N. 32 - Agosto 2010
(LXIII)
LA FONDAZIONE “EVA PERÓN”
Donde existe una necesidad nace un derecho
di Danilo Caruso
Nell’Argentina
del
passato
la
carica
di
presidentessa
onoraria
della
Sociedad
de
beneficencia
veniva
riservata
alla
moglie
del
presidente
della
repubblica
in
carica.
Quando
Perón
fu
eletto
tuttavia
le
dame
dell’oligarchia
borghese
rifiutarono
di
concedere
questo
ruolo
ad
Evita
con
l’ipocrita
giustificazione
che
fosse
troppo
giovane
ed
inesperta.
Quando
le
rifiutarono
pure
di
nominare
al
suo
posto
la
madre,
poiché
le
motivazioni
reali
di
tutto
ciò
stavano
nel
disprezzo,
la
Società
fu
chiusa
con
atto
governativo
il 6
settembre
1946.
Potrebbe
sembrare
che
questa
misura
di
scioglimento
sia
unicamente
un
atto
di
vendetta,
sennonché
la
pessima
gestione
di
questa
organizzazione,
che
controllava
molte
strutture
ospedaliere,
era
già
emersa
nel
1939:
tutti
i
dipendenti
venivano
sfruttati
con
pesanti
turni
lavorativi
e
sottopagati,
nelle
case-scuola
(più
simili
a
delle
prigioni)
anche
i
bambini
erano
costretti
a
lavorare
e
persino
a
mendicare,
solamente
il
5%
dei
fondi
raccolti
andava
a
sostegno
dell’assistenza
(tutto
il
resto
concerneva
spese
di
gestione).
La
sua
opportuna
soppressione
diede
spazio
al
riordino,
non
fu
il
caso
di
Evita
nella
sostanza
a
determinarne
la
fine.
La
Fundación
María
Eva
Duarte
de
Perón
fu
istituita
a
metà
del
1948,
sempre
con
atto
governativo
(a
fine
1950
sarà
ridenominata
Fundación
Eva
Perón).
Al
termine
del
1947
operava
però
già
la
Cruzada
de
ayuda
social
María
Eva
Duarte
de
Perón
con
azioni
poi
proprie
della
Fundación.
La
precedente
Società
di
beneficenza
non
andava
al
di
là
del
finanziamento
di
istituti
preesistenti.
Evita
invece
si
preoccupò
di
intervenire
con
la
creazione
di
opere
anche
in
tutti
quei
campi
che
il
settore
pubblico
non
riusciva
con
facilità
a
tutelare.
Dedicava
periodicamente
molte
ed
intense
ore
ad
incontrare
personalmente
nella
sede
del
Ministero
del
lavoro
i
bisognosi
che
si
recavano
a
porle
richieste
d’aiuto.
In
un
suo
discorso
chiarì
che
la
Fundación
«
fue
creada
para
cubrir
lagunas
en
la
organización
nacional,
porque
en
todo
el
país
donde
se
realiza
una
obra,
siempre
hay
lagunas
que
cubrir
y
para
ello
se
debe
estar
pronto
para
realizar
una
acción
rápida,
directa
y
eficaz
».
Il
denaro
della
Fundación,
che
non
passava
dalle
sue
mani,
proveniva
da
spontanee
contribuzioni
di
privati
o
enti
pubblici,
o
dal
gettito
di
misure
ad
hoc.
Tra
il
’50
ed
il
’53
furono
scelte
queste
fonti:
1)
aumento
del
3%
del
biglietto
d’ingresso
all’ippodromo
di
Buenos
Aires
e
tributo
addizionale
del
3%
sulle
scommesse;
2)
trattenute
degli
stipendi
del
primo
maggio
e
del
12
ottobre,
e
del
2%
delle
tredicesime;
3)
l’intero
gettito
delle
multe
sui
giochi
d’azzardo;
4)
deduzioni
da
miglioramenti
salariali
ai
pubblici
dipendenti;
nelle
vertenze
di
lavoro
tra
soggetti
privati
risolte
da
Evita
c’era
l’usanza
di
offrire
una
percentuale
di
qualche
mensilità;
5)
il
50%
dell’avanzo
utile
prodotto
dalle
assicurazioni
per
le
manifestazioni
sportive.
Si
rivela
dunque
falsa
l’accusa
che
vorrebbe
le
opere
sostenute
con
modi
estortivi.
Le
imprese
private
contribuivano
spontaneamente
senza
sollecitazioni
o
per
ringraziamento
o
per
l’ottenimento
del
credito
bancario
presso
l’Istituto
argentino
di
promozione
industriale
che
Evita
poteva
rendere
più
facile.
Eva
Perón
non
era
Eva
Kant:
una
commissione
d’inchiesta
della
prima
dittatura
post-peronista
accertò
che
i
presunti
fatti
di
estorsione
e
corruzione
erano
totalmente
irreali
e
che
tutto
si
era
svolto
nel
rispetto
della
legalità.
