[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 150 / GIUGNO 2020 (CLXXXI)


antica

SULLA FINE DI CORINTO
QUANDO LA GRECIA SMISE DI ESSERE LIBERA /  PARTE I

di Antonio Montesanti


La politica Romana verso i Greci fu generalmente sempre la stessa seguendo per grandi linee lo stesso copione, sia in ambito coloniale (Magna Grecia, Sicilia, Marsiglia) che nella Madrepatria. La maggior parte degli studiosi considera il modus operandi romano di tipo espansionistico marchiandolo come imperialista. [Harris 1979; Revell 2008] La politica di Roma in Grecia dapprincipio favorirà la difesa, l’alleanza e la libertà con le comunità locali e solo nell’ultimo atto di esasperazione – continuamente antiromana – sfocerà nel tragico capitolo della Guerra Achea (o Acaica) e conseguente distruzione di Corinto.
 
La cultura classica
 
Roma e la Grecia hanno spesso condiviso elementi culturali che le hanno accumunate sotto la denominazione di civiltà classica, tanto che, cronologicamente parlando, queste due entità rappresentano un continuum storico che va dal c.d. Medioevo Greco (800 a.C.) alla caduta dell’Impero Romano (476 a.C.). [Onians 1999; Porter 2005; Shipley, Vanderspoel, Mattingly & Foxhall 2008; Gagarin 2010; Bispham, Harrison & Sparkes, 2010]. Benché l’antichità, l’era, l’epoca classica rappresenti un continuum storico universalmente riconosciuto, c’è un periodo ben preciso in cui le due civiltà s’incontrano e un momento altrettanto drammatico in cui si scontrano e che produsse un inglobamento politico – e ancor più culturale – della Grecia da parte della Res Publica. Questo momento ha una precisa collocazione geografica e cronologica: Corinto 146 a.C.
 
Roma e i Greci d’Italia

 
I rapporti tra Roma e i Greci d’Italia (Italioti), iniziano circa 150 anni prima che gli eserciti repubblicani entrassero su suolo Ellenico, quando nel 327 a.C. il Senato inizia una disputa con le città di Paleopoli e Neapoli (ambedue congiunte nell’attuale Napoli) che condurrà allo scoppio della Seconda Guerra Sannitica (326-304 a.C.) [Liv. 8.22-26]. Le relazioni con il resto degli Italioti sono generalmente alterne. Roma tende a porsi in un rapporto di difesa delle componenti magnogreche a discapito dei popoli Italici (Sanniti, Campani, Lucani e Bretti) e già nel 282 a.C. dapprima Thurii e poi Crotone, Locri e Reggio richiesero la protezione di Roma [Polyb. 1.7.7]. Tuttavia la linea politica di Roma appare evidente, come anche quella Greca: un intervento a difesa delle città Greche costiere del Sud Italia rimaste indifese davanti alle aggressive orde italiche, in cambio di un protettorato di Roma sulle stesse colonie italiote. Al contrario, i Greci avrebbero voluto utilizzare la forza militare di Roma per trarne una indipendenza politica ormai da tempo compromessa. Tuttavia, nonostante il continuo appoggio di Roma alle città greche in questione, i senatori mal tollerarono in molti casi il voltafaccia delle stesse città richiedenti aiuto, una volta che queste avevano ricevuto la protezione dalle minacce esterne. In linea di massima, dopo una fase di accordo, alleanza o protettorato politico, le due componenti si ritrovano in una situazione di contrasto che puntualmente porta alla conquista o al saccheggio delle grandi capitali italiote del Sud Italia da parte delle truppe romane, come nei casi di Taranto (209 a.C.) e Siracusa (212 a.C.). [Lomas 1993; Erskine 1994; Ginge & Lomas 1996; Roselaar 2011]

 

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Roma e Greci d’Italia


Roma e la Grecia
 
Prima di considerare l’intervento armato diretto di Roma contro i Greci è necessario fare alcune precisazioni. Insistono su questa forma di filellenismo da parte dei Romani, sin dal loro incontro con la cultura Greca, delle motivazioni storiche fondate a riguardo. Sappiamo bene che la tradizione voleva Roma fondata dai discendenti di Enea, un eroe troiano, e che poneva automaticamente Roma in contrasto ideologico con i Micenei, considerati dai Greci stessi loro progenitori. Tuttavia, questa tradizione ne aveva oscurata una ancora più antica. In realtà la prima Roma sarebbe sorta sempre sul colle Palatino, al pari della leggenda romulea, ma per mano di Greci stessi provenienti dall’Arcadia. Questi, sotto l’egida di Evandro e del figlio Pallante, avrebbero fondato una città che riportava lo stesso nome della città che avevano lasciato nel Peloponneso: Pallantion, da cui avrebbe preso il nome il colle Platino. [Dion. Hal. 1.31.1] Siamo a conoscenza del fatto che Evandro e Pallante sono considerate delle divinità in Arcadia e che vennero visitati sul suolo della futura Città Eterna sia da Ercole che da Enea. [Liv. 1.5] La testimonianza di tracce archeologiche confermerebbe comunque una presenza non ‘aborigena’ nell’area, forse di Micenei stabilitisi ancor prima della Guerra di Troia. [Ando 1999; Erskine 2001; Lomas 2014]
 
