N. 119 - Novembre 2017
(CL)
VITA E OPERA DI AL-IDRISI
SUL GEOGRAFO ARABO DI RE RUGGERO II,
E SULLA GEOGRAFIA ARABA MEDIEVALE - PARTE II
di Vincenzo La Salandra
A
completare
la
seconda
parte
di
questo
piccolo
saggio
si
segnalano
alcuni
stralci
descrittivi
estratti
dalla
Nuzhat:
i
primi
due
riguardano
le
isole
Maldive
e le
isole
della
costa
dell’Oman;
gli
altri
sono
brani
sull’Europa
(Spagna,
Italia
e
Grecia).
Esotica
e
curiosa
la
descrizione
di
al-Idrisi
delle
isole
Maldive
(e/o
Laccadive,
con
il
termine
al-Dìbagiàt
infatti
le
fonti
arabe
indicavano
entrambi
gli
arcipelaghi)
dove
il
geografo
di
Ruggero
ci
tramanda
la
singolare
notizia
di
una
sorta
di
‘governo’
anche
al
femminile
e di
una
Regina
che
amministrava
la
giustizia,
vera
tutrice
del
potere
giudiziario:
«[...]
Qui
stanno
le
isole
al-Dìbagiàt,
le
une
alle
altre
contigue,
innumerevoli
al
conto
e
per
lo
più
disabitate.
La
più
grande
è
l’isola
di
Anbùna
popolosa
assai,
le
cui
genti
abitano
anche
le
isole
maggiori
intorno,
cui
son
contigue
dall’Isola
della
Luna.
Tutte
queste
isole
stanno
sottomesse
a un
unico
sovrano
che
ne
accorda
le
genti,
le
difende,
le
protegge
e,
per
quanto
gli
è
possibile,
assicura
loro
la
pace,
mentre
sua
moglie
amministra
la
giustizia
parlando
alla
gente
senza
essere
velata.
Suo
marito,
il
sovrano,
pur
essendo
presente
non
interviene
punto
nelle
questioni
di
competenza
della
moglie,
ché
presso
di
loro
è da
sempre
inderogato
costume
che
siano
le
donne
ad
operare
giustizia.
Questa
regina,
a
nome
Damhara,
indossa
una
veste
d’oro
tessuto,
ha
sulla
testa
una
corona
d’oro
contornata
di
rubini
e
pietre
preziose,
e ai
piedi
sandali
d’oro,
e
nessuno
tranne
lei
in
quest’isola
può
camminare
coi
sandali,
tant’è
che
se
qualcuno
vien
colto
a
calzarli
si
ritrova
i
piedi
mozzati.
Nelle
ricorrenze
e
feste
sue
la
regina
cavalca
seguita
dalle
damigelle
in
gran
pompa,
con
elefanti,
stendardi,
fanfare,
mentre
il
re
suo
marito
segue
coi
dignitari
a
una
certa
distanza
[...]».
Molto
bella
e
suggestiva
anche
la
descrizione
dell’arcipelago
Kuria
Muria,
di
fronte
alla
costa
dell’Oman,
dove
le
scimmie
furbissime
la
fanno
da
padrone
e
sembra
di
vederle
queste
scimmie
nella
descrizione
di
Idrisi,
quasi
come
si
vedono
e si
ammirano
negli
affreschi
arcaici
di
Aktotiri
a
Santorini,
saltanti
e
umanizzate,
e
forse
‘umanissime’.
Questa
la
descrizione
dell’isola
delle
scimmie
nella
frizzante
traduzione
dall’arabo
di
Arioli:
«Grande
isola
dalle
inaccessibili
coste
con
foreste,
alberi
e
varie
specie
di
frutta.
Numerose
cono
le
scimmie
in
quest’isola
e a
furia
di
riprodursi
e
aumentare
ne
sono
diventate
padrone.
Hanno,
si
dice,
un
principe
cui
prestano
obbedienza,
che
portano
sulle
spalle,
il
quale
regola
la
giustizia
affinché
non
s’abbiano
torti
tra
loro.
Sono
di
colore
rossiccio,
codate,
intelligenti
e di
finissimo
acume.
Quando
una
nave
rovina
sulla
loro
isola,
o
qualche
naufrago
vi
cerca
riparo,
gl’infliggono
penosi
tormenti
mordendolo,
tempestandolo
di
lerciume,
insomma,
spassandosela
degnamente
col
malcapitato.
Talvolta
lo
fanno
soffrire
un
pò
meno
e
quello
gli
muore
di
fame.
Gli
abitanti
delle
isole
Khartàn
e
Martàn,
se
la
spuntano
in
astuzia,
le
catturano
e le
portano
fuori
dall’isola
in
terra
di
Yemen
ove
vengono
vendute
ad
ottimo
prezzo.
