antica
SULLA FINE DI CORINTO
QUANDO LA GRECIA SMISE DI ESSERE LIBERA /
PARTE II
di Antonio Montesanti
La Quarta
Guerra Macedonica
Nel 150
a.C., questa situazione così precaria
sfociò nella rivolta dell’ennesimo
pretendente al trono macedone.
Andrisco (definito dai contemporanei
‘Pseudofilippo’) si proclamò figlio di
Perseo e mettendosi a capo di un
esercito di Macedoni e di Traci, riuscì
a conquistare quasi interamente la
Tessaglia e sullo slancio delle
vittorie, annientò la legione romana
d’istanza. Nel 148 a.C. Roma inviava sul
campo un grande esercito a capo di
Quinto Cecilio Metello, che – dopo un
periodo piuttosto confuso – alla fine
fece capitolare Perseo che fu sconfitto
e fatto prigioniero a Cinocefale. Questa
volta i Romani non ebbero pietà:
Andrisco, dopo essere stato trascinato
nel corteo celebrativo delle vittorie di
Metello per le vie di Roma, fu
condannato a morte. L’anno successivo,
una commissione senatoria stabilì il
nuovo ordinamento politico che istituiva
la nuova provincia di Macedonia che
raggruppava le quattro precedenti
repubbliche, le coste della Tracia e
forse anche l’Epiro e l’Illiria. Vi si
aggiunsero quindi anche parte della
Tessaglia più settentrionale. La
provincia venne governata da un
propretore, di rango per lo più
consolare, che risiedeva a Tessalonica
(moderna Salonicco). Poche furono le
città libere: Tessalonica, Anfipoli,
Abdera ed Eno, oltre alle isole di Taso
e di Samotracia e alle città di
Apollonia e Epidamno (oggi Durazzo) in
Illiria. Tutte le altre città della
Macedonia e quelle che avevano fatto
parte della Lega Achea al fianco
macedone rimasero formalmente libere in
qualità di civitates stipendiariae,
ovvero soggette a tributo. Tuttavia le
città greche conservarono le proprie
autonomie interne pur perdendo il
diritto di battere moneta, che rimase
invece alle città libere della Grecia
che non erano state coinvolte. Inoltre,
Roma incoraggiò ovunque i regimi
oligarchici. Probabilmente i terreni di
proprietà regia in Macedonia vennero
incorporati nell’ager publicus,
di cui entrò a far parte anche il
territorio di Corinto, mentre i
territori cittadini rimanevano in
possesso delle diverse città. Poco dopo
l’istituzione della provincia venne
tracciata la via Egnazia – naturale
continuazione della via Appia - che da
Apollonia ed Epidamno, sulla costa
adriatica, raggiungeva Pella e quindi
Tessalonica. [Gruen
1976, 1984;
Varga &
Rusu-Bolindeț 2017]
La Guerra
Achaica
Tuttavia,
la Grecia ancora una volta era lasciata
in uno stato di “libertà vigilata”,
anche se nel Peloponneso si andava
animando il conflitto tra la Lega Achea
e Sparta. Durante la Quarta Guerra
Macedonica, il Senato e i generali
coinvolti nella guerra contro Perseo
avevano sviluppato ottimi rapporti con
la Lega Achea attraverso un ‘comune
sentire’ materializzatosi in questioni
religiose e soprattutto
politico-militari attraverso una
cooperazione reciproca. La fine della
Macedonia come entità indipendente aveva
fatto si che i Greci potessero pensare
di essere ritornati nuovamente autonomi,
non solo formalmente ma anche
politicamente. Ben presto ricominciarono
a sorgere i problemi atavici che
investivano la Grecia sin dall’Epoca
Micenea, un continuo e reiterato scontro
tra poleis e alleanze. La lega
Peloponnesiaca guidata da Corinto, da
tempo meditava di ridimensionare i
Lacedemoni, sempre pronti alla
resistenza, alla lotta e
all’indipendenza cittadina. Già nel 150
a.C., Dieo di Atene, formalmente a capo
della Lega Achea, obbligava Sparta a
sentenziare 24 uomini. Questi scelsero
l’esilio in Italia e si lamentarono con
il Senato di Roma. Su rogazione romana,
Dieo rispose alle accuse e mentre Sparta
si distaccava dalla Lega Achea, il
Senato richiedeva di attendere
l’ambasceria che sarebbe stata inviata
l’anno seguente. Durante questo periodo,
nella Lega Achea emersero due fazioni:
la prima guidata dagli uomini di stato
achei Filopemene e Licorta, che volevano
che la Grecia determinasse la sua
propria politica estera secondo le
proprie leggi, mentre l’altra fazione
era guidata dalle figure di Aristeno e
Diofane, che invece credevano che si
dovesse fare riferimento a Roma per le
questioni di politica estera. [Erskine
1994]
Furono gli
ultimi ad avere la meglio sul consiglio
di Lega, mandando a chiamare Roma per
risolvere la questione diplomaticamente.
