N. 102 - Giugno 2016
(CXXXIII)
FRANCO
SCARIONI,
GIORNALISTA
E
MARTIRE
PARTE
Iv -
L'INTERVENTISTA
di
Adelmo
Maria
Imperi
Il
biennio
1914–1915
per
Scarioni
fu
il
periodo
di
più
intensa
attività
professionistica.
Egli
aveva
l’incarico
di
riportare
tutte
le
vicende
del
campionato
di
football
e
della
Nazionale.
Tutti
i
più
importanti
articoli
presenti
nella
“rosea”
sul
calcio
nel
1914
sono
firmati
da
lui
mentre
nel
1915
l’attività
giornalistica
si
arrestò
parallelamente
allo
scoppio
della
Grande
Guerra.
Anche
se
Scarioni
era
favorevole
all’intervento
militare,
a
differenza
di
molti
suoi
colleghi
di
altre
testate
giornalistiche,
egli,
essendo
un
giornalista
sportivo,
aveva
dei
confini
narrativi
ben
precisi
dai
quali
non
poteva
uscire.
Egli
però
mise
in
atto
una
tecnica
di
scrittura
particolare
che
consisteva
nella
commistione
di
calcio
e
guerra
facendo
ancor
più
che
in
precedenza,
a
enfasi
e
metafore
che
si
avvicinavano
al
gergo
bellico.
In
altre
parole
egli
andava
a
sovrapporre
dei
termini
che
usualmente
erano
applicati
allo
sport,
e al
calcio
in
particolare,
con
quelli
che
comunemente
si
utilizzavano
all’interno
di
una
caserma
militare.
Alcuni
erano
in
linea
con
lo
stile
futurista
da
lui
già
adottato:
“Forza”,
“Superbo”,
“Nobiltà”,
“Tempra”,
“Uomo
moderno”.
Altri
esprimevano
una
diretta
corrispondenza
del
gergo
militare
con
quello
sportivo
-
calcistico:
“Condottiero”
al
posto
di
“capitano”,
“Battaglia”
al
posto
di
“partita”,
“Combattente”
al
posto
di
“giocatore”
e
“Plotone”
al
posto
di
“squadra”
.
Emblematico
è un
articolo
che
affrontava
la
questione
dei
gironi
del
campionato
di
calcio
appena
formati,
dal
titolo
significativo
Ogni
girone
una
piccola
battaglia,
oppure
un
articolo
uscito
postumo
era
intitolato
La
prova
del
fuoco:
Genoa
contro
Casale.
Alla
ripresa
del
campionato
nell’inverno
1915
Scarioni
intensificò
lo
stile
bellicista
che
durante
questo
periodo
l’aveva
contraddistinto:
“I
tricolori
juventini
hanno
imparato
però
a
ben
combattere
in
ogni
prova,
sembra
anzi
che
difficoltà
non
riescano
che
a
porre
in
maggior
rilievo
ed
in
valutazione
più
alta
i
loro
meriti
[…]
ma
contro
il
pronostico
avverso
i
tricolori
cercano
con
affanno
e
con
ferma
volontà
quella
sorpresa
che
scuotendo
un
po’
il
mondo
degli
appassionati
possa
portare
per
l’avvenire
una
nota
di
combattività
e di
vera
incertezza
nel
non
movimentatissimo
quarto
gruppo.
Se
il
fatto
si
avverasse
avrebbe
significati
così
nuovi
e
persuasivi
da
strappare
senza
alcun
dubbio
l’ammirazione
di
tutti”.
Quello
che
invece
spiccava
nei
due
articoli
successivi,
è la
similitudine
delle
squadre
di
calcio
con
gli
eserciti.
In
queste
due
storie
che
Scarioni
riportava,
infatti,
le
compagini
sembravano
essere
due
eserciti
contrapposti.
Nel
primo
articolo
veniva
annunciato
lo
scontro
che
doveva
disputarsi
tra
le
due
squadre;
definendolo:“Una
battaglia
campale
per
un
primato
assoluto
tra
Milan
e
Alessandria”:
“Per
il
pronostico?
Ad
Alessandria
si
giura
sull’affermazione
sicura
e
forte
del
plotone
grigio
e
non
s’è
data
luce
alla
piccola
congiura
che
ha
fatto
agguerrito
il
team
locale
[...]
Naturalmente
a
Milano
si
afferma
con
[...]
calma
britannica
il
contrario [...]
impugna
qualche
ragione
di
superiorità:
per
la
serie
ininterrotta
di
affermazioni
a
team
completissimo
[...]
v’ha
poi
un
fattore
morale
importantissimo
e
che
fu
già
per
lungo
tempo
motivo
unico
e
dominante
delle
vittorie
del
Milan
ed è
l’ardore
combattivo
con
il
quale
si
slanciano
nelle
battaglie
più
disparate”.
Nel
secondo
articolo
invece,
parlando
della
partita
tra
Genoa
e
Juventus,
Scarioni
raccontava
l’epilogo
dell’incontro,
come
fosse
l’esito
di
una
battaglia
tra
due
nazioni:
“La
sconfitta
subita
in
campo
genoano
dall’undici
juventino,
sceso
nella
superba
con
qualche
velleità
di
conquista
non
proprio
recondita,
è
grave
e
certamente
sproporzionata,
nell’esito
numerico,
alla
differenza
che
distingue
l’undici
vittorioso
del
Genoa
dal
plotone
torinese”.
La
sua
anima
interventista,
tenuta
a
freno
dall’impostazione
professionale
degli
articoli
de
“La
Gazzetta
dello
Sport”,
si
manifestò
più
apertamente
ne
“Lo
sport
illustrato”.
In
questo
periodico,emerse
tutto
il
suo
amore
per
la
patria
che
si
incontrava
con
quello
per
lo
sport,
disciplina
indispensabile
per
dare
un’educazione
militare
e
morale
alla
nazione:
“E
lo
sport,
per
la
sua
nuova
e
grande
idealità
ha
ridato,
per
un
intero
mese,
entusiasmi
e
fede
ai
nostri
atleti
e
alla
folla
nostra,
ha
scavato
la
grande
ed
impetuosa
anima
italiana
e
l’ha
scossa
[...]
nel
nome
dei
caduti
e
dei
combattenti,
di
martiri
e
degli
eroi:
nell’esecrazione
dei
focolari
dispersi,
per
le
case
abbattute,
per
le
città
sconvolte,
per
gli
ideali
di
patria
e di
umanità
infestati
ignobilmente
dalla
furia
dei
nipoti
del
flagello
di
Dio
scatenati
ancora
una
volta
dalla
foresta
nera
e
fatti
da
secoli
di
civiltà
artefici
più
raffinati
di
barbarie
e di ruma:
tutta
la
gioventù
nostra
si è
trovata
pronta
e
riunita.
[...]
Lo
sport
ha
compiuto
la
sua
più
santa
missione
animistica
e
ora
continua,
umile
la
gagliarda
preparazione
della
gioventù
nostra
per
un
domani
migliore”.
La
guerra,
attraverso
l’accostamento
con
lo
sport,
fu
presentata
come
un
fenomeno
naturale
e
bello
da
praticare.
Il
popolo
era
sempre
più
in
fermento,
le
forze
neutraliste
stavano
per
vacillare
e la
corsa
agli
armamenti
era
ormai
vicina.
L’Italia
si
stava
preparando
alla
sua
prova
più
difficile
da
nazione
unita:
la
guerra.