N. 79 - Luglio 2014
(CX)
FEDERICO GARCIA LORCA
L’OSSERVATORE ANDALUSO DI UNA DITTATURA
di Luigi de Francesco
La
vocazione
politica
di
Federico
Garcia
Lorca
e le
sue
posizioni
esplicite
a
favore
dell’ideale
repubblicano,
pervadono
la
sua
produzione
in
maniera
ricorrente
non
solo
attraverso
la
sua
poetica,
ma
anche
attraverso
la
sua
sterminata
opera
di
scrittore:
testi
teatrali,
interviste,
articoli
giornalistici
e,
soprattutto,
attraverso
la
sua
stessa
vita,
la
quale
sarà
essa
stessa
dimostrazione
del
forte
impegno
politico
e
della
coscienza
civile
dell’intellettuale
andaluso.
Ciò
lo
rese
protagonista
indiscusso
della
storia
del
suo
travagliato
tempo
e
del
suo
paese.
Durante
tutta
l’era
della
dittatura
franchista,
il
compito
affidato
ai
mezzi
di
comunicazione
di
massa
e
tra
questi
alla
stampa
di
regime,
relativamente
al
figura
di
Federico
Garcia
Lorca,
fu
quello
di
diffondere
l’immagine
del
maggior
poeta
spagnolo
attraverso
una
lente
che
ne
palesasse
i
suoi
aspetti
più
vicini
alle
tradizioni
popolari
e ne
offuscasse,
se
non
volessimo
dire
celasse
del
tutto,
le
sua
profonda
impostazione
politica
ed
ideologica.
Cosi
il
franchismo
aveva
deciso
di
occuparsi
dell’opera
di
Lorca,
allorquando
del
suo
corpo
si
era
già
occupato
macchiandosene
le
mani
di
sangue,
ma
di
questo
ci
occuperemo
più
avanti.
Fin
dalla
sua
gioventù,
durante
gli
anni
del
Riconcillo,
l’associazione
culturale
d’avanguardia
di
cui
fu
attivo
protagonista,
e
che
lo
aprì
alla
gioventù
intellettuale
del
periodo,
espresse
le
sue
idee
politiche,
ed è
ben
chiara
la
sua
coscienza
civile,
tanto
da
portarlo
a
scrivere
negli
anni
‘20,
poco
prima
dell’avvio
della
dittatura
di
Primo
de
Rivera
(1923-1930),
una
lettera-appello
a
Josè
Ortega
y
Gasset,
influente
intellettuale
e
filosofo
spagnolo,
nella
quale
chiese
indirizzo,
appoggio
e
consenso,
alla
possibilità
di
creare
un
gruppo
di
giovani
intellettuali
insieme
ai
suoi
amici,
perché
proprio
agli
intellettuali,
secondo
loro,
doveva
essere
richiesto
di
abbandonare
l’apoliticità
e
buttarsi
totalmente
nel
gioco
politico,
avendo
come
unica
bandiera
quello
del
pensiero
libero
e
moderno,
nel
rispetto
del
diritto.
La
fine
della
dittatura
di
Primo
de
Rivera
aveva
portato
con
se
molti
sconvolgimenti
nella
storia
della
Spagna,
la
quale
vide,
grazie
al
cartello
delle
forze
repubblicane
che
trionfarono
nelle
elezioni
politiche
municipali
del
1933,
cadere
la
secolare
forma
istituzionale
monarchica,
con
l’autosospensione
e
l’esilio
di
Alfonso
XIII,
e la
costituzione
dell’istituzione
monarchica,
dando
avvio
alla
Seconda
Repubblica
di
Spagna,
che
avrà
una
breve
vita,
fino
all’avvento
del
regime
dittatoriale
di
Francisco
Franco
nell’anno
1939.
Questa
sua
vocazione
politica
verso
gli
ultimi,
ed i
poveri
la
riscontreremo
anche
nella
sua
attività
di
primo
piano
nella
diffusione
della
cultura
nel
teatro
popolare.