Il
fatto
che
lo
Stato
mettesse
a
disposizione
della
Fundación
risorse
economiche,
materiali
ed
umane
suscitò
a
suo
tempo
la
reazione
dell’opposizione
parlamentare
antiperonista,
i
cui
esponenti
nulla
avevano
obiettato
negli
anni
antecedenti
riguardo
ai
cospicui
finanziamenti
pubblici
elargiti
alla
Sociedad
de
beneficencia.
Beneficiarono
della
straordinaria
attività
assistenziale
diretta
da
Evita
pure
decine
di
paesi
stranieri,
cui
furono
forniti
vestiti,
alimenti
e
farmaci.
In
seguito
al
colpo
di
Stato
del
1955
che
depose
Perón
il
positivo
complesso
di
ciò
che
era
stato
prodotto
dalla
Fundación
o fu
destinato
ad
improprio
e
pessimo
utilizzo
o
peggio
ancora
radicalmente
cancellato.
Questo
un
elenco
non
esaustivo
di
quanto
attuato:
-
ogni
anno
venivano
distribuite
enormi
quantità
di
macchine
per
cucire,
capi
di
vestiario,
alimenti,
libri,
biciclette
e
giocattoli;
-
181
punti
per
la
vendita
di
prodotti
di
prima
necessità
a
prezzi
ridotti
furono
creati
per
sostenere
le
famiglie
più
bisognose;
-
più
di
13.000
donne
trovarono
un’occupazione;
-
quasi
2.400
furono
gli
alloggiati
nelle
case
per
anziani
abbandonati
(ne
furono
aperte
6);
-
più
di
16.000
bambini
furono
ospitati
nelle
case-scuola
(20
comprese
quelle
in
costruzione,
dislocate
in
16
province
con
una
capacità
di
più
di
25.000
posti);
-
un’opera
di
monitoraggio
medico-sanitario
era
rivolta
a
tutti
i
giovani
che
partecipavano
agli
annuali
concorsi
nazionali
sportivi
(nel
1949
furono
120.000);
- la
Casa
dell’impiegata
a
Buenos
Aires,
un
edificio
di
11
piani
di
cui
9
dormitori,
forniva
alloggio
a
tutte
le
lavoratrici
bonaerensi
senza
dimora,
con
basso
reddito
e
senza
riferimenti
familiari
in
città;
aveva
una
capienza
per
500
donne
ed
offriva
un
servizio
di
mensa
quotidiana
per
1.500
coperti
accessibile
a
tutti
ed a
costi
ridotti
presso
cui
Evita
aveva
l’abitudine
di
cenare
con
i
suoi
collaboratori;
-
poco
più
di
16.000
persone
furono
ospitate
nelle
3
case
di
alloggio
temporaneo
in
attesa
di
ricevere
un’abitazione;
la
Fundación
fece
costruire
case
assegnate
a
decine
di
migliaia
di
famiglie
(a
poco
più
di
20.000
tra
queste
che
emigrate
si
trovavano
a
Buenos
Aires
senza
redditi
era
stato
consentito
nel
1948-50
di
ritornare
nella
provincia
d’origine
ottenendo
un’abitazione
ed
un’occupazione);
- 21
ospedali,
distribuiti
in
11
province,
di
cui
4 a
Buenos
Aires
(avevano
disponibilità
di
quasi
23.000
posti
letto);
altre
3
strutture
specifiche
erano
riservate
ai
bimbi
ed
una
agli
ustionati;
il
completamento
di
due
ospedali,
tra
cui
quello
dei
bambini
a
Buenos
Aires,
fu
sospeso
dopo
la
caduta
di
Perón;
-
furono
edificati
un
migliaio
di
scuole
e
diverse
colonie
turistiche
nel
1948-50;
- un
milione
e
mezzo
di
bottiglie
di
sidro
e di
pan
dolce
venivano
donati
annualmente
per
Natale
ai
meno
abbienti.
L’architettura
e
l’arredo
delle
opere
della
Fundación
erano
di
altissimo
pregio
e
riflettevano
il
più
autentico
spirito
di
fratellanza
umana.
I
servizi
offerti
erano
gratuiti
e di
ottimo
livello.
Era
costante
un’efficace
assistenza
socio-sanitaria
rivolta
ai
soggetti
svantaggiati
tutelati.
I
bambini
più
disagiati
avevano
la
possibilità
di
raggiungere
gli
studi
universitari
passando
per
gradi
attraverso
le
accoglienti
e
confortevoli
case-scuola,
città
di
studio
e
città
universitarie.
La
Ciudad
infantil
Amanda
Allen,
intitolata
ad
un’infermiera
argentina
della
Fundación
scomparsa
in
una
sciagura
aerea
durante
l’intervento
di
soccorso
alle
vittime
di
un
terremoto
in
Ecuador,
accoglieva
a
Buenos
Aires
soggetti
emarginati
tra
i 2
ed i
7
anni.