Infatti,
gli
Yemeniti,
o
meglio
i
mercanti
di
colà,
le
mettono
a
guardia
delle
botteghe
loro
dove,
al
par
degli
schiavi,
sorvegliano
i
beni
dei
loro
padroni.
E
non
v’è
chi
riesca
a
raggirarle,
né a
sottrarre
loro
alcunché.
Sono
intelligentissime».
Nel
descrivere
le
città
italiane
del
Medioevo
Idrisi
è
puntuale
e
preciso,
fornisce
notizie
pregnanti
e ci
ha
tramandato
immagini
vive
e
annodate
nel
suo
itinerario
che,
alle
volte,
sembra
anticipare
di
alcuni
secoli
le
pennellate
degli
scrittori
del
Gran
Tour.
Nella
descrizione
di
Genova
sottolineava
la
forza
militare
della
città
e
della
sua
gente
assieme
alla
proverbiale
intraprendenza
commerciale
dei
genovesi.
Eccola
la
‘capitale’
della
Liguria
nella
chiara
traduzione
di
Gabrieli:
«La
città
di
Genova
è
città
antica,
di
origine
remota,
con
bei
dintorni
e
passeggiate;
i
suoi
edifici
sono
altissimi;
abbonda
di
frutta,
seminati,
villaggi
ed
estensioni
coltivate,
e
sta
vicino
ad
un
piccolo
fiume.
La
sua
gente
è di
mercanti
ricchi
ed
opulenti,
che
percorrono
le
terre
e i
mari
e si
slanciano
nelle
imprese
lisce
e in
quelle
scabre.
Hanno
una
flotta
che
mette
spavento,
conoscono
gli
stratagemmi
della
guerra
e le
astuzie
della
politica,
e
danno
prova,
in
mezzo
ai
Rum,
di
altissimo
sentire».
Grado
e
Trieste
nella
Nuzhat:
«Grado
è
città
grande,
con
popolazione
numerosa
e un
intenso
traffico
di
gente
e di
navi.
Cinque
miglia
tra
Grado
e
Trieste,
che
è
città
fiorente,
di
vasta
estensione,
affollata
di
militari,
trafficanti,
gentiluomini,
mercanti
e
artigiani.
Bene
attrezzata
per
la
difesa,
essa
giace
su
un
grande
fiume
che,
quantunque
scaturisca
a
breve
distanza,
è
tuttavia
grosso
e la
provvede
di
acqua
potabile.
Trieste
è
situata
all’estremità
del
Golfo
dei
Veneziani,
proprio
ai
confini
del
loro
territorio
ed è
porto
navale
di
Aquileia
dove
ormeggiano
le
navi
da
guerra».
Le
descrizioni
delle
città
della
Spagna
che
riportiamo
sono
due:
Almería
e
Toledo.
È
rilevante
ricordare
che
due
sole
città
di
nuova
fondazione
islamica
in
Spagna,
sono
piene
di
significati
strategici
e
politico
economici:
si
tratta
delle
nuove
città
musulmane
di
Almería
e
al-Qasr,
i
due
grandi
porti
ed
arsenali
dell’emirato
di
Cordova.
Almería,
al-Mariyya,
ovvero
‘la
torre
di
guardia’,
sul
mare
Mediterraneo,
e
al-Qasr,
Qasr
Abī
Dānis,
o
Alcacer
do
Sal,
sulla
laguna
di
Setubal,
di
fronte
all’Oceano:
entrambe
le
città
furono
fondate
nello
stesso
periodo
dai
primi
principi
omayyadi
della
Spagna
dopo
la
conquista
del
potere.
La
fondazione
delle
due
città
testimonia
l’apertura
ampia
del
commercio
della
Spagna
musulmana
ai
traffici
mediterranei
e
verso
l’Atlantico.
Almería
era,
tra
le
due,
forse
la
più
importante,
fondata
già
dal
756,
era
un
grande
e
fiorente
porto,
una
piazza
molto
attiva,
ricca
di
commerci
e
industrie,
e ne
danno
ampia
testimonianza
le
canzoni
di
gesta
che
citano
le
opulente
‘fiere
d’Almeria’.
Vennero
impiantate
e
fabbricate
le
seterie,
che
utilizzavano
le
sete
prodotte
nelle
Alpujarras,
le
montagne
alle
spalle
della
città;
inoltre,
i
grandi
cantieri
di
costruzioni
navali,
provocarono
e
implementarono
lo
sviluppo
delle
industrie
del
legname,
del
ferro
e
della
tela.
«Verso
Almería
volgevano
i
navigli
da
Alessandria
e
dalla
Siria
tutta,
e in
tutta
al-Andalus
non
v’erano
genti
più
agiate
delle
sue,
né
più
d’esse
attive
a
smerciare
e
accumulare
in
commerci
di
qualsiasi
tipo.
