[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 202 / OTTOBRE 2024 (CCXXXIII)


contemporanea

SULLA GENESI DEL SIONISMO
Dal protosionismo a Theodor Herzl / II

di Emanuele Molisso

 

L’azione di Chibbat Tzion ispirò i vari movimenti “palestinofili” che si formarono in Europa Occidentale. A Berlino, per esempio, si venne a creare il primo nucleo di sionisti tedeschi che decisero di fondare, nel 1895, la Vereinigung Jüdischer Studierender (Unione degli studenti ebrei.
 
Quest’associazione iniziò a chiedere la convocazione di un primo congresso a cui dovevano partecipare tutte le associazioni studentesche, per gettare le basi di un primo progetto statale. L’associazione iniziò a diffondere il termine “sionismo” (Zionismus in tedesco), coniato da Nathan Birnbaum che lo utilizzò per indicare il passaggio da una fase di filantropia ad uno stadio politico, il passaggio dalla comunità al popolo per esprimere il carattere di una corrente nazionalista ma soprattutto territorialista con particolare riferimento a Gerusalemme.
 
L’impegno politico mirato alla creazione di uno stato ebraico prendeva sempre più piede e la palestinofilia dell’Europa occidentale insieme al movimento di Chibbat Tzion furono i principali precursori di Theodor Herzl (1860-1904), l’unico che riuscì ad unire tutta questa massa disordinata di tendenze politiche e religiose, in un movimento nazionalista coerente che diede al sionismo un’unica direzione ed un obiettivo preciso. Mentre il movimento palestinofilo reclutava proseliti in Germania, Herzl si trovava a Parigi, come corrispondente del giornale austriaco Neue Freie Presse. Egli ignorava l’esistenza di Chibbat Tzion e del nascente sionismo tedesco. Herzl si limitò soltanto a leggere l’opera di Pinsker che lo portò a credere fortemente nell’assimilazione degli ebrei nelle società in cui vivevano. Il lavoro a Parigi permise ad Herzl, di seguire da vicino sia l’affaire Dreyfus, sia la questione del canale di Panama. Questi due eventi, entrambi simbolo della presenza di un forte antisemitismo negli ambienti europei, lo fecero ricredere. Herzl iniziò a cambiare la sua opinione e a pensare che gli ebrei non potevano liberarsi, in alcun modo, dai pregiudizi dell’antisemitismo diffuso in Europa occidentale; l’unica soluzione era quella di un’immigrazione di massa verso un territorio, dove gli ebrei avrebbero costruito il loro Stato autonomo.
 
Nessuna novità in questa idea che era stata alla base del presionismo russo ma sorprende come a distanza di anni, la conclusione rimanesse la stessa nonostante il percorso intellettuale di Herzl fosse stato completamente differente. La differenza fondamentale stava nell’ottimismo che Herzl riponeva nel liberalismo dell’epoca. Egli, infatti, portò la questione all’attenzione dei notabili ebrei ma sia il barone Maurice de Hirsch, sia la casata viennese dei Rothschild lo ascoltarono con scetticismo e questo causò la sua ira. Incassato il rifiuto, egli sentiva di essere stato investito del ruolo di salvatore del popolo: soltanto risvegliando la forza propulsiva del popolo ebraico si poteva arrivare alla soluzione della questione ebraica.
 
Per cercare di avvicinare le masse al suo progetto, decise di mettere per iscritto il suo pensiero in un pamphlet, pubblicato in tedesco nel febbraio del 1896, con il titolo Der Judenstaat: Versuch einer moderner Lösung der Judenfrage (Lo Stato ebraico: tentativo di una soluzione moderna del problema ebraico). Pubblicato in diciassette edizioni, grazie anche all’aiuto del suo discepolo Max Nordau, nel pamphlet Herzl costruisce dalle fondamenta il suo progetto utopico, attraverso diverse tappe che il popolo ebraico avrebbe dovuto affrontare. Il punto di partenza doveva essere la presa di coscienza del popolo ebraico del problema dell’antisemitismo; l’assimilazione non era la soluzione a questo problema e quindi non rimaneva che richiedere l’assegnazione di una superficie di terra sulla quale stabilire il proprio Stato. Gli ebrei dovevano entrare nel gioco diplomatico europeo e per Herzl, due erano gli strumenti da istituire per raggiungere quest’obiettivo: la Society of Jews e la Jewish Company.
 
