[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

162 / GIUGNO 2021 (CXCIII)


filosofia & religione

IL CONTRATTUALISMO DI FRANCISCO SUÁREZ

SUL DIRITTO DI RESISTENZA

di Enrico Targa

   

Ben note sono le teorie contrattualiste di autori come Thomas Hobbes e John Locke lasciando poco spazio alle opere, influenti all’epoca, degli scolastici della Scuola di Salamanca. Le considerazioni svolte dai teologi e dai giuristi spagnoli, in ordine al fondamento della comunità politica, ai rapporti fra popolo e suprema potestà, fra comunità politica e società internazionale, trovano una organica sistemazione negli scritti del più grande teologo spagnolo del Seicento, Francisco Suárez (1548-1617).

 

Le due opere più importanti dal punto di vista politico: Tractatus de legibus ac Deo legislatore (1613), Defensio fidei catholicae contra anglicanae sectae errores (1614), corrisposero indubbiamente alle esigenze di formulare una compiuta, sistemica risposta a tutti i problemi che erano stati suscitati, sia sul piano etico civile che su quello politico, dalla Riforma. Suárez, ispirandosi alla concezione tomistica del diritto di natura, difende l’autonomia del potere politico, sia contro le concezioni libertarie degli Anabattisti, sia contro la concezione luterana e calvinista, che aveva portato lo Stato nell’ambito della diretta manifestazione divina.

 

Suárez non accetta né la concezione luterana dello Stato quale «spada di Dio», né la teocrazia di Calvino: egli sostiene la distinzione tradizionale fra il temporale e lo spirituale: così come lo Stato non è sottoposto alla Chiesa, alla stessa guisa lo Stato non può ingerirsi nella vita e nell’organizzazione della Chiesa. D’altro canto la sua polemica nei confronti della monarchia di diritto divino, quale era proposta da Giacomo I d’Inghilterra, si riflette anche sulla monarchia spagnola di Filippo II: il diritto di natura costituisce non solamente il fondamento dell’autonomia dello Stato, ma l’ineliminabile presupposto per la costituzionalizzazione del potere politico.

 

L’assolutismo fondato sul diritto divino del re non trova fondamento nel diritto di natura: il sovrano, da un punto di vista politico, è responsabile innanzi alla comunità. Suárez riprende la concezione tomistica della comunità politica, che viene definita come un vero e proprio «corpo politico», come un «corpo mistico» ad analogia della Chiesa, per indicare un’esistenza reale, ma diversa da quella di cui partecipano gli uomini e le cose materiali.

 

La comunità politica è indubbiamente costituita dagli individui, posta in essere dagli individui stessi: ma il potere, la summa potestas, la potestas iurisdictionis, non promana dagli individui ma dalla comunità: la sovranità si fonda sul diritto di natura, in quanto è la conseguenza necessaria dell’unione tra gli individui in società. L’essenza del potere politico risiede nel comando, nella possibilità di imporre ai consociati un determinato comportamento, avvalendosi, se necessario, della forza.

 

L’uomo non possiede tale potere: ogni uomo infatti, secondo la concezione cristiana, precisata da Sant’Agostino, è originariamente libero, e in quanto essere razionale ha diritto ad autogovernarsi: egli non può dominare e costringere il suo simile. Ecco perché il potere non deriva dai singoli individui che lo affidano o lo delegano ai governanti ma, promana dalla comunità in quanto unità reale.

 

D’altro canto occorre fare attenzione a non confondere il potere che il padre di famiglia esercita sulla famiglia e sui figli (la potestas oeconomica, secondola terminologia aristotelica) con la potestas iurisdictionis o con il potere politico, in quanto sono sostanzialmente diversi: la natura del primo è più che altro un potere di direzione, di guida, mentre la natura del secondo si esprime nel comando, nella imposizione e nella coazione. La famiglia come gruppo sociale, fondata sul diritto naturale, non è una comunitas perfecta in quanto non può assolvere a tutte le esigenze dell’individuo e del gruppo: ha fini limitati, onde il potere del pater familias è commisurato a questi fini.

 

Adamo, in qualità di progenitore del genere umano, non ebbe la potestas iurisdictionis, ma solo la potestas oeconomica, così come tutti gli altri padri di famiglia: solamente quando, con il crescere delle famiglie e con l’avvertenza delle esigenze che non potevano essere soddisfatte dal nucleo familiare, si formò la più ampia comunità che comprende una pluralità di famiglie e con l’avvertenza delle esigenze che non potevano essere soddisfatte dal nucleo familiare, si formò la più ampia comunità che comprende una pluralità di famiglie, si costituì così il potere.

