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N. 88 - Aprile 2015 (CXIX)

genova e napoli
DUE CITTà A CONFRONTO NELL’ITALIA DEL CINQUECENTO

di Rosa Amato

 

Durante il XVI secolo le città di Genova e Napoli erano strettamente legate, anche se per motivi diversi, alle sorti degli Spagnoli, i quali, per opera di Alfonso d’Aragona, scalzarono gli Angioini da Napoli nel 1442. Essi si stanziarono in Italia amministrando, tramite i vicerè, la Sardegna, la Sicilia, Napoli e Milano.

 

La Napoli del Cinquecento era per popolazione la seconda città europea subito dopo Parigi. La presenza della corte spagnola attirò i baroni, che fino ad allora avevano soggiornato nei castelli di campagna, in città.

 

Costoro furono eletti cortigiani e sudditi privilegiati del vicerè spagnolo. Grande era lo sfoggio di abiti, carrozze e gioielli preziosissimi; il denaro serviva loro per dare lustro mondano a sé stessi e ai loro palazzi, segni intangibili dell’appartenenza ad una regale casata nobiliare.

 

Un secolo prima di Luigi XIV, la corona spagnola aveva creato attorno a sé una corte regia, assoggettando e manovrando l’aristocrazia. Per questo motivo, nonché per la pressione fiscale in progressivo aumento, non si assistette ad uno svecchiamento dello stato feudale nel meridione d’Italia, né alla formazione di una borghesia dedita ai commerci, come avvenne nel settentrione d’Italia e in molti paesi europei.

 

In assenza di attività economiche, la classe borghese del Mezzogiorno intraprese la strada della venalità degli uffici forensi; ad essa la corona spagnola assegnò compiti e funzioni negli organi principali e centrali del Regno come il tribunale della Vicaria, la Tesoreria generale e il Sacro Regio Consiglio.

 

Si vedevano funzionari napoletani lavorare al servizio del vicerè spagnolo giudicando, emettendo sentenze e condannando coloro che trasgredivano la legge. Il palazzo di Castel Capuano, dimora nobiliare dei conti Lanoia e ad essi sottratto, divenne sede unica delle principali magistrature del Regno di Napoli, che svolgevano le principali funzioni di governo con effetti di grande importanza sulla storia sociale e politica del Mezzogiorno.

 

Limitata nelle attività e nelle iniziative economiche, la popolazione del Mezzogiorno diede ampio spazio alla penetrazione dei genovesi , economicamente intraprendenti nelle varie attività commerciali, tanto che assunsero una posizione preminente nel mercato meridionale Cinquecentesco.

 

Genova attraversava uno dei periodi di massimo splendore e, non a caso, il XVI secolo è definito “il secolo dei genovesi”.

 

Diventò Repubblica per opera dell’ammiraglio Andrea Doria nel 1528 e costui ebbe la capacità di mettere d’accordo le più potenti famiglie genovesi nell’elezione del Maggior Consiglio e dei due Dogi, rappresentanti della stessa Repubblica.

 

Abili come mediatori commerciali di prodotti agricoli del Sud, come investitori di ingenti somme di denaro nei luoghi di monte di San Giorgio di Genova, come creditori di immense fortune alle corti regie, entrarono anche a far parte dell’aristocrazia napoletana, costruendo chiese e acquistando grossi feudi nel Regno.

 

I mercanti genovesi provvedevano al trasporto di carichi dall’Italia ad Anversa, dove acquistavano manufatti fiamminghi che smerciavano in Francia e in Spagna. Con i loro vascelli dal tipico scafo tondo, i più capienti d’Europa, assunsero il controllo dei commerci anche nelle acque atlantiche dove provvedevano al trasporto di prodotti provenienti dall’America, come lo zucchero e il caffè.

 

Mentre i genovesi conquistavano le piazze delle grandi città europee distinguendosi per capacità imprenditoriali, finanziarie e commerciali, ergendosi ad esempio di borghesia commerciale per l’intera Europa, i napoletani, assoggettati alla politica spagnola, davano origine all’unica borghesia che avesse mai potuto formarsi: quella forense. Allo stesso tempo le arti, la musica, le scienze, la letteratura e la filosofia fiorivano e si radicavano eleggendo Napoli a centro di prestigio culturale europeo.

 

La presenza del Bernini, dello Spagnoletto, del Caravaggio trasformarono Napoli nella culla del Barocco; il Tasso, Bernardino Telesio, Giordano Bruno e Tommaso Campanella emersero come punte di diamante nel dibattito filosofico-letterario europeo. Con i suoi quattro conservatori, Napoli rappresentò un eccellente centro di diffusione del madrigale napoletano, tipico canto polifonico con accompagnamento del liuto e della chitarra.

 

Insomma, Genova e Napoli, due città diametralmente opposte: l’una in auge per le indiscusse capacità economico-finanziarie dei suoi abitanti e l’altra culla della cultura, terreno fertile per la nascita e lo sviluppo del ceto forense più attivo della penisola.

 

La riflessione che si accompagna a questi eventi del passato si riflette sulla realtà storica del nostro tempo, su come esso sia verosimilmente legato alla politica, al savoir-faire degli uomini di allora e quanto ciò abbia condizionato in modo diverso lo sviluppo del Sud e del Nord del nostro paese, con risultanze, ancora oggi, diametralmente opposte sotto il profilo economico e culturale.



 

 

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