N. 100 - Aprile 2016
(CXXXI)
FRANCO
SCARIONI,
GIORNALISTA
E
MARTIRE
PARTE
III
-
TRA
SPORT
E
AVANGUARDIA
di
Adelmo
Maria
Imperi
Quando
la
guerra
finì
e
gli
“sportsman”
tornarono
dalla
battaglia,
si
ricominciò
a
parlare
di
sport
praticato
e
non
militarizzato.
Ma
la
relazione
tra
la
guerra
e
sport
aveva
cambiato
la
stessa
tecnica
narrativa.
Il
frutto
di
questi
cambiamenti
fu
un
tipo
di
giornale
che,
anche
se
trattava
di
argomenti
sportivi,andava
acquisendo
il
gergo
bellico
e
adottava
definitivamente
le
figure
mitiche
della
modernità.
Prima
di
tutto
il
contenuto
degli
articoli
stessi
cambiò:
le
descrizioni
degli
eventi
sportivi
e
degli
“sportsman”
erano
diventate
storie
di
guerra
e di
soldati.
Questa
fu
una
particolarità
che
accompagnò
la
stampa
sportiva
italiana
per
tutto
il
periodo
ante
I
guerra
mondiale
per
poi
accentuarsi
inevitabilmente
nel
periodo
di
belligeranza
dell’Italia.
Tra
i
personaggi
protagonisti
di
questi
cambiamenti,
è
emblematica
la
figura
di
Franco
Scarioni.
Dal
1913
Scarioni
aveva
ormai
preso
confidenza
con
il
mestiere
del
giornalista
e
aveva
accresciuto
il
suo
ruolo
nelle
redazioni
de
“La
Gazzetta
dello
sport”
e de
“Lo
Sport
illustrato”.
Il
suo
stile
si
caratterizzava
per
l’esplicita
adesione
ai
modelli
futuristi:
“il
football
è
futurista
per
intima
natura,
la
gioventù
nostra
lo è
per
scapigliato
carattere.
E
voleremo
sulla
via
rapida
del
progresso.
Avremo
legioni
forti,
campi
superbi
e
l’eco
non
ancora
spento
di
qualche
grande
vittoria
sarà
presto
soverchiata
dal
clamore
immenso
di
trionfi
incontrastati”
I
punti
di
contatto
con
il
movimento
di
Marinetti
furono
molti,
perché
condivideva
la
concezione
dello
sport
come
nuova
frontiera
del
mondo
moderno
e
dell’atleta
come
prototipo
dell’”uomo
nuovo”.
La
fascinazione
che
Scarioni
nutriva
per
il
leader
del
movimento
lo
indusse
più
volte
a
nominarlo
nei
suoi
articoli.
In
un
articolo
utilizzò
in
alcuni
punti
lo
stile
di
scrittura
tipico
del
Futurismo:
“Marinetti,
poiché
nel
foot-ball
e
nelle
sacre
funzioni
arbitrali
v’è
del
futurismo,
vi
scodellerebbe
subito
un
eloquente
e
magnifica
descrizione:
corsa...
arresto...
fit,fifit...
goal...
no!
si!
offside!
bestia...
camorraa...
ra...
ra...
tac...
tatac...
patatrac...
Si
capisce
le
ultime
sarebbero
proprio
le...
battute
finali
della
partita.
Ma a
proposito
di
Marinetti,
quanti
s’interessano
di
football
e
hanno
visto
il
superbo
condottiero
del
futurismo
dei
futuristi
ricevere
imperterrito
sulle
lumeggiate
platee,
l’omaggio
più
sincero
e
spontaneo
di
una
folla
che
trasportata
al
più
grande
ed
al
più
puro
degli
entusiasmi
riversava
su
di
lui
tutta
l’anima
sua
materializzandola
in
una
pioggia
di
mandarini
(non
veramente
cinesi)
di
torsoli
(prettamente
nazionali)
di
caramelle
(dolcezze
sciupate!)
di
sassolini
(oh!
L’ottusità
del
popolo!)
si
devono
essere
domandati
con
ansia
perché
egli
non
fu
ancora
nominato
per
lo
meno
presidente
di
quell’A.I.A.
che
sembra
proprio
creata
per
menar
per
la
medesima
quei
poveri
…
arbitri”.
L’articolo,
riprendeva
la
classica
critica
verso
gli
arbitri,
ma
la
rendeva
ancora
più
affascinante
e
suggestiva
attraverso
l’utilizzo
dello
stile
futurista.
Oltre
alle
critiche
al
sistema
calcio,
che
fin
dai
tempi
della
sua
segreteria
alla
F.I.G.C.
lo
avevano
contraddistinto,
colse
l’occasione,
con
quest’articolo,
per
glorificare
il
leader
del
Futurismo.