 

Il potere politico quindi inserisce quindi alla comunità, concepita come unità reale, e costituisce il principio, la ragion d’essere dell’autonomia, della indipendenza e della libertà stessa della comunità. Per chiarire il rapporto che intercorre tra gli individui e la comunità Suárez ricorre ad alcune analogie: il figlio, che nasce dall’unione dei suoi genitori, in quanto persona dotata di ragione , ha il diritto e il correlativo potere di disporre in piena libertà dei suoi atti, senza che il padre e la madre gli trasferiscano alcun proprio potere; la potestas economica è la conseguenza oggettiva della costituzione della famiglia, quale sistema di rapporti derivanti dal matrimonio, che è posto in essere dalla libera volontà degli sposi, ma che come rapporto ha una sua ragion d’essere autonoma. La comunità politica sussiste, pertanto, come un insieme organico e unitario di rapporti fra tutti gli individui e le famiglie che la costituiscono, avente una sua ragion d‘essere autonoma, che la distingue e la rende superiore ai singoli.

 

La comunità politica per Suárez è certamente costituita dagli individui. Noi possiamo considerare un insieme di uomini come un aggregato senza alcun vincolo, senza alcun principio di ordine, senza alcuna intenzione di raggiungere; oppure possiamo considerare che questo stesso insieme esprima la volontà comune di raggiungere determinati fini. Proprio in quest’ultimo caso gli uomini costituiscono, cioè pongono in essere con la loro volontà e il loro consenso, la comunità politica, che, una volta formata, acquista, per diritto di natura, una sua autonoma realtà, che è sottratta alla volontà dei singoli individui e che si esprime, come si è detto, nel potere politico, nel diritto che ha la comunità di far valere il proprio comando nei confronti dei singoli associati.

 

La conseguenza più importante dell’affermazione che la summa potestas, o la potestas iurisdictionis è espressione della sua unità reale, è che la sovranità non è attribuita direttamente da Dio ai monarchi, come sostengono i teorici del diritto divino dei re, ma viene invece concessa dalla comunità ai monarchi. Ciò significa che il monarca non può considerarsi responsabile unicamente dinanzi a Dio ma deve rendere conto alla comunità della condotta politica; occorre considerare, a tal proposito, che il potere, proprio perché attiene al governo della comunità, deve essere sempre finalizzato al bene comune; e da ciò derivano delle regole ben precise.

 

Per tal motivo Suárez afferma che la comunità, per il tramite dei rappresentanti più qualificati, ha sempre il diritto di resistere con la forza al re che si comporti da tiranno, che cioè non persegue più il bene comune e con ciò pone in forse l’esistenza stessa della comunità. Va rilevato, a tal proposito, che, nel costituire la società, ciascun uomo non ha trasferito alla comunità il diritto alla tutela dei propri beni e della propria vita, diritto costitutivo della personalità e pertanto intrasferibile, che legittima i singoli a restaurare con la forza l’ordine politico che garantisce loro la vita e i beni. La legittimazione del diritto alla resistenza attiva al tiranno è la conseguenza della tesi di Suárez che la forma di governo o la costituzione si fonda sul diritto umano, e pertanto sulla volontà della comunità: la monarchia, l’aristocrazia, la democrazia vengono scelte dalla comunità quali costituzioni che corrispondono meglio alle loro particolari esigenze e tradizioni.

 

Per Suárez la democrazia corrisponde all’essenza della comunità in quanto il potere politico per diritto di natura, appartiene alla comunità, cioè alla collettività dei cittadini: la conseguenza è che mentre l’aristocrazia e la monarchia, trovano il loro fondamento solamente nel diritto positivo umano, la democrazia è la costituzione originaria della società e si fonda prima sul diritto naturale e poi su quello positivo. La monarchia non può rivendicare rispetto alle altre forme di governo un particolare rimato basato sul diritto naturale, come sostengono i teorici del diritto divino dei re; la legittimazione della monarchia risiede nell’atto di conferimento della potestas iurisdictionis da parte della comunità.

 

Tale atto può essere considerato irrevocabile e di conseguenza il potere viene trasmesso nell’ambito della famiglia regnante per diritto di successione: tale atto irrevocabile non è contrario né al diritto naturale né al diritto delle genti e né al diritto civile; anzi si può dire che proprio nel diritto naturale si fonda la giustificazione dell’istituto monarchico, che deve garantire stabilità e continuità al governo della comunità. Ma ciò non significa che tale potere una volta affidato al monarca, debba essere considerato assoluto e che la comunità, e per essa il popolo, sia del tutto assoggettata al monarca.

 

In effetti, rileva Suárez, l’atto di concessione originaria deve essere considerato come un vero e proprio patto, mediante cui il potere è affidato al monarca sotto determinate condizioni, che debbono essere rispettate dal sovrano nelle sue attività di governo e che qualora dovessero essere violate dal re, legittimano la resistenza attiva del popolo contro il re. In questo senso deve essere interpretata sia l’affermazione di Sant’Agostino, che l’obbedienza ai re si fonda sul generale patto della società umana, sia la lex regia di cui parla il Digesto, che si riferisce per l’appunto alla concessione della summa potestas all’imperatore nell’ambito di norme ben precise, fissate dalla stessa lex regia, che deve essere considerata un vero e proprio patto intercorso tra il popolo e l’imperatore. Il re che violi le leggi fondamentali del suo regno, che regolano la sua attività di governo, può essere legittimamente rimosso dalla comunità.

