antica
SULLA FINE DI CORINTO
QUANDO LA GRECIA SMISE DI ESSERE LIBERA /
PARTE I
di Antonio Montesanti
La politica Romana verso i Greci fu
generalmente sempre la stessa seguendo
per grandi linee lo stesso copione, sia
in ambito coloniale (Magna Grecia,
Sicilia, Marsiglia) che nella
Madrepatria. La maggior parte degli
studiosi considera il modus operandi
romano di tipo espansionistico
marchiandolo come imperialista. [Harris
1979; Revell 2008] La politica di Roma
in Grecia dapprincipio favorirà la
difesa, l’alleanza e la libertà con le
comunità locali e solo nell’ultimo atto
di esasperazione – continuamente
antiromana – sfocerà nel tragico
capitolo della Guerra Achea (o Acaica) e
conseguente distruzione di Corinto.
La cultura classica
Roma e la Grecia hanno spesso condiviso
elementi culturali che le hanno
accumunate sotto la denominazione di
civiltà classica, tanto che,
cronologicamente parlando, queste due
entità rappresentano un continuum
storico che va dal c.d. Medioevo Greco
(800 a.C.) alla caduta dell’Impero
Romano (476 a.C.). [Onians 1999; Porter
2005; Shipley, Vanderspoel, Mattingly &
Foxhall 2008; Gagarin 2010; Bispham,
Harrison & Sparkes, 2010]. Benché
l’antichità, l’era, l’epoca classica
rappresenti un continuum storico
universalmente riconosciuto, c’è un
periodo ben preciso in cui le due
civiltà s’incontrano e un momento
altrettanto drammatico in cui si
scontrano e che produsse un inglobamento
politico – e ancor più culturale – della
Grecia da parte della Res Publica.
Questo momento ha una precisa
collocazione geografica e cronologica:
Corinto 146 a.C.
Roma e i Greci d’Italia
I rapporti tra Roma e i Greci d’Italia
(Italioti), iniziano circa 150 anni
prima che gli eserciti repubblicani
entrassero su suolo Ellenico, quando nel
327 a.C. il Senato inizia una disputa
con le città di Paleopoli e Neapoli
(ambedue congiunte nell’attuale Napoli)
che condurrà allo scoppio della Seconda
Guerra Sannitica (326-304 a.C.) [Liv.
8.22-26]. Le relazioni con il resto
degli Italioti sono generalmente
alterne. Roma tende a porsi in un
rapporto di difesa delle componenti
magnogreche a discapito dei popoli
Italici (Sanniti, Campani, Lucani e
Bretti) e già nel 282 a.C. dapprima
Thurii e poi Crotone, Locri e Reggio
richiesero la protezione di Roma [Polyb.
1.7.7]. Tuttavia la linea politica di
Roma appare evidente, come anche quella
Greca: un intervento a difesa delle
città Greche costiere del Sud Italia
rimaste indifese davanti alle aggressive
orde italiche, in cambio di un
protettorato di Roma sulle stesse
colonie italiote. Al contrario, i Greci
avrebbero voluto utilizzare la forza
militare di Roma per trarne una
indipendenza politica ormai da tempo
compromessa. Tuttavia, nonostante il
continuo appoggio di Roma alle città
greche in questione, i senatori mal
tollerarono in molti casi il voltafaccia
delle stesse città richiedenti aiuto,
una volta che queste avevano ricevuto la
protezione dalle minacce esterne. In
linea di massima, dopo una fase di
accordo, alleanza o protettorato
politico, le due componenti si ritrovano
in una situazione di contrasto che
puntualmente porta alla conquista o al
saccheggio delle grandi capitali
italiote del Sud Italia da parte delle
truppe romane, come nei casi di Taranto
(209 a.C.) e Siracusa (212 a.C.). [Lomas
1993; Erskine 1994; Ginge & Lomas 1996;
Roselaar 2011]
.
Roma e Greci d’Italia
Roma e la Grecia
Prima di considerare l’intervento armato
diretto di Roma contro i Greci è
necessario fare alcune precisazioni.
Insistono su questa forma di
filellenismo da parte dei Romani, sin
dal loro incontro con la cultura Greca,
delle motivazioni storiche fondate a
riguardo. Sappiamo bene che la
tradizione voleva Roma fondata dai
discendenti di Enea, un eroe troiano, e
che poneva automaticamente Roma in
contrasto ideologico con i Micenei,
considerati dai Greci stessi loro
progenitori. Tuttavia, questa tradizione
ne aveva oscurata una ancora più antica.
In realtà la prima Roma sarebbe sorta
sempre sul colle Palatino, al pari della
leggenda romulea, ma per mano di Greci
stessi provenienti dall’Arcadia. Questi,
sotto l’egida di Evandro e del figlio
Pallante, avrebbero fondato una città
che riportava lo stesso nome della città
che avevano lasciato nel Peloponneso:
Pallantion, da cui avrebbe preso il nome
il colle Platino. [Dion. Hal. 1.31.1]
Siamo a conoscenza del fatto che Evandro
e Pallante sono considerate delle
divinità in Arcadia e che vennero
visitati sul suolo della futura Città
Eterna sia da Ercole che da Enea. [Liv.
