N. 99 - Marzo 2016
(CXXX)
FRANCO SCARIONI, GIORNALISTA E MARTIRE
PARTE I - ORGANIZZATORE SPORTIVO
di
Adelmo
Maria Imperi
Agli
inizi
del
Novecento
lo
sport
stava
mutando
la
sua
fisionomia
grazie
ad
alcuni
personaggi,
come
ad
esempio
i
già
citati
Tullo
Morgagni
e
Arturo
Balestrieri,
che
con
le
loro
doti
riuscirono
a
dare
un
nuovo
slancio
allo
sport.
Un
altro
protagonista
che,
attraverso
il
suo
operato,
contribuì
a
rendere
prima
lo
sport
e il
giornalismo
sportivo
moderno
e
dinamico,
fu
Franco
Scarioni.
Nato
a
Milano
il
22
novembre
1884,
chi
lo
aveva
conosciuto
lo
descriveva
“brioso
e
fecondo”
come
i
suoi
scritti.
Arturo
Balestrieri,
suo
collega
a
“La
Gazzetta
dello
Sport”,
lo
definì:
“un
po’
poeta,
un
po’
sognatore,
molto
pratico,
infiorava
la
sua
vita
di
ricordi
e di
fatti
scapigliati
e
gentili
[…]
indole
naturale
di
giovane
buono,
docile,
ma
sitibondo
di
allegrezza
e di
gioie
pure:
passava
vicino
alla
morte
sfiorandola
col
disprezzo
dei
forti”.
Fin
da
giovanissimo
Scarioni
si
avvicinò
e si
appassionò
allo
sport.
Amava
soprattutto
il
calcio,
al
punto
di
fondare
nel
1908,
insieme
ad
alcuni
giovani
di
Porta
Romana,
un
piccolo
club
chiamato
F.C.
Enotria.
In
questa
squadra,
Scarioni
per
un
breve
periodo
giocò
e
poi,
sempre
per
un
tempo
limitato,
diventò
presidente.
Le
sue
doti
da
calciatore
però
risultarono
mediocri,
mentre
suo
fratello
Alessandro
divenne
un
abile
giocatore
fino
ad
arrivare,
dopo
l’esperienza
all’Enotria,
al
Milan
(1909-1921),
di
cui,
anche
se
per
un
breve
periodo,
fu
il
capitano.
Il
successo
del
fratello
non
fu
un
dato
superfluo
per
quanto
riguarda
la
vita
professionale
di
Franco
Scarioni.
Infatti,
quando
iniziò
la
carriera
di
giocatore
del
Milan,
Franco
Scarioni,
quando
non
era
impegnato
con
il
suo
lavoro
di
maestro
di
scuola
elementare,
andò
spesso
a
vederlo
agli
allenamenti.
In
quella
circostanza
conobbe
Gerolamo
Radice,
un
ex
portiere
del
Milan
e,
nel
periodo
preso
in
esame,
vice-presidente
del
club
stesso.
Con
il
passare
del
tempo,
i
rapporti
tra
Franco
Scarioni
e
Radice
si
intensificarono
sempre
di
più,
tra
i
due
si
creò
una
profonda
stima
reciproca
al
punto
che,
quando,
il
25
settembre
1910
a
Milano
in
una
sala
del
ristorante
Moresco,
si
riunirono
i
vertici
federali
della
F.I.G.C.
e
Radice
fu
eletto
neo
presidente
della
federazione,
egli
nominò
Scarioni
segretario
federale
in
uno
dei
periodi
più
concitati
della
federazione.
L’obiettivo
della
nuova
F.I.G.C.
era
di
ridare
credibilità
a un
campionato
di
calcio
che
dopo
“il
caso
Pro
Vercelli”
del
1910,
aveva
mostrato
a
tutta
Italia
le
fragilità
strutturali
della
federazione.
Durante
la
stagione
1909
–
1910,
primo
anno
in
cui
si
giocava
il
campionato
a
girone
unico,
accadde
che
Pro
Vercelli
e
Internazionale
arrivarono
a
fine
campionato
a
pari
punti.
Da
regolamento,
per
decidere
il
vincitore
c’era
bisogno
di
una
sfida
supplementare
tra
le 2
squadre.
In
un
primo
tempo,
l’incontro-scudetto
fu
programmato
per
il
17
aprile
1910
ma
la
Pro
Vercelli
chiese
di
posticipare
la
partita
perché
in
quella
data
era
impegnata
in
un
torneo
studentesco.
Al
che
la
Federcalcio
decise
lo
spostamento
a
una
settimana
dopo,
al
24
aprile.
I piemontesi,
che
in
quel
momento
contavano
diversi
infortuni
in
squadra,
chiesero
un
ulteriore
rinvio
dello
spareggio
perché,
essendo
molti
giocatori
piemontesi
dei
militari,
erano
impegnati
quel
giorno
in
un
torneo
militare,
la
Coppa
della
Regina.