 

In Suárez sussistono, sulla base del diritto di natura, una serie di norme fondamentali che regolano l’esistenza stessa della comunità politica, per le quali il potere politico non può essere considerato in alcun modo assoluto e non riveste alcuna funzione sacrale, nel senso che chi lo detiene non può rivendicare una legittimazione divina che lo sottragga al controllo stesso della comunità.

 

Il potere risulta così «costituzionalizzato», nel senso cioè che deve agire nell’ambito di norme che hanno un valore superiore alla volontà di chi detiene lo stesso potere politico, in quanto si fondano sul diritto di natura e per ciò stesso attengono ai principi fondamentali della persona e della comunità politica. Il diritto di natura diventa così la fonte delle norme di diritto positivo, secondo cui deve essere governata la comunità politica, al fine di conseguire il bene comune.

 

Anche per Suárez la summa potestas, la sovranità, come già per Vitoria e soprattutto per Bodin, costituisce la caratteristica distintiva dello Stato, l’essenza cioè della «politicità»; ma anche per il teologo spagnolo il potere sovrano non trova limiti solo nel diritto divino e in quello naturale ma deve rispettare anche le norme che regolano i rapporti tra le singole comunità politiche e che trovano il loro fondamento nel diritto delle genti.

 

Come già per Vitoria, Suárez ritiene che gli Stati fanno parte della più ampia comunità del genere umano, che deve essere riconosciuta come ordinamento, nel senso cioè che essa esprime una serie di norme che sono il presupposto affinché possa attuarsi la solidarietà, l’impegno al mutuo impegno che accumuna tutti gli uomini. Come nello Stato anche nella comunità perfetta la consuetudine è una fonte di diritto vincolante e alla stessa guisa le tradizioni bisogna ritenere che nella più ampia comunità di Stati, gli usi, i costumi e le tradizioni esprimono un insieme di norme che consentono di dare stabilità e sicurezza ai rapporti che si pongono fra le stesse comunità politiche.

 

D’altro canto queste norme, che non state ammesse nell’uso comune degli Stati, possono essere dedotte dal diritto di natura, in quanto corrispondo alla natura razionale dell’uomo, e possono essere accettate da tutti: la norma fondamentale del diritto internazionale, pacta sunt servanda, il diritto di scambiarsi ambasciatori e legati, le immunità di cui godono questi ultimi, la libertà dei commerci, gli armistizi, hanno una loro intrinseca obbligatorietà giuridica, in quanto consentono la collaborazione tra gli Stati e i singoli appartenenti alle comunità politiche, senza cui non è possibile quel miglioramento delle condizione umane, in vista del quale fu costituita la comunità politica.

 

La comunità internazionale integra e completa l’attività dei singoli Stati. La concezione del diritto delle genti, come diritto internazionale, ha conseguenze particolarmente importanti per quanto riguarda il diritto di guerra, che, secondo Suárez non rientra nell’esclusiva competenza della summa potestas dello Stato, ma trova una precisa disciplina proprio nell’ambito del diritto delle genti, che sanciscono infatti come sia lecito solamente la guerra giusta, quella cioè che viene combattuta per difendersi da un’ingiusta guerra di aggressione, oppure per riparare un gravissimo danno subito. Ma in questo secondo, caso come in quello di guerra offensiva e di aggressione che è lecita solo quando si presenta come mezzo necessario per allontanare un grave pericolo contro lo Stato, corre obbligo ai governi di cercare di risolvere i gravissimi contrasti che sono alla base del conflitto mediante un arbitrato internazionale.

 

In altri termini, il principio fondamentale cui debbono ispirarsi i rapporti tra Stati, nell’ambito della società internazionale, è che la soluzione dei conflitti non può essere trovata nell’uso della forza: secondo Suárez è semplicemente assurdo, e proprio dei barbari, ritenere che l’esito vittorioso della guerra possa esprimere il criterio di giustizia in base al quale risolvere la controversia tra Stati; in sostanza la ragione, quale si esprime nel diritto delle genti, deve governare i rapporti tra gli Stati, che non possono fondarsi sull’esito incerto della guerra.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Domenico Bilotti, Disobbedire alla pena. Studio su resistenza e ingiustizia in riferimento a Francisco Suárez (1548-1617), Brossura, Castelvecchi, 2021.

Francisco Suárez, a cura di O. De Bertolis, F. Todescan, Collana: Lex naturalis. Classici diritto nat. mod., Trattato delle leggi e di Dio legislatore, Vol. 3, Cedam, 2013.

Ilaria Acquaviva, Metafisica modale e ontologia degli enti realmente possibili in Francisco Suárez, Stamen, 2020.

Cintia Faraco, Il concetto di lex come vincolo politico nel Tractatus de legibus di Francisco Suárez, Rivista online di Filosofia, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, 2018.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]