arte
RICORDANDO FRIDA KAHLO
Kahliamoci,
TRA RESILIENZA E RIVOLUZIONE
di Giovanna D’Arbitrio
“Resilienza” ci sembra senz’altro
il termine più adatto a definire la vita
dolorosa di Frida Kahlo, fatta di
grandi sofferenza psichiche e fisiche,
ma anche di coraggio, amore, passioni,
idee rivoluzionarie che riuscì a
esprimere nelle sue magnifiche opere.
Considerata una delle più importanti
pittrici messicane, viene spesso inclusa
tra gli autori surrealisti, ma Frida ha
sempre rifiutato l’appartenenza a tale
corrente, affermando: «Ho sempre
dipinto la mia realtà, non i miei sogni».
Ripercorriamo in breve la vita di
Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón,
nata il 6 luglio 1907, anche se lei
amava dichiarare di essere nata
“davvero” nel 1910 con la rivoluzione
del Messico: «Sono nata con una
rivoluzione. Diciamolo. È in quel fuoco
che sono nata, pronta all’impeto della
rivolta fino al momento di vedere il
giorno. Il giorno era cocente. Mi ha
infiammato per il resto della mia vita».
Secondo
alcuni biografi, affetta da spina bifida
fin da bambina, purtroppo scambiata per
poliomielite, non fu curata in modo
adeguato. Nel 1925, inoltre, mentre
tornava da scuola in tram, a 18 anni
venne coinvolta in un terribile
incidente che le causò la frattura
multipla della spina dorsale e del
bacino: si salvò con numerosi interventi
chirurgici e dolorosi busti, restando
immobilizzata per diversi mesi in un
letto a baldacchino, con uno specchio
attaccato al soffitto, entrambi ideati
dai genitori che le regalarono anche
colori e pennelli per aiutarla a passare
il tempo. Grazie alle iniziative dei
genitori, Frida iniziò a dipingere e la
sua prima opera fu infatti un
autoritratto al quale ne seguirono
altri. Lei stessa affermò: «Dipingo
autoritratti perché sono spesso sola,
perché sono la persona che conosco
meglio».
Nel 1928,
a 21 anni, si iscrisse al partito
comunista e conobbe Diego Rivera, famoso
pittore muralista rivoluzionario e lo
sposò nel 1929, benché fosse molto più
grande di lei e donnaiolo incallito, già
al terzo matrimonio. Lei stessa dirà in
seguito: «Ho subito due gravi
incidenti nella mia vita… il primo è
stato quando un tram mi ha travolto e il
secondo è stato Diego Rivera».
Frida ebbe ben quattro gravidanze non a
portate a termine e poi decise di vivere
in una casa separata da Diego per i suoi
continui tradimenti con altre donne
(compresa sua sorella). Frida d’altra
parte, cercò di compensare le sue
delusioni con rapporti bisex, diventando
anche amante di personaggi famosi come
Trotsky e Pablo Picasso. Benché
continuasse a subire operazioni, non si
arrese mai e quando l’amica fotografa,
Lola Alvarez Bravo, organizzò per
le sue opere una mostra, Frida vi
partecipò sdraiata su un letto che Diego
Rivera fece trasportare fin là.
Nel 1954 si ammalò di polmonite, ma
alcuni giorni prima della sua morte
prese parte a una manifestazione per la
libertà del Guatemala, portando un
cartello con l’immagine di una colomba e
un messaggio di pace. Morì il 13 luglio
1954 per embolia polmonare.
Su Frida
Kahlo sono stati scritti libri e girati
film, in passato e ancor oggi ci sono
scrittori che continuano a ricordarla,
tra i quali citiamo Gaia Gentile,
autrice di Kahliamoci,
un piccolo libro, ma fatto di versi
intensi e coinvolgenti, un sentito
omaggio alla pittrice messicana. Come si
legge sulla quarta di copertina,
Kahliamoci “è
un omaggio a Frida Kahlo, ai suoi
dipinti, alle sue parole, alla sua
poesia. Frida come simbolo di forza,
stile e bellezza, ma anche di tormenti e
sofferenze che l’artista è riuscita a
convogliare e a rappresentare nella sua
arte. Kahliamoci è anche un imperativo:
caliamoci nel vissuto che non ci
appartiene, scendendo giù dentro di noi,
pur rimanendovi ancorati come chi scende
da una montagna con altissime cime, per
aprire la porta e accogliere l’altro,
l’illustre ospite della nostra casa
interiore”.
Nella prefazione, Fausta
Speranza, giornalista e scrittrice,
ne evidenzia l’interpretazione
narrativo-teatrale, ricca di
evocazioni, emozioni e musicalità,
veritiero ritratto di Frida. Segue una
breve introduzione della scrittrice
Flavia Basile Giacomini che
definisce la poesia di Gaia Gentile
“vera lirica del dolore”, poiché
“il dolore fu il filo conduttore della
travagliata vita di Frida Kahlo”. E
infine il testo si conclude con la
significativa postfazione dell’attrice
Patrizia Benardini, in cui ella
immagina che Frida dialoghi con Gaia:
due donne che a tratti sembrano quasi
fondersi o riflettersi l’una nell’altra
in un gioco di specchi.
Kahliamoci,è
un invito dunque a “calarsi” nel vissuto
di una donna particolare, accogliendola
dentro di noi come un illustre ospite
della nostra anima. E in effetti dopo
Alda Merini, Gaia Gentile sceglie ancora
un personaggio femminile per guidarci
con i suoi versi alla scoperta
dell’anima di Frida, un percorso tra
colori intensi, grida di dolore e amore
per la vita, per il marito Diego Rivera,
per le idee rivoluzionarie: l’anima di
un’artista forte e possente, simbolo di
passioni intense, di libertà,
indipendenza e resilienza.
Gaia Gentile (Roma, 1975), laureata in
Lingue e Letterature Straniere e in
DAMS, è poeta, drammaturga e regista,
docente di inglese e francese.
Vincitrice di numerosi premi e concorsi
letterari, ha pubblicato, tra gli altri,
Il Granchio nell’Onda, Merimia,
Io e Te fra Tramonto e Alba.
Dalle sue raccolte ha tratto e diretto
le drammaturgie per i suoi spettacoli
teatrali, sinergie di poesia, danza,
canto e musica.
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