N. 3 - Agosto 2005
GAZA AI
PALESTINESI?
Il
viaggio di Condoleeza Rice in Medio Oriente
di Leila
Tavi
Il giorno 2 agosto, i
maggiori quotidiani italiani e internazionali hanno
riportato la notizia dell’esplosione senza vittime a
Teheran, davanti agli uffici della British Airway, e
quella della morte di re Fahd, sovrano dell’Arabia
Saudita, rimpiazzato sul trono dal fratellastro
Abdullah.
Cresce, con il precipitare degli eventi in
Medio Oriente, la tensione tra le diplomazie
occidentali e il viaggio a Gaza del Ministro degli
esteri americano, Condoleezza Rice, in missione nei
territori palestinesi e nello Stato d’Israele tra
venerdì e sabato scorsi, è una conferma dell’influenza
determinante svolta dal conflitto arabo-israeliano
sull’instabilità dell’area.
La missione ha
riguardato il ritiro da Gaza delle truppe occupanti
israeliane. Dopo l’ultimo mortale attacco da parte di
alcuni estremisti palestinesi ai coloni israeliani
insediati nella striscia di Gaza la reazione del primo
ministro israeliano, Ariel Sharon, è stato di chiusura
e di irrigidimento: “la risposta sarà un regolamento
di conti”. Le truppe israeliane hanno ricevuto
l’ordine di continuare a rispondere agli attacchi dei
Palestinesi con fermezza.
Nel Consiglio dei Ministri
di domenica 30 luglio il premier ha ribadito la linea
dura contro qualsiasi forma di violenza da parte dei
Palestinesi con provvedimenti punitivi esemplari.
“Ogni qualsiasi
ulteriore attacco”, ha dichiarato Sharon,
“comprometterà il ritiro dei coloni da Gaza”.
Nella
stessa notte due Palestinesi hanno assaltato un
convoglio di Israeliani diretto verso l’insediamento
israeliano di Gusch Katif, nei pressi della frontiera
di Kissufim, ucciso una coppia e ferito altri cinque
Israeliani. Qualche ora dopo l’esercito israeliano ha
ucciso i due attentatori. Sembra difficile credere che
con tali presupposti il ritiro dei coloni da Gaza
avverrà nei tempi programmati e soprattutto senza
spargimento di altro sangue.
La Rice si è mostrata
preoccupata della nuova escalation di
violenza nella regione. Il Ministro americano ha
lanciato un appello al presidente palestinese, Mahmud
Abbas, affinché le truppe governative siano preparate
a qualsiasi evenienza e dotate di munizioni e affinché
non venga ostacolata l’entrata di soldati egiziani
che, con il beneplacito degli Stati Uniti, andranno a
sostituire le truppe israeliane uscenti.
Sharon ha
ribadito anche a Rice di voler reagire,
nell’eventualità di attacchi palestinesi durante o
dopo l’evacuazione della striscia di Gaza, “con metodi
durissimi”.
L’attentato di Gush
Katif è stata un operazione congiunta della Jihad
islamica e delle Brigate Martiri di al Aksa.
Entrambi i gruppi hanno ufficialmente dichiarato il
cessate il fuoco. Nella notte di domenica un
diciannovenne appartenente alle Brigate di al
Fatah è stato fermato nei pressi della zona
israeliana di Gaza con addosso cinque chili di
materiale esplosivo.
Durante la conferenza stampa tra Abbas e Rice il presidente palestinese ha lamentato di
non essere stato sufficientemente informato dal
governo israeliano sulle modalità del ritiro da Gaza.
A tre settimane
dall’evacuazione dei territori israeliani rimane
ancora aperta la questione delle frontiere. Rice
auspica che la striscia di Gaza non verrà isolata e
che in futuro non verranno tagliati i collegamenti con
la Cisgiordania e con la Giordania.
In esecuzione degli
accordi della cosiddetta Philadelphia-Route
750 soldati egiziani rimpiazzeranno le milizie
israeliane, di cui il parlamento israeliano, senza
l’appoggio dell’opposizione, ha deliberato il ritiro
completo. Rice si è mostrata soddisfatta per la
decisione del parlamento israeliano e ha ricordato che
il ritiro delle truppe israeliane dai territori di
Gaza è previsto nella Road-map del 2003.
Ma il
dietrofront dei coloni da Gaza ha una storia alle
spalle che vede il mancato rispetto da parte delle
autorità israeliani degli accordi di Oslo, le colonie
in continua espansione che hanno tolto terra e acqua
ai Palestinesi, le libertà negate al popolo
palestinese e le continue umiliazioni subite, nonché
le migliaia di ostaggi palestinesi tenuti nelle
carceri israeliane, tra cui Marwan Barghouti, leader
di al-Fatah.
Più di 8.000 detenuti
palestinesi nelle carceri israeliane, di cui 372
adolescenti; la maggior parte di loro è in detenzione
amministrativa, senza processo, come denunciato da B’tselem,
la ONG israeliana per la difesa dei diritti umani. Di
liberare i prigionieri politici non si parla però, la
Comunità internazionale non fa pressioni, si
accontenta di aver raggiunto l’accordo con Sharon
sull’evacuazione di Gaza.
Se spostiamo per un
attimo la nostra attenzione dal quel 22% di Palestina,
i Territori occupati, ovvero Cisgiordania e Gaza,
nell’occhio del mirino, ci accorgeremo che anche
all’interno dello Stato israeliano ci sono villaggi
palestinesi la cui esistenza viene negata da Israele
da più di 50 anni: non se ne ha traccia sulle carte
geografiche e manca qualsiasi tipo di infrastruttura. |