François Guizot
La filosofia del pensiero liberale
di Riccardo Renzi
Più di ogni altro pensiero, quello
François Pierre Guillaume Guizot e
si può definire fondamentale per le
vicende legate alla seconda
Restaurazione francese. Il suo
pensiero basato sull’istanza
liberale, lontana dalla violenza
rivoluzionaria, arricchita
dall’esperienza di governo e
dall’insegnamento, rappresenta e
rispecchia pienamente i sogni e le
aspirazioni di quello
sperimentalismo politico francese
della prima metà dell’Ottocento.
Ricordiamo in questa sede che Guizot
partecipò alla rivoluzione del 1830
e che nel 1848 fu esiliato. Ma chi
fu François
Pierre Guillaume Guizot?
Facciamo un attimo un punto. Guizot
nacque il 4 ottobre 1787 a Nîmes da
una famiglia borghese ugonotta. I
suoi genitori si sposarono
segretamente con rito cattolico. L’8
aprile 1794 suo padre Andrea Guizot,
accusato di federalismo fu
giustiziato a Nimes nel pieno del
Terrore.
Da questo momento fu sua madre,
Elisabeth Sophie Bonicel, a
occuparsi della sua educazione. Era
una tipica ugonotta, fortemente
credente e rigidamente fedele ai
suoi princìpi, e animata da un forte
senso del dovere. Su questi princìpi
ella modellò il carattere del
figlio, della cui vita condivise
tutte le vicissitudini. Esiliati da
Parigi durante la Rivoluzione, si
rifugiarono a Ginevra, dove il
Guizot fu educato secondo i princìpi
liberali di Jean Jacques Rousseau.
Secondo le teorie pedagogiche
dell’Emilio del Rousseau, il giovane
Guizot dovette anche imparare un
lavoro manuale. Fu così che apprese
il mestiere di falegname e costruì
egli stesso un tavolo che conservò
sempre. La figura della madre fu una
presenza costante nella vita di
Guizot e quando egli fu esiliato lei
lo seguì a Londra.
Nella produzione letteraria di
Guizot si ravvisa sempre una
necessità al diealogo e il netto
superamento delle logiche e delle
istanze rivoluzionarie. Quella di
Guizot non è una reazione rabbiosa,
ma un’analisi ponderata e razionale,
che cerca di discernere tutto ciò
che di negativo c’è stato nella
Rivoluzione, dalle derivazioni
positive di essa. Guizot sviluppa il
suo pensiero su quello di Rousseau.
Tutti gli altri pensatori sono
sempre relegati in secondo piano in
tutte le sue opere rispetto a
Rousseau. Guizot era un conservatore
liberale in politica ma contrario ai
principi del libero scambio in
economia. Il liberismo infatti era
una teoria economica inglese con la
quale l’Inghilterra favoriva i suoi
interessi. L’agricoltura francese
invece andava protetta e d’altronde
erano gli stessi industriali che
spingevano il governo a togliere le
tariffe doganali. Per Guizot i
problemi ai quali la Francia doveva
far fronte non erano economici ma
soprattutto politici e sociali. Egli
pensava che dopo cinquant’anni di
guerre e rivoluzioni a partire dal
1789, il paese si trovava in una
grande confusione diviso tra due
estremi: da una parte i monarchici,
nostalgici dell’Ancien Regime che
non avevano mai perso la speranza di
restaurare l’ordine feudale e
dall’altra i repubblicani di cui
alcuni pensavano di poter instaurare
una repubblica con la rivoluzione.
Egli riteneva che i liberali
avessero il compito di creare una
società libera e pacifica senza
rinunciare ai grandi meriti della
Rivoluzione e soprattutto
d’assicurare la preminenza della
borghesia sull’aristocrazia. Egli
giudicava la Rivoluzione francese
come uno scontro di interessi
contrapposti: il terzo stato contro
gli ordini privilegiati, poi la
plebe contro i borghesi. Si trattava
di una lotta tra classi di cui
l’esito avrebbe stabilito
durevolmente il senso della Storia.