Grazie
alla
proposta
dell’allora
ministro
della
pubblica
istruzione
del
governo
repubblicano
da
lui
calorosamente
appoggiato,
nel
1932
venne
nominato
direttore
del
nuovo
teatro
universitario
de
La
Barraca,
attività
che
lo
stesso
Lorca
considererà
sempre
come
un
figlio
prediletto,
il
cui
obiettivo
fondamentale,
fu
quello
di
diffondere
tra
le
masse
popolari
della
Spagna,
da
sempre
emarginate
dalla
cultura,
il
patrimonio
letterario
classico
spagnolo,
attraverso
la
messa
in
scena
delle
opere
di
Cervantes,
Calderòn
de
la
Barca
e
gli
altri
massimi
esponenti.
Successivamente,
nel
dicembre
del
1934
in
pieno
biennio
repubblicano,
Lorca
riaffermò
tenacemente,
attraverso
una
intervista
rilasciata
al
quotidiano
El
Sol,
quale
fosse
la
sua
“parte
politica”,
ritrovandola
negli
ultimi,
ovvero
quella
dei
diseredati,
dei
poveri,
di
coloro
che
non
hanno
nulla,
ed
anche
in
questo
caso
ritornò
ad
affermare
il
ruolo
politico
dell’intellettuale,
il
quale
deve
rispondere
alla
chiamata
di
coscienza
della
partecipazione
alla
vita
politica
attiva.
Questa
sostanziale
apertura
della
cultura
a
classi
fino
a
quel
momento
emarginate,
fu
duramente
criticato
dai
partiti
conservatori,
tanto
nella
sostanza,
quanto
nel
metodo,
mettendo
l’accento
sugli
eccessive
spese
che
tale
programma
educativo
era
costato
alle
casse
dello
Stato.
Le
elezioni
del
19
novembre
1933,
le
seconde
della
seconda
Repubblica
spagnola
videro
la
schiacciante
vittoria
dei
conservatori
della
Ceda,
una
coalizione
di
partiti
monarchici
e
nazionalisti,
e
dunque
al
governo
delle
sinistre
successe
un
governo
di
stampo
conservatore,
per
aprire
quello
che
la
storia
poi
chiamerà
il
biennio
conservatore
(1933-1935);
in
questo
governo
Lorca
non
trovò
l’appoggio
che
prima
riceveva
dal
governo
socialista,
e
questo
programma
educativo
fu,
a
fronte
delle
cocenti
critiche
mosse
tanto
al
progetto
quanto
alla
direzione
artistica
di
Federico
Garcia
Lorca,
ridimensionato
e
sommerso
dalle
critiche.
Nel
luglio
dell’anno
successivo
questa
campagna
diffamatoria
sul
programma
culturale
guidato
da
Lorca
fu
oggetto
di
un
cocente
attacco
sulla
stampa
tramite
l’organo
di
stampa
della
Falange
Spagnola,
che
criticò
aspramente
il
gruppo
del
teatro
universitario
de
La
Barraca,
muovendo
accuse
tanto
sullo
spreco
delle
risorse
nazionali,
quanto
scendendo
in
accuse
ed
allusioni
sul
piano
ideologico,
e
finanche
una
componente
di
critica
personale
nei
confronti
della
figura
dello
scrittore
andaluso,
intellettuale
si
sinistra
ed
omosessuale,
di
tenere
una
vita
immorale,
corrompendo
i
costumi
e i
valori
delle
popolazioni
di
campagna
e di
praticare
il
marxismo
giudaico,
e
ciò
era
inaccettabile
per
una
forza
che
aveva
fatto
dell’alleanza
tra
corona
ed
altare
il
suo
binomio
fondante.
Nel
corso
della
sua
vita
Lorca
partecipò
attivamente
come
conferenziere
a
numerosi
appuntamenti
culturali
organizzati
nel
vivace
clima
letterario
spagnolo,
non
disdegnando
in
nessuna
di
queste
occasioni
di
esprimere
apertamente
la
sua
insofferenza,
se
non
vera
repulsione
verso
le
forme
di
totalitarismo
e
governo
autoritario
che
andavano
nascendo
tanto
in
Europa,
erano
mature
le
esperienze
autoritarie
del
fascismo
in
Italia
e
del
nazismo
in
Germania,
quanto
in
centro
e
sud
America,
terre
che
lui
ebbe
modo
di
conoscere
durante
i
suoi
lunghi
viaggi,
richiamato
dai
successi
delle
sue
opere
poetiche
e
teatrali.
