[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 151 / LUGLIO 2020 (CLXXXII)


antica

SULLA FINE DI CORINTO
QUANDO LA GRECIA SMISE DI ESSERE LIBERA /  PARTE II

di Antonio Montesanti


La Quarta Guerra Macedonica

 

Nel 150 a.C., questa situazione così precaria sfociò nella rivolta dell’ennesimo pretendente al trono macedone. Andrisco (definito dai contemporanei ‘Pseudofilippo’) si proclamò figlio di Perseo e mettendosi a capo di un esercito di Macedoni e di Traci, riuscì a conquistare quasi interamente la Tessaglia e sullo slancio delle vittorie, annientò la legione romana d’istanza. Nel 148 a.C. Roma inviava sul campo un grande esercito a capo di Quinto Cecilio Metello, che – dopo un periodo piuttosto confuso – alla fine fece capitolare Perseo che fu sconfitto e fatto prigioniero a Cinocefale. Questa volta i Romani non ebbero pietà: Andrisco, dopo essere stato trascinato nel corteo celebrativo delle vittorie di Metello per le vie di Roma, fu condannato a morte. L’anno successivo, una commissione senatoria stabilì il nuovo ordinamento politico che istituiva la nuova provincia di Macedonia che raggruppava le quattro precedenti repubbliche, le coste della Tracia e forse anche l’Epiro e l’Illiria. Vi si aggiunsero quindi anche parte della Tessaglia più settentrionale. La provincia venne governata da un propretore, di rango per lo più consolare, che risiedeva a Tessalonica (moderna Salonicco). Poche furono le città libere: Tessalonica, Anfipoli, Abdera ed Eno, oltre alle isole di Taso e di Samotracia e alle città di Apollonia e Epidamno (oggi Durazzo) in Illiria. Tutte le altre città della Macedonia e quelle che avevano fatto parte della Lega Achea al fianco macedone rimasero formalmente libere in qualità di civitates stipendiariae, ovvero soggette a tributo. Tuttavia le città greche conservarono le proprie autonomie interne pur perdendo il diritto di battere moneta, che rimase invece alle città libere della Grecia che non erano state coinvolte. Inoltre, Roma incoraggiò ovunque i regimi oligarchici. Probabilmente i terreni di proprietà regia in Macedonia vennero incorporati nell’ager publicus, di cui entrò a far parte anche il territorio di Corinto, mentre i territori cittadini rimanevano in possesso delle diverse città. Poco dopo l’istituzione della provincia venne tracciata la via Egnazia – naturale continuazione della via Appia - che da Apollonia ed Epidamno, sulla costa adriatica, raggiungeva Pella e quindi Tessalonica. [Gruen 1976, 1984; Varga & Rusu-Bolindeț 2017]

 

La Guerra Achaica

 

Tuttavia, la Grecia ancora una volta era lasciata in uno stato di “libertà vigilata”, anche se nel Peloponneso si andava animando il conflitto tra la Lega Achea e Sparta. Durante la Quarta Guerra Macedonica, il Senato e i generali coinvolti nella guerra contro Perseo avevano sviluppato ottimi rapporti con la Lega Achea attraverso un ‘comune sentire’ materializzatosi in questioni religiose e soprattutto politico-militari attraverso una cooperazione reciproca. La fine della Macedonia come entità indipendente aveva fatto si che i Greci potessero pensare di essere ritornati nuovamente autonomi, non solo formalmente ma anche politicamente. Ben presto ricominciarono a sorgere i problemi atavici che investivano la Grecia sin dall’Epoca Micenea, un continuo e reiterato scontro tra poleis e alleanze. La lega Peloponnesiaca guidata da Corinto, da tempo meditava di ridimensionare i Lacedemoni, sempre pronti alla resistenza, alla lotta e all’indipendenza cittadina. Già nel 150 a.C., Dieo di Atene, formalmente a capo della Lega Achea, obbligava Sparta a sentenziare 24 uomini. Questi scelsero l’esilio in Italia e si lamentarono con il Senato di Roma. Su rogazione romana, Dieo rispose alle accuse e mentre Sparta si distaccava dalla Lega Achea, il Senato richiedeva di attendere l’ambasceria che sarebbe stata inviata l’anno seguente. Durante questo periodo, nella Lega Achea emersero due fazioni: la prima guidata dagli uomini di stato achei Filopemene e Licorta, che volevano che la Grecia determinasse la sua propria politica estera secondo le proprie leggi, mentre l’altra fazione era guidata dalle figure di Aristeno e Diofane, che invece credevano che si dovesse fare riferimento a Roma per le questioni di politica estera. [Erskine 1994]