Secondariamente, andiamo a dare una definizione spaziale di Grecia nell’antichità. I Greci stessi chiamavano (e chiamano tutt’ora) la propria patria Hellas (Ellade), mentre i Romani le attribuivano il nome di Graecia e che oggi utilizziamo internazionalmente per definire la nazione che chiude a sud la Penisola Balcanica. La Grecia arcaica vera e propria era quella che andava da capo Matapan – la più meridionale delle tre punte del Peloponneso – alla catena del Monte Olimpo, massima altura a Nord della stessa Ellade. Al di fuori di questi orizzonti geografici rimanevano culturalmente fuori tre regioni affini ma non considerate Ellade vera e propria: Epiro, Macedonia e Creta. Da questo momento in poi definiremo la Grecia in questo senso. [Hammond 1955; Mitchell 2007]
 
Le guerre di Roma nei Balcani Meridionali

 
Sin dai primi rapporti di Roma con la sponda occidentale dell’Adriatico, gli interventi della Res Publica non saranno mai concentrati ad un intervento diretto contro la Grecia, almeno fino agli ultimi istanti della Guerra Acaica. Prima di questo momento, Roma è costretta ad intervenire nella Penisola Balcanica Meridionale, quindi tra Epiro, Macedonia e Grecia contro: a) gli Illiri per le loro incursioni piratesche nell’Adriatico: Guerra Illirica (229 a.C.) [App. Ill.];
b) i Macedoni e il loro re Filippo V in quanto alleati di Cartagine: Prima e Seconda Guerra Macedonica (215 e 200 a.C. [App. Mac.; Polyb. 16.30-1 e 22];
c) il tentativo di Antioco III di invadere la Grecia medesima: Guerra Romano-Seleucide (192 a.C.) [App. Syr.; Liv. 31-35];
d) i Macedoni e Perseo, autoproclamatisi sovrano a capo di rivolte contro lo strapotere romano: Terza Guerra Macedonica (171 a.C.) [Liv. 42-45; Plut. Aem.], e infine;
e) ancora contro i Macedoni e un altro pretendente, tale Andrisco, ancora potenzialmente contro la durezza dei provvedimenti romani: Quarta Guerra Macedonica (150 a.C.) [Polyb. 36.10] e che a sua volta rappresenta l’anticamera della Guerra Achea (148 a.C.). [Derow 2007; Zahrnt 2008; Vacanti 2015]
 
Un breve excursus ci guida a capire la nolontà di Roma nel soggiogare le potenze sconfitte, fino all’ultimo atto di esasperazione, dovuto ai continui sotterfugi delle nazioni vinte per ottenere un’indipendenza totale o a tramare contro Roma stessa. Al momento degli interventi romani transadriatici, la Grecia era suddivisa in due grandi federazioni politico-militari la lega Achea e quella Etolica che rappresentavano rispettivamente il Sud ed il Nord del paese, con finalità spesso divergenti e contrastanti. Oltretutto, stremate dalle continue guerre tra loro erano spesso solite appoggiarsi a nazioni o regnanti esterni per avere la meglio sull’opposta fazione. Ormai dall’epoca di Alessandro, la Grecia era un satellite della Macedonia, che nella sua supremazia economico-militare si fece carico di difendere il mondo Greco, trascinandolo nel baratro delle insistenti guerre Romano-Macedoni.
 

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La Grecia prima di Roma


La Prima Guerra Macedonica (214-205 a.C.), fu causata dall’alleanza di Filippo V con Annibale durante la Seconda Guerra Punica. I Romani risposero con limitati aiuti, perché troppo impegnati in Italia e Africa, fomentarono i nemici della Macedonia, la Lega Etolica e il Regno Attalide di Pergamo. La pace di Fenice concluse la Guerra con una sorta di stallo tra le due potenze: Roma perdeva tutti gli alleati delle Leghe Elleniche bloccando di fatto gli aiuti ad Annibale promessi da Filippo V. [Rich 1984; Eckstein 2002; Kroenig 2020]
 
La Seconda Guerra Macedonica (200-197 a.C.) scoppiò in seguito alla minaccia dall’alleanza tra Macedonia di Filippo V e la Siria di Antioco III contro gli stati alleati dei Romani: l’isola di Rodi e il regno di Pergamo. Questa volta Roma – ormai libera dall’incombenza di Cartagine sconfitta a Zama nel 203 a.C. – inviò il console Tito Quinzio Flaminino sul territorio balcanico. La lega Etolica prese le parti di Roma mentre quella Achea quelle Macedoni. Dopo una serie di prime ed effimere vittorie macedoni, i Romani compresero velocemente come neutralizzare la tattica della falange e la guerra si concluse con una cocente sconfitta per Filippo V a Cinocefale. In 196 a.C., la pace fu ratificata nella Valle di Tempe, non a caso l’unico passaggio terrestre praticabile tra Macedonia e Grecia, all’ombra del Monte Olimpo.
 