Tutte
queste
opinioni
e
occasioni,
ma
anche
la
sua
stessa
vita
pubblica
tra
il
1929
e il
1936,
sono
chiara
espressioni
delle
sue
scelte
politiche;
durante
questo
periodo
Lorca
espresse
il
suo
appoggio
alle
esperienze
politiche
popolari
ed
anti-autoritarie,
scontrandosi
decisamente
contro
la
falsa
immagine
bucolica
e
popolare
che
poi
il
regime
franchista
si
affrettò
ai
dare
su
di
lui.
Politicamente
il
poeta
di
Granada
fu
repubblicano,
anti-franchista,
contrario
alla
Spagna
tradizionalista
e
cattolica,
che
in
lui
non
avrebbe
visto
altro
che
un
sodomita,
molto
vicino
ai
governi
repubblicani
del
Fronte
Popolare
del
1936,
di
cui
si
fece
assiduo
sostenitore
durante
la
campagna
elettorale,
cantando
la
loro
vittoria
come
quella
della
“riconquistata
repubblica”,
e
non
esitò,
d’altra
parte,
a
condannare
la
violenza
politica
del
biennio
conservatore,
violenza
di
cui
poi
sarà
lui
stesso
vittima.
Quanto
fosse
falsa
questa
considerazione
del
Lorca
apolitico
che
lo
stesso
franchismo
provò
a
portare
aventi
postuma,
si
scontrò
con
la
diffidenza
e
condanna
che
la
destra
conservatrice
spagnola
ebbe
nei
confronti
dell’opera
del
poeta
di
Granada;
in
occasione
della
prima
di
una
delle
sue
ultime
opere,
l’opera
teatrale
Yerma,
nel
dicembre
1934,
già
in
un
clima
di
profondi
contrasti
sociali,
ci
furono
scontri
in
teatro
tra
i
repubblicani
e i
conservatori,
che
come
riportarono
le
cronache
di
quella
serata,
sfociarono
anche
in
offese
personali
all’autore,ma
che
gli
valsero
ancor
di
più
le
simpatie
repubblicane;
a
questo
episodio
seguirono
anche
campagne
stampa
violente,
come
quella
portata
avanti
dal
giornale
conservatore
e
cattolico
El
Debate
che
stroncò
senza
dubbi
un
opera
teatrale
definendola
immorale
e
blasfema,
giudizi
questi
che,
presumibilmente,
dovevano
essere
addossati
anche
al
suo
autore.
Cosi
come
la
sua
vita
fu
dominata
da
estreme
certezze,
così
la
sua
fine
è
dominata
da
estreme
lacune,
in
entrambe
i
casi
la
sua
figura
è
strettamente
collegata
al
contesto
storico
e
alle
vicende
politiche
di
quegli
anni.
Le
lacune
che
ancora
oggi
avvolgono
la
sua
morte,
non
hanno
permesso
di
poter
rintracciare
con
precisione
la
localizzazione
del
suo
cadavere.
Nel
luglio
1936,
diversi
giorni
prima
della
sua
partenza
per
un
viaggio
in
Messico,
durante
la
quale
avrebbe
assistito
alla
messa
in
scena
di
una
sua
opera,
viaggio
che
però
poi
non
fece
mai
per
il
sopraggiungere
dell’assassinio,
lo
scrittore
di
Granada
decise
di
far
ritorno,
sconsigliato
dai
suoi
amici,
ben
più
consapevoli
dei
pericoli
che
stava
correndo,
di
far
ritorno
per
qualche
giorno
nel
suo
paese
natio.
La
situazione
politica
di
quei
mesi
e di
quell’area
era
incandescente,
solo
una
settimana
dopo
il
suo
arrivo,
ci
sarebbe
stata
la
rivolta
della
guarnigione
militare
di
Granada,
facilmente
ottenuta
anche
grazie
alle
truppe
che
Mussolini
ed
Hitler
inviarono
in
Spagna
a
supporto
alle
truppe
di
Franco,
fino
alla
sua
definitiva
caduta
nelle
mani
dei
nazionalisti
del
20
luglio,
solo
pochi
giorni
dopo
le
rivolte
di
Medilla
e
Ceuta,
con
cui
il
generalissimo
Francisco
Franco
diede
il
via
al
suo
golpe
militare.
