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N. 27 - Marzo 2010 (LVIII)

La fortezza da Basso di Firenze
visita ai laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure
di Ginevra Bentivoglio

Posta molto prossima alla stazione di Santa Maria Novella, la fortezza “da Basso”, sebbene le sue basse cortine laterizie – che definiscono un ampio perimetro a pianta pentagona – oggi appaiono schiacciate dall’edilizia tardo ottocentesca, incute ancora oggi timore il baluardo centrale, con le sue possenti bugne a “punta di diamante” e a semisfere (probabilmente evocanti palle di cannone) a cui si accede alle aree interne della fortezza, in origine ingentilito dai raffinati stemmi medicei e altri apparati scultorei, oggi fortemente mutili, eseguiti da Baccio e Raffaello da Montelupo e dal Tribolo.

La fortezza, iniziata a costruire nel luglio 1534 dal duca Alessandro de’ Medici, nipote di papa Clemente VII, su disegni di Antonio da Sangallo il giovane (molti si conservano presso il Gabinetto dei Disegni e Stampe degli Uffizi) coadiuvato da Pierfrancesco Florenzuoli da Viterbo con la consulenza, per gli aspetti militari, di Alessandro Vitelli, si pone, più che ‘a difesa’ della città, ‘a scopo di dominazione’ sulla città.

Giorgio Vasari, già nella prima edizione (1550) delle sue Vite dei più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue fino a’ nostri tempi ricorda la fortezza come un’opera “celebrata oggi per tutto il mondo, et in quella città è tenuta inespugnabile”.

La fortezza, per oltre quattro secoli, in una variabilità di usi, alterate le sue interne spazialità, è rimasta inaccessibile ai visitatori: oggi superate le barre di accesso e procedendo sulla sinistra si arriva agli eccelsi laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure. È sufficiente gettare già un sguardo, durante una fugace visita, accompagnata dalle gentili e puntuali parole di un restauratore, per rendersi conto che qui il restauro è contemporaneamente tecnica e arte, binomio che assurge a scienza.

Qui i giotteschi (il Lorenzetto e Fra Giovanni da Fiesole, noto come Beato Angelico), si lasciano carezzare, accudire e “operare”, morbidamente sdraiati su appositi tavoli o delicatamente sostenuti da idonee strutture.

Possenti e rustiche strutture lignee, di pioppo e altri legni accessori, decisamente connesse nelle loro parti da una vigorosa chiodatura, sono il supporto al delicato strato pittorico steso sulla tela a cui aderiscono, come l‘immenso crocefisso giottesco della chiesa di San Marco, le cui dimensioni sono quelle di… un miniappartamento.

Piccolo tassello, su piccolo tassello vengono integrate le parti che gli insetti xilofagi hanno scavato e asportato; più in là, il San Giorgio e il drago di Ambrogio Lorenzetti – la parte centrale della pala proveniente dal Museo d’Arte Sacra di Asciano – sdraiati per le indagini e le cure, non sembrano più incutere timore.

Trasmettono soggezione, avulsi dal loro contesto, trovandoseli lì di fronte a te, i Santi rappresentati sugli sportelli del Tabernacolo dei Linaioli di Fra Giovanni. Sono enormi: due metri e sessanta centimetri per un metro e trentatre.

All’esterno ci guardano San Marco e San Pietro e, una volta aperte le ante, appaiono San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista che si rivolgono a noi con “grave pensosità”, per dirlo con le parole di Umberto Baldini, che ci rammenta che l’opera, commissionata nel 1433, rappresenta la chiusura della “fase formativa” e si apre alla “fase matura”.

Non ho voluto sapere quale fosse il “volto” della tavola poiché e stato così bello osservare la bellezza tecnica del lavoro di palchettatura eseguito da un suo illustre precedente, nell’intervento alla Maestà di Duccio di Buoninsegna, effettuato dall’Istituto Centrale del Restauro, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, sotto la guida di Cesare Brandi.

Si lasciano questi spazi – ricolmi di tubi colorati, cappe aspiranti, sofisticati supporti, banchi da legnaiolo, pialle, scalpelli, raspe colle di pesce, nell’aria l’odor di legno e di essenze, con gli occhi e l’olfatto ricolmi di meraviglia, nel convincimento che un’esperienza tanto è più veloce tanto più resta incisa nella memoria – quasi un’istantanea a 1/1000 di secondo – consapevoli che quei Cristi, Madonne, Santi e altri riceveranno ancora “lunga vita” da quegli occhi e mani esperte.

 



 

 

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