N. 98 - Febbraio 2016
(CXXIX)
FERRARA
AI
TEMPI
DELLA
DIASPORA
SEFARDITA
LA
"FUGA
DEGLI
EBREI"
E
L'ADDIZIONE
ERCULEA
di
Vera
Vitartali
Per
Isabella
e
Ferdinando
sovrani
della
Spagna
alla
fine
del
1400,
il
popolo
ebreo
fu
un
espediente
per
osteggiare
la
grande
minaccia
dei
Mori.
Un
popolo
pieno
di
risorse
economiche
che
poteva
far
fronte
all’ingente
spesa
militare
che
pesava
sulle
spalle
dei
due
regnanti.
In
seguito
alla
sconfitta
dei
Mori,
Il
paese
diventa
intollerante
nei
confronti
delle
popolazioni
“non
cattoliche”;
non
c’è
più
spazio
per
la
molteplicità
religiosa.
Nel
1492
i
due
regi
firmarono
l’editto
di
Granada
che
prevedeva
l’espulsione
di
tutti
coloro
che
erano
considerati
“diversi”.
Ebrei,
musulmani,
presunte
streghe
e
omosessuali
furono
costretti
ad
abbandonare
la
Spagna.
L’unica
possibilità
di
rimanere
era
convertirsi.
Rimanere
significava
vivere
sotto
l’occhio
vigile
dell’inquisizione,
significava
abbandonare
le
proprie
origini.
All’inquisizione
non
si
scappava,
era
dappertutto.
I
cittadini
dovevano
stare
attenti
ai
posti
che
frequentavano,
al
cibo
che
mangiavano,
ai
libri
che
leggevano
e ai
discorsi
che
facevano,
perché
lei
era
sempre
lì
in
agguato.
“Poserò
la
testa
sulla
tua
spalla
e
farò
un
sogno
di
mare
e
domani
un
fuoco
di
legna
perché
l'aria
azzurra
diventi
casa
chi
sarà
a
raccontare
chi
sarà,
sarà
chi
rimane
io
seguirò
questo
migrare
seguirò
questa
corrente
di
ali”.
Ci
commuovono
le
parole
di
Fabrizio
de
André,
che
trasmette
attraverso
la
sua
canzone
lo
stato
d’animo
di
questi
uomini
combattuti
tra
il
partire
e il
restare.
Ancora
di
salvezza
per
l’etnia
ebrea
fu
Ferrara.
La
città
in
questo
periodo
storico
fu
soggetta
a un
riassetto
urbanistico.
Agli
inizi
del
1400
si
presentava
come
un
piccolo
borghetto
ad
impianto
medievale.
I
primi
interventi
del
riassetto
risalgono
agli
anni
di
Borso
I
d’Este
(1413-1471)
che
ampliò
la
città
verso
l’isola
di
S.
Antonio
in
Polesine,
bonificando
l'area.
In
seguito,
Ercole
I
D’Este
(1431-1505)
che
governava
la
città
durante
la
diaspora,
considerò
l’evento
come
fonte
di
ricchezza.
Il
popolo
ebreo
non
avendo
potuto
acquistare
beni
materiali
all’interno
della
cattolica
Spagna
in
quanto
città
di
Dio,
disponeva
di
ingenti
somme
di
denaro.
Per
l’occasione,
Ercole
insieme
alla
collaborazione
dell’architetto
Biagio
Rossetti,
compì
la
così
detta
Addizione
Erculea.
Con
il
suo
piano,
Ferrara,
conosceva
un
ampliamento
senza
precedenti:
triplicò
le
dimensione
del
tessuto
urbano.
Gli
interventi
previsti
in
questo
periodo,
avevano
anche
l'obiettivo
di
difendere
la
città
dall'espansione
veneziana:
vennero
costruite
nuove
mura
fortificate
,che
delinearono
il
nuovo
perimetro,
dotate
di
terrapieni
e
baluardi.
Le
vecchie
mura
rimasero
come
elemento
ornamentale.
Quello
che
era
il
castello
estense,
trovandosi
in
una
zona
prima
marginale
sulle
vecchie
mura,
diventò
il
baricentro
della
città.
Dal
castello
partiva
la
nuova
viabilità
che
seguiva
la
proposta
albertiana.
Corso
I
d'Este,diventò
il
mezzo
di
collegamento
fra
la
parte
sud
del
centro
storico
dove
era
collocato
il
castello
e la
parte
nord
delle
mura.
La
sua
funzione
era
quella
di
ospitare
le
residenze
dei
cortigiani,
era
quindi
una
riverberazione
della
corte.
Ai
2/3
di
esso
si
intersecava
via
dei
parioli
che
arrivava
alla
nuovissima
piazza
che
si
apriva
tangente
al
nuovo
asse
viario
(anche
questa
impostazione
ripresa
dai
dettami
albertiani).
L'impianto
urbanistico
venne
arricchito
da
edifici
come
Palazzo
dei
Diamanti.
Così
chiamato
grazie
all’inedito
paramento
lavorato
in
marmo
a
punta
di
diamante,
fu
progettato
da
Biagio
Rossetti
e
costruito
per
conto
di
Sigismondo
d'Este,
fratello
del
duca
Ercole
I
d'Este,
a
partire
dal
1493.
Con
l'innovativo
paramento
l'architettura
diventa
ornamento
della
città.