La Society of Jews aveva una funzione diplomatica perché doveva cercare di stringere rapporti con le potenze europee per ottenere la sovranità su di un territorio, sul quale gli ebrei avrebbero costruito il loro Stato. Invece la Jewish Company aveva il compito di raccogliere fondi per acquistare il territorio che la Society of Jews avrebbe ottenuto dalle potenze straniere. Le due agenzie dovevano lavorare in maniera complementare sia sul piano politico, sia su quello pratico ma soprattutto il loro compito fondamentale era quello di coordinare l’immigrazione che doveva essere un processo graduale nel tempo. Quindi l’immigrazione sarebbe stata graduale e avrebbe portato alla creazione di uno stato, i cui fondamenti civili dovevano essere la libertà di religione, credo, nazionalità e uguaglianza di fronte alla legge.
 
Queste erano le linee guida del disegno utopico di Herzl, il quale si poneva in continuità con Pinsker sulla necessità di una patria nazionale ebraica e proprio come il pensatore russo, Herzl non aveva deciso quale territorio sarebbe stato scelto. Herzl era indeciso sulla scelta di Eretz Israel oppure sull’Argentina, e lasciò la questione aperta perché la decisione doveva essere presa dalla Society of Jews. La neutralità di Herzl sull’argomento, in realtà, va ricercata nel suo tentativo di ingraziarsi le potenze europee. Egli era fortemente convinto che esse avrebbero favorito la creazione dello Stato ebraico e come ricompensa, gli ebrei avrebbero creato un avamposto di difesa contro l’Asia, per difendere la “cultura europea”.
 
Per dare maggiore diffusione alle proprie idee, Herzl fondò il quotidiano di riferimento del sionismo, Die Welt (il Mondo) pubblicato con pagine di colore giallo. Una scelta simbolica per creare un ponte tra il sionismo e la tradizione ebraica precedente ma soprattutto doveva essere un gesto per rappresentare la volontà degli ebrei di trasformare la debolezza e la vergogna, in coraggio ed onore con l’obiettivo di creare un ebreo padrone del suo destino. Il libro fu accolto positivamente dagli ambienti sionisti dell’Europa occidentale mentre i notabili ebrei rimasero indifferenti. Le critiche maggiori arrivarono da due ambienti in particolare: dal sionismo russo e dalla comunità rabbinica. Quest’ultima denunciò l’impostazione del nazionalismo ebraico data da Herzl. Seguendo l’ordinanza talmudica, gli ebrei non potevano utilizzare forze umane per stabilire uno stato ebraico fino a quando non fosse arrivato il Messia dalla casa di Davide; agire come il Messia veniva considerato un gesto incompatibile con il giudaismo. Herzl rispose che gli ebrei si erano costruiti un “ghetto invisibile” non soltanto per colpa dell’antisemitismo, ma anche per via della severità dei dettami del giudaismo tradizionale, che considerava incompatibile con la modernità.
 
Dell’ambiente russo, Achad Ha’am era il più ostile verso il libro di Herzl. Achad rifiutava il sionismo politico, definendolo guidato da un falso messianismo, e promuoveva un sionismo “culturale” riservato agli “eletti”. Egli credeva che l’obiettivo primario del sionismo, non era quello di favorire il sogno di un’immigrazione di massa in Palestina, ma doveva essere quello di preparare il popolo ebraico ad una rinascita spirituale lenta e selettiva. Egli assegnava un carattere restrittivo alla colonizzazione della Palestina, infatti la sua idea si fondava su di un “rinascimento ebraico” che aveva il compito di preparare un numero ristretto di ebrei per allontanarli da una ortodossia considerata ormai cristallizzata e retrograda. La critica maggiore di Achad era rivolta all’entusiasmo delle masse verso le “figure messianiche occidentali” che dimenticavano la condizione sociale ed economica misera degli ebrei dell’Europa Orientale. Herzl rispose a queste critiche con sfrontatezza ed accusò Achad e i suoi seguaci di provare gelosia per il prestigio acquisito da un ebreo occidentale, a discapito degli ebrei dell’Europa orientale, nel progetto del sionismo.
 
Questi due poli, sionismo politico e sionismo culturale, diedero vita ad una lotta ideologica che caratterizzò i primi anni di formazione del movimento sionista. Herzl trascorse i mesi successivi alla pubblicazione del suo libro in giro per l’Europa per cercare quella sovranità territoriale che era l’elemento su cui si fondava il suo progetto. Herzl cercò aiuti a Berlino, Parigi e Londra ma tutti i notabili erano scettici verso il programma di Herzl, ribadivano il timore di contrariare la Turchia ed inoltre temevano ripercussioni da parte degli antisemiti. Herzl tentò di instaurare un dialogo anche con il Sultano ottomano, ma una volta arrivato a Costantinopoli, non fu ricevuto perché era stato deciso di negare ogni tipo di negoziato sull’immigrazione ebraica in Palestina.
 
