attualità
LE FONTANE DI
PIETRO LOMBARDI NEI RIONI DI ROMA
V / FONTANA DELLE ANFORE
di Emanuel De Marchis
La Fontana delle Anfore,
costruita interamente in travertino e
realizzata nel 1926, è divenuta nel
tempo uno dei simboli più importanti del
quartiere Testaccio. L'opera in
oggetto, strutturata con una base a X, è
adagiata su una scalinata circolare
puntellata da dodici colonnine
distribuite su due diversi livelli.
Suddivisa in quattro cantoni radiali,
ognuno con una vasca in cui s'incanala
l'acqua (gli argini di ogni vasca
presentano uno stemma di Roma e una
testa di caprone) e di egual numero di
rampe, da sette gradini ognuna, essa
sostiene un assembramento di anfore, o
giare che dir si voglia, che si sviluppa
verso l'alto. Si tratta, indubbiamente,
della fontana più monumentale tra tutte
quelle realizzate da Pietro Lombardi
nella città eterna.
La fontana simboleggia un momento
importante nello sviluppo tecnico
stilistico del Lombardi, che in questo
caso utilizza come elemento ornamentale
predominante l'emblema del rione,
ossia, per l'appunto, le anfore,
oggetti usati nell'antica Roma
per conservare olio e vino e stipati in
gran quantità in appositi magazzini
dislocati proprio in quest'area
cittadina, prossima al Tevere. La
scelta di mettere tale emblema in primo
piano rimanda proprio alla sua
"funzionalità", che dialoga agilmente
con l'elemento artistico e decorativo,
secondo uno schema che influenzerà
probabilmente anche la realizzazione di
altre fontane (tra cui quella di piazza
Mazzini, firmata da Raffaele De Vico nel
1927). Quel che è certo, è che a seguito
di quest'opera Lombardi ottenne
l'incarico di disegnare e costruire
altre otto fontanelle, per varie zone di
Roma, tutte con decorazioni a
riferimento rionale o alle attività
caratteristiche del tempo.
La Fontana delle Anfore, proprio come il
rione che la ospita, è attorniata da
mercati, osterie e pub che simboleggiano
l'animo di un quartiere che nasce
popolare e che col tempo si trasforma
più volte. Lo stesso monte di Testaccio
(monte dei cocci) ci conferma
appunto che in tempi passati fiumi di
vini e olii riempivano gli spazi vuoti
tra lavoro e riposo. Costruito come
rione popolare per eccellenza, nel corso
degli anni tale area si evolse in
quartiere bohéme, capace di
attrarre stuoli di artisti, attori,
registi, critici d'arte e giornalisti,
determinati forse a ritrovare il mito
pasoliniano di Mamma Roma
(capolavoro firmato da Pier Paolo
Pasolini nel 1962).
Ritornando ai tempi antichi, è
importante ricordare come il suddetto
monte dei cocci sia di natura
"artificiale", essendosi formato, nel
corso dei secoli, attraverso l'accumulo
di vasi di coccio, provenienti dai
citati magazzini del non distante
Emporium, l'antico porto romano
sul Tevere, fiume attraverso il quale
giungevano a Roma merci provenienti da
tutto il mondo, stoccate appunto in
miriadi di anfore i cui resti diedero
origine alla collinetta in
questione, la cui area fu ribattezzata
Testaccio (mons
Testaceus)
in epoca tardomedievale.
La fontana oggetto di tale
approfondimento, come molte altre del
Lombardi, richiama dunque alla memoria
storie antiche e nuove. Per di più, c'è
da dire che nel corso degli anni l'opera
si è adattata alle esigenze di questo
quartiere in continuo cambiamento,
arrivando addirittura a cambiare
molteplici volte collocazione,
fino a stabilirsi definitivamente
nell'odierna Piazza Testaccio,
cuore del rione, al cui centro, tale
maestosa meraviglia, dona acqua fresca
potabile a chiunque voglia dissetarsi. E
seppure le sue condizioni non sono al
giorno d'oggi perfette, essendosi
manifestati vari problemi relativi alla
quantità di acqua disponibile, essa
continua a essere un punto di
riferimento, amato e rispettato, per
tutti i cittadini che ogni giorno
affollano tale vivace quartiere. |