Fu Guizot per primo a parlare di
lotta di classe che in seguito Marx
avrebbe teorizzato. Egli è
considerato il padre della
storiografia d’indirizzo economico
sociale. Riteneva che mentre il
proletariato fosse destinato a
svolgere un ruolo dominante, gli
operai d’origine contadina, invece
dovessero rimanere nel ruolo
subalterno che la società assegnava
loro: essi avevano perso i legami
con la terra, si erano declassati e
dunque non potevano essere ritenuti
cittadini responsabili. Riprendendo
le teorie politiche della Grecia
antica pensava che la democrazia è
una cosa troppo seria perché degli
irresponsabili potessero avere il
diritto di dire la loro. Il diritto
di voto andava riservato a coloro
che avessero delle proprietà e
pagassero le tasse e quindi si
assumessero la responsabilità dei
loro comportamenti. Nonostante
queste sue idee sulla società
bisogna sottolineare che Guizot fece
approvare nel 1841 una legge che
proibiva il lavoro dei bambini nella
manifattura al di sotto degli otto
anni e che egli si batté a più
riprese per l’abolizione della
schiavitù nelle colonie riuscendo
nel 1844 a far accettare questo
principio dall’Assemblea nazionale.
Nel 1845 e nel 1846 il problema fu
dibattuto ma senza arrivare a
stabilire in pratica le modalità
dell’emancipazione. Infatti la legge
prevedeva la fine della schiavitù ma
non stabiliva quando. Saranno i
repubblicani nel 1848 a determinare
la fine definitiva della schiavitù.
La convenzionale associazione tra
liberismo e individualismo non si
sposa con il pensiero di Guizot,
poiché in tutte le sue opere
l’esaltazione della componente
individuale non occupa un ruolo di
primo piano, anzi l’autore cerca
sempre di limitare e contenere tale
componente. La critica
dell’individualismo viene impiegata
dall’autore contro le emergenti
correnti socialiste. «L’uomo non è
solamente quegli esseri individuali
che si chiamano uomini; è il genere
umano, che ha una vita d’insieme, ed
un destino generale e progressivo;
carattere distintivo della creatura
umana sola fra tutti gli esseri
umani». Il pensiero di Guizot,
difficilmente riassumibile in
caratteri generali, può però essere
definito olistico piuttosto che
individualistico. Guizot è una
figura liberale con un pensiero che
collide con quello degli altri
liberali, in particolare nel suo
ultimo periodo di governo (1840-48).
Sarebbe però del tutto superficiale
attribuire questa così particolare
posizione sull’individualismo al
mero fatto della partecipazione di
Guizot alla gestione del potere
governativo. I fondamenti di tale
pensiero hanno le loro radici non
nell’esperienza governativa, ma
risiedono nella sua giovinezza e
nella sua istruzione. Come detto in
precedenza, la figura della madre fu
fondamentale per lo sviluppo di tale
pensiero liberale sui generis.
Guizot parlando di popolo e della
sua nozione critica Rousseau per
aver svuotato d’importanza il
concetto di patria. Secondo Russeau
si ha un popolo solo a seguito di
una convenzione, essa per
antonomasia deve essere approvata
unanimamente. Prima di tale stipula
di contratto sociale vi è solo
l’uomo primitivo che vive secondo la
legge di natura.
La definizione di popolo fornitaci
da Rousseau presuppone la protezione
reciproca e la difesa tra tutti i
contraenti. Guizot parla invece di
porzione maggioritaria e non di
totalità e distingue il popolo in
base alla sua appartenenza a
nazioni, ciò che crea l’identità del
popolo stesso. Quello di Guizot fu
dunque in pensiero sì liberale, ma
allo stesso tempo patriottico e
anti-individualista.
Riferimenti Bibliografici:
G. de Broglie, Guizot, Paris,
Perrin, 1990.
A. Saitta, Introduzione alla
“Civilta’ in Europa” di F. Guizot,
in F. Guizot - Storia della
civilta’ in Europa, Torino,
Einaudi, 1956.
G. Brizzolara, La Francia dalla
restaurazione alla fondazione della
terza repubblica: 1814-1870,
Roma, U. Hoepli, 1903, p. 457.
François Guizot,
in Cyclopædia of Biblical,
Theological, and Ecclesiastical
Literature, Harper.
A. Coco, François Guizot, Guida
Editori, 1983 pp. 94-95.
G. S. Pene Vidari, Lineamenti di
storia giuridica, G Giappichelli
Editore, 2013, p.292.
F. P. G. Guizot, Della democrazia
in Francia, Torino, Gianini e
Fiore, 1849, p. 64.