attualità
IO CAPITANO
riflessioni sul film di MATTEO garrone e sul "tema"
migranti
di Giovanna D’Arbitrio
Mentre il problema dei migranti diventa sempre più
grave, i continui sbarchi mettono in crisi Lampedusa
e il governo cerca di trovare supporto nei paesi
dell’Ue e nell’Onu, il film Io Capitano
di Matteo Garrone dà il suo valido contributo
nello scuotere le coscienze dall’indifferenza di
fronte all’immane dramma epocale in atto.
Chi conosce la storia e i suoi meccanismi di
causa-effetto, non può ignorare che siamo di fronte
a un grosso boomerang che ci sta travolgendo: tanti
errori si sono accumulati nei secoli, con strategie
politico-economiche devastanti, miranti solo a
sfruttare le risorse dei paesi del terzo mondo ormai
afflitti da povertà, fame, guerre, invivibilità.
La responsabilità di ciò che accade andrebbe dunque
condivisa a livello internazionale con un’inversione
di marcia rispetto alle strategie
politico-economiche finora perseguite. Se continuano
guerre, fame, violazioni dei diritti umani e civili,
come potrà mai essere arrestato questo imponente
boomerang?
Senz’altro un tema difficile da trattare in un film,
soprattutto ora che la situazione sembra sempre più
ingestibile soltanto a livello italiano.
Vincitore del Leone d’Argento all’80esima edizione
della Mostra Internazionale d’arte cinematografica
di Venezia, Io Capitano di Matteo Garrone è
un film che fa riflettere su diversi aspetti che il
regista riesce a far emergere con la sua capacità di
sublimare perfino argomenti drammaticamente attuali
con elementi riferibili alla tradizione favolistica.
In effetti esso racconta la storia di due giovani
Seydou e Moussa (Seydou Sarr e Moustapha Fall), due
cugini adolescenti di Dakar (Senegal) che aspirano a
diventare star della musica, per cui affrontano un
lungo viaggio per raggiungere l’Europa.
La loro diventa una moderna odissea: non è facile
attraversare i pericoli del Sahara pieno di
cadaveri, le prigioni libiche e il burrascoso
Mediterraneo, nonché violenze e soprusi, anche se
non mancano talvolta gesti di umanità. Il viaggio,
quasi un “passaggio per l’inferno”, diventa un
viaggio di formazione, poiché diventare adulti vuol
dire acquisire senso di responsabilità verso se
stessi e gli altri.
Garrone, regista e co-sceneggiatore con Massimo
Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri,
inserisce nella trama elementi nuovi, pur facendo
emergere tutta la crudeltà e l’ingiustizia nei
confronti di tanti africani che muoiono in mare: i
due ragazzi non scappano da violenze e guerra, ma
“scelgono” di affrontare un viaggio verso l’Europa
per inseguire un sogno. Ampio spazio viene dedicato
alla vita quotidiana di Seydou e di Moussa nel
Senegal, scene che ci mostrano un paese povero, ma
anche accogliente dove due sedicenni scrivono
canzoni. E anche i loro compagni di viaggio hanno la
dignità di uomini, poiché i migranti non vanno
considerati come una massa indistinta e anonima,
tutti come bestie da soma o gente barbara.
In questa scelta di Garrone forse c’è solo un
bisogno di non distruggere il sogno europeo di
Seydou e Moussa. L’illusione che chi ha rischiato la
vita in un duro viaggio, avrà davvero un’esistenza
migliore e troverà un lavoro e una casa. Io
Capitano in effetti è un mix storie reali e
inventate, soprattutto una parabola sulla necessità
di assumersi la responsabilità delle proprie azioni,
incarnata nella figura nobile di Seydou che invece
di pensare solo alla propria sopravvivenza, pensa
anche agli altri.
«Un film nato dalla volontà di raccontare quello che
non vediamo, colmare un vuoto che esiste, dare forma
visiva a tutta quella parte di viaggio che non
conosciamo.
Il controcampo delle immagini che da anni
riempiono giornali e tg, a cui ci si è, purtroppo,
assuefatti» ha affermato il regista «per
farlo abbiamo seguito i due protagonisti, cercato di
raccontare la storia dal loro punto di vista, in
soggettiva per far rivivere allo spettatore gli
stati d’animo che possono provare due ragazzi che
partono all’avventura verso una loro terra promessa,
l’Europa. Un’odissea. Possiamo usare tranquillamente
questa parola: sono gli unici portatori di un’epica
contemporanea».
E secondo lo stesso
regista, se il film è una sorta di mix tra Gomorra e
Pinocchio «la
parte onirica e di fiaba è importante per raccontare
l’anima dei personaggi, i loro sensi di colpa e i
loro sogni. Il film si muove su due percorsi, un
road movie attraverso l’Africa, Odissea
contemporanea, e l’altro più interiore, un viaggio
dell’anima. La struttura è quella del viaggio
dell’eroe. Nella parte iniziale abbiamo creato dei
personaggi che mettessero in guardia i nostri dai
pericoli e abbiamo cercato di scrivere seguendo i
canoni del racconto di avventura. È un film
accessibile ai giovani delle scuole che potranno
identificarsi e prendere coscienza dei loro
privilegi».
Senz’altro un film educativo che tutti dovrebbero
vedere, in particolare i giovani, ma tornando alla
grave situazione attuale con tante guerre sulla
Terra, dimenticate e non (perfino in Ucraina nel
cuore dell’Europa), in verità più volte abbiamo
sperato che la voce dell’Onu si levasse forte e
chiara in difesa dei diritti umani, ma ci dispiace
constatare che spesso esso appare come un organismo
bloccato dal voto all’unanimità e dal
principio del “veto” (Consiglio di
Sicurezza), accordato alle nazioni che uscirono
vittoriose dalla seconda guerra mondiale.
Anni fa lo stesso Ban Ki-moon ha affermato che «gli
stati membri non hanno ancora trovato un accordo
sulle modalità di riforma del Consiglio di
Sicurezza, e questo continua a rappresentare un
rischio per la sua efficacia e legittimità. Troppo
spesso ho visto ottime idee e proposte che avevano
ricevuto un grande sostegno venir bocciate dal
Consiglio, dall’Assemblea Generale o da altre
istituzioni, in nome della ricerca del consenso. Non
bisogna confondere il consenso con l’unanimità,
altrimenti si rischia di affidare a un pugno di
paesi, o anche solo uno, un potere smisurato su
questioni fondamentali, permettendo loro di tenere
in ostaggio il resto del mondo».
Che dire? Speriamo che in tempi abbastanza brevi si
riesca a trovare valide soluzioni a livello
internazionale. Intanto apprezziamo opere come
quelle di Garrone che ci fanno riflettere. |