La
visione
rivoluzionaria
che
aveva
della
modernità
lo
spingeva
sempre
più
spesso
a
lanciare
degli
appelli
per
riformare
radicalmente
la
Federcalcio.
L’obbiettivo
era
ottenere
dei
regolamenti
che
migliorassero
la
qualità
del
gioco
per
avere
una
disciplina
più
adatta
ai
tempi
moderni:
”Dovremmo
volere
con
ogni
nostra
forza
l’attuazione
di
un
metodo
nuovo,
anche
tutto
nostro,
ma
che
ci
desse
come
risultati
immediati
le
necessità
stesse
del
giuoco,
le
virtuosità
piccole,
quelle
indispensabili”
.
Scarioni,
fu
il
protagonista
di
vivaci
polemiche
contro
la
lentezza
delle
istituzioni
sportive.
Ma
dal
punto
di
vista
giornalistico,
la
caratteristica
principale
fu
la
capacità
di
coniugare
lo
stile
avanguardista
con
la
sua
professione.
Ulteriore
prova
è
l’esaltazione
dello
“sportsman”
come
“uomo
nuovo”.
È
indicativo
in
questo
senso
il
commento
che
espresse
il
giornalista
dopo
un’intervista
da
lui
diretta
per
“Lo
sport
illustrato”
rilasciata
dal
campione
di
nuoto
Bogeley
Willy:
“è
buono.
Ha
la
bontà
forte,
tozza,
inquadrata,
dei
veri
campioni.
Gli
atleti
tutti
devono
necessariamente
essere
d’animo
generoso
e
mite.
Hanno
grande
e
forte
l’anima
come
il
corpo.
Sono
un
po’
i re
del
deserto
che
squassano
la
criniera
più
per
la
indistruttibilità
d’ogni
essere
piccolo
e
grande,
che
per
minacciare.”
Quando
Scarioni
scriveva
di
un
atleta,
lo
poneva
in
una
dimensione
quasi
sacra
facendo
di
questi
personaggi
dei
super
uomini.
Per
Scarioni
come
pochi
altri
grandi
sportivi
dell’epoca,
per
essere
“uomo
nuovo”
bisognava
necessariamente
essere
un
buono
“sportsman”.
Inoltre
descriveva
colui
che
non
aveva
praticato
mai
lo
sport
come
modello
di
vizio
e di
debolezza.
In
questo
senso
è
rilevante
una
lettera
aperta
indirizzata
a
tutte
quelle
persone
incapaci
di
nuotare:
“ti
ho
visto
e mi
hai
fatto
pena.
Sinceramente
pena,
perché
sento
che
tu
in
quel
momento
devi
aver
provato
lo
stesso
dolore
che
prende
il
bimbo
infermo
condotto
da
pietosa
mano
e su
sicura
carrozzella
in
un
viale
dove
i
bimbi
sani
sciamano
giuocando
a
rimpiattino
[…]
perché
t’aggrappi
convulso
e
paventi
ed
impallidisci,
quando
in
una
dolce
passeggiata
a
mare
l’onda
improvvisa
colpisce
al
fianco
al
tuo
navicello?
Perché
la
sorda
inquietitudine
ti
prende
quando
a
notte
alta
costeggi
un
fiume
o
rivarchi
il
lago?
Non
senti
in
tutta
questa
umiliante
miseriola
lo
sprone
ai
ludi
natatori?
Provati.
L’onda
è
dolce
amica.
L’acqua
fortifica
il
corpo,nobilita
l’animo.
[…]
cambierai
vita.
sarai
un
altro
uomo;
un
vero
uomo
temprato
ad
ogni
avversità
[…]”
Se
da
una
parte
glorificava
gli
“sportsman”
perché
incarnavano
le
caratteristiche
dell’”uomo
nuovo”,
dall’altra,
le
persone
che
non
praticavano
sport
erano
limitate,
prive
di
vigore,
di
nobiltà
d’animo
e di
carattere,
quindi
totalmente
mancanti
di
quelle
qualità
necessarie
per
rientrare
nello
spirito
nuovo
della
Nazione.
Il
non
sportivo
era
il
prototipo
negativo
dell’anti
–
nazione.
Quando
la I
guerra
mondiale
era
ormai
alle
porte,
i
miti
e
l’ideologia,
professati
dai
molti
movimenti
culturali
e
politici
dalla
“stampa”
affine,
erano
ormai
patrimonio
comune
di
una
parte
della
“massa”.
Tutto
lasciava
presagire
che
la
guerra
che
si
andava
profilando
avrebbe
accentuato
tale
tendenza.