.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

attualità


N. 112 - Aprile 2017 (CXLIII)

Forse, PER L'EGITTO, la primavera è finitA
storie sul nilo, 6 anni dopo

di Gian Marco Boellisi

 

Per l’Egitto lo scorso 24 marzo si è chiuso un cerchio. Hosni Mubarak, l’ex-presidente rimasto per trent’anni ai vertici del potere egiziano e cacciato via dalle sommosse popolari della cosiddetta primavera araba, è stato rilasciato dall’ospedale militare di Maadi, dove era detenuto dal 2011.

 

Per coloro che hanno manifestato e lottato nelle strade del Cairo ed in tutto l’Egitto, questo risulta essere solo l’ultimo di una catena di eventi che stanno portando il paese sempre più lontano rispetto a quegli obiettivi che si era preposto all’alba di quell’11 febbraio, data in cui il vecchio regime era stato deposto con le dimissioni dello stesso presidente.

 

Per un’altra parte del paese invece, questo risulta essere un segno di rinascita, dato che sempre più il vecchio governo viene visto come una vecchia età dell’oro, dove le incertezze politiche e la crisi economica non erano altro che parole riportate solamente sulle testate straniere.

 

Cerchiamo prima però di inquadrare quella che è la situazione attuale dell’Egitto e soprattutto il passato dell’era Mubarak dal quale proviene. Hosni Mubarak diviene formalmente presidente dell’Egitto nel 1981, in seguito all’assassinio da parte di fondamentalisti islamici del suo predecessore nonché amico Anwar al-Sadat.

 

Proveniente da una formazione militare nell’aviazione e uomo di grande spessore politico, Mubarak riuscì a prendere le redini del potere in maniera decisa e celere. Effettuando svariate riforme interne e optando per una politica di coesistenza pacifica verso i vicini, con Israele in particolare, Mubarak riuscì a garantirsi un forte consenso da parte dei suoi concittadini nel primo decennio della sua presidenza.

 

Tuttavia, nonostante le successive rielezioni, il continuo mantenimento della legge marziale sin dai tempi dell’assassinio di Sadat, permise al governo di esercitare un potere incontrastato verso i mezzi di stampa e soprattutto contro gli oppositori politici. Forte dell’esplicito sostegno degli Stati Uniti, interessati alla posizione strategica egiziana all’interno del calderone mediorientale (un motivo fra tutti, il Canale di Suez), Mubarak è riuscito a mantenere il controllo del proprio Paese, cercando di protrarre il più a lungo possibile il proprio potere e di ridurre al minimo il dissenso popolare con atti di riforma simbolici e puramente ininfluenti dal punto di vista pratico.

 

Nel 2011 però neanche l’Egitto non può rimanere impermeabile a ciò che succede nel mondo arabo. In seguito all’ondata di proteste che noi oggi conosciamo come primavera araba, Mubarak fu soggetto a pressioni sia interne che esterne, le quali chiedevano all’ormai trentennale presidente solo una cosa: le dimissioni. Ciò che ne seguì furono sanguinosi scontri di piazza e giorni di forti tensioni in tutto il paese. Un paese sull’orlo della guerra civile, diviso tra i fedeli al vecchio presidente e coloro che avrebbero voluto fare un passo avanti, lasciandosi questa esperienza alle spalle.

 

L’11 febbraio 2011 arrivò la notizia in piazza Tahrir che Hosni Mubarak aveva rassegnato le dimissioni, estinguendo quello che sarebbe potuto divenire un focolare di dimensioni bibliche.

 

In seguito agli eventi di quei mesi, Mubarak fu chiamato a rispondere di fronte alla giustizia egiziana dei morti di quei giorni e di numerose altre accuse, comprese alcune imputazioni per corruzione. A parte il primo periodo post-rivoluzione, in cui probabilmente la volontà di punire l’ex-presidente era sincera e fondata, con il passare degli anni si è assistito sempre più ad una costante attenuazione dei toni, fino all’assoluzione da tutte le accuse di questo mese.

