[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

189 / SETTEMBRE 2023 (CCXX)


attualità

IO CAPITANO

riflessioni sul film di MATTEO garrone e sul "tema" migranti

di Giovanna D’Arbitrio

 

Mentre il problema dei migranti diventa sempre più grave, i continui sbarchi mettono in crisi Lampedusa e il governo cerca di trovare supporto nei paesi dell’Ue e nell’Onu, il film Io Capitano di Matteo Garrone dà il suo valido contributo nello scuotere le coscienze dall’indifferenza di fronte all’immane dramma epocale in atto.

 

Chi conosce la storia e i suoi meccanismi di causa-effetto, non può ignorare che siamo di fronte a un grosso boomerang che ci sta travolgendo: tanti errori si sono accumulati nei secoli, con strategie politico-economiche devastanti, miranti solo a sfruttare le risorse dei paesi del terzo mondo ormai afflitti da povertà, fame, guerre, invivibilità.

 

La responsabilità di ciò che accade andrebbe dunque condivisa a livello internazionale con un’inversione di marcia rispetto alle strategie politico-economiche finora perseguite. Se continuano guerre, fame, violazioni dei diritti umani e civili, come potrà mai essere arrestato questo imponente boomerang?

 

Senz’altro un tema difficile da trattare in un film, soprattutto ora che la situazione sembra sempre più ingestibile soltanto a livello italiano.

 

Vincitore del Leone d’Argento all’80esima edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Io Capitano di Matteo Garrone è un film che fa riflettere su diversi aspetti che il regista riesce a far emergere con la sua capacità di sublimare perfino argomenti drammaticamente attuali con elementi riferibili alla tradizione favolistica. In effetti esso racconta la storia di due giovani Seydou e Moussa (Seydou Sarr e Moustapha Fall), due cugini adolescenti di Dakar (Senegal) che aspirano a diventare star della musica, per cui affrontano un lungo viaggio per raggiungere l’Europa.

 

La loro diventa una moderna odissea: non è facile attraversare i pericoli del Sahara pieno di cadaveri, le prigioni libiche e il burrascoso Mediterraneo, nonché violenze e soprusi, anche se non mancano talvolta gesti di umanità. Il viaggio, quasi un “passaggio per l’inferno”, diventa un viaggio di formazione, poiché diventare adulti vuol dire acquisire senso di responsabilità verso se stessi e gli altri.

 

Garrone, regista e co-sceneggiatore con Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri, inserisce nella trama elementi nuovi, pur facendo emergere tutta la crudeltà e l’ingiustizia nei confronti di tanti africani che muoiono in mare: i due ragazzi non scappano da violenze e guerra, ma “scelgono” di affrontare un viaggio verso l’Europa per inseguire un sogno. Ampio spazio viene dedicato alla vita quotidiana di Seydou e di Moussa nel Senegal, scene che ci mostrano un paese povero, ma anche accogliente dove due sedicenni scrivono canzoni. E anche i loro compagni di viaggio hanno la dignità di uomini, poiché i migranti non vanno considerati come una massa indistinta e anonima, tutti come bestie da soma o gente barbara.

 

In questa scelta di Garrone forse c’è solo un bisogno di non distruggere il sogno europeo di Seydou e Moussa. L’illusione che chi ha rischiato la vita in un duro viaggio, avrà davvero un’esistenza migliore e troverà un lavoro e una casa. Io Capitano in effetti è un mix storie reali e inventate, soprattutto una parabola sulla necessità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni, incarnata nella figura nobile di Seydou che invece di pensare solo alla propria sopravvivenza, pensa anche agli altri.

 

«Un film nato dalla volontà di raccontare quello che non vediamo, colmare un vuoto che esiste, dare forma visiva a tutta quella parte di viaggio che non conosciamo. Il controcampo delle immagini che da anni riempiono giornali e tg, a cui ci si è, purtroppo, assuefatti» ha affermato il regista «per farlo abbiamo seguito i due protagonisti, cercato di raccontare la storia dal loro punto di vista, in soggettiva per far rivivere allo spettatore gli stati d’animo che possono provare due ragazzi che partono all’avventura verso una loro terra promessa, l’Europa. Un’odissea. Possiamo usare tranquillamente questa parola: sono gli unici portatori di un’epica contemporanea».

 

E secondo lo stesso regista, se il film è una sorta di mix tra Gomorra e Pinocchio «la parte onirica e di fiaba è importante per raccontare l’anima dei personaggi, i loro sensi di colpa e i loro sogni. Il film si muove su due percorsi, un road movie attraverso l’Africa, Odissea contemporanea, e l’altro più interiore, un viaggio dell’anima. La struttura è quella del viaggio dell’eroe. Nella parte iniziale abbiamo creato dei personaggi che mettessero in guardia i nostri dai pericoli e abbiamo cercato di scrivere seguendo i canoni del racconto di avventura. È un film accessibile ai giovani delle scuole che potranno identificarsi e prendere coscienza dei loro privilegi».

 

Senz’altro un film educativo che tutti dovrebbero vedere, in particolare i giovani, ma tornando alla grave situazione attuale con tante guerre sulla Terra, dimenticate e non (perfino in Ucraina nel cuore dell’Europa), in verità più volte abbiamo sperato che la voce dell’Onu si levasse forte e chiara in difesa dei diritti umani, ma ci dispiace constatare che spesso esso appare come un organismo bloccato dal voto all’unanimità e dal principio del “veto” (Consiglio di Sicurezza), accordato alle nazioni che uscirono vittoriose dalla seconda guerra mondiale.

 

Anni fa lo stesso Ban Ki-moon ha affermato che «gli stati membri non hanno ancora trovato un accordo sulle modalità di riforma del Consiglio di Sicurezza, e questo continua a rappresentare un rischio per la sua efficacia e legittimità. Troppo spesso ho visto ottime idee e proposte che avevano ricevuto un grande sostegno venir bocciate dal Consiglio, dall’Assemblea Generale o da altre istituzioni, in nome della ricerca del consenso. Non bisogna confondere il consenso con l’unanimità, altrimenti si rischia di affidare a un pugno di paesi, o anche solo uno, un potere smisurato su questioni fondamentali, permettendo loro di tenere in ostaggio il resto del mondo».

 

Che dire? Speriamo che in tempi abbastanza brevi si riesca a trovare valide soluzioni a livello internazionale. Intanto apprezziamo opere come quelle di Garrone che ci fanno riflettere.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]