N. 35 - Novembre 2010
(LXVI)
La sindrome dei fratelli Collyer
follia e libertà?
di Michele Broccoletti
Era
il
21
marzo
1947,
quando
a
Manhattan,
proprio
di
fronte
al
Central
Park,
all’incrocio
tra
la
prestigiosa
Fifth
Avenue
e la
Centoventottesima,
nel
quartiere
di
Harlem,
in
seguito
ad
una
telefonata
anonima,
gli
uomini
della
polizia
fecero
irruzione
nell’abitazione
di
Homer
e
Langley
Collyer.
L’ignota
voce
al
telefono
segnalava
agli
agenti
la
presenza
di
un
cadavere
proprio
all’interno
della
villa
dei
Collyer:
si
trattava
di
Homer
Collyer,
il
cui
corpo
venne
ritrovato
senza
vita
nella
sua
camera
da
letto.
Ma
procediamo
con
ordine.
Chi
erano
i
fratelli
Collyer?
Homer
Lusk
(6
Novembre
1881
– 21
marzo
1947)
e
Langley
(3
ottobre
1885
– 8
aprile
1947),
che
ebbero
anche
una
sorella
–
Susan
–
morta
ancora
bambina
nel
1880,
nacquero
da
Herman
Livingstone
Collyer
(1857-1923)
e
Suise
Gage
Frost
(1856-1929).
I
genitori
dei
due
fratelli
erano
probabilmente
cugini
di
primo
grado
e la
loro
famiglia
aveva
origini
inglesi,
discendendo
dalla
nota
progenie
dei
Livingstone.
Mentre
la
madre
Susan
era
un’ex
cantante
lirica,
il
padre
Herman
era
un
famoso
ginecologo
di
Manhattan,
che
lavorava
al
Bellevue
Hospital
e
che
decise
di
acquistare
una
residenza
nel
quartiere
di
Harlem,
in
un
momento
in
cui
tale
quartiere
era
altolocato
ed
abitato
da
molti
abbienti
cittadini
di
New
York.
Per
questo,
nel
1909
Herman
Collyer,
con
al
seguito
moglie
e
figli,
si
trasferì
nella
sua
nuova
abitazione
ma,
quello
per
cui
ricordiamo
il
padre
dei
due
ormai
noti
fratelli,
sono
soprattutto
le
sue
stravaganze
–
una
per
tutte,
era
l’occasionale
singolarità
di
recarsi
al
lavoro
in
canoa
lungo
l’East
River…
– ed
il
suo
inspiegato
abbandono
della
famiglia,
avvenuto
nel
corso
del
1919,
pochi
anni
prima
di
morire.
Nonostante
tutto
comunque,
i
coniugi
Collyer
crebbero
con
affetto
ed
amore
i
loro
figli:
la
madre
in
particolare,
da
donna
colta
qual
era,
leggeva
spesso,
ad
Homer
e
Langley,
i
classici
greci.
Fu
così
che
dei
due
fratelli,
il
maggiore,
Homer
Lusk,
dopo
aver
frequentato
un
prestigioso
collegio
di
New
York,
si
iscrisse
alla
Columbia
University,
distante
solamente
20
minuti
di
cammino
dalla
sua
abitazione,
laureandosi
in
diritto
di
navigazione.
Il
minore
invece,
Langley,
nell'inseguire
il
sogno
di
diventare
inventore,
si
laureò
in
ingegneria
sempre
alla
Columbia
University
(è
comunque
curioso
ricordare
che
la
stessa
Columbia
University
afferma
di
non
ritrovare
tracce
della
sua
partecipazione
ai
corsi),
ed
allo
stesso
tempo
sviluppò
un
talento
da
musicista,
suonando
il
pianoforte
e
facendosi
crescere
una
lunga
chioma
fluente,
che
rappresentava
sicuramente
una
rarità
per
l'epoca.
É
nel
1929
che,
dopo
la
morte
della
madre
Suise,
successiva
di
qualche
anno
a
quella
del
padre,
ai
due
fratelli
andarono
tutte
le
proprietà
dei
genitori,
compresa
la
casa
di
Harlem,
nella
quale
rimarranno
fino
alla
morte.
Grazie
ai
soldi
ereditati
dai
genitori,
Homer
e
Langley
riuscirono
a
non
lavorare
e,
nel
corso
degli
anni,
divennero
particolarmente
eccentrici.
I
due
iniziarono
ad
accumulare
e
collezionare
le
cose
e
gli
oggetti
più
disparati,
ritrovandosi
così
in
breve
tempo
circondati
da
carta
straccia
e
cianfrusaglie
inutili.
