SULLA
FINE DI ALESSANDRO
LA FINE NASCITA DEI REGNI ELLENISTICI
di Matteo Liberti
Babilonia, notte del 10 giugno 323
a.C.: non ancora trentatreenne,
colpito da un’improvvisa febbre,
muore Alessandro Magno, celeberrimo
condottiero macedone a capo di un
impero che si estende dal
Mediterraneo all’odierno Pakistan.
Su tali immensi domini mettono
subito gli occhi i suoi diadochi, o
“successori” (dal greco
diádochoi), generali che
lo hanno servito con fedeltà e che
adesso sono pronti a guerreggiare
per accaparrarsi i territori
migliori. È questo l’antefatto della
nascita dei “regni ellenistici”,
nuove formazioni statali
protagoniste di un’epoca che farà da
ponte tra mondo greco e mondo
romano.
Tutti contro tutti
In teoria i legittimi eredi di
Alessandro erano il fratellastro
Filippo III Arrideo e il nascituro
figlio Alessandro IV, concepito con
la moglie Rossane. Il primo soffriva
però di gravi disturbi psichici che
lo resero una pedina dei diadochi
(verrà eliminato nel 317 a.C. per
volontà di Olimpiade, madre di
Alessandro), mentre il secondo sarà
sempre troppo piccolo per prendere
in mano la situazione. Dopo ripetuti
dibattiti, i generali decisero di
affidare al generale Perdicca
il ruolo di “reggente” dell’impero.
Questi avrebbe poi dovuto assegnare
agli altri i singoli territori
imperiali. L’accordo fu trovato a
Babilonia nei giorni seguenti la
morte di Alessandro. Tuttavia i
generali e i loro eredi,
detti epigoni (da epìgonoi,
“discendenti”), si ritrovarono molto
presto ai ferri corti. «Il
quarantennio successivo alla
scomparsa di Alessandro Magno vide
quindi sfaldarsi il suo impero
attraverso una serie infinita di
guerre tra i suoi stessi
successori», conferma la storica
Franca Landucci Gattinoni, autrice
de
Il
testamento di Alessandro. La Grecia
dall’impero ai regni
(Laterza) e L’ellenismo
(Il Mulino).
Le
zone in ballo più rilevanti erano la
Macedonia, l’Egitto e la vasta area
siriano-persiana, nei cui interstizi
sorgevano possedimenti minori
(spesso ex satrapie, unità
territoriali dell’impero persiano
conquistate da Alessandro).
Tra i diadochi più indocili vi fu
Tolomeo, deciso a fare dell’Egitto,
a lui assegnato, una potenza
indipendente. Contro di lui si mosse
lo stesso Perdicca, ucciso però nel
321 a.C. in una congiura ordita dai
suoi ufficiali. Seguì un caotico
“tutti contro tutti” in cui le
alleanze militari mutavano di
continuo. Nel 311 a.C. svanì inoltre
l’ultima speranza che l’impero
potesse tornare a un erede legittimo
di Alessandro: suo figlio,
dodicenne, fu infatti ucciso a
sangue freddo per ordine di
Cassandro, uno degli epigoni (erede
del generale Antipatro). Poi, nel
307 a.C., si registrò la prima
proclamazione di un diadoco a re.
Protagonista ne fu Antigono
Monoftalmo (“con un solo occhio”,
l’altro lo aveva perso in
battaglia), sotto il cui controllo
vi erano varie zone dell’Anatolia e
Atene. Il suo gesto fu presto
imitato da altri diadochi, pronti a
proclamarsi sovrani dei rispettivi
territori; continuando intanto a
farsi la guerra.
Nuova geografia politica
Tra le battaglie più importanti vi
fu quella di Ipso (301 a.C.), dove
morì il Monoftalmo, sconfitto da una
coalizione in cui spiccavano
Lisimaco (all’epoca
re
di Macedonia e di Tracia)
e Seleuco,
sovrano di Babilonia. L’evento sancì
l’impossibilità di riportare in vita
l’impero – come era nelle intenzioni
del Monoftalmo – e fu seguito dalla
nascita di nuovi stati indipendenti.
I diadochi iniziarono frattanto a
sparire dalla circolazione, finché
nel 281 a.C. morì l’ultimo di
loro, Seleuco.
«La sua scomparsa segnò la fine di
un’epoca: a partire da quel momento
i confini dei vari regni iniziarono
infatti a stabilizzarsi, dando vita
a una nuova geografia del potere che
per molto tempo non subirà
particolari trasformazioni», spiega
la storica. Da quando
rimasero solo gli epigoni, subentrò
inoltre un periodo relativamente
pacifico che favorì anche gli scambi
commerciali. Quanto alla nuova
geografia politica, la situazione
dei regni principali era la
seguente: la Macedonia (con le città
della Grecia) era finita in mano
agli Antigonidi, discendenti di
Antigono I, la Siria (assieme alla
Mesopotamia e alla Persia) era
controllata dai Seleucidi, eredi di
Seleuco I, e l’Egitto (che
includeva parte della Libia e
della costa palestinese) brillava
sotto i Tolomei, esponenti di quella
che, nata con Tolomeo I, era forse
la dinastia più potente. Tale status
quo permarrà all’incirca fino al I
secolo a.C., quando a sconvolgere
nuovamente le carte geografiche ci
penserà l’espansionismo di Roma.