Tuttavia, nel 147 a.C., sebbene Roma
fosse occupata nella Terza Guerra Punica
e nella repressione delle rivolte in
Spagna, il Senato cercò di trovare in
fretta una soluzione che rendesse
stabile una volta per tutte la regione.
Una prima ambasciata guidata da Quinto
Cecilio Metello, console della
neoprovincia macedone, intervenne
ammonendo di mantenere la pace.
Tuttavia, la Lega Achea minacciò
nuovamente Sparta per obbligarla a
rientrare nella federazione: alla fine
fu dichiarato un armistizio tra le parti
che giunsero ad un compromesso. Nel
frattempo, l’elezione dei generali
‘populisti’ della Lega Achea contribuì
non poco all’infiammarsi della
situazione. I generali proponevano la
risoluzione dei debiti per i poveri, sia
liberi che schiavi, e l’incremento delle
tasse per i più ricchi che avrebbero
portato ad un supporto della popolazione
a favore della Lega stessa. Inoltre i
generali contavano sul fatto che Roma
era appena uscita dallo scontro Macedone
ed era impegnata in cause e guerre ben
più grandi e lontane dal Peloponneso,
che rappresentava una disputa di poco
conto [Polyb.
38].
Infatti,
non potendosene occupare nell’immediato
a livello militare, Roma mandò altri
mediatori a Corinto guidati da Lucio
Aurelio Oreste, mentre la Lega decideva
di attaccare Sparta di propria
iniziativa, prima dell’arrivo dei
funzionari romani. Questo ritardo nel
risolvere le questioni interne dei
Greci, portò ad una pressione interna
tra le parti che non fece altro che
acuire i dubbi sulla funzione dei Romani
nelle questioni interne, facendo
precipitare gli eventi. Inoltre la
presenza dei delegati romani a Corinto
diede adito al ritiro formale di Messene
dalla Lega Achea e a un rafforzamento
delle posizioni spartane sulla lega
stessa e contro la quale si era sempre
dichiarata [Polyb.
23].
Dopotutto, le dispute e le microguerre
tra Sparta e la Lega erano sempre
continuate tanto che già dal 184 a.C.
era stato mandato Appio Claudio per
giudicare e risolvere il caso tra le due
parti in causa. [Liv. 39.37; Polyb.
23.17]. La politica romana appariva già
molto chiara a cominciare dalla Terza
Guerra Macedonica che voleva uno
spezzettamento delle macro entità
regionali a favore delle microunità come
poleis e regioni-stato. La
missione senatoriale guidata dal
magistrato senatoriale Gallo incitava le
città all’abbandono della Lega Achea e
sanciva l’indipendenza della polis
di Pleurone. [Paus.
7.11, 14.1;
Rosenstein 2012; Fuks 1970]
La
delegazione romana insediatasi a
Corinto, decise una riduzione forzata
della Lega, che Sparta non venisse
coinglobata nella Lega e che Corinto
stessa, Argo, Eraclea Etanea e Orcomeno
d’Arcadia si rendessero indipendenti
[Polyb. 38.9.3-8]. La risoluzione
proposta da Roma, considerata come un
atto di forza e un dismembramento della
Lega stessa, non venne gradita dai
componenti, che oltretutto rimarcarono i
fatti avvenuti durante la Terza Guerra
Macedonica, quando migliaia di ‘ostaggi’
furono inviati a Roma per garantire la
fedeltà dei Peloponnesiaci a Roma
stessa. [Livy 45.35.1-2; Paus.
7.10.5-12; Just. 33.2.8; Zon. 9.31]
Almeno cinque ambasciate erano state
inviate nel contempo a Roma per
richiedere la restituzione degli ostaggi
ma senza risultati, cosa che
sottolineava la preminenza di Roma sugli
Achei.
[Paus. 7.14; Just. 34.1.5; Flor. 1.32.2;
Polyb. 38.9;
Allen 2006; De Ligt 2008, Rothaus 2000].
Durante
gli incontri a Corinto, nonostante i
tentativi di rassicurare i Greci da
parte del co-console Sesto Giulio Cesare
che non si trattava di uno scioglimento
della Lega [Just. 34.1.5-7; Dio Fr.
72.2], la rabbia degli Achei esplose.
Critolao di Atene ordinava di mettere
agli arresti gli Spartani presenti in
città, mentre il legato senatoriale fu
insultato fino al tentativo di
linciaggio gli stessi ambasciatori, che
riuscirono a malapena a salvarsi. [Cic.