Nella primavera seguente, Flaminino come vincitore di Macedoni e Greci si diresse a Corinto per assistere agli agoni Istmici che si svolgevano nella città peloponnesiaca, giochi secondi solamente a quelli Olimpici. Durante il discorso che venne ossequiosamente concesso dai Greci, il console stupì l’intera Ellade. Flaminino aveva abbracciato la cultura Ellenica e parlava benissimo il Greco tanto da proclamare la libertà di tutti i Greci (ad eccezione di Sparta che fu saccheggiata, continuando col suo anacronistico isolazionismo politico) creando uno stato di stupore e di gioia oltre ogni immaginazione. Promise un’evacuazione generale entro due anni anche delle guarnigioni rimaste nelle città chiave che erano state chiaramente filomacedoni: Corinto, Calcide e Demetriade. I Greci lo acclamarono come liberatore, in alcune città venne divinizzato o proclamato cittadino onorario e come ultimo, lo onorarono con una moneta d’oro con il suo ritratto, di cui sono rimasti solo 5 esemplari ad oggi [Plut., Flam. 16; Brisson 2018; Fronda 2019]
 

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Moneta in oro di Tito Quinto Flaminino


Le città rimasero libere, anche di proseguire nel loro corso ‘protoregionale’ di vere e proprie federazioni urbane già conosciute come leghe, già esistenti, come la Etolica, l’Achea e la Tessala sia di fondarne delle nuove, come quella Euboica. Anche le città macedoni rimasero libere, ma la Macedonia veniva pesantemente ridimensionata e oltre alla ingente indennità di guerra fu costretta a pagare un forte tributo e a dismettere l’intera flotta. I Romani pur abbandonando l’area, continuarono comunque ad intervenire, in qualità di osservatori esterni, nelle contese tra le città-stato macedoni e quelle greche. [Walbank 1962; Grainger 1999, 1-2; Dmitriev 2011; Dmitriev 2018; Nicholson 2018]
 
Dopo la parentesi della Guerra Romano-Syriaca (192-188 a.C.) che vide il re seleucide Antioco III intervenire direttamente in Europa e le sconfitte subite da questo alle Termopili (190 a.C.) e in territorio asiatico a Magnesia sul Meandro (188 a.C.), la Lega Etolica, alleata del basileus (re) siriano, perse la supremazia sull’anfizionia delfica. Tuttavia la Macedonia continuava a innescare minacce e forme di antiromanità che sfociavano sempre in nuovi pseudo-leaders autoproclamandosi discendenti della casata argeade. Il più audace di questi, Perseo, si ribellò nuovamente e questa volta Roma intervenne più duramente. La Terza Guerra Macedonica (171-168 a.C.) iniziò con la sconfitta di Licinio Crasso presso il Callinico, località vicino Tripoli in Tessaglia. A questo punto il senato inviò un generale molto più capace. Lucio Emilio Paolo sconfisse i rivoltosi a Pidna nel 168 a.C. Questa volta Roma, si rivolse agli sconfitti pesantemente: la Lega Etolica venne ridimensionata, e forse sciolta, mentre anche la lega Achea venne punita: 10.000 nobili achei, tra i quali Polibio, vennero deportati in Italia. Tuttavia, ancora una volta, il Senato non procedette all’annessione diretta dei territori conquistati in qualità di provincia. Questi vennero organizzati da una commissione senatoriale di dieci membri. La Macedonia venne suddivisa in quattro regioni federali e federate (merídes) ognuna nominalmente indipendente. L’intera società macedone venne condizionata da dure imposizioni e divieti stabiliti dai Romani, che impedirono ogni forma di contatto ufficiale tra loro sia in ambito economico che sociale, in ogni capitale dei quattro stati venne insediata una dirigenza filo-romana permanente. [Litt 1975; Golan 1989; Grainger 1999, 3-4; Bouchon 2014; Burton 2017]

 

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Ricostruzione del monumento di Paolo Emilio a Delfi e particolare della decorazione del basamento


Paolo Emilio fece erigere proprio davanti al tempio di Apollo a Delfi un monumento equestre con raffigurante sé stesso e un fregio che rappresentava la battaglia di Pidna come ringraziamento e monito per la Grecia.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]