 

Furono gli ultimi ad avere la meglio sul consiglio di Lega, mandando a chiamare Roma per risolvere la questione diplomaticamente. Tuttavia, nel 147 a.C., sebbene Roma fosse occupata nella Terza Guerra Punica e nella repressione delle rivolte in Spagna, il Senato cercò di trovare in fretta una soluzione che rendesse stabile una volta per tutte la regione. Una prima ambasciata guidata da Quinto Cecilio Metello, console della neoprovincia macedone, intervenne ammonendo di mantenere la pace. Tuttavia, la Lega Achea minacciò nuovamente Sparta per obbligarla a rientrare nella federazione: alla fine fu dichiarato un armistizio tra le parti che giunsero ad un compromesso. Nel frattempo, l’elezione dei generali ‘populisti’ della Lega Achea contribuì non poco all’infiammarsi della situazione. I generali proponevano la risoluzione dei debiti per i poveri, sia liberi che schiavi, e l’incremento delle tasse per i più ricchi che avrebbero portato ad un supporto della popolazione a favore della Lega stessa. Inoltre i generali contavano sul fatto che Roma era appena uscita dallo scontro Macedone ed era impegnata in cause e guerre ben più grandi e lontane dal Peloponneso, che rappresentava una disputa di poco conto [Polyb. 38].

 

Infatti, non potendosene occupare nell’immediato a livello militare, Roma mandò altri mediatori a Corinto guidati da Lucio Aurelio Oreste, mentre la Lega decideva di attaccare Sparta di propria iniziativa, prima dell’arrivo dei funzionari romani. Questo ritardo nel risolvere le questioni interne dei Greci, portò ad una pressione interna tra le parti che non fece altro che acuire i dubbi sulla funzione dei Romani nelle questioni interne, facendo precipitare gli eventi. Inoltre la presenza dei delegati romani a Corinto diede adito al ritiro formale di Messene dalla Lega Achea e a un rafforzamento delle posizioni spartane sulla lega stessa e contro la quale si era sempre dichiarata [Polyb. 23]. Dopotutto, le dispute e le microguerre tra Sparta e la Lega erano sempre continuate tanto che già dal 184 a.C. era stato mandato Appio Claudio per giudicare e risolvere il caso tra le due parti in causa. [Liv. 39.37; Polyb. 23.17]. La politica romana appariva già molto chiara a cominciare dalla Terza Guerra Macedonica che voleva uno spezzettamento delle macro entità regionali a favore delle microunità come poleis e regioni-stato. La missione senatoriale guidata dal magistrato senatoriale Gallo incitava le città all’abbandono della Lega Achea e sanciva l’indipendenza della polis di Pleurone. [Paus. 7.11, 14.1; Rosenstein 2012; Fuks 1970]

 

La delegazione romana insediatasi a Corinto, decise una riduzione forzata della Lega, che Sparta non venisse coinglobata nella Lega e che Corinto stessa, Argo, Eraclea Etanea e Orcomeno d’Arcadia si rendessero indipendenti [Polyb. 38.9.3-8]. La risoluzione proposta da Roma, considerata come un atto di forza e un dismembramento della Lega stessa, non venne gradita dai componenti, che oltretutto rimarcarono i fatti avvenuti durante la Terza Guerra Macedonica, quando migliaia di ‘ostaggi’ furono inviati a Roma per garantire la fedeltà dei Peloponnesiaci a Roma stessa. [Livy 45.35.1-2; Paus. 7.10.5-12; Just. 33.2.8; Zon. 9.31] Almeno cinque ambasciate erano state inviate nel contempo a Roma per richiedere la restituzione degli ostaggi ma senza risultati, cosa che sottolineava la preminenza di Roma sugli Achei. [Paus. 7.14; Just. 34.1.5; Flor. 1.32.2; Polyb. 38.9; Allen 2006; De Ligt 2008, Rothaus 2000].