Leg. Man. 11; De Off.
1.35; Liv Per. 52]. Critolao
venne eletto stratega della Lega e come
comandante si rifiutò di punire i
responsabili dei disordini su espressa
richiesta del Senato. La guerra era
ormai alle porte. Metello scendeva dalla
Macedonia verso Sud e chiamando Attalo,
re di Pergamo e fedelissimo di Roma,
perché preparasse dei contingenti da
inviare. Dall’altra parte i Beoti e gli
Eubei si preparavano a supportare la
Lega Achea sotto le promesse populiste
di Critolao che dichiarava che i Greci
consideravano i Romani come amici e non
come padroni. [Ager 1996; 2009] Sempre
nel 146 a.C., Corinto continuava a
rifiutare l’arbitrato da una nuova
commissione senatoriale guidata ancora
da Metello. I capi della lega Achea,
Critolao e Dieo decisero allora per la
guerra contro Sparta – che voleva dire
guerra a Roma – sicuri che i Romani non
potessero concentrarsi su più fronti di
battaglia che la vedevano impegnata in
quel momento. Ma questa volta, Roma –
appena conclusasi la Guerra Punica con
la definitiva distruzione di Cartagine –
inviava un altro console per supportare
quello già presente su territorio Greco:
Lucio Mummio con un contingente di
30.000 uomini e con l’ordine di
allestire una flotta. Dalla parte della
Lega si schierarono anche la Beozia, la
Locride, la Focide e la Calcidica.
Polibio, storico filoromano per
eccellenza, nonostante fosse nato a
Megalopoli nel mezzo del Peloponneso,
incolpò formalmente i demagoghi della
Lega Achea di un nazionalismo cieco, con
l’idea che la Lega potesse per lo meno
resistere ai Romani, avendo preso
decisioni affrettate, insensate che li
avrebbero portati ad una guerra suicida
[Polyb. 38.4.2; Paus. 2.1.2;
Gruen 1984;
Grainger
2013].
La Battaglia di Corinto
.
Topografia
dell’Istmo di Corinto
Nel 146
a.C. ebbe inizio la guerra. Metello
dalla Macedonia aveva il compito di
affrontare Critolao a capo del
contingente degli stati a nord
dell’Istmo, mentre Mummio si sarebbe
occupato di Dieo e dei Peoloponnesiaci
attestandosi a Corinto. Le armate di
Metello sconfissero l’esercito greco a
Scarfea nella Locride e lo stesso
Critolao fu ucciso, prima ancora che
potessero raggiungere i rinforzi portati
da Dieo. I Tebani con gli alleati,
rimasti così isolati li attesero per poi
venire coinvolti in un’inutile battaglia
a Cheronea in Beozia. A questo punto
toccò a Mummio, che invece, si ritrovò’
ad affrontare l’esercito che Dieo aveva
costituito con i superstiti in una sorta
di ultima difesa lungo la lingua
istmica. Metello venne bloccato nel
tentativo di ricongiungersi a Mummio e a
questo punto entrò in gioco la flotta
che forzò il blocco. Dieo si ritirò
sulla rocca di Corinto ritenuta quasi
inespugnabile, dopo aver ricostruito
l’esercito composto da schiavi e
cittadini liberati dai debiti e dalle
tasse. Da quella posizione estremamente
favorevole, Dieo attaccò nottetempo
l’accampamento romano che assediava
Corinto riportando un’insperata vittoria
che diede nuovo slancio ai Greci.
L’effimera vittoria notturna, spinse lo
stratega ad accettare l’invito di
attaccare battaglia in campo aperto.
Nella battaglia combattuta all’ombra
dell’Acrocorinto, la cavalleria achea
defezionò ancor prima dello scontro, ma
la falange greca riusciva a tenere la
legione fino a quando questa non fu
fatta aggirare da 1000 lanceri romani.
Dieo scappò in Arcadia con la sua
famiglia e ormai braccato si suicidò.
[Harris
1979;
Waterfield 2014;
Rosenstein 2012;
Yarrow
2006; Purcell 1995; Hackl 1980]
.