Garcia
Lorca
cosi
cadde
vittima
di
quelle
iniziale
repressione
che
colpì
non
necessariamente
solo
gli
oppositori
politici
ufficiali,
quelli
del
Fronte
Popolare,
ma
unitamente
a
questi
anche
tutti
coloro
che
furono
vicini
agli
ideali
repubblicani,
e la
sua
presenza
a
Granada
si
rivelò
fatale.
Fin
dal
principio,
intraprese
questo
viaggio
nella
sua
città
natale
con
lo
spirito
del
ritorno
alle
radici
in
vista
del
futuro
viaggio
oltreoceano,
in
quei
giorni
si
fermò
presso
la
sua
casa
natale,
Huerta
de
San
Vincente,
trascorrendo
quelle
giornate
rivedendo
gli
amici
di
un
tempo
e
frequentando
i
ritrovi
intellettuali
di
quel
posto;
anche
se
pubblicizzato
dalla
stampa
locale,
i
giorni
che
procedettero
quel
famoso
giorno
dell’insurrezione
armata
e la
presa
di
Granada
scorsero
senza
grandi
allarmismi;
fino
ad
arrivare
al 9
agosto,
quando
una
“escuadra
negra”,
quella
che
in
Italia
chiameremmo
squadraccia
fascista,
arrivò
a
casa
Lorca,
e
con
la
scusa
di
controlli,
diede
un
primo
segnale
di
insofferenza
verso
Federico,
picchiandolo
selvaggiamente
e
insultandolo
per
il
suo
orientamento
sessuale;
cosi
la
famiglia
decise
di
mandarlo
presso
un
amico
fidato,
il
falangista
Luis
Rosales,
pensando
che
presso
un
falangista,
di
provata
famiglia
falangista,
potesse
Lorca
trovare
rifugio
e
sicurezza.
Così
non
fu.
Poco
tempo
dopo
si
cominciò
a
diffondere
la
voce
che
il
letterato
di
Granada,
si
fosse
posto
al
servizio
della
rivoluzione,
facendo
da
tramite
tra
i
ribelli
repubblicani
ed
il
governo
di
Madrid,
e
che
proprio
a
questo
suo
ruolo
attivo
nella
guerra
civile
fosse
dovuto
il
mancato
viaggio
in
Messico
già
programmato.
Con
queste
premesse
Garcia
Lorca
non
si
sarebbe
trovato
più
al
sicuro
in
nessun
posto,
soprattutto
dopo
la
diffusione
della
notizia
che
era
stato
diramato
per
lui
un
mandato
di
cattura
ed
una
richiesta
di
arresto.
Cosi
si
arrivò
a
nuove
perquisizioni
presso
casa
Lorca,
e
proprio
qui,
secondo
alcune
testimonianze,
la
sorella
spaventata
dalle
minacce
fatte
al
padre,
confessò
il
nascondiglio
del
fratello
segnandone
così
l’irrevocabile
destino.
Poche
ore
dopo
le
guardie
della
squadra
nera,
armati
di
tutto
punto
e
decisi
più
che
mai
ad
arrestare
il
pericoloso
sovversivo
Garcia
Lorca,
andarono
a
prenderlo
presso
casa
Rosales,
il
suo
ultimo
rifugio,
dove
si
consegnò
alle
autorità
nazionaliste
senza
opporre
alcuna
resistenza
come
se
fosse
divenuto
consapevole
della
condanna
che
pendeva
sul
suo
capo,
mettendo
così
in
modo
la
macchina
mortale.
La
mattina
successiva
neanche
l’intercessione
di
Federico
Jose
Rosales,
l’influente
uomo
che
lo
aveva
nascosto,
presso
le
autorità
costituitesi
ebbe
l’effetto
desiderato,
ottenne
infatti
si
un
mandato
di
liberazione,
ma
le
autorità
militari
che
lo
avevano
in
consegna
riferirono
dello
spostamento
del
prigioniero
in
altra
località
segreta,
bugia
questa,
che
dimostrò
come
il
piano
di
uccisione
di
Federico
Garcia
Lorca
fosse
iniziato
e
irrevocabile
nel
suo
compimento.