Langley,
che
aveva
combattuto
in
Europa
ed
era
ritornato
in
patria
con
i
polmoni
danneggiati
dai
gas
tossici,
iniziò
a
cimentarsi
con
la
progettazione
di
alcune
bizzarre
invenzioni,
come
un
apparecchio
per
aspirare
la
polvere
all'interno
dei
pianoforti,
fino
ad
arrivare
a
modificare
una
Ford
modello
T,
che
venne
trasformata
in
una
macchina
per
produrre
elettricità.
La
situazione
precipitò
però
nel
1933,
anno
in
cui
Homer
divenne
cieco
(pochi
anni
più
tardi
diverrà
anche
totalmente
sordo)
e si
ritrovò
quindi
completamente
dipendente
da
Langley.
Quest'ultimo,
da
allora
in
poi,
smise
di
pagare
le
bollette,
iniziò
a
comprare
il
pane
ad
un'ora
di
distanza
dalla
propria
abitazione,
cominciò
a
procurarsi
l'acqua
nella
cisterna
di
Central
Park,
e
mantenne
contatti,
seppur
indiretti,
solamente
con
il
droghiere
che
gli
forniva
il
cibo,
tra
cui
vi
erano
soprattutto
arance,
in
quanto
lo
stesso
Langley
era
certo
che
il
fratello,
mangiandone
grandi
quantità,
avrebbe
potuto
recuperare
la
vista.
Non
pagando
le
bollette,
i
Collyer
si
ritrovarono
presto
sprovvisti
di
riscaldamento
e di
servizio
telefonico,
ma
ciò
non
sembrò
infastidirli,
anzi...,
Langley
sfruttò
la
situazione
nel
tentativo
di
far
credere
al
mondo
esterno
che
la
vita
sua
e
del
fratello
fosse
raffinata
e
libera.
I
ragazzi
che
abitavano
nel
quartiere
di
Harlem
(che
si
era
nel
frattempo
degradato
fino
a
diventare
una
zona
pericolosa
con
un
alto
tasso
di
criminalità)
iniziarono
però
ad
infastidire
i
fratelli
Collyer,
tirando
sassi
contro
le
finestre
della
loro
abitazione
e
tentando
di
farvi
irruzione.
Perciò
i
Collyer
decisero
di
murare
il
cancello
d'ingresso,
di
mettere
le
inferriate
alle
finestre
e di
disseminare
la
casa
di
letali
e
geniali
trappole
esplosive,
scegliendo
di
barricarsi
nel
loro
palazzo,
all'interno
del
quale
nessuno
riuscì
più
ad
entrare
sino
alla
loro
morte.
Successivamente
Langley
prese
l'abitudine
di
uscire
sempre
dopo
la
mezzanotte,
quando,
trascinando
una
scatola
di
cartone
con
una
lunga
corda,
era
solito
andare
alla
ricerca
di
cibo,
scarti
ed
avanzi
nei
bidoni
della
spazzatura.
Solamente
in
rare
occasioni
capitava
che
entrasse
in
un
negozio
di
liquori,
per
comprare
whisky
che
veniva
usato
con
scopi
medicinali.
L'opinione
pubblica,
di
fronte
alla
vita
bizzarra
e
claustrofobica
dei
due
fratelli,
iniziò
a
dividersi
tra
coloro
che
consideravano
i
Collyer
come
due
esteti
da
ammirare,
e
coloro
che
li
vedevano
come
due
pazzi
colpiti
da
una
triste
e
rara
patologia.
Nonostante
ciò,
nessuno
all'esterno
poteva
immaginare
che
la
casa
di
Harlem
era
stata
riempita
e
invasa
da
un'enorme
quantità
e
varietà
di
cianfrusaglie
ed
oggetti
inutili.
Fu
così
che
per
quasi
venti
anni,
mentre
all'esterno
la
grande
città
pulsava
intorno,
Homer
e
Langley,
nonostante
la
loro
presunta
ricchezza,
si
eclissarono
dal
mondo
e
vissero
barricati
nel
palazzo
ereditato
dai
genitori,
che
si
riempì
presto
di
oggetti
piccoli
o
grandi,
cose
inutili,
danneggiate
o in
buono
stato.
Langley,
in
particolare,
amareggiato
e
pieno
di
rancore
nei
confronti
della
società,
ruppe
progressivamente
i
rapporti
col
mondo,
ma a
modo
suo
iniziò
a
portare
il
mondo
in
casa,
al
punto
che
la
villa
di
Harlem
fu
invasa
da
strumenti
musicali
(tra
cui
14
pianoforti
verticali
e a
coda,
un
clavicembalo,
due
organi,
violini,
fisarmoniche
e un
banjo),
scheletri
di
pianoforti,
grammofoni,
strani
macchinari
inservibili,
fili
elettrici,
giunti
e
tubi
idraulici,
mucchi
di
carbone,
macchine
per
scrivere,
macchine
da
cucire,
pneumatici
usati,
pelapatate,
vestiti,
mantelli
ornati,
manichini
da
sartoria,
centinaia
di
metri
di
seta,
lana,
broccato,
damasco
e
tessuti
non
utilizzati,
elmetti,
pantaloni
e
giubbe
militari,
busti
in
gesso,
ritratti
ad
olio,
arazzi,
decine
di
carrozzine
per
bambini
(...