Fermenti ellenistici
Il periodo che va dalla scomparsa di
Alessandro Magno al sorgere
dell’impero romano è noto come
ellenismo, o età ellenistica,
termine usato a partire dal XIX
secolo per riferirsi alla massiccia
diffusione che ebbero l’arte (vedi
boxino), la cultura e la lingua
greca, espressione delle élites al
potere nei vari regni. I valori
della civiltà greca, varcando i
confini, trovarono tra l’altro nuova
linfa nell’incontro con le
culture locali. Il regno che più di
tutti fu espressione dello spirito
ellenistico fu quello egizio, nato
con Tolomeo I
– incoronatosi “faraone” nel
305 a.C. – e sviluppatosi con i suoi
successori.
La capitale, Alessandria d’Egitto,
divenne il cuore stesso
dell’ellenismo, sede della più vasta
biblioteca dell’antichità (oltre
mezzo milione di volumi). «Tale
spazio è legato in modo
indissolubile a tutta la cultura
ellenistica, anche perché posto
all’interno del Museion,
luogo in cui vivevano in comunità
scienziati, letterati, filologi e
dotti di corte», riprende l’esperta.
«Tale centro contribuì tra le altre
cose all’affermarsi della koinè,
“lingua comune” basata sul dialetto
attico che divenne essenziale per le
comunicazioni a tutti i livelli
sociali». La città era inoltre sede
di un grande porto dominato dal
celebre “faro di Alessandria”,
completato sotto Tolomeo II e tra le
sette meraviglie del mondo antico.
Altri centri di rilievo del cosmo
ellenistico furono Antiochia
(fondata da Seleuco I e a lungo
capitale del suo impero), Pella
(città natale di Alessandro) e
l’intramontabile Atene, luoghi che
attrassero sia i mercanti sia i più
illustri intellettuali, accolti in
biblioteche, musei e scuole
prestigiose. Degna di nota fu anche
Pergamo, capitale dell’omonimo regno
staccatosi nel III secolo a.C. da
quello siriano, che sotto la
dinastia degli Attalidi divenne un
fiorente centro culturale ricco di
monumenti (come l’altare di Zeus,
parte del quale è oggi al
Pergamonmuseum di Berlino).
Dall’impero seleucide si staccò nel
II secolo a.C. anche il regno
greco-battriano, dislocato tra
Pakistan e India e teatro di una
curiosa fusione tra elementi greci e
indiani.
Roma pigliatutto
Se il regno egizio era
contrassegnato dalla solidità e
quello siriano dalla vastità, a
caratterizzare la Macedonia fu la
precarietà, dovuta alla perdita
della potenza militare di un tempo e
al fatto che molte città greche si
ritrovarono tagliate fuori dalle
maggiori rotte commerciali. «Un
tempo centro pulsante dei domini di
Alessandro, il regno di Macedonia si
ritrovò in breve trasformato in una
sorta di arretrata periferia»,
aggiunge Landucci Gattinoni.
Spopolata e sempre più impoverita,
fu non a caso questa una delle prime
monarchie ellenistiche a cadere
sotto i colpi di Roma, che la prese
nel 168 a.C. – a seguito della
battaglia di Pidna, vicino al monte
Olimpo – e la ridusse a provincia
vent’anni più tardi. Dopodiché, pur
con modi e tempi diversi, quasi
tutti i regni andranno incontro allo
stesso destino. I Seleucidi, già
provati dalle spinte secessioniste e
dalle incursioni dei nomadi delle
steppe, cedettero nel 64 a.C.,
quando nacque la provincia romana di
Siria. Nel frattempo anche Pergamo e
altri centri erano passati o stavano
per passare a Roma, mentre tra i
grandi regni l’unico a mantenere una
relativa forza autonoma per buona
parte del I secolo a.C. fu il solito
Egitto tolemaico. Fino alla
battaglia di Azio del 31 a.C.,
quando la flotta romana di Cesare
Ottaviano, futuro Augusto, piegò
la regina Cleopatra VII, ultima dei
Tolomei (alleatasi con
l’intraprendente Marco Antonio, suo
amato). L’anno seguente, mentre
l’Egitto passava sotto l’egida di
Roma, Cleopatra morì suicida e
insieme a lei tramontò per sempre
l’età ellenistica, lasciando in
consegna al nascituro impero romano
una preziosissima eredità artistica
e culturale.