L’Acrocorinto visto dal Tempio di Apollo
Conseguenze
La città
istmica dovette subire le conseguenze
peggiori, in quanto capitale della Lega
e primo e ultimo centro di rivolta e
resistenza. La serrata campagna militare
romana, seppur breve, terminava con una
fuga senza confine dei Corinzi,
rintanati sull’acropoli ma ormai senza
difese. Una volta aperte le porte per la
fuga, alla città istmica toccò
l’esperienza più dura dopo essere stata
presa ripetendo la dura esperienza di
Cartagine. Corinto fu quindi dapprima
saccheggiata, data alle fiamme, rasa al
suolo dalle fondamenta e venne proibito
alla popolazione di tornare ad abitarvi,
dichiarando il luogo maledetto. Tutti
gli uomini sopravvissuti vennero messi a
morte, mentre la popolazione restante
venne venduta come schiava. Le opere
d’arte vennero saccheggiate e rivendute
ai patrizi romani che ne abbellirono le
loro ville. Come ulteriore rappresaglia,
Roma decise di mostrare le maniere forti
con tutte le città-stato che si erano
schierate dalla parte della Lega. Dopo
Corinto, Calcide e Tebe vennero punite
duramente tramite lo smantellamento
delle mura e la parziale distruzione di
alcuni quartieri. Vennero adottate
misure sociali comuni ed individuali.
Oltre al disarmo totale della
popolazione, i concili cittadini vennero
aboliti, mentre individui oppositori di
Roma vennero giustiziati o confiscati
nei loro beni, il concetto di democrazia
greca venne rigettato e sostituito da
poteri di tipo oligarchico. Ai cittadini
non fu consentito di avere proprietà in
più di una comunità, cittadina, demotica
o regionale. [Derow
1930]
Roma
continuò a rispettare le autonomie
locali ma tolse ogni valore politico
alle confederazioni – Beotica, Euboica,
Focea, Locrese e ovviamente Achea – che
furono sciolte. Non è chiaro tuttavia se
la Grecia sia stata annessa
immediatamente alla nuova provincia di
Macedonia, ovvero se si conservò il
regime precedente o come sembra
probabile sia stato effettivamente
annesso solo una parte del territorio,
quello di Corinto e della Lega Achea.
Secondo Cicerone, passò sotto il dominio
romano (con l’imposizione del tributo)
solo quella parte della Grecia che aveva
combattuto nella Guerra Achea
(Peloponneso, Laconia esclusa, Megaride,
Locride orientale, Focide, Beozia,
Calcide), mentre Atene e l’Attica,
Sparta e la Laconia rimasero
indipendenti.
Tuttavia,
la regione visse in seguito una rivolta
fomentata da un altro presunto figlio di
Perseo, Alessandro, nel 143 a.C. che si
concluse con la soppressione che dovette
avvenire nel 140 a.C., anno che Pausania
considera come fine della Guerra Achea.
Probabilmente è da questo momento che vi
fu un’annessione provinciale definitiva
ma in una maniera ancora più
irrispettosa a monito per future
insperate rivolte: i territori
conquistati vennero considerati come un
distretto provinciale e attribuiti alla
Macedonia (Macedonia et Achaia) e
soggetti ad un tributo. Gli ultimi studi
sembrano convergere su una formazione
provinciale conglobata alla Macedonia
sotto il controllo senatoriale, con
alcune città che sembra, al contrario
della Macedonia, abbiano mantenuto una
condizione di libertà apparente e di
governo autonomo. [Bernhardt
1977]
Benché la
libertà della Grecia era ormai
compromessa per sempre sotto l’egida di
Roma, Atene, Rodi, Sparta e forse la
Lega Etolica, godettero ancora di
piccole porzioni di territorio sotto il
proprio controllo e di una formale
libertà. Le città rimaste libere
godevano dell’immunità ed erano
considerate da Roma liberae et amicae,
con un rapporto di collaborazione che
venne spesso accentuato da uno spontaneo
e graduale adeguamento all’egemonia
romana. Gli ultimi bagliori di
democrazia si sarebbero spenti però
sessant’anni più tardi quando Mitridate
V Eupatore, re del Ponto, convinse molte
città-stato greche a unirsi a lui contro
i Romani, occupandone di fatto i
territori. Al termine della Guerra
Mitridatica (88-86 a.C.), Lucio Cornelio
Silla dopo aver messo in fuga
l’occupante dalla Grecia ed aver sedato
la ribellione, saccheggiò Atene e Tebe,
depredandole delle loro opere d’arte.
Dal punto di vista economico il Senato
punì ancora una volta severamente i
traditori e la Grecia centrale uscì in
rovina da questo scontro, mentre sul
piano culturale, Atene iniziò ad essere
surclassata da Alessandria d’Egitto. [Alcock
1996]
Corinto
ancora dopo un secolo risultava ancora
ridotta ad un cumulo di macerie e solo
la benevolenza di Caio Giulio Cesare,
preso da pietà, le diede la possibilità
di risorgere [Diod. Sic. 32.27; Cic.
Fam. 4.5.4; Off. 1.35] e di
divenire all’alba del I sec. d.C. uno
dei centri più importanti per la
propagazione del cristianesimo.
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