Dopo il fallimento di quest’ultimo tentativo, Herzl decise che era giunto il momento di convocare un congresso sionista. Nel marzo del 1897, egli incontrò gli esponenti delle associazioni sioniste di Berlino e si decise di fissare la data del congresso per l’agosto del 1897, in una città a scelta tra Monaco, Breslavia o Zurigo. Le città però furono tutte bocciate per vari motivi e mentre si trovavano difficoltà nella scelta della sede del congresso, Herzl era occupato a convincere gli esponenti del sionismo russo a partecipare all’incontro. Il movimento di Chibbat Tzion aveva paura di vedere distrutto il suo programma di colonizzazione della Terra Santa ed inoltre non voleva irritare il barone Edmond de Rothschild. Quest’ultimo si unì al coro dei notabili ebrei, apertamente ostili nei confronti del sionismo di Herzl. Con sofferenza, i sionisti russi decisero di accettare l’invito al primo congresso sionista, che si tenne tra il 29 e il 31 agosto del 1897, a Basilea. Il congresso rappresentò una cesura fondamentale nella storia ebraica; una cesura rispetto alla “politica ebraica” del passato, caratterizzata dagli eterni compromessi e dall’attesa messianica.
 
I delegati furono 197, provenienti dall’Europa occidentale e da quella orientale, ed inoltre ci fu una notevole partecipazione da parte delle comunità ebraiche degli Stati Uniti. Il dibattito fu aspro perché il congresso fu il terreno di scontro tra il movimento di Chibbat Tzion, promotore della colonizzazione immediata della Palestina contro il principio all’azione politica di Herzl. Soltanto dopo tre sedute, i delegati sionisti arrivarono ad una dichiarazione “accettabile” del programma sionista.
 
Il primo passaggio fu la nascita dell’Organizzazione sionista con un organo legislativo, il congresso stesso, ed un esecutivo che era guidato da un capo eletto dal congresso; il primo incaricato fu proprio Herzl. Successivamente furono stabiliti: la quota da pagare per il diritto al voto nelle elezioni dei congressi successivi, l’inno del congresso, la bandiera ufficiale che era composta da due strisce parallele azzurre su un fondo bianco, un richiamo al taled ovvero lo scialle da preghiera indossato dagli uomini ebrei, con al centro la stella di David.
 
Il programma che l’Organizzazione sionista doveva seguire fu redatto da Max Nordau. Consisteva in quattro punti e risultava un vero e proprio compromesso tra le varie questioni che dividevano il sionismo. Il primo punto incoraggiava la colonizzazione “moderata”  in Palestina con operai agricoli e manovali e quindi Chibbat Tzion riuscì a raggiungere il proprio obiettivo ; il secondo e terzo punto andavano a soddisfare gli ebrei occidentali e il sionismo culturale di Achad: per i primi, fu deciso per l’organizzazione di tutte le comunità ebraiche in gruppi locali che dovevano seguire le leggi dei loro rispettivi paesi  mentre per il secondo, fu deciso per l’organizzazione di un progetto di rafforzamento della coscienza nazionale ebraica. L’ultimo punto rappresentava l’obiettivo reale di Herzl e che lui perseguì fino alla sua morte; esso poneva la necessità di interventi preparatori, per ottenere dalle potenze europee, il consenso necessario per realizzare gli obiettivi del sionismo. Sulla questione del territorio, il congresso votò per la Palestina mentre Herzl era deciso ad accettare qualunque concessione da parte dei governi europei. Herzl uscì entusiasta dal congresso, tanto da esclamare: “a Basilea, ho fondato lo stato ebraico”.
 
Da quel momento, iniziò la sua intensa attività diplomatica, volta ad ottenere il tanto agognato consenso dalle potenze europee. Il suo viaggio può essere diviso in tre fasi, che alla fine riprendevano i contatti con quelle potenze che avevano respinto Herzl, prima del congresso. Nella prima, tra il 1898-1899, Herzl tentò il dialogo con la Germania guglielmina. Egli ottenne un incontro con il Kaiser Guglielmo II a Costantinopoli. I due discussero sulla creazione di uno Stato ebraico sotto la protezione tedesca mentre gli ebrei si impegnavano a procurare il denaro necessario a risanare i debiti dell’impero ottomano. Il Kaiser si interessò al sionismo ma decise di rifiutare il progetto di Herzl, perché non voleva creare inimicizie con l’impero ottomano.
 