 

Durante gli incontri a Corinto, nonostante i tentativi di rassicurare i Greci da parte del co-console Sesto Giulio Cesare che non si trattava di uno scioglimento della Lega [Just. 34.1.5-7; Dio Fr. 72.2], la rabbia degli Achei esplose. Critolao di Atene ordinava di mettere agli arresti gli Spartani presenti in città, mentre il legato senatoriale fu insultato fino al tentativo di linciaggio gli stessi ambasciatori, che riuscirono a malapena a salvarsi. [Cic. Leg. Man. 11; De Off. 1.35; Liv Per. 52]. Critolao venne eletto stratega della Lega e come comandante si rifiutò di punire i responsabili dei disordini su espressa richiesta del Senato. La guerra era ormai alle porte. Metello scendeva dalla Macedonia verso Sud e chiamando Attalo, re di Pergamo e fedelissimo di Roma, perché preparasse dei contingenti da inviare. Dall’altra parte i Beoti e gli Eubei si preparavano a supportare la Lega Achea sotto le promesse populiste di Critolao che dichiarava che i Greci consideravano i Romani come amici e non come padroni. [Ager 1996; 2009] Sempre nel 146 a.C., Corinto continuava a rifiutare l’arbitrato da una nuova commissione senatoriale guidata ancora da Metello. I capi della lega Achea, Critolao e Dieo decisero allora per la guerra contro Sparta – che voleva dire guerra a Roma – sicuri che i Romani non potessero concentrarsi su più fronti di battaglia che la vedevano impegnata in quel momento. Ma questa volta, Roma – appena conclusasi la Guerra Punica con la definitiva distruzione di Cartagine – inviava un altro console per supportare quello già presente su territorio Greco: Lucio Mummio con un contingente di 30.000 uomini e con l’ordine di allestire una flotta. Dalla parte della Lega si schierarono anche la Beozia, la Locride, la Focide e la Calcidica. Polibio, storico filoromano per eccellenza, nonostante fosse nato a Megalopoli nel mezzo del Peloponneso, incolpò formalmente i demagoghi della Lega Achea di un nazionalismo cieco, con l’idea che la Lega potesse per lo meno resistere ai Romani, avendo preso decisioni affrettate, insensate che li avrebbero portati ad una guerra suicida [Polyb. 38.4.2; Paus. 2.1.2; Gruen 1984; Grainger 2013].

 

La Battaglia di Corinto

 

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Topografia dell’Istmo di Corinto

 

Nel 146 a.C. ebbe inizio la guerra. Metello dalla Macedonia aveva il compito di affrontare Critolao a capo del contingente degli stati a nord dell’Istmo, mentre Mummio si sarebbe occupato di Dieo e dei Peoloponnesiaci attestandosi a Corinto. Le armate di Metello sconfissero l’esercito greco a Scarfea nella Locride e lo stesso Critolao fu ucciso, prima ancora che potessero raggiungere i rinforzi portati da Dieo. I Tebani con gli alleati, rimasti così isolati li attesero per poi venire coinvolti in un’inutile battaglia a Cheronea in Beozia. A questo punto toccò a Mummio, che invece, si ritrovò’ ad affrontare l’esercito che Dieo aveva costituito con i superstiti in una sorta di ultima difesa lungo la lingua istmica. Metello venne bloccato nel tentativo di ricongiungersi a Mummio e a questo punto entrò in gioco la flotta che forzò il blocco. Dieo si ritirò sulla rocca di Corinto ritenuta quasi inespugnabile, dopo aver ricostruito l’esercito composto da schiavi e cittadini liberati dai debiti e dalle tasse. Da quella posizione estremamente favorevole, Dieo attaccò nottetempo l’accampamento romano che assediava Corinto riportando un’insperata vittoria che diede nuovo slancio ai Greci. L’effimera vittoria notturna, spinse lo stratega ad accettare l’invito di attaccare battaglia in campo aperto. Nella battaglia combattuta all’ombra dell’Acrocorinto, la cavalleria achea defezionò ancor prima dello scontro, ma la falange greca riusciva a tenere la legione fino a quando questa non fu fatta aggirare da 1000 lanceri romani. Dieo scappò in Arcadia con la sua famiglia e ormai braccato si suicidò. [Harris 1979; Waterfield 2014; Rosenstein 2012; Yarrow 2006; Purcell 1995; Hackl 1980]

 

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L’Acrocorinto visto dal Tempio di Apollo

 

Conseguenze

 

