N. 134 - Febbraio 2019
(CLXV)
il Fihrist e la bibliografia araba del secolo X
la
figura
di
Ibn
al - Nadìm
PARTE
i
di
Vincenzo
La
Salandra
L’autore
del
libro
Al-Fihrist
fu
al
secolo
islamico
Abù
al-Faraj
Muhammad
ibn
Ishàq
ibn
Muhammad
ibn
Ishàq,
ma
viene
convenzionalmente
chiamato
al-Nadìm
poichè
si
distinse
per
essere
un
cortigiano,
nadìm
in
arabo.
Dal
nome
del
padre,
Abù
Ya’qùb,
si
deduce
che
ebbe
almeno
un
fratello
maggiore
e,
più
probabilmente,
anche
altri
fratelli
e
sorelle.
Sebbene
la
data
precisa
della
sua
nascita
risulti
sconosciuta,
non
può
essere
successiva
al
935
d.
C.,
ed è
forse
di
poco
precedente.
Si
deduce
questa
considerazione
leggendo
il
capitolo
VI
del
Kitàb
al-Fihrist,
alla
sezione
ottava:
l’autore
ci
racconta
di
un
suo
incontro
con
un
noto
erudito,
tale
Muhammad
ibn
‘Abd
Allàh
al-Bardha’ì,
il
quale
lo
illuminò
sulle
dottrine
della
Mu’tazilah
e
gli
fornì
una
accurata
lista
dei
sui
libri
di
legge
e
dottrina.
Volendo
considerare
in
al-Nadìm
una
sufficiente
maturità
intellettuale
per
interessarsi
alle
dottrine
eterodosse
di
una
setta
e ai
suoi
libri
legali
e
normativi,
dovrebbe
aver
avuto
almeno
sedici
anni,
in
occasione
dell’incontro
con
al-Bardha’ì,
e
forse
qualche
anni
di
più.
Poichè,
secondo
la
nostra
fonte,
l’incontro
avvenne
durante
l’anno
340
dell’ègira,
951/952
ca.,
sarebbe
conveniente
fissate
la
data
di
nascita
di
al-Nadìm
nel
935
circa.
Concludendo
sulla
nascita
del
nostro:
egli
nacque
quase
certamente
durante
il
regno
del
califfo
al-Muqtadir
(908-932),
oppure
del
califfo
al-Qàhir
(932-934),
o,
come
meno
probabile,
durante
il
regno
di
al-Radì
(934-940).
Il
padre
del
nostro
autore
veniva
chiamato
al-warràq,
ovvero
il
venditore
di
libri:
e
al-Nadìm
trascorse
la
sua
infanzia
nell’agiato
ambiente
mercantile
del
suo
milieu
familiare.
Il
padre
era
in
effetti
un
prospero
mercante
di
libri,
è
probabile
che
avesse
una
grande
libreria
nella
capitale,
Baghdàd.
Possiamo
facilmente
suppore
ed
immaginare
che
egli
ben
presto
incaricò
i
figli
di
acquistare
manoscritti
da
altri
rivenditori
ed è
anche
facile
supporre
che
avesse
una
piccola
schiera
di
scribi
al
suo
servizio
per
riprodurre
in
serie
le
copie
dei
manoscritti
per
i
clienti
di
Baghdàd.
Un
manoscritto
islamico
medievale
aveva
più
o
meno
le
dimensioni
di
un
libro
moderno:
le
pagine
erano
di
carta
di
buona
qualità,
come
tipico
del
X
secolo
musulmano,
scritte
su
entrambe
le
facciate.
Di
norma
le
pagine
erano
legate
in
una
copertina
di
cuoio.
Le
librerie
dell’epoca,
come
le
vecchie
botteghe
di
al-Najaf,
venivano
sistemate
su
un
piano
rialzato,
che
formava
un
luogo
d’incontro
per
eruditi
e
ricercatori,
che
sovente
esaminavano
i
libri,
li
studiavano,
senza
rinunciare
ai
rinfreschi
per
meglio
affrontare
i
problemi
accademici
e le
dispute
‘libresche’.
Passando
alle
fonti
è
utile
ricordare
che
molti
studiosi
hanno
dato
per
scontato
che
anche
il
padre,
come
il
figlio,
fosse
un
nadìm,
cortigiano:
e
difatti
Ibn
Hajar,
nel
suo
Lisàn
al-Mìrzàn
(V,
72),
si
riferisce
al
nostro
autore
chiamandolo
Muhammad
ibn
Ishàq
ibn
al-Nadìm.
Anche
lo
storico
arabo
della
scienza
medica,
Ibn
Abì
Usaybi‘ah,
nomina
al-Nadìm
citandolo
per
tredici
volte
nella
sua
enciclopedia,
‘Uyùn
al-Anbà’:
come
Ibn
al-Nadìm
e
semplicemente
al-Nadìm.
E
ancora,
Yàqùt
lo
chiama
Muhammad
ibn
Ishàq
al-Nadìm,
nell’Irshàd
(VI,
6),
altra
fonte
coeva.
