CRIMINALI NAZISTI IN FUGA
SULLE
RESPONSABILITà
DEL GOVERNO ARGENTINO DELL’EPOCA
di Simone Barcelli
La fuga dall’Europa dei criminali
nazisti e dei loro
collaborazionisti, alla fine della
Seconda guerra mondiale, fu favorita
anche dal governo argentino di Juan
Domingo Perón, che costituì organi
istituzionali per l’immigrazione,
facendo gestire ai faccendieri
tedeschi gli uffici decentrati e le
reti di fuga, favorendo infine le
aziende che “assumevano” le ex SS.
Naturalmente, parte delle riserve di
denaro sparite dalla Reichsbank di
Berlino negli ultimi giorni di
guerra, finirono proprio in
Argentina.
L’ambasciatore argentino in
Svizzera, Pedro Benito Llambì, ebbe
un ruolo importante nella formazione
della rete d’emigrazione dei
nazisti, alla fine della Seconda
guerra mondiale, soprattutto di
quelli che potevano vantare
competenze scientifiche. Llambì, un
buon amico di Juan Domingo Perón,
già maggiore dell’esercito, faceva
infatti parte del Grupo de
Oficiales Unidos (GOU) – una
specie di loggia segreta fondata nel
febbraio 1943 e composta da
ufficiali dell’esercito e alcune
sigle sindacali –, e contribuì
all’ascesa del collega, di cui fu
assistente al ministero del Lavoro
nel 1943.
L’ambasciatore era da tempo in
contatto con Henry Guisan,
colonnello dell’esercito svizzero e
figlio del generale comandante di
quella milizia. I rapporti tra
Svizzera e Argentina, durante la
Seconda guerra mondiale, furono
dettati dalle esigenze alimentari,
poiché il paese dei banchieri aveva
pur bisogno delle derrate per
sopravvivere nel paradisiaco
isolamento.
Enzo Trentin racconta che «Navi
battenti bandiera argentina oppure
svizzera, passando per Gibilterra,
attraccavano regolarmente a Genova.
Da qui i carichi proseguivano per
ferrovia, col viatico del Duce (…)
Quando poi l’Italia divenne teatro
di guerra non fu più possibile far
scalo a Genova. Allora i
rifornimenti destinati alla Svizzera
presero a essere sbarcati in
Portogallo. E di qui, attraverso la
Spagna franchista e la Francia di
Vichy, raggiungevano Ginevra. Ma
anche questa via fu tagliata, con lo
sbarco anglo-americano nel sud della
Francia, verso la fine del 1944».
La Germania era all’epoca per la
Svizzera il miglior partner
commerciale, che in cambio di
macchinari e materiale bellico,
riforniva la confederazione di
carbone e petrolio, tanto che gli
Alleati furono costretti a imporre
l’embargo nel dicembre 1944.
Alla fine del conflitto, come
dimostrano i documenti conservati
nel dipartimento di polizia di
Berna, l’ufficio della Delegacion
Argentina de Immigracion en Europa
(DAIE), l’organizzazione che nel
giro di una decina d’anni si sarebbe
fatta carico dell’immigrazione in
Argentina anche di trecentomila
italiani, era in Marktgasse 49, nel
centro della città. L’apertura di
questa sede fu certamente favorita
da Benito Llambì, con la copertura
dell’Instituto Suizo-Argentino,
l’associazione culturale da lui
creata, che si fece carico anche di
pianificare gli incontri di Evita
Perón durante la sua permanenza in
Svizzera nel 1947. Fu Heinrich
Rothmund, funzionario della polizia
federale svizzera, che autorizzò
l’apertura della sede, ben
consapevole che si trattava di un
punto di smistamento per nazisti in
fuga.
Carlos Fuldner, un ex capitano delle
SS, ritornò in Europa nel dicembre
1947 e divenne responsabile di
quell’ufficio fino a settembre 1948,
con la collaborazione
dell’architetto del Terzo Reich
Herbert Helfrich, che aveva
realizzato le rampe di lancio dei
missili V2, e lo scienziato Georg
Weiss, che con Wernher von Braun
(poi assunto dalla NASA) fu
progettista degli stessi razzi.