Berlino era interessata ad un’alleanza con il sultano per portare a compimento il progetto di una ferrovia Berlino-Baghdad; l’obiettivo era cercare di limitare l’espansione britannica. Nella seconda fase, Herzl cercò il dialogo diretto con il sultano dell’impero ottomano Abdul Hamid II. Riuscì ad ottenere una serie di udienze, tra il 1896-1902, in cui cercò sempre di offrire un aiuto economico all’impero ottomano e quest’ultimo si impegnava ad approvare la colonizzazione ebraica della Palestina. Il sultano rifiutò categoricamente questo accordo. Incassati questi due rifiuti, Herzl iniziò ad avvicinarsi al governo inglese (terza fase 1902-1903).
 
Egli incontrò il banchiere londinese Lord Nathan Meyer Rothschild, che superò il suo iniziale antagonismo contro il sionismo, e discussero sulla possibilità di creare uno stato ebraico nell’Africa orientale britannica. Successivamente, Herzl incontrò il ministro delle Colonie britannico Joseph Chamberlain, a cui cercò di promuovere i vantaggi che il sionismo poteva portare all’Impero britannico. Come territorio furono offerti Cipro ed El Arish, situata nella penisola del Sinai, ma entrambe per questioni logistiche e pratiche vennero scartate. Alla fine, il governo britannico decise di proporre il progetto di una creazione di un insediamento ebraico, in una zona che corrisponde all’attuale Kenya.
 
Herzl, per non rendere fallimentare tutto il suo lavoro, decise di accettare la proposta e di portarla davanti al congresso, che si riunì per la sesta volta, il 24 agosto del 1903. Il blocco russo era totalmente contrario a questa proposta, ma la votazione vide la proposta avere un voto favorevole per il 62,4% dei delegati. La spaccatura sembrava essere stata superata ma esponenti del sionismo russo, si incontrarono nella città di Kharkov, dove decisero di inviare un ultimatum ad Herzl ed al congresso. Essi minacciavano di creare un’organizzazione sionista alternativa. Il problema non si presentò, perché Herzl morì il 4 luglio del 1904.
 
Dopo tante fatiche, Herzl non riuscì a portare a compimento il suo progetto. Il fattore determinante che causò la sua sconfitta era la sua visione di “Stato”. Herzl era affascinato dallo Stato tedesco guglielmino di Bismarck e dallo Stato francese modellato dalla Rivoluzione francese; per lui solo uno stato, modellato su questi due esempi, era la chiave per formare la nazione. Questa visione andava a scontrarsi con il sionismo dell’Europa orientale e con il mondo rabbinico. Egli finì per creare una frattura profonda all’interno del movimento sionista. Il tema della colonizzazione in Palestina e soprattutto l’ortodossia ebraica erano fattori fondanti della cultura personale degli ebrei; non potevano essere completamente dimenticati o messi in secondo piano, un errore che Herzl commise per via della mancanza di una cultura sulla tradizione ebraica e sull’azione del protosionismo russo. Il risultato lo si può ben vedere nella sua intenzione di accettare la “proposta ugandese”. Il sionismo russo non poteva accettare una decisione simile soprattutto dopo gli sforzi del movimento di Chibbat Tzion ed inoltre pensare ad una patria lontana da Eretz Israel ormai sembrava impossibile. Egli fu accusato di voler appagare soltanto il suo ego smisurato e di sfruttare il sionismo per essere accettato dalle potenze europee.
 
Il suo lavoro però non va considerato completamente fallimentare. Egli riuscì a dare una voce politica al mondo ebraico, tracciando una serie di linee guida che crearono per la prima volta, una visione del popolo ebraico unitaria e soprattutto non più spaesata o vittima di soprusi ma che prendeva in mano il proprio destino, con l’obiettivo di tornare a Sion soltanto con le proprie forze. Un fattore che deve essere considerato come il terreno fertile su cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel 1947, organizzò il piano di partizione della Palestina che porterà alla proclamazione dello stato d’Israele, il 14 maggio 1948.
 
 
Riferimenti bibliografici:
 
Bensoussan, Georges, Il sionismo. Una storia politica e intellettuale, ed. it. a cura di M. Guerra, Einaudi, Torino 2007 [ed. originale 2002].
Dowty, Alan, Arabs and Jews in Ottoman Palestine. Two worlds collide, Indiana University Press, Bloomington 2019.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]