da
notare
che
i
Collyer
rimasero
scapoli
e
non
ebbero
figli...)
e
trenini
giocattolo,
scatole
di
soldatini
di
piombo,
botti
di
vino,
barilotti
e
fusti
per
la
birra,
palle
da
bowling,
organi
umani
in
salamoia,
fotografie
oscene,
motori
d'automobili,
una
collezione
di
pistole,
quadri,
orologi
a
pendolo,
attrezzature
fotografiche,
dischi,
lampadari
in
vetro,
lampade
nautiche,
torce
elettriche
e
lampade
da
campeggio,
mobili
pregiati,
valige
e
bauli,
pentole,
tappeti,
corde,
rastrelli,
ombrelli
rotti
e
biciclette
arrugginite,
rubriche
ed
elenchi
telefonici,
e
libri,
libri,
libri:
più
di
25.000
libri,
tra
cui
moltissimi
di
medicina,
ingegneria
e
diritto.
Oltre
ciò,
i
Collyer
possedevano
anche
34
libretti
di
conti
correnti
bancari,
per
un
ammontare
di
3.007,17
dollari,
corrispondenti
attualmente
a
circa
40.000
dollari,
ma,
sopra
ogni
altra
cosa,
Langley
Collyer
aveva
impilato
nella
sua
dimora
una
quantità
infinita
di
pacchi
di
riviste
e
giornali,
alcuni
dei
quali
vecchi
di
decenni.
Accatastati
e
stipati,
i
giornali
occupavano
intere
stanze
e
scalinate
e,
soprattutto,
formavano
dei
veri
e
propri
labirinti
intricati,
composti
da
stretti
e
tortuosi
cunicoli
disseminati
di
trappole
antintrusione.
L'assurda
intenzione
di
Langley
era
quella
di
conservare
i
giornali
per
il
fratello
Homer,
che
avrebbe
potuto
leggerli
quando
avesse
riacquistato
la
vista,
potendo
così
aggiornarsi
sugli
eventi
e
sugli
accadimenti
passati
del
paese.
Tra
tutti
gli
oggetti
rinvenuti
nella
casa
dei
due
fratelli,
alcuni
vennero
persino
esposti
all'Hubert's
Museum,
dove
il
fulcro
della
“collezione
Collyer”
divenne
la
sedia
in
cui
morì
lo
stesso
Homer,
sedia
che,
dopo
essere
stata
rimossa
dall'esposizione,
passò
nelle
mani
di
collezionisti
privati
e
presto
venne
considerata
maledetta,
a
causa
delle
sventure
che
colpirono
gli
stessi
collezionisti
che
la
possedettero.
Ripartiamo
quindi
dal
21
marzo
1947
che,
come
detto,
fu
il
giorno
in
cui
i
poliziotti,
a
seguito
di
una
chiamata
anonima,
fecero
irruzione
nella
casa
di
Harlem.
Inizialmente
venne
inviato
un
solo
agente
che,
ovviamente,
trovando
porte
e
finestre
sbarrate,
non
riuscì
ad
entrare
nel
palazzo,
ma
rilevò
un
insopportabile
e
nauseabondo
odore
provenire
dall'interno.
Arrivò
quindi
un'intera
pattuglia
di
polizia
che
iniziò
a
lavorare
per
crearsi
un
varco
d'ingresso,
il
quale
fu
possibile
solamente
tramite
una
finestra
posta
al
secondo
piano.
Furono
necessarie
15
ore
di
lavoro
e
ben
15
poliziotti
per
raggiungere
il
primo
piano,
dove
venne
individuato
il
corpo
senza
vita
di
Homer,
che,
coperto
da
pochi
brandelli
di
un
vecchio
accappatoio
bianco
e
blu,
con
la
barba
arruffata
ed i
lunghi
capelli
grigi
che
scendevano
fino
alle
spalle,
era
nella
sua
camera
da
letto,
seduto,
con
le
testa
appoggiata
direttamente
sulle
ginocchia
ed i
resti
striminziti
di
una
mela
vicino
alla
mano.
I
medici
stabilirono
che
Homer
non
aveva
né
bevuto
né
mangiato
per
tre
giorni,
prima
di
morire
probabilmente
di
arresto
cardiaco
per
fame
e
sete,
anche
se
lo
stesso
soffriva
di
bronchite
cronica,
oltre
ad
avere
piaghe
da
decubito
ed
un
enfisema
polmonare.
