contemporanea
.
A HIDDEN LIFE
LA STORIA VERA DI FRANZ JÄGERSTÄTTER
di Giovanna D'Arbitrio
«For he growing Good of the world is
partly dependent on unhistoric acts and
that things are not so ill with you and
me as they might have been, is half
owing to the number who lived faithfully
a hidden life, and rest in
unvisited tombs».
(Dal momento che il Bene crescente del
mondo dipende in parte da atti non
storici, tale che le cose non siano così
negative per te e per me come avrebbero
potuto essere,ciò è per metà dovuto al
numero di persone che ha vissuto
fedelmente una vita nascosta, e
riposa in tombe non visitabili“.
Tale citazione tratta dal romanzo
Middlemarch di George Eliot condensa
in breve il senso del film di Malick che
da essa ha tratto anche il titolo A
Hidden Life, presentato in concorso
alla Selezione Ufficiale di Cannes 2019
e ispirato a una storia vera.
Apparso sugli schermi italiani con il
titolo La vita nascosta-Hidden life
nell’agosto 2020 per un breve periodo a
causa delle restrizioni anti-Covid19, il
film è senz’altro un toccante biopic
sull’obiettore di coscienza
austriaco Franz Jägerstätter,
martirizzato dai nazisti nel 1943 e poi
beatificato nel 2007.
Fin dalle prime scene, il film ci mostra
il piccolo paese austriaco di Radegund,
un’oasi di pace dove Franz (August
Diehl) e Fani (Valerie Pachner)
si sono incontrati e innamorati. Mentre
la loro vita scorre lieta tra lavoro nei
campi e giochi sui prati con le piccole
figlie, la guerra irrompe all’improvviso
sconvolgendo le loro vite. Nel 1938, in
effetti, Franz è l’unico abitante del
villaggio a votare contro l’Anschluss,
l’annessione dell’Austria alla Germania
di Hitler, essendo contrario al nazismo
per la sua sincera fede cristiana.
Quando scoppia la seconda guerra
mondiale è costretto ad arruolarsi, ma
in seguito decide di rifiutare di
combattere per un conflitto ingiusto,
benché consapevole di poter incorrere
nella condanna a morte per tradimento.
In un primo momento in verità Franz e
Fani sono assaliti dai dubbi e chiedono
consiglio al parroco del paese e poi al
vescovo, ma alla fine decidono in base
ai loro saldi principi: Franz non può
accettare né il nazismo, né la guerra,
Fani non può che schierarsi con lui
quando tutti i paesani li emarginano e
cercano di obbligarli a rinunciare ai
loro principi.
Ѐ
nell’altezza etica della loro unione che
risiede in gran parte la bellezza del
film: il rifiuto condiviso trasforma la
loro vita in una scelta spirituale che
conduce al sacrificio. E Franz è
pertanto processato, imprigionato e
condannato a morte nell’agosto del 1943.
E parimenti Malick decide di esaltare la
ribellione di un solo umile uomo il cui
sacrificio forse, in modo anonimo e
silenzioso, ha contribuito al progresso
spirituale dell’Umanità. Nello stesso
tempo egli celebra ancora una volta il
tema elegiaco a lui caro: il dramma
storico dentro un contesto rurale in cui
i destini di esseri umani vengono
sconvolti in contrasto con l’immutabile
Bellezza della Natura, l’unica ancora di
salvezza che offre serenità di fronte a
un Male ingiusto sopportato con la forza
della fede in Dio.
«Franz è un martire, perché ha scelto di
essere fedele alla sua coscienza»
– ha affermato Malick – «come
dice suo suocero nel film, meglio essere
vittima di ingiustizia che perpetrare un
ingiustizia. È un film che volevo
raccontare da tanto tempo, ne sono
venuto a conoscenza grazie a un mio
amico storico che ha scritto la sua
storia, anche in Austria nessuno la
conosceva, è venuta fuori solo negli
anni Settanta, molti anni dopo la sua
morte. Stava per accadere quello che
dicono i nazisti nel film: tu morirai,
la tua famiglia soffrirà ma nessuno se
ne accorgerà».
In realtà
grazie anche al film di Malick la storia
di questo pastore ha fatto il giro del
mondo, ma il regista ci tiene a
sottolineare il coraggio della moglie di
Franz:
«Lei è martire quanto lui: è stato
bellissimo leggere le lettere che si
sono scritti mentre lui era in carcere,
ne abbiamo inserite alcune nel film, ma
certo non tutte, vi invito a leggerle.
Lei lo ha sostenuto fino all’ultimo,
nonostante il dolore».
Senza
dubbio un bel film che si avvale di
bravi interpreti, straordinaria
fotografia (Jörg Widmer),
bellissime musiche (James Newton
Howard), un film che ha ottenuto
molti riconoscimenti tra il 2019 e 2020:
Premio della Giuria Ecumenica al
Festival di Cannes, Premio
François-Chalais, Independent Spirit
Awards - Candidatura per il miglior
film, National Board of Review Awards:
Migliori dieci film indipendenti
dell’anno.
Tra le
opere del grande regista ricordiamo:
La rabbia giovane (Badlands) (1973), I
giorni del cielo (Days of Heaven)
(1978), La sottile linea rossa (The Thin
Red Line) (1998), The New World - Il
nuovo mondo (2005),The Tree of Life
(2011),To the Wonder (2012),Knight of
Cups (2015),Voyage of Time (2016),Song
to Song (2017)
Terrence Frederick Malick,
nato a Waco nel 1943, regista,
sceneggiatore e produttore americano
laureato in filosofia, ha diretto una
decina di film ricchi di riflessioni
filosofiche e spirituali Ha vinto la
Concha de Oro al Festival di San
Sebastián nel 1974 per il film d’esordio
La rabbia giovane, il premio per
la regia a Cannes nel 1979 per I
giorni del cielo. l’Orso d’Oro a
Berlino nel 1999 per La sottile linea
rossa, la Palma d’oro a Cannes nel
2011 per The Tree of Life, È
stato candidato due volte al Leone d’oro
a Venezia e tre volte all’Oscar (due per
la miglior regia e una miglior
sceneggiatura originale. Il critico
cinematografico Roger Ebert l’ha
definito: «uno dei pochi registi i
cui film non sono mai meno che
capolavori». |