La città istmica dovette subire le conseguenze peggiori, in quanto capitale della Lega e primo e ultimo centro di rivolta e resistenza. La serrata campagna militare romana, seppur breve, terminava con una fuga senza confine dei Corinzi, rintanati sull’acropoli ma ormai senza difese. Una volta aperte le porte per la fuga, alla città istmica toccò l’esperienza più dura dopo essere stata presa ripetendo la dura esperienza di Cartagine. Corinto fu quindi dapprima saccheggiata, data alle fiamme, rasa al suolo dalle fondamenta e venne proibito alla popolazione di tornare ad abitarvi, dichiarando il luogo maledetto. Tutti gli uomini sopravvissuti vennero messi a morte, mentre la popolazione restante venne venduta come schiava. Le opere d’arte vennero saccheggiate e rivendute ai patrizi romani che ne abbellirono le loro ville. Come ulteriore rappresaglia, Roma decise di mostrare le maniere forti con tutte le città-stato che si erano schierate dalla parte della Lega. Dopo Corinto, Calcide e Tebe vennero punite duramente tramite lo smantellamento delle mura e la parziale distruzione di alcuni quartieri. Vennero adottate misure sociali comuni ed individuali. Oltre al disarmo totale della popolazione, i concili cittadini vennero aboliti, mentre individui oppositori di Roma vennero giustiziati o confiscati nei loro beni, il concetto di democrazia greca venne rigettato e sostituito da poteri di tipo oligarchico. Ai cittadini non fu consentito di avere proprietà in più di una comunità, cittadina, demotica o regionale. [Derow 1930]

 

Roma continuò a rispettare le autonomie locali ma tolse ogni valore politico alle confederazioni – Beotica, Euboica, Focea, Locrese e ovviamente Achea – che furono sciolte. Non è chiaro tuttavia se la Grecia sia stata annessa immediatamente alla nuova provincia di Macedonia, ovvero se si conservò il regime precedente o come sembra probabile sia stato effettivamente annesso solo una parte del territorio, quello di Corinto e della Lega Achea. Secondo Cicerone, passò sotto il dominio romano (con l’imposizione del tributo) solo quella parte della Grecia che aveva combattuto nella Guerra Achea (Peloponneso, Laconia esclusa, Megaride, Locride orientale, Focide, Beozia, Calcide), mentre Atene e l’Attica, Sparta e la Laconia rimasero indipendenti.

 

Tuttavia, la regione visse in seguito una rivolta fomentata da un altro presunto figlio di Perseo, Alessandro, nel 143 a.C. che si concluse con la soppressione che dovette avvenire nel 140 a.C., anno che Pausania considera come fine della Guerra Achea. Probabilmente è da questo momento che vi fu un’annessione provinciale definitiva ma in una maniera ancora più irrispettosa a monito per future insperate rivolte: i territori conquistati vennero considerati come un distretto provinciale e attribuiti alla Macedonia (Macedonia et Achaia) e soggetti ad un tributo. Gli ultimi studi sembrano convergere su una formazione provinciale conglobata alla Macedonia sotto il controllo senatoriale, con alcune città che sembra, al contrario della Macedonia, abbiano mantenuto una condizione di libertà apparente e di governo autonomo. [Bernhardt 1977]

 

Benché la libertà della Grecia era ormai compromessa per sempre sotto l’egida di Roma, Atene, Rodi, Sparta e forse la Lega Etolica, godettero ancora di piccole porzioni di territorio sotto il proprio controllo e di una formale libertà. Le città rimaste libere godevano dell’immunità ed erano considerate da Roma liberae et amicae, con un rapporto di collaborazione che venne spesso accentuato da uno spontaneo e graduale adeguamento all’egemonia romana. Gli ultimi bagliori di democrazia si sarebbero spenti però sessant’anni più tardi quando Mitridate V Eupatore, re del Ponto, convinse molte città-stato greche a unirsi a lui contro i Romani, occupandone di fatto i territori. Al termine della Guerra Mitridatica (88-86 a.C.), Lucio Cornelio Silla dopo aver messo in fuga l’occupante dalla Grecia ed aver sedato la ribellione, saccheggiò Atene e Tebe, depredandole delle loro opere d’arte. Dal punto di vista economico il Senato punì ancora una volta severamente i traditori e la Grecia centrale uscì in rovina da questo scontro, mentre sul piano culturale, Atene iniziò ad essere surclassata da Alessandria d’Egitto. [Alcock 1996]

 

Corinto ancora dopo un secolo risultava ancora ridotta ad un cumulo di macerie e solo la benevolenza di Caio Giulio Cesare, preso da pietà, le diede la possibilità di risorgere [Diod. Sic. 32.27; Cic. Fam. 4.5.4; Off. 1.35] e di divenire all’alba del I sec. d.C. uno dei centri più importanti per la propagazione del cristianesimo.

 

 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]