ucraina, oltre ad aver accusato la
Nato per il dispiegamento di truppe
russe al confine ucraino. Le
esternazioni di Schröder hanno suscitato
critiche in patria e all’estero,
evidenziando la spaccatura interna tra i
socialdemocratici di Olaf Scholz, tra
coloro che hanno una posizione
interlocutoria nei confronti della
Russia e coloro che, invece, nell’SPD,
così come nel governo e tra i
conservatori della CDU/CSU, sono
favorevoli all’uso delle sanzioni.
Nonostante il cancelliere Scholz abbia
preso pubblicamente le distanze dalle
dichiarazioni di Schröder, la Germania è
stata fortemente criticata dagli alleati
occidentali per essersi rifiutata di
inviare armi all’Ucraina. Il governo
tedesco si è limitato infatti a
promettere a Kyiv elmetti, un ospedale
da campo e 350 soldati da inviare in
Lituania. Gli interessi, il giro di
affari e i legami energetici con la
Russia sono enormi per la Germania,
inoltre su Scholz pesa una difficile
eredità, quella di Angela Merkel, per
anni considerata leader incontrastato
della diplomazia dell’UE, che ha
contribuito anche economicamente alla
stabilizzazione della crisi ucraina con
l’invio di circa due miliardi di dollari
dall’annessione della Crimea da parte
della Russia nel 2014.
Nel frattempo l’Unione Europea è alla
ricerca di nuove rotte per il gas. Il 4
febbraio il commissario europeo per
l’energia Kadri Simson è stata in visita
ufficiale in Azerbaigian per sondare la
possibilità di forniture di gas. Con
l’approvvigionamento energetico
utilizzato come arma strategica o leva
geopolitica, come sottolineato da James
A. Baker nell’introduzione della
monografia del 2006 Natural Gas and
Geopolitics: From 1970 to 2040, a
cura di David G. Victor, Amy M. Jaffe e
Mark H. Hayes, il gas naturale giocherà
un ruolo critico nel soddisfare le
esigenze energetiche del mondo. Una
serie di importanti fattori economici,
politici e tecnologici, insieme alla
crescente domanda globale di energia,
l'attuale deregolamentazione dei mercati
del gas e dell'elettricità, la
preferenza per il gas come fonte di
energia più pulita rispetto agli
idrocarburi e il calo dei costi di
produzione e trasporto del trasporto del
gas naturale liquefatto (LNG), hanno
posto le basi per un ruolo sempre più
strategico del gas naturale
nell'economia mondiale.
A farsi strada come acquirente
privilegiato del gas russo è la Cina,
che ha sottoscritto un contratto per una
fornitura per un trentennio che prevede
CNPC 10 miliardi di metri cubi di gas
all'anno, da erogare attraverso un nuovo
gasdotto, che dovrebbe entrare in
funzione tra due o tre anni collegando
la regione dell'Estremo Oriente russo di
Sakhalin attraverso il mar del Giappone
con il nord-est della Cina, nella
provincia di Heilongjiang. La Russia
invia già gas alla Cina attraverso il
suo gasdotto di 4.000 km denominato
Power of Siberia, che ha iniziato a
pompare forniture nel 2019 di gas
naturale liquefatto (LNG). La Russia ha
esportato 16,5 miliardi di metri cubi (bcm)
di gas in Cina nel 2021. Il nuovo
accordo, che ha coinciso con una visita
del presidente russo Vladimir Putin alle
Olimpiadi invernali di Pechino,
aggiungerebbe altri 10 bcm, rispetto ai
38 previsti dai precedenti accordi tra i
due Paesi. L'affare dovrebbe essere
regolato in euro, per slegarsi dal
sistema internazionale dell’energia che
è regolato in dollari statunitensi e
rientra nel progetto che Pechino ha di
raggiungere la carbon neutrality nel
2060.
Tornando invece alle questioni europee,
dopo i dialoghi svolti per telefono tra
Biden, Macron e Putin nella giornata del
12 febbraio, che non hanno portato
all’auspicata distensione diplomatica,
c'è una reale possibilità che il
conflitto Russia-Ucraina si
intensifichi, aumentando i timori che i
flussi di gas Russia-Europa possano
essere interrotti. La conseguente
tensione nei mercati del gas causata da
queste tensioni politiche probabilmente
fornirà supporto a tutti i mercati
energetici in generale, compresi i
prezzi del petrolio. Gli investitori
sono rimasti concentrati sulle
preoccupazioni di potenziali
interruzioni dell'approvvigionamento tra
i rischi geopolitici nelle regioni
produttrici di gas, ma anche di
petrolio.