1.5] La testimonianza di tracce
archeologiche confermerebbe comunque una
presenza non ‘aborigena’ nell’area,
forse di Micenei stabilitisi ancor prima
della Guerra di Troia. [Ando 1999;
Erskine 2001; Lomas 2014]
Secondariamente, andiamo a dare una
definizione spaziale di Grecia
nell’antichità. I Greci stessi
chiamavano (e chiamano tutt’ora) la
propria patria Hellas (Ellade), mentre i
Romani le attribuivano il nome di
Graecia e che oggi utilizziamo
internazionalmente per definire la
nazione che chiude a sud la Penisola
Balcanica. La Grecia arcaica vera e
propria era quella che andava da capo
Matapan – la più meridionale delle tre
punte del Peloponneso – alla catena del
Monte Olimpo, massima altura a Nord
della stessa Ellade. Al di fuori di
questi orizzonti geografici rimanevano
culturalmente fuori tre regioni affini
ma non considerate Ellade vera e
propria: Epiro, Macedonia e Creta. Da
questo momento in poi definiremo la
Grecia in questo senso. [Hammond 1955;
Mitchell 2007]
Le guerre di Roma nei Balcani
Meridionali
Sin dai primi rapporti di Roma con la
sponda occidentale dell’Adriatico, gli
interventi della Res Publica non saranno
mai concentrati ad un intervento diretto
contro la Grecia, almeno fino agli
ultimi istanti della Guerra Acaica.
Prima di questo momento, Roma è
costretta ad intervenire nella Penisola
Balcanica Meridionale, quindi tra Epiro,
Macedonia e Grecia contro: a) gli Illiri
per le loro incursioni piratesche
nell’Adriatico: Guerra Illirica (229
a.C.) [App. Ill.];
b) i Macedoni e il loro re Filippo V in
quanto alleati di Cartagine: Prima e
Seconda Guerra Macedonica (215 e 200
a.C. [App. Mac.; Polyb. 16.30-1 e 22];
c) il tentativo di Antioco III di
invadere la Grecia medesima: Guerra
Romano-Seleucide (192 a.C.) [App. Syr.;
Liv. 31-35];
d) i Macedoni e Perseo, autoproclamatisi
sovrano a capo di rivolte contro lo
strapotere romano: Terza Guerra
Macedonica (171 a.C.) [Liv. 42-45; Plut.
Aem.], e infine;
e) ancora contro i Macedoni e un altro
pretendente, tale Andrisco, ancora
potenzialmente contro la durezza dei
provvedimenti romani: Quarta Guerra
Macedonica (150 a.C.) [Polyb. 36.10] e
che a sua volta rappresenta l’anticamera
della Guerra Achea (148 a.C.). [Derow
2007; Zahrnt 2008; Vacanti 2015]
Un breve excursus ci guida a capire la
nolontà di Roma nel soggiogare le
potenze sconfitte, fino all’ultimo atto
di esasperazione, dovuto ai continui
sotterfugi delle nazioni vinte per
ottenere un’indipendenza totale o a
tramare contro Roma stessa. Al momento
degli interventi romani transadriatici,
la Grecia era suddivisa in due grandi
federazioni politico-militari la lega
Achea e quella Etolica che
rappresentavano rispettivamente il Sud
ed il Nord del paese, con finalità
spesso divergenti e contrastanti.
Oltretutto, stremate dalle continue
guerre tra loro erano spesso solite
appoggiarsi a nazioni o regnanti esterni
per avere la meglio sull’opposta
fazione. Ormai dall’epoca di Alessandro,
la Grecia era un satellite della
Macedonia, che nella sua supremazia
economico-militare si fece carico di
difendere il mondo Greco, trascinandolo
nel baratro delle insistenti guerre
Romano-Macedoni.
.
La Grecia prima di Roma
La Prima Guerra Macedonica (214-205
a.C.), fu causata dall’alleanza di
Filippo V con Annibale durante la
Seconda Guerra Punica. I Romani
risposero con limitati aiuti, perché
troppo impegnati in Italia e Africa,
fomentarono i nemici della Macedonia, la
Lega Etolica e il Regno Attalide di
Pergamo. La pace di Fenice concluse la
Guerra con una sorta di stallo tra le
due potenze: Roma perdeva tutti gli
alleati delle Leghe Elleniche bloccando
di fatto gli aiuti ad Annibale promessi
da Filippo V. [Rich 1984; Eckstein 2002;
Kroenig 2020]
La Seconda Guerra Macedonica (200-197
a.C.) scoppiò in seguito alla minaccia
dall’alleanza tra Macedonia di Filippo V
e la Siria di Antioco III contro gli
stati alleati dei Romani: l’isola di
Rodi e il regno di Pergamo. Questa volta
Roma – ormai libera dall’incombenza di
Cartagine sconfitta a Zama nel 203 a.C.