Ma
se
Homer
Collyer
era
morto
da
poche
ore,
l'odore
nauseabondo
non
poteva
provenire
dal
suo
corpo:
nella
casa
avrebbe
dovuto
esserci
un
altro
cadavere
in
decomposizione.
Nessuno
però
pensò
direttamente
a
Langley,
anzi...,
molte
persone
credettero
di
averlo
avvistato
in
città,
mentre
la
polizia
pensava
che
fosse
scomparso
prima
della
misteriosa
telefonata.
Ci
vollero
altri
sedici
giorni
di
scavi,
durante
i
quali
fuori
dalla
casa
dei
Collyer
si
radunarono
migliaia
di
persone
incuriosite
dalle
cianfrusaglie
ed
attirate
dall'odore.
Furono
rimossi
dalla
villa
oltre
120
tonnellate
di
oggetti
e
spazzatura,
ma
alla
fine
venne
scoperto
anche
il
cadavere
del
fratello
minore
Langley,
che
era
rimasto
vittima
di
una
delle
sue
diaboliche
trappole,
mentre
portava
da
mangiare
al
fratello.
Il
corpo
di
Langley,
parzialmente
decomposto
e
divorato
dai
topi,
venne
rinvenuto
schiacciato
a
morte
da
una
valigia
e da
tre
enormi
fasci
di
giornali,
a
soli
dieci
metri
dal
punto
in
cui
era
morto
Homer:
l'odore,
che
si
era
diffuso
fino
alla
strada,
era
emanato
dal
corpo
di
Langley.
Dopo
il
ritrovamento
dei
due
corpi,
ci
vollero
ancora
intere
settimane
per
tirare
fuori
tutto
ciò
che
era
stipato
nella
casa.
Migliaia
di
persone,
incuriosite,
seguirono
le
operazioni
di
sgombero
ed
ebbero
l'impressione
che
dalla
villa
di
Harlem
stesse
fuoriuscendo
il
mondo
intero.
I
due
fratelli
avevano
lasciato
che
l'America
intera
entrasse
nella
loro
casa,
e
attraverso
l'accumulazione
di
un'infinita
quantità
di
oggetti,
trasformarono
la
propria
dimora
in
una
sorta
di
museo:
i
Collyer
divennero
i
curatori
delle
loro
stesse
vite.
Alla
fine
dello
sgombero,
il
palazzo
di
Harlem,
non
avendo
mai
subito
ristrutturazioni,
venne
abbattuto,
in
quanto
pericolante,
ma,
ancora
oggi,
a
cinquant'anni
dalla
loro
morte,
le
madri
americane,
nello
sgridare
i
propri
figli
per
il
troppo
disordine,
dicono
loro
di
essere
peggio
dei
fratelli
Collyer.
Gli
stessi
pompieri
americani
spesso
definiscono
una
casa
“alla
Collyer”,
se
si
trovano
di
fronte
ad
un
luogo
pieno
di
cianfrusaglie
e
carabattole.
Anche
i
medici
iniziarono
a
chiamare
“Sindrome
dei
fratelli
Collyer”
la
disposofobia,
ovvero
la
patologia
di
natura
ossessivo-compulsiva
che
spinge
le
persone
a
non
separarsi
mai
da
nulla,
a
perseguire
una
sorta
di
collezionismo
disordinato
e
maniacale
ed a
combattere
una
sorta
di
lotta
quotidiana
contro
l'irrefrenabile
tentazione
di
conservare
qualsiasi
cosa.
Tutto
ciò
significa
che
i
due
fratelli
sono
ormai
diventati
delle
figure
quasi
mitologiche.
La
loro
storia
è
tragica
ed
affascinante
insieme,
e
racchiude
la
spontanea
reclusione,
l'isolamento,
il
degrado,
ma
anche
il
mistero,
la
follia
e
forse
persino
il
genio.
La
scelta
di
vita
fatta
da
Homer
e
Langley
sfiora
la
demenza,
ma
allo
stesso
tempo
esalta
l'idea
di
libertà.
I
due
fratelli
decisero
di
abbandonare
gradualmente
gli
Stati
Uniti
e di
emigrare
nella
loro
stessa
casa,
e la
loro
scelta
dovrebbe
essere
rispettata
come
dovrebbero
essere
rispettati
tutti
coloro
che
quotidianamente
vengono
invece
etichettati
come
“diversi”.
La
“Sindrome
dei
fratelli
Collyer”
è
ormai
quindi
entrata
nel
campo
di
indagine
della
medicina
e
della
psicologia,
ma,
la
vicenda
dei
fratelli
Collyer,
per
il
mistero
e la
genialità
che
racchiude,
merita
di
essere
indagata
ancora
e di
essere
almeno
annoverata
tra
i
corsi
monografici
di
“Museologia
e
storia
del
collezionismo”...