All’alba
del
19
agosto
1936,
presso
Viznar,
uno
sperduto
villaggio
rurale,
in
quella
campagna
tanto
amata
dallo
scrittore
di
Granada,
si
sarebbe
consumata
la
sua
fine
per
mezzo
della
fucilazione.
Insieme
agli
altri
arrestati
trascorse
la
notte
presso
una
cella
del
palazzo
arcivescovile
di
Viznar
che
il
governo
nazionalista
trasformò
celermente
al
suo
insediamento
in
braccio
della
morte;
le
testimonianze
raccontano
di
un
Federico
pensieroso
e
comprensibilmente
angosciato
per
l’ingiustizia
che
sta
per
subire,
che
chiese
addirittura
di
essere
confessato,
ma
l’assenza
in
sede
del
sacerdote
fece
venire
meno
questa
sua
richiesta.
Così
in
una
polverosa
strada,
nei
pressi
di
una
fontana,
il
poeta
di
Granada
venne
fucilato,
era
l’alba
del
19
agosto
1936,
e
l’esecutore
materiale
di
questo
assassinio
politico,
tale
Juan
Luis
Trecastro
de
Medina,
poco
dopo
ebbe
a
vantarsi
in
una
osteria
di
averlo
ripetutamente
crivellato
di
colpi,
facendo
scempio
del
suo
cadavere,
e
sparandogli
addirittura
sul
sedere,
per
disprezzo
alla
sua
condizione,
prima
che
delle
persone
lo
gettassero
in
una
fossa
comune,
e
fino
ad
oggi,
mai
più
ritrovato.
La
sua
morte
rimase
per
diverso
tempo
avvolta
dal
mistero,
e la
stampa
controllata
dal
regime
certo
non
aiutò
a
tracciare
la
verità,
temendo
che
la
notizia
dell’uccisione
del
massimo
poeta
spagnolo
universalmente
riconosciuto,
potesse
portare
il
popolo
alla
rivolta
contro
l’ordine
costituito;
cosi
le
più
diverse
notizie
e
versioni
si
sovrapposero
pubblicate
dalla
compiacente
stampa
di
regime:
il
suo
cadavere
ritrovato
un
po’
in
ogni
dove,
addirittura
la
sua
presenza
a
conferenze,
dubbi
sulla
matrice
dell’assassinio,
diffondendo
addirittura
la
falsa
notizia
di
un
assassinio
interno
alle
frange
di
sinistra;
tutto
ciò
affinché
una
nube
di
dubbio
e
l’incertezza
calasse
impenetrabile
sulla
vicenda,
sui
suoi
mandanti,
sulle
speculazioni
politiche;
si
arrivò
finanche
al
paradosso
per
cui
la
Falange
si
mise
a
lodare
Lorca,
come
loro
compagno
camerata,
e
portatore
di
comuni
sani
valori,
prendendo,
allo
stesso
tempo,
le
distanze
da
questo
vile
assassinio.
Allo
stesso
modo
però
il
regime
franchista,
tramite
i
fedeli
mezzi
di
comunicazione,
assecondò
finanche
la
diffusione
sul
territorio
nazionale,
di
un
libello
diffamatorio
e
delle
relative
supposizioni,
nel
quale
si
fece
ricondurre
il
delitto
di
Federico
Garcia
Lorca,
a un
movente
passionale,
in
un
banale
scontro
tra
omosessuali,
boicottandone
cosi
la
matrice
politica
ed
ideologica,
così
palese
a
distanza
di
anni.
Non
furono
tali
malevoli
voci
o
supposizioni
a
sminuire
il
valore
universalmente
riconosciuto
di
Federico
Garcia
Lorca,
un
intellettuale,
con
una
coscienza
civile
come
pochi
del
suo
tempo,
che
pagò
fino
allo
estremo
sacrificio
la
scelta
di
decidere
come
essere
e in
quale
mondo
vivere.