– inviò il console Tito Quinzio
Flaminino sul territorio balcanico. La
lega Etolica prese le parti di Roma
mentre quella Achea quelle Macedoni.
Dopo una serie di prime ed effimere
vittorie macedoni, i Romani compresero
velocemente come neutralizzare la
tattica della falange e la guerra si
concluse con una cocente sconfitta per
Filippo V a Cinocefale. In 196 a.C., la
pace fu ratificata nella Valle di Tempe,
non a caso l’unico passaggio terrestre
praticabile tra Macedonia e Grecia,
all’ombra del Monte Olimpo.
Nella primavera seguente, Flaminino come
vincitore di Macedoni e Greci si diresse
a Corinto per assistere agli agoni
Istmici che si svolgevano nella città
peloponnesiaca, giochi secondi solamente
a quelli Olimpici. Durante il discorso
che venne ossequiosamente concesso dai
Greci, il console stupì l’intera Ellade.
Flaminino aveva abbracciato la cultura
Ellenica e parlava benissimo il Greco
tanto da proclamare la libertà di tutti
i Greci (ad eccezione di Sparta che fu
saccheggiata, continuando col suo
anacronistico isolazionismo politico)
creando uno stato di stupore e di gioia
oltre ogni immaginazione. Promise
un’evacuazione generale entro due anni
anche delle guarnigioni rimaste nelle
città chiave che erano state chiaramente
filomacedoni: Corinto, Calcide e
Demetriade. I Greci lo acclamarono come
liberatore, in alcune città venne
divinizzato o proclamato cittadino
onorario e come ultimo, lo onorarono con
una moneta d’oro con il suo ritratto, di
cui sono rimasti solo 5 esemplari ad
oggi [Plut., Flam. 16; Brisson 2018;
Fronda 2019]
.
Moneta in oro di Tito Quinto Flaminino
Le città rimasero libere, anche di
proseguire nel loro corso
‘protoregionale’ di vere e proprie
federazioni urbane già conosciute come
leghe, già esistenti, come la Etolica,
l’Achea e la Tessala sia di fondarne
delle nuove, come quella Euboica. Anche
le città macedoni rimasero libere, ma la
Macedonia veniva pesantemente
ridimensionata e oltre alla ingente
indennità di guerra fu costretta a
pagare un forte tributo e a dismettere
l’intera flotta. I Romani pur
abbandonando l’area, continuarono
comunque ad intervenire, in qualità di
osservatori esterni, nelle contese tra
le città-stato macedoni e quelle greche.
[Walbank 1962; Grainger 1999, 1-2;
Dmitriev 2011; Dmitriev 2018; Nicholson
2018]
Dopo la parentesi della Guerra
Romano-Syriaca (192-188 a.C.) che vide
il re seleucide Antioco III intervenire
direttamente in Europa e le sconfitte
subite da questo alle Termopili (190
a.C.) e in territorio asiatico a
Magnesia sul Meandro (188 a.C.), la Lega
Etolica, alleata del basileus (re)
siriano, perse la supremazia
sull’anfizionia delfica. Tuttavia la
Macedonia continuava a innescare minacce
e forme di antiromanità che sfociavano
sempre in
nuovi pseudo-leaders autoproclamandosi
discendenti della casata argeade. Il più
audace di questi, Perseo, si ribellò
nuovamente e questa volta Roma
intervenne più duramente. La Terza
Guerra Macedonica (171-168 a.C.) iniziò
con la sconfitta di Licinio Crasso
presso il Callinico, località vicino
Tripoli in Tessaglia. A questo punto il
senato inviò un generale molto più
capace. Lucio Emilio Paolo sconfisse i
rivoltosi a Pidna nel 168 a.C. Questa
volta Roma, si rivolse agli sconfitti
pesantemente: la Lega Etolica venne
ridimensionata, e forse sciolta, mentre
anche la lega Achea venne punita: 10.000
nobili achei, tra i quali Polibio,
vennero deportati in Italia.
Tuttavia, ancora una volta, il Senato
non procedette all’annessione diretta
dei territori conquistati in qualità di
provincia. Questi vennero organizzati da
una commissione senatoriale di dieci
membri. La Macedonia venne suddivisa in
quattro regioni federali e federate
(merídes) ognuna nominalmente
indipendente. L’intera società macedone
venne condizionata da dure imposizioni e
divieti stabiliti dai Romani, che
impedirono ogni forma di contatto
ufficiale tra loro sia in ambito
economico che sociale, in ogni capitale
dei quattro stati venne insediata una
dirigenza filo-romana permanente. [Litt
1975; Golan 1989; Grainger 1999, 3-4;
Bouchon 2014; Burton 2017]
.
Ricostruzione del monumento di Paolo
Emilio a Delfi e particolare della
decorazione del basamento
Paolo Emilio fece erigere proprio
davanti al tempio di Apollo a Delfi un
monumento equestre con raffigurante sé
stesso e un fregio che rappresentava la
battaglia di Pidna come ringraziamento e
monito per la Grecia. |