Ma
il
secondo
rinvio
chiesto
dai
vercellesi
non
fu
concesso
dalla
Federcalcio,
complice
anche
l’intervento
dell’Inter,
che
rifiutò
un
ulteriore
posticipo,
considerato
solo
un
pretesto
per
far
recuperare
gli
infortunati
alla
Pro
Vercelli.
Lo
spareggio
scudetto
si
giocò
così
il
24
aprile
1910,
a
Vercelli,
in
virtù
della
migliore
differenza
reti
fatta
registrare
dai
piemontesi
durante
l’arco
del
campionato.
Il
presidente
vercellese
Luigi
Bozino,
a
cui
non
andò
giù
il
rifiuto
della
F.I.G.C.
di
posticipare
al 1
maggio
l’incontro,
decise
che
quello
spareggio
-
scudetto
contro
l’Inter
non
doveva
essere
un
incontro
credibile.
Così,
su
ordine
del
proprio
presidente,
la
compagine
vercellese
scese
in
campo
con
una
formazione
giovanile
composta
da
ragazzi
tra
gli
undici
e i
quattordici
anni.
Questa
fu
la
partita
del
primo
scudetto
interista,
che
si
concluse
tra
le
veementi
proteste
del
pubblico
vercellese,
il
quale
per
decenni
continuò
a
vedere
di
cattivo
occhio
i
nerazzurri.
Il
caso
Pro
Vercelli
rivelava
la
contraddizione
fra
uno
sport
ancora
concepito
in
termini
dilettanteschi
o
legato
alla
formazione
scolastica
e
militare
e
una
pratica
semiprofessionistica,
in
cui
il
ruolo
centrale
passava
alla
federazione
e il
campionato
nazionale
doveva
prevalere
rispetto
ad
altre
competizioni.
Radice,
essendo
a
conoscenza
delle
doti
organizzative
che
sembrava
mostrare
il
giovane,
diede
l’incarico
a
Scarioni
di
trovare
soluzioni
per
rendere
il
campionato
più
regolare
ed
evitare
sovrapposizioni
con
tornei
militari
o
studenteschi.
Scarioni
si
mise
all’opera
e
girò
l’Europa
al
fine
di
studiare
i
campionati
esteri
per
esaminare
come
questi
fossero
organizzati.
Andò
fino
in
Inghilterra
per
assistere
a
una
finale
di
coppa
nazionale
e ne
estrasse
degli
elementi
utili
per
revisionare
e
modificare
l’apparato
organizzativo
degli
eventi
calcistici
italiani.
Il
suo
lavoro
fu
un
successo:
il
campionato
ricominciò
senza
difficoltà
e
incidenti
di
nessuna
natura.
Dopo
questo
successo
ottenuto,
sia
Radice
che
Scarioni,
forse
di
comune
accordo,
decisero
di
lasciare
i
rispettivi
incarichi
all’interno
della
federazione.
Il
giovane
però
non
scomparve
dalla
scena
sportiva,
utilizzò
le
sue
capacità
organizzative
in
altri
ambiti.
Nel
nuoto
il
suo
contributo
fu
fondamentale:
entrò
tra
i
Rari
Nantes
e
collaborò
per
molti
anni
con
la
federazione,
nel
ruolo
di
organizzatore,
mettendosi
sulle
spalle
l’organizzazione
dei
campionati
italiani
di
Salò,
di
Genova
e di
Passignano
sul
Trasimeno.
Per
incrementare
il
numero
dei
partecipanti
e
per
far
crescere
la
passione
per
il
nuoto
lanciò
l’idea
delle
“Popolari
di
nuoto”.
Con
le
“Popolari
di
nuoto”si
fece
fronte
al
problema
della
scarsa
partecipazione
e
della
scarsa
preparazione
della
popolazione
alla
disciplina
del
nuoto.
Grazie
a
questa
manifestazione
la
popolazione
più
inesperta
ebbe
la
possibilità
di
praticare
la
disciplina
in
piena
tranquillità,
imparandone
o
migliorandone
la
tecnica.
Allo
stesso
tempo
aumentò
il
numero
degli
iscritti
sempre
più
attirati
da
questo
sport:
“Tremilacinquecento
furono
gli
iscritti
alle
popolari
numero
grandioso
se
si
considera
che
nel
nostro
paese,
eminentemente
marinaro,
ricco
di
corsi
d’acqua,
di
laghi,
di
mari,
le
discipline
notatorie
sono
ai
più
sconosciute
[…]
la
terza
domenica
di
luglio
dovrà
d’ora
in
avanti
essere
considerata
in
Italia
la
festa
nazionale
del
nuoto”.