Il
manoscritto
Beatty
(MS
1934),
uno
dei
più
autorevoli,
s’intitola
Kitàb
al-Fihrist
li-al-Nadìm.
Curiosamente,
nel
titolo
del
secondo
capitolo
di
questo
manoscritto,
si
legge
una
curiosa
clausola:
dopo
le
parole
“Opera
di
Muhammad
ibn
Ishàq
al-Nadìm”,
segue
la
nota
“Ishàq
essendo
conosciuto
come
Abù
Ya‘qùb
al-Warràq”.
Si
potrebbe
pensare
che
l’autore
del
Fihrist
avesse
aggiunto
questa
notazione
per
chiarire
che
egli
era
il
nadìm,
il
cortigiano,
mentre
il
padre
era
semplicemente
il
mercante
di
libri,
al-warràq.
In
ogni
caso
sia
il
padre
che
il
figlio
furono
personalità
di
considerevole
importanza
e
levaluta
sociale,
nell’alveo
della
città
medioevale
islamica.
All’età
di
sei
anni
circa
al-Nadìm
iniziò
a
frequentare
la
scuola
elementare
coranica
in
moschea
a
Baghdàd.
Negli
anni
passò
dallo
studio
del
Corano,
alle
sottili
disquisizioni
di
grammatica
araba,
e di
retorica,
attraverso
lo
studio
dei
commentari
coranici
e
degli
Hadìth,
le
classiche
tradizioni
del
Profeta,
e
fino
alle
strette
regole
della
recitazione
coranica
nella
maniera
autorizzata.
Ed è
naturale
che
oltre
gli
studi
lavorava
come
apprendista
libraio
nella
libreria
del
padre:
copiava
i
manoscritti,
intratteneva
gli
studiosi,
e
aiutava
nelle
vendite.
Come
ricordava
Yàqùt,
che
scriveva:
“Non
sarebbe
irragionevole
crederlo
un
warràq
che
vendeva
libri”.
Tuttavia,
al-Nadìm
era
moltto
affascinato
dagli
studi,
forse
proprio
grazie
al
suo
apprendistato
di
piccolo
libraio,
e
frequentò
alcuni
tra
i
più
importanti
eruditi
della
sua
epoca:
è
utile
in
questo
contributo
sulla
sua
interessante
figura
ricordare
i
letterati
che
citò
e
frequentò
al-Nadìm,
e
che
furono
alla
base
del
suo
prezioso
libro,
vero
capolavoro
di
bibliografia
medievale
e
fonte
imprescindibile
per
lo
studio
della
letteratura
araba
fino
al X
secolo.
Una
trascrizione
dalle
prime
pagine
del
manoscritto
Beatty
ci
fornisce
un
lungo
ed
esaustivo
elenco
di
alcune
fonti
di
al-Nadìm,
vi
si
afferma
che
egli
citò
o fu
un
allievo
di:
(1)
Abù
Sa‘ìd
al-Sìràfì
il
giurista,
(2)
Abù
al-Faraj
al-Isbahànì
il
famoso
compilatore
di
opere
poetiche
e
aneddoti
letterari,
e di
(3)
Abù
Abd
Allàh
al-Marzubànì
storico
di
professione.
Ibn
Hajar
afferma
che
Ibn
al-Nadìm
aveva
il
permesso
di
citare
(4)
Ismail
as-Saffàr,
che
era
una
autorità
indiscussa
negli
Hadìth,
e
ancora,
secondo
la
testimonianza
di
Ibràhìm
al-Abyàrì,
il
nostro
studiò
con
(5)
al-Hasan
ibn
Sawwàr,
un
fine
logico
che
si
dedicò
alla
traduzione
di
libri
scientifici;
frequentò
(6)
Abù
Ahmad,
forse
identificabile
con
al-Husayn
ibn
Ishàq
ibn
Karnìb
teologo
e
scienziato
naturalista;
(7)
Yùnus
al-Qass,
che
tradusse
classici
lavori
di
matematica,
e
(8)
Abù
al-Hasan
Muhammad
ibn
Yùsuf
al-Nàqit,
studioso
di
antica
scienza
greca.
Ibn
Hajar
lo
definì
uno
sciita:
benché
di
larghe
vedute
e
attento
nelle
questioni
religiose,
Ibn
al-Nadīm
preferiva
lo
sciismo
degli
Imamiti
e,
cosa
non
inusuale
per
i
suoi
tempi, era
anche
un
sostenitore
della
dottrina mu'tazilita (Yāqūt, Udabā' VI,
408
&
Ibn
Ḥajar,
V,
72),
a
cui
ha
dedicato
gran
parte
del
quinto
capitolo
del Fihrist.
Fu
autore
di
un
altro
suggestivo
libro,
ora
perduto,
intitolato al-Awṣāf
wa'l-tašbīhāt,
sul
merito
dei
libri
e
della
scrittura
e
dei
suoi
strumenti.