Helfrich, in particolare, curava una
rete clandestina con sedi a Colonia
e Aach Bei Singen, in cui sussisteva
la logistica per il transito
illegale dei nazisti.
Quando anche Fuldner s’imbarcò per
l’Argentina, presumibilmente
nell’ottobre 1948, non appare
casuale che fosse in compagnia di un
certo Hubert von Blücher, figlio del
diplomatico Wipert von Blücher,
poiché il suo nome ricorre, assieme
a quello del tenente colonnello
delle SS Friedrich Josef Rauch,
nelle vicende legate all’evacuazione
di lingotti d’oro e riserve di
denaro dalla Reichsbank di Berlino
negli ultimi giorni della guerra.
Nella primavera del 1945, quando
ormai gli Alleati avevano invaso la
Germania, la Reichsbank trasferì
altrove le sue giacenze. Il compito
fu affidato proprio a Rauch, che si
occupò del trasporto delle riserve:
520 milioni di marchi, 146 sacchi di
valuta straniera e circa 9
tonnellate di lingotti d’oro. Il
prezioso carico fu consegnato il 22
aprile 1945 al colonnello Franz
Pfeiffer a Mittenwald, all’interno
di una caserma d’addestramento della
Wehrmacht. Una parte di quel tesoro
fu seppellita una ventina di
chilometri più in là, nel campo di
pomodori della famiglia von Blücher,
nel giardino fuori dalla villa a
Garmisch-Partenkirchen, sempre in
Baviera, ai confini con l’Austria.
Rauch, nel dopoguerra, non fu
processato e il 16 febbraio 1948
raggiunse l’Argentina, grazie
all’interessamento del prete croato
Krunoslav Draganovic. A Villa
Ballester, una cittadina vicino
Buenos Aires, divenne socio della
Exact SCL, una società
metallurgica con prevalente capitale
tedesco, cui aveva contribuito
personalmente con una somma di oltre
centomila dollari.
Nel marzo 1949 anche Franz Pfeiffer,
colui che ricevette da Rauch parte
del tesoro della Reichsbank,
raggiunse l’Argentina, contribuendo
anch’egli con centomila dollari al
capitale sociale della Exact SCL.
Entrambi negarono un loro
coinvolgimento economico nella
società argentina, anche se le
informative redatte all’epoca dalla
polizia di Buenos Aires risultano
ben circostanziate al riguardo.
Gli arrivi di nazisti e loro
collaborazionisti in Argentina
proseguirono almeno fino al 1950,
per esaudire tutte le richieste
pervenute a Fuldner quand’era
referente dell’ufficio DAIE di
Berna, che nella primavera del 1949
chiuse i battenti.
Uki Goni sottolinea che nei primi
mesi del 1949 Perón iniziò a
dissociarsi discretamente dalle
attività fino a quel momento
compiute dalla DAIE e dalla SARE
(Sociedad argentina de
recepcion de europeos), la cui
sede era in una vecchia casa di
proprietà dell’Arcivescovado di
Buenos Aires: si trattava di un
ufficio supplementare, finanziato
direttamente dal cardinale di
origine genovese Santiago Luis
Copello, creato appositamente per
far fronte alle migliaia di
richieste di espatrio che
pervenivano soprattutto da criminali
di origine croata.
Dopo la morte nel 1948 di Charles
Lescat, un antisemita che
collaborava con il filonazista
Pierre Daye, responsabile della
SARE, i rapporti tra la Division
de Informaciones di Rodolfo
Freude (figlio dell’affarista
nazista Ludwig) e la direzione della
migrazione furono misteriosamente
interrotti. La ragione che portò al
raffreddamento nelle relazioni tra
gli uffici, fu in qualche modo
dovuta alle indagini promosse in
quel frangente da una commissione
d’inchiesta, che avrebbe dovuto far
luce sulle palesi irregolarità con
cui venivano rilasciati i permessi
di sbarco.
Per ironia della sorte, gli
accertamenti vertevano inizialmente
sull’ingresso di alcuni ebrei,
favorito da Leonard de Roover, un
collaborazionista belga alle
dipendenze di Rodolfo Freude, che
generalmente controllava le liste
degli indesiderabili per
conto di Casa Rosada. Il vero
obiettivo era però Pablo Diana,
responsabile della Direccion
General de Migraciones, accusato
dai diplomatici argentini di essere
stato troppo indulgente nel
concedere permessi di sbarco agli
ebrei.