Il
progetto
di
recupero
seguiva
il
pensiero
della
pedagogista
italiana
Maria
Montessori.
La
Ciudad,
che
accudiva
alcune
centinaia
di
bimbi,
fu
chiusa
dai
militari
golpisti
nel
1955,
e la
sua
connessa
città
per
piccoli,
divenuta
quindi
parco
per
benestanti,
fu
demolita
nel
’64
per
lasciare
spazio
ad
un
parcheggio.
Nelle
case-scuola
un
gruppo
di
assistenti
sociali
curava
i
rapporti
con
le
famiglie
di
provenienza
dei
bambini
(che
avevano
un’età
compresa
tra
4 e
10
anni).
Era
desiderio
di
Evita
che
costoro
non
perdessero
i
loro
rapporti
con
l’esterno
a
seconda
della
propria
forma
di
soggiorno
nell’istituto
(in
alcuni
casi
venivano
affidati
a
dei
tutori).
L’abbigliamento,
che
era
di
qualità,
veniva
rinnovato
ogni
sei
mesi
e
poi
distrutto.
L’istruzione
era
curata
attentamente
anche
con
aggiuntivo
insegnamento
di
sostegno,
e
per
le
bambine
c’erano
inoltre
corsi
integrativi
che
potevano
riguardare
l’arte,
la
musica,
il
ballo,
la
cucina
e la
cucitura.
Anche
alle
ragazze
era
prospettata
la
prosecuzione
degli
studi
all’università
nella
Ciudad
universitaria
di
Cordova
da
inaugurarsi
secondo
le
previsioni
nel
1956,
ma
il
completamento
suo
e di
quella
di
Mendoza
dopo
Perón
fu
bloccato
dalla
dittatura:
la
prima
avrebbe
potuto
ospitare
400
studenti
argentini
e
150
stranieri.
Sulla
stessa
falsariga
non
si
giunse
neanche
ad
ultimare
la
ciudad
estudiantil
femminile,
infatti
le
ragazze
seguivano
provvisoriamente
l’istruzione
secondaria
permanendo
nella
casa-scuola.
Furono
costruite
3
ciudades
estudiantiles
a
Buenos
Aires,
Cordova
e
Mendoza
per
gli
studenti
provenienti
da
fuori.
Alla
Fundación
si
doveva
altresì
la
mensa
universitaria
di
La
Plata
in
provincia
di
Buenos
Aires.
Il
nuovo
governo
golpista
del
’55
sciolse
la
Fundación
e
chiuse
le
sue
istituzioni.
Il
suo
capitale
fu
in
parte
rubato
e le
sue
sostanze
materiali
illecitamente
sottratte.
I
servizi
e
l’assistenza
precedenti
furono
giudicati
fuori
luogo,
eccessivi
e
persino
lussuosi.
I
mobili
di
tutte
le
strutture,
ed i
regali
ricevuti
da
Evita
nel
suo
viaggio
in
Europa,
che
in
queste
si
trovavano,
posti
come
abbellimento,
furono
rimossi.
Si
distrussero
flaconi
per
la
raccolta
del
sangue,
lenzuola
e
coperte
perché
recavano
l’etichetta
Fundación
Eva
Perón,
i
polmoni
d’acciaio
finirono
sotto
sequestro
per
lo
stesso
motivo.
Qualche
altro
esempio
del
destino
che
i
militari
e
gli
antiperonisti
riservarono
ai
frutti
dell’amorevole
impegno
di
Evita
per
la
difesa
delle
categorie
sociali
disagiate:
un
ospedale
per
i
bambini
fu
trasformato
in
un
hotel-casinò
e la
ciudad
estudiantil
di
Buenos
Aires
fu
addirittura
adibita
a
luogo
di
reclusione
di
componenti
del
governo
peronista.
Dopo
parecchi
studenti
ebbero
l’opportunità
di
proseguire
a
studiare
fuori
dell’Argentina
con
borse
di
studio
estere
grazie
alla
qualità
del
percorso
formativo
svolto
che
era
stato
all’avanguardia
e
supportato
di
tutto
ciò
che
occorresse
(vestiario,
libri,
attrezzature
scolastiche,
e
così
via).
Quanto
accaduto
in
una
casa-scuola
convertita
in
centro
di
collocamento
lavorativo
è
emblematico.
Le
bambine,
cui
era
stata
tolta
la
possibilità
di
apprendere
per
andare
a
lavorare
nelle
abitazioni
dei
borghesi,
protestarono
dal
cortile
gridando:
«
Queremos
que
vuelva
Perón!!!
».
Evita
era
scomparsa
nel
1952,
ma
sino
alla
fine
la
sua
fondazione
aveva
lavorato,
pur
avendo
perso
lo
slancio
dato
dalla
propria
animatrice,
per
rimuovere
il
disagio
sociale.