N. 146 - Febbraio 2020
(CLXXVII)
Dossier Kappler-Reder
La
scoperta
di
rune
naziste
nel
castello
Angioino
di
Gaeta
di
Nicola
Ancora
Il
ritrovamento
di
alcuni
simboli
nazisti
all’interno
del
castello
Angioino,
si
inserisce
all’interno
delle
ricerche,
da
me
iniziate,
sulla
vita,
a
Gaeta,
dei
due
nazisti
rinchiusi
nel
carcere
militare
(famoso
il
detto:
“Ti
sbatto
a
Gaeta”)
operativo
fino
al
1990:
Herbert
Kappler
e
Walter
Reder.
Il
primo,
dei
due
fu
incriminato
per
essere
stato
il
mandante
della
strage
delle
Fosse
Ardeatine
a
Roma
(che
contò
335
morti),
il
secondo,
invece,
era
definito
il
boia
di
Marzabotto
e
Sant’Anna
di
Stazzema;
i
morti
e le
violenze
perpetrate
a
queste
popolazioni
furono
maggiori,
si
parla
di
oltre
la
migliaia
di
morti.
Fonti
orali
e
testimonianze
oculari
di
cittadini
o
militari
che
hanno
lavorato
nel
carcere
di
Gaeta,
parlano
di
numerosi
trattamenti
di
favore
nei
loro
confronti:
ricevevano
spesso
frequentazioni
politiche
austriache,
pacchi
con
vivande
dalla
Germania,
avevano
la
possibilità
di
fare
bagni
al
mare
(sebbene
scortati)
e
possibilità
di
intrattenere
relazioni
sentimentali.
Kappler
si
sposò,
nel
reclusorio
di
Gaeta,
con
la
seconda
moglie,
Annaliese,
che
conobbe
più
intimamente
attraverso
un
carteggio
(da
diversi
anni
c’è
anche
una
traduzione
in
italiano
dell’epistolario).
Trattamenti
di
favore,
i
loro,
che
in
parte
trovavano
giustificazione
nel
testo
della
Convenzione
di
Ginevra
(1864),
trattato
che
tutelava
i
diritti
dei
prigionieri
di
guerra.
Stettero,
ambedue,
nel
reclusorio
per
circa
trent’anni.
Kappler
entrò
nel
1947
e
uscì
nel
1976
(in
quell’anno
venne
traslocato
all’ospedale
militare
di
Roma
del
Celio,
dal
quale
sarebbe
fuggito
l’anno
successivo).
Reder
entrò
nel
1951
e fu
estradato
in
Austria,
nel
1985,
con
un
volo
di
Stato.
Prima
di
andar
via,
hanno
lasciato
una
serie
di
misteri
nella
storia
italiana
contemporanea.
La
scoperta
riguarda
delle
scritture
runiche,
ma
anche
concetti
religiosi
e
altrettanti
simboli
(mutuati
da
altre
culture)
scritti
da
uno
o da
entrambi
i
nazisti
(sul
vero
autore
si
tornerà
più
avanti).
Ormai
chiuso
da
trent’anni
e
sulla
lenta
via
della
musealizzazione,
le
scritte
lasciate
dai
nazisti
sono
rimaste
lì
per
tre
decenni,
all’oscuro
dello
sguardo
dei
visitatori
che
entrano
nel
castello
e
della
storia
in
generale.
Il
ritrovamento
non
è
stato
per
nulla
facile,
data
l’incisione
a
secco
su
pareti
bianche.
La
seconda
difficoltà
è
stata
quella
di
tradurre
e
decifrare,
nel
nostro
linguaggio,
il
loro
codice.
i
Castello
Angioino
di
Gaeta
(reclusorio
militare),
svastica,
simbolo
graffito
sul
muro
al
lato
Comando
Militare,
vicino
alle
stanze
di
Kappler
e
Reder
(foto
di
Nicola
Ancora)
i
L’alfabeto
runico,
chiamato
anche
futhark
(dalle
prime
sei
lettere
che
lo
compongono),
era
usato
dalle
antiche
tribù
germaniche:;
ogni
simbolo
non
aveva
solo
una
funzione
fonetica,
ma
anche
una
spirituale,
in
quanto
era
considerato
un
alfabeto
con
potenziali
magici.
Sull’origine
di
questa
scrittura,
alcune
teorie
lo
vedono
come
filiazione
degli
alfabeti
etrusco-italici.
I
contatti
con
queste
popolazioni
italiche
erano
favoriti,
anche,
dagli
scambi
commerciali.
Le
parole
da
me
ritrovate,
a
Gaeta,
sono
tre.
A
livello
puramente
fonetico,
tradotte,
corrispondono
alla
I-K(C)-O;
mentre,
tecnicamente,
sono
chiamate
Isa,
Kenaz
e
Othila.