 

Complice di questo cambiamento di atmosfera sarà stato sicuramente l’avvicendamento avvenuto ai vertici del governo egiziano, con l’avvento iniziale di Morsi, rappresentante dei Fratelli Musulmani, ovvero di una delle fazioni che più hanno voluto la destituzione del vecchio faraone. In seguito all’arresto di Morsi a causa della sua evidente quanto preoccupante deriva islamista e alla conseguente discesa in campo dei militari, i quali sono sempre stati i detentori del vero potere in Egitto, è arrivato l’attuale presidente al-Sisi.

 

Questi ha sempre esplicitamente ringraziato e visto con ammirazione gli eventi che portarono alla cacciata del vecchio regime. Tuttavia con il passare del tempo e delle leggi, sempre più il suo governo assumeva i connotati di quel vecchio status quo tanto ripudiato. Limitazioni alla libertà di stampa, intimidazione degli avversari politici, restrizioni verso gli oppositori: il pacchetto è onnicomprensivo. Con questo cambio di rotta, e soprattutto con la constatazione che le primavere arabe non hanno portato ai risultati voluti, anche le vicende giudiziarie di Mubarak hanno cambiato direzione. Un esempio fra tutti: nel 2012 viene condannato all’ergastolo per i morti delle proteste, ma la corte di cassazione dichiara nullo il processo, il quale deve essere rifatto da capo.

 

Nel 2014 per lo stesso processo viene assolto sia dall’accusa di omicidio sia da quella di corruzione. Dopo diverse assoluzioni, nel 2015 arriva la condanna per l’ex-presidente e i due figli Alaa e Gamal per malversazione per il periodo tra il 2002 ed il 2011, emettendo la pena di tre anni di detenzione e 125 milioni di sterline egiziane (circa 6.375.000 euro) da versare allo stato. Tuttavia i giudici hanno accolto la richiesta di rilascio in virtù della pena già scontata. Infatti il presidente è confinato nell’ospedale militare di Maadi, a fasi alterne, sin dalle sue dimissioni nel 2011.

 

L’epitaffio definitivo alle vicende giudiziarie del faraone viene messa questo 3 marzo, quando la corte di cassazione assolve definitivamente Mubarak per tutte le accuse di omicidio relative al periodo delle manifestazioni, riconoscendogli solo la colpa di aver fornito all’esercito armi e veicoli usati negli scontri, e quindi dando il nullaosta per il suo rilascio.

 

Questa inversione di rotta deve essere vista, oltre come un parziale ritorno sulla vecchia via, anche come una ricerca di punti di riferimento. È bene ricordare che l’Egitto versa in uno stato di crisi profonda, con una svalutazione della sterlina egiziana spropositata e l’allontanarsi sempre più di investimenti stranieri.

 

Persa per sempre la sfera d’influenza statunitense, il Cairo ormai guarda a riferimenti diversi, quali la Russia di Putin e la Cina di Xi per affrontare le sfide future. Ora più che mai, gli egiziani si trovano in un grave stato di difficoltà economica, politica e sociale. E molti di loro rimpiangono non poco quelli che furono i tempi in cui Mubarak costruiva case popolari e abbatteva i costi dell’energia. Il periodo in carcere di Mubarak, se carcere si può definire una stanza di ospedale con vista sul Nilo ben lontana dagli standard egiziani, è sempre maggiormente visto come una questione politica, e non più giuridica. Questa la dice lunga sul sentimento egiziano sulla questione.

 

Molti definiscono questa scarcerazione l’ultimo passo verso una completa “Restaurazione”, se non in termini concretamente politici quanto meno ideologici. E di fatto forse lo è, considerando che nessuna delle figure che ha acquisito potere sotto la presidenza Mubarak è ad oggi in carcere.

 

Come per tutte le altre primavere arabe, in Egitto i movimenti e le sommesse di ormai 6 anni fa non hanno ottenuto i risultati sperati. Il paese è lontano ancora anni luce da quelle riforme di cui avrebbe disperatamente bisogno e da quella stabilità politica per cui ha tanto lottato.

 

Tuttavia i morti e gli slogan di quei giorni non dovrebbero essere dimenticati con tanta facilità, e la promessa di un ritorno ad un passato ameno, o presunto tale, non deve tentare il popolo egiziano a guardare indietro verso modelli ormai inconsistenti con l’epoca attuale, ma piuttosto a guardare avanti verso il futuro che questo meraviglioso popolo sa di meritare.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.