Almería
consisteva
in
due
colli
divisi
da
un
avvallamento
popolato;
su
un
colle
stava
la
cittadella
nota
come
al-Hasàna,
sull’altro
colle
il
borgo
chiamato
monte
Làhm,
con
le
mura
a
cingere
cittadella
e
borgo.
Numerose
porte
aveva
e
nel
lato
occidentale
un
borgo
grande
e
popoloso,
chiamato
Borgo
della
Vasca,
con
mura,
mercati,
case,
fondaci,
terme.
La
città
era
città
grande,
ricca
di
commerci,
e
numerosi
erano
quelli
a
lei
diretti;
agiate
erano
le
sue
genti,
e
non
v’era
nei
paesi
di
al-Andalus
chi
più
di
loro
disponesse
di
denaro
o
godesse
di
situazioni
più
floride
[...]
Almería,
ora
che
compiliamo
questo
nostro
libro,
è
diventata
possedimento
in
mano
dei
Rùm
i
quali
ne
hanno
stravolto
le
bellezze,
ridotto
in
prigionia
le
genti,
distrutto
le
case,
diroccato
le
superbe
costruzioni.
Nulla
hanno
lasciato».
Ad
Almería
le
fortificazioni
dell’Alcazaba
sono
tra
le
più
grandiose
di
tutta
la
Spagna:
l’insigne
Alcazaba
fu
costruita
per
ordine
di
‘Abd
al-Rahmàn
III
nel
X
secolo
e
ingrandita
nel
secolo
XI.
Le
mura
massicce
e
turrite
seguono
l’andamento
del
terreno
e
scendono
dalla
collina
a
ritmo
misurato
e
fino
al
punto
in
cui
un
sobborgo
della
città,
bianco
di
calce,
si
estendeva
come
una
manciata
di
zollette
di
zucchero,
ma
questo
prima
delle
moderne
costruzioni
di
cemento
e
prima
del
boom
edilizio
turistico
degli
ultimi
decenni.
Ferdinando
di
Aragona
vi
aggiunse
un
mastio.
La
‘Capilla
de
San
Juan’,
iniziata
nello
stile
delle
chiese
mozarabiche,
venne
successivamente
trasformata
in
moschea.
Gli
Almohadi
contribuirono
alla
nuova
decorazione
del
mihrab.
Solo
nel
1524
sul
sito
della
grande
moschea
venne
costruita
la
cattedrale.
Nel
secolo
XI
Almería
fu
per
circa
cinquant’anni
un
piccolo
emirato
semi-indipendente,
in
seguito
fu
un
famoso
e
malfamato
covo
e
rifugio
di
pirati
musulmani:
la
città
fu
presa
da
Ferdinando
e
destinata
ad
avamposto
delle
incursioni
marinare
spagnole,
con
singolare
e
suggestiva
inversioni
dei
ruoli
con
la
controparte
musulmana.
Fin
dai
tempi
delle
favolose
conquiste
di
al-Andalus
da
parte
di
Tàriq,
dal
711
in
poi,
i
cronisti
e
geografi
arabi
esaltarono
l’abbondanza
dei
tesori
finiti
in
mani
musulmane.
Speciale
il
ruolo
della
città
di
Toledo,
descritta
nelle
fonti
arabe
come
sede
dei
tesori,
e
anche
Idrisi
descrive
Toledo
come
una
fantastica
città
di
tesori:
«All’epoca
dei
Rùm,
era
Toledo
loro
reggia
e
loro
meta,
e
quando
i
musulmani
conquistarono
al-Andalus
trovarono
là
tesori
che
quasi
sarebbe
impossibile
descriverne
la
qualità.
Vi
trovarono
centosettanta
corone
d’oro
tarsiate
di
gemme
e
pietre
varie,
mille
spade
regalmente
gemmate
trovarono,
trovarono
d’oro
e
d’argento
innumerevoli
specie
di
specchi,
e la
Tavola
di
Salomone
figlio
di
Davide
trovarono.
Era,
si
rammenta,
di
smeraldo,
tavola
questa
che
ora
è
nella
città
di
Roma».
Infine,
Idrisi
su
Corfù,
la
bellissima
isola
greca
che
sembra
una
piccola
Puglia,
quasi
‘staccata’
dall’Italia
e
leggermente
‘ridotta’
a
isola
della
Grecia:
«A
ponente
di
Fano,
ma
con
declinazione
sud,
si
trova
Corfù,
isola
di
grande
estensione
che
ha
una
lunghezza
di
cento
miglia.
Possiede
una
città
popolata,
fertile
e
ben
fortificata,
sistemata
su
una
vetta
inespugnabile,
tale
da
fornire
ai
suoi
abitanti
il
mezzo
di
difendersi
contro
ogni
assalto».