Gli ispettori dell’Instituto
Etnico National, diretto
da Santiago Peralta (predecessore,
defenestrato, di Diana), chiamarono
a deporre anche Carlos Fuldner: egli
confermò che i funzionari erano
stati costretti a rilasciare
documenti ai criminali di guerra,
anche in carenza di riscontri,
poiché ciò corrispondeva agli ordini
ricevuti direttamente dal presidente
Perón, e non potevano chiaramente
entrare nei dettagli o parlare
apertamente di quel che stava
succedendo.
La commissione concluse che le
irregolarità commesse da Fuldner
e dal resto degli agenti di Freude,
si erano conformate alle istruzioni
presidenziali segrete e pertanto la
faccenda non era alla portata
dell’inchiesta. Nelle centinaia di
pagine del rapporto conclusivo, non
veniva mai menzionata la parola
nazista. Sulla scorta di tali
risultanze, Perón decretò
l’espulsione dal servizio di Diana e
dei suoi più stretti collaboratori,
poiché avevano fatto troppe
eccezioni nel permettere l’ingresso
nel paese agli ebrei. Quasi tutte
quelle eccezioni erano state
autorizzate dallo stesso Perón. Una
situazione davvero imbarazzante.
Nel 1992 il giornalista Leonardo
Coen, sulle pagine de La
Repubblica, ricordava anche che
«il 21 luglio del 1949, il
deputato radicale Silvano Santander,
antiperonista viscerale, leader
della cosiddetta “ala gorila”
dell’UCR, l’unione cristiana
radicale, presentò alla Camera
un’interrogazione per sapere se
avevano qualche particolare funzione
dentro le forze armate l’ex
colonnello Hans Ulrich Rudel; Otto
Skorzeny, generale delle Guardie
d’Assalto tedesche; l’ingegnere
Willy Kurt Tank e il generale Adolf
Galland. Inoltre, chiedeva se
rispondeva al vero che nella
fabbrica militare dell’aeronautica e
all’Istituto Aerotecnico di Cordoba
erano impiegati trentaquattro
militanti nazisti».
Fuldner, nonostante la chiusura
dell’ufficio di Berna e il ritorno
in Argentina, non rimase inoperoso.
Nel 1950 fondò a Buenos Aires
l’azienda Compania Argentina para
Proyectos y Realizaciones
Industriales - Fuldner y Cia (in
sigla CAPRI), i cui
dipendenti, fino al 1955, si
occuparono di misurare le velocità
di flusso dell’acqua e raccogliere
campioni di roccia nelle aree
inaccessibili della giungla, nella
provincia settentrionale di Tucuman.
La società si avvaleva di un lauto
contratto pubblico propiziato da
Perón, sottoscritto con la Agua y
Energia, con il compito di
verificare la fattibilità di opere
idroelettriche. Vi furono impiegati,
anche sotto falso nome, almeno
trecento nazisti giunti in Sud
America, tra cui Adolf Eichmann.
Riferimenti bibliografici:
George Hodel, Evita, the Swiss
and the Nazis, Consortium News,
22 giugno 2010.
Enzo Trentin, Il generale che
divenne eroe senza combattere,
Vicenzareport, 27 marzo 2020.
Carlo Provasi, Evita Perón: il
mito, il tesoro nazista, la salma
perduta, Maquisard 11 Gennaio
2018.
Uki Goni, Operazione Odessa,
Garzanti, 2003.
Guillermo Miguel Chavez Rodriguez,
Exodo de nazis en la posguerra,
Universidad Autonoma Metropolitana,
settembre 2018.
Ian Sayer e Douglas Botting,
L’oro nazista, SugarCo, 1985.
Julio B. Mutti, Horst Carlos A.
Fuldner; el fugitive, La Prensa,
16 ottobre 2018.
Leonardo Coen, L’ingegner Tank
sottobraccio a Evita Perón, La
Repubblica, 11 marzo 1992.
Eckhard Schimpf, Heilig: Die
Flucht des Braunschweiger
Nazifuhrers auf der Vatikan-Route
nach Sudamerika, Appelhans
Verlag, 2005.