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N. 66 - Giugno 2013 (XCVII)

LA GRANDE BELLEZZA
Qual è Il significato della vita?

di Giovanna D’Arbitrio

 

Il film di Paolo Sorrentino, presentato al Festival di Cannes 2013, divide gli spettatori e i critici tra dispute e idee contrastanti che ne esaltano i pregi oppure ne sminuiscono la qualità senza fornire una valutazione obiettiva.

 

Il film narra la storia di Jep Gambardella (T. Servillo,) scrittore di un solo libro giovanile, "L'apparato umano", giornalista, critico teatrale, opinionista. Trasferitosi a Roma in giovane età, novello vitellone in cerca di fortuna, egli entra nel giro dell’high society frequentando grandi feste e inutili salotti letterari di borghesi e nobili decaduti privi di valori, una serie di squallidi o disperati personaggi: Orietta, affascinante nobildonna (I. Ferrari)facilmente conquistabile, Lorena, ex attrice cocainomane (S. Grandi), il potente cardinale Bellucci (R. Herlitzka) più interessato a ricette culinarie che a problematiche spirituali, Lello, imprenditore erotomane (C. Buccirosso), Stefania, scrittrice di partito con carriera televisiva (Galatea Ranzi) e così via in un’affollata galleria di grottesche maschere ben interpretate da numerosi attori che si accontentano anche di “cammei”.

 

 Apparentemente distaccato, sarcastico e cinico, Jep osserva i difetti dei personaggi che lo circondano e solo ad alcuni di essi sembra riconoscere una certa patetica umanità: l’affettuosa colf, “la farabutta”, Dadina, l’intelligente direttrice nana di un giornale (Giovanna Vignola), Romano, scrittore deluso dalla capitale che ritorna in provincia (C. Verdone), Ramona, sensibile spogliarellista quarantenne (S. Ferilli), Viola, madre distrutta dal dolore per il suicidio del figlio (P. Villoresi) e infine una centenaria suora-santa pauperista (Giusi Merli) che offre uno spiraglio sul significato della vita, poiché secondo lei le “radici” in ogni essere umano hanno una fondamentale importanza.

 

Tutto sembra eccessivo nel film di Sorrentino, dalle feste cafone al funerale del giovane suicida pieno di convenzioni e frasi fatte, tutto è sporco e corrotto, eppure non si può negare l’angosciante ricerca del significato della vita di fronte alla morte che può colpirci all’improvviso, una morte che aleggia drammaticamente nel film.

 

Realismo e surrealismo si confondono nella costante, disperata ricerca della “grande bellezza” che il protagonista non riesce a trovare, poiché "tutto è sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l'emozione e la paura… Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile”. Eppure tali sprazzi di bellezza ci sono comunque e incantano anche lo spettatore con la forza espressiva delle immagini, come quella delle cicogne che si librano nel cielo di Roma, oppure nelle note purissime di musiche scelte con cura.

 

 E così mentre alcuni critici negano gli aspetti positivi del film e fanno i nomi di grandi autori “saccheggiati” da Sorrentino come Fellini, Scola, W. Allen, T. Malick etc., tuttavia ci chiediamo come si possa negare il talento del giovane regista napoletano già evidenziato in altri film, come L’uomo in più, Le Conseguenze dell’Amore, L’Amico di Famiglia, Il Divo, This Must Be the Place.

 

 Anche in questo film egli mostra in fondo un suo particolare stile, un’indiscutibile abilità tecnica nelle lunghe, spettacolari sequenze su una Roma by night che si risveglia sonnolenta all’alba, sequenze che sfumano in dissolvenze artistiche di grande bellezza: una magnifica città fotografata in modo superbo (Luca Bigazzi), uno splendore sottolineato (da Lele Marchitelli) con melodie che elevano lo spirito contro ogni bassezza umana, come i numerosi specchi d’acqua pura e gli squarci luminosi di mare azzurro sotto il sole, continui richiami alla purezza, all’innocenza dei sogni giovanili e alla fede nell’amore, spesso distrutti da scelte sbagliate per una perdita delle “proprie radici” in un mondo corrotto, deviato e deviante, nel quale spesso il significato della vita diventa oscuro.

 

E poi infine si arriva a pensare che “sull'orlo della disperazione, non ci resta che farci compagnia, prenderci un po' in giro!", come conclude Jep che forse... scriverà un altro libro.



 

 

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