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N. 32 - Agosto 2010 (LXIII)

GAIRO
e la terra tremò

di Giulia Gabriele

 

Occhi senza sguardo. Occhi ciechi. Labbra senza voce. Labbra mute. La pietra ancora crepita e cade giù. Il verde si aggroviglia sui resti del passato mentre la vita scorre in altre valli, sotto l’ombra di altre montagne. Arroccata su paesaggi vicini. Questa la storia dei ‘paesi fantasma’ e di Gairo.

Nel territorio ogliastrino si trovano disseminate rovine di antichi paesi che per vari motivi (pestilenze, alluvioni, faide) sono stati abbandonati. Alcuni sono rinati altrove, altri scomparsi per sempre, altri ancora si sono riuniti sotto un unico nome. Il fiume ondeggia minaccioso, senza argini che contengano la sua corsa, e le donne, figli tra le braccia, vanno via senza voltarsi.

L’economia cambia e tutti, uno dopo l’altro, scappano via a cercare fortuna, seguendo il flusso che detta il mercato. La terra trema e l’uomo, nomade, cerca nuova calce per ricostruire e nuova linfa per ricominciare. Così, morendo, nasce un paese fantasma. E così, tremando, morì Gairo.

Per quel che riguarda il significato del nome non c’è una fonte certa. Le probabili derivazioni risalgono al fenicio (hiair, ‘luce’; gabaiar, ‘colle selvoso’; iaar, ‘selva’), alla contaminazione di Galillium, paese di cui si parla nella leggenda di San Giorgio (XII secolo) e anche al greco (καιρός, cioè ‘orditura’; γης, ‘terra’ e ρέυο, ‘scorro’ quindi ‘terra che scorre’, teoria questa che si rifà alla precaria condizione idrogeologica del territorio gairese).

E se l’etimologia di Gairo è oscura, anche la sua nascita non è da meno. Vista la grande abbondanza di sorgenti d’acqua, già in epoca preistorica si trovano tracce d’esseri umani nella vallata del Rio Pardu. Secondo la tradizione, un pastore di Osini, Fuliau Serra, si stabilì con il bestiame in località Funtana de Lorista. Trovandosi bene, si fece raggiungere dalla famiglia, dai servi e da alcuni amici.

Con gli anni aumentarono di numero tanto che ottennero dalla comunità un vasto territorio. Questo, almeno, è quel che dice la tradizione. Le fonti storiche, dal canto loro, non riescono a definire una data di nascita di Gairo, ma ne attestano una sorte costituita da svariate migrazioni o per lotte tra signori o anche per catastrofi naturali, come quella del 1951 che, nel rendere Gairo un paese fantasma, segnò anche l’inizio di due nuovi paesi: Cardedu, a valle e Gairo Sant’Elena, più a monte.

Gairo fu completamente abbandonato in seguito a smottamenti dovuti alle piogge autunnali del 1951 e del 1953. Gli abitanti si divisero tra valle e monte. Nel vecchio paese, nel frattempo, tutto è rimasto com’era.

Le strade sinuose, le case, le finestre, le porte, alcune ancora intatte e spesso colorate di calce azzurra o rossa che ti invitano a bussare per avere, infine, come risposta il silenzio. È come se il tempo si fosse fermato, lì. Come negli altri paesi sardi lasciati soli: Osini fu abbandonato tra il 1951 e il 1960 in seguito a una terribile alluvione e la popolazione si spostò più a monte; il villaggio di Ruinas, in territorio di Arzana, invece, fu abbandonato dai suoi abitanti intorno al 1350 per le continue lotte e i feroci duelli con i pastori di Desulo.

Questa è, quindi, l’altra Sardegna, quella fatta di passati ricominciati. Di donne e uomini che non si arresero, ebbero la forza di ricostruire cittadine oggi ridenti e ben popolate. Per il viaggiatore attento i ‘paesi fantasma’ possono essere una delicata scoperta. Un tuffo nel passato per curiosare in una sorta di ‘come eravamo’, perché lì tutto è rimasto fermo. Il tempo ha conservato le abitudini e le consuetudini, regalandole alla Natura.

La notte splende con le stelle, il vento corre, fresco, tra le fronde insieme all’immaginazione, che inventa vite e cammini. Prova a ricordare momenti di altre menti. Un sorriso fanciullo. E l’acqua che si porta via il presente, relegandolo al silenzio. Forse un brivido per il viaggiatore che non si accontenta di fare il turista, ma cerca scorci inesplorati per intessere i suoi ricordi. Ovunque vada. O magari una lacrima mentre cerca la sua stella nel silenzio del luogo e del cuore. Ritrovando l’intimità di un sorriso, strappato al rumore della città e della normalità.

Questa, in breve, la storia di Gairo (e della sua magia) che trovò in una fine due nuovi inizi.


 

 

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