Le preoccupazioni sull'offerta derivanti
dalle crescenti tensioni geopolitiche
hanno spinto i prezzi del Brent a 90
dollari al barile. Queste preoccupazioni
hanno anche fornito il supporto per i
prezzi previsti per raggiungere i 100
dollari e oltre tra le basse scorte
nell'OCSE, le preoccupazioni per le
forniture e la diminuzione della
capacità di riserva all'interno dell'OPEC+.
Inoltre un forte sell-off è previsto sui
mercati azionari, a causa
dell’annunciato aumento dei tassi di
interesse da parte della Federal Reserve
degli Stati Uniti, che dovrebbe essere
applicato a partire da marzo, con un
incremento dello 0,5%, in controtendenza
rispetto allo 0,25% dell’ultimo biennio.
Tale aumento potrebbe influenzare
l’andamento del mercato dell’energia e
il trend nel breve termine potrebbe
essere un aumento del prezzo del
greggio. L’aumento dei tassi di
interesse di FED aggiunge quindi
incertezza al mercato internazionale
dell’energia, già sconvolto dalla
minacciata riduzione di forniture di gas
e petrolio dalla Russia. Gli esperti di
finanza internazionale ritengono poco
probabile che gli Stati Uniti vietino
alle compagnie russe le transazioni in
dollari, poiché ciò estrometterebbe la
Russia dal mercato internazionale,
avendo come conseguenza che i prezzi del
greggio salirebbero alle stelle,
aggiungendo così un elevato premio di
rischio ai prezzi del greggio. Le
previsioni di mercato, se la crisi
russo-ucraina non dovesse esplodere
proprio in questi giorni, non fanno
rilevare tuttavia sostanziali
cambiamenti nel mese di febbraio, il
sistema delle forniture energetiche
dovrebbe tenere, ma già a marzo,
potrebbe essere necessario mettere mano
alle scorte. Il Covid-19 ha rallentato
il flusso commerciale e turistico
internazionale, ma se la situazione
pandemica dovesse migliorare, pur
restando nei prossimi mesi elevati i
prezzi del gas in Europa e le forniture
limitate dalla Russia a causa delle
tensioni geopolitiche, il petrolio
diverrebbe il naturale sostituto del gas
nelle prossime settimane. Un premio di
rischio continuerà perciò a essere
aggiunto ai prezzi del greggio fino a
quando le tensioni USA-Russia rimarranno
elevate.
L'aumento dei costi dell'energia ha
fatto aumentare l'inflazione,
soprattutto in Europa, dopo che i prezzi
dei combustibili fossili sono quasi
raddoppiati nell'ultimo anno. Anche
l'aumento dei prezzi dei prodotti
alimentari ha contribuito ad aumentare
l'inflazione. Nel frattempo, le continue
interruzioni della catena di
approvvigionamento, i porti intasati, le
tensioni logistiche e la forte domanda
di merci hanno ampliato queste pressioni
sui prezzi, soprattutto negli Stati
Uniti. I prezzi più alti delle merci
importate hanno contribuito
all'inflazione in alcune regioni, tra
cui l'America Latina e i Caraibi. È
probabile che l'inflazione rimanga
elevata. L'aumento dei prezzi quest'anno
sarà in media del 3,9% nelle economie
avanzate e del 5,9% nei mercati
emergenti e nelle economie in via di
sviluppo, prima di diminuire il prossimo
anno, secondo il World Economic
Outlook di gennaio 2022, uno studio
pubblicato semestralmente dall’IMF
(International Monetary Fund). Se
l’emergenza pandemica dovesse rientrare
nei prossimi mesi, l'inflazione dovrebbe
diminuire e, a poco a poco, le
difficoltà della catena di
approvvigionamento dovrebbero di
conseguenza attenuarsi, mentre le banche
centrali dovrebbero aumentare i tassi di
interesse e la domanda dovrebbe di nuovo
orientarsi verso i servizi, invece che
verso il consumo intensivo di beni.
Nel caso in cui la crisi russo-ucraina
dovesse rientrare, i contratti futures
sul petrolio indicano che i prezzi del
greggio saliranno di circa il 12%
quest'anno, mentre i prezzi del gas
naturale saliranno di circa il 58%. Tali
aumenti per entrambe le materie prime
sarebbero considerevolmente inferiori ai
loro guadagni dell'anno scorso e
sarebbero, probabilmente, seguiti da un
calo dei prezzi nel 2023, quando gli
squilibri tra domanda e offerta si
dovrebbero ulteriormente attenuare.
Ovviamente uno scenario di guerra
porterebbe invece a un quadro economico
internazionale catastrofico. |