Isa,
rappresentata
da
una
linea
verticale,
è la
undicesima
runa.
Simboleggia
il
ghiaccio,
la
stasi
o,
per
dirla
in
termini
di
uso
comune,
l’arresto.
Il
periodo
dell’anno,
a
essa,
corrispondente
va
dal
28
novembre
al
12
dicembre.
Il
mito
correlato
a
questa
runa
è
Niflheim;
regno
freddo
e di
ghiaccio.
Come
il
ghiaccio
impedisce
la
fioritura,
così
impedisce
la
fuga
degli
umani.
Kenaz
è
una
runa
a
forma
di
spina
(de
Blanchefort
2018);
è la
sesta
runa
del
futhark,
simboleggiante
il
fuoco.
Il
periodo,
a
essa,
corrispondente
cade
dal
13
al
27
settembre.
Questa,
nel
nostro
caso,
è la
più
importante
delle
tre;
la
runa
chiave.
Othila
è la
ventitreesima
runa
e
simboleggia
la
liberazione
dal
karma
(Carmignani,
Bellini
2017).
Graficamente
dà
l’impressione
di
somigliare
molto
all’omega
dell’alfabeto
greco,
ma
anche
al
simbolo
cristiano
del
pesce.
Castello
Angioino
di
Gaeta
(reclusorio
militare),
svastica
inscritta
in
un
cerchio,
con
scritture
runiche
nella
parte
inferiore
(foto
di
Nicola
Ancora)
Per
capire
la
spiritualità
di
quest’ultima
runa,
cito,
di
seguito,
l’oracolo
corrispondente:
“Il
cervo
si
nasconde
nell’ombra
del
bosco,
abili
cacciatori
presto
lo
staneranno.
Il
sangue
scorrerà
sulla
terra,
in
sacrificio.
E si
tornerà
a
casa,
a
imbandire
una
buona
tavola
e
raccontare
storie
davanti
al
fuoco
mentre
la
carne
gira
sullo
spiedo”.
Importantissima
in
quanto
si
rifà
al
concetto
di
“libertà,
patria
ed
eredità
familiare”.
Liberazione
dal
karma,
si è
detto
poc’anzi:
questo
concetto
induistico,
ai
nazisti
molto
caro,
lo
si
trova,
sempre
a
sgraffio
e
affianco
una
svastica,
nella
parte
superiore
delle
iscrizioni
runiche,
ma
nella
lingua
tedesca
“Karm”.
figura3.
Castello
Angioino
di
Gaeta
(reclusorio
militare),
“Karm”,
“Karma”,
trovati
nella
parte
superiore
e
laterale
agli
ideogrammi
runici
e
alla
svastica
inscritta
(foto
di
Nicola
Ancora)
Othila
è
stata
utilizzata
come
logo
del
7°
SS-Freiwilligen-Gebirgs-Division
“Prinz
Eugen”,
fanteria
di
montagna
attiva
dal
1942
al
1945
(Cernigoi
2019).
La
descrizione
linguistica
e
storica
delle
rune,
di
cui
sopra,
è
stata
necessaria
per
arrivare
alla
conclusione
di
questa
ricerca.
Kenaz,
la
runa
centrale,
simboleggia
la
personalità
di
Herbert
Kappler.
Nato
il
23
settembre
1907,
la
sua
nascita
cade
proprio
nel
periodo
affidato
alla
runa
centrale
che,
ripeto,
va
dal
13
al
27
settembre.
Isa,
la
prima
runa,
simboleggia
la
stasi
(la
fermezza)
e
allude
allo
stato
di
detenzione
di
Kappler
(il
presente
nel
momento
in
cui
lui
le
incise).
Othila
(libertà,
eredità
familiare
e
patria)
era
la
speranza
che
prima
o
poi
la
sua
detenzione
volgesse
a
termine,
ritornando
in
Germania.
Speranza
affidata
al
potere
magico
di
questi
ideogrammi.
Il
ritrovamento
di
queste
incisioni
(sull’arco
di
accesso
al
corridoio
superiore
del
comando
militare,
dopo
una
lunga
salita
lastricata)
apre
un’altra
prospettiva
di
indagine
storica;
la
libertà
loro
concessa
di
eludere
i
controlli
interni.
Riferimenti
bibliografici:
U.
Carmignani,
G.
Bellini,
Runemal,
Il
grande
libro
delle
rune
(origine,
storia,
interpretazione),
Età
dell’Acquario
edizioni,
Torino
2017.
E.
Cernigoi,
SS.
L’ordine
nero
del
reich,
Giunti
editore,
Milano
2019.
J.
de
Blanchefort,
Rune,
rituali
di
magia
per
il
terzo
millennio,
Armenia
editore,
Cornaredo
2018.