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N. 24 - Dicembre 2009
(LV)
... lE STREGHE SON TORNATE
Neo Femminismo nell’era della pillola RU486
di Laura Novak
Sono
donna…
e su
questo…eliminate
battute
facili
e
goliardiche
di
amici
impertinenti,
non
ci
sono
dubbi.
Garantisco
io.
E
questa
mattina
la
mia
parte
donna,
per
l’ennesima
volta,
si è
sentita
così
oltraggiata,
da
far
uscire
un
lato
femminista
latente,
anche
un
po’
aggressivo.
La
commissione
sanità
del
Senato
ha
votato,
con
13
voti
contro
8,
l’ennesimo
stop
alla
pillola
abortiva
RU486,
in
previsione
della
necessità
di
un
esame
tecnico
valutativo
del
ministero
della
Sanità.
Uhm.
Non
esattamente
una
novità…
La
questione
della
RU486,
seppur
complessa
e di
grande
impatto
sociale,
è da
anni
fonte
di
pantomima
politica
religiosa.
Dopo
anni
in
cui
il
farmaco
veniva
subdolamente
considerato
dal
nostro
Ministero
della
Salute
ancora
in
fase
sperimentale
e
quindi
bandito
dall’utilizzo
di
massa,
la
svolta
è
avvenuta
nel
luglio
del
2009,
quando
l’AIFA
(Agenzia
italiana
del
farmaco)
ha
dato
la
sua
approvazione,
non
solo
alla
composizione
del
farmaco
in
sé,
ma,
soprattutto,
alla
sua
distribuzione
massiccia
nelle
strutture
ospedaliere,
dove,
affiancando
le
pratiche
di
aborto
vigenti
(coordinate
dalla
legge
194
del
1978),
sarebbe
potuta
andare
a
coprire
tutti
i
casi
dove
non
è
possibile
l’intervento
chirurgico
abortivo.
Con
la
dovuta
assistenza
medica
e
psicologica,
la
pillola
andrebbe,
nel
corso
del
tempo,
a
sostituire
l’aborto
chirurgico.
Ed è
in
quel
momento
che
il
panico
ha
iniziato
ad
attanagliare
personaggi
politici
e
non,
di
varia
statura.
La
pillola,
farmaco
composto
da
una
sostanza
anti-progesterone,
il
mifepristone,
ha
visto
la
sua
nascita
nel
1982,
in
Francia.
Da
quell’anno
sono
passati
esattamente
27
anni.
La
mia
età.
Nel
frattempo,
nei
miei
27
anni
di
vita,
sono
cresciuta,
andata,
tornata,
caduta,
rialzata,
quasi
maritata,
lasciata,
ripresa,
insomma
vissuta.
La
mia
coetanea,
la
pillola
RU486,
in
questi
27
anni,
ha
girato,
rigirato,
è
passata
di
mano
in
mano,
sperimentata,
studiata,
analizzata,
utilizzata
ed
infine
diventata
di
uso
legale
in:
Stati
Uniti,
Svizzera,
Grecia,
Paesi
Bassi,
Israele,
Norvegia,
Tunisia,
Taiwan,
Nuova
Zelanda,
Federazione
Russa,
Gran
Bretagna,
Svezia,
Spagna,
Olanda,
Germania,
Austria,
Danimarca,
Finlandia,
Belgio,
Portogallo,
Cina
(e
ribadisco
Cina!)…
E
dov’è
l’Italia?
In
fondo
nel
nostro
paese
l’aborto
è
legale
appunto
dal
1978.
Perché
quindi
continuare
ad
insistere
in
tutti
questi
anni
con
interventi
chirurgici
dolorosi
e
strazianti,
quando
sarebbe
possibile
una
piccola
pillola?
E’
proprio
la
risposta
a
questo
quesito
che
fa
uscire
di
senno
la
mia
parte
femminile,
e,
vi
assicuro,
non
solo
la
mia.
è
solo
una
questione
politica,
maggioranza
contro
opposizione?
Oppure
è
una
questione
cosiddetta
farmacologica?
Di
salute?
Davvero
tutta
quella
schiera
maschile
di
politici
truffaldini
(con
qualche
collega
femminile
bamboleggiante),
che
sembra
ci
governi
nel
tempo
libero
tra
una
pausa
caffè
e
una
vacanza
in
Sardegna,
è
così
preoccupata
per
la
nostra
salute
di
donne?
Beh,
domanda
retorica.
Nella
mia
quotidianità
non
posso
reputarmi
una
seria
attivista
per
i
diritti
delle
donne.
Mai
stata
fondamentalista
per
qualsivoglia
argomento.
In
realtà
esserlo,
secondo
me,
è
anacronistico.
Ho
sempre
pensato
che
sono
nata
nell’epoca
fortunata
per
una
donna.
Seppur
continuano
a
persistere
nei
confronti
dell’universo
femminile,
pesanti
discriminazioni,
nel
campo
lavorativo,
nel
sociale,
per
la
maternità
e
per
il
doppio,
il
triplo,
il
quadruplo
ruolo
che
ogni
donna
assume
contemporaneamente
nella
sua
vita,
oggi
le
donne,
in
questo
paese,
possono
in
linea
generale
considerarsi
libere.
Non
siamo
di
certo
esonerate
da
sfiancanti
crociate
libertarie
(dal
sapore
ancora
medievale),
ma
credo
di
poter
dire
che
nel
2009
viviamo
degnamente
di
rendita.
La
libertà
si
può
affermare
che
sia,
da
sempre,
il
concetto
supremo,
assoluto.
Può
essere
intesa,
di
certo,
in
varie
sfaccettature.
Tutto
dipende
ovviamente
dall’individuo
che
la
prende
in
esame.
Per
mia
nonna,
nel
1945,
la
libertà
di
donna
era
avere
un
matrimonio
alle
spalle
fallito
in
tempo
di
guerra,
non
essere
sposata
legalmente
con
mio
nonno,
da
cui
aveva
avuto
una
figlia
(mia
madre)
ed
essere
proprietaria
di
un
negozio
non
senza
qualche
impedimento.
Per
mia
madre,
invece,
nel
1968,
era
indossare
la
minigonna
anche
in
presenza
del
padre,
poter
fumare
per
strada,
divorziare
e
risposarsi,
in
comune,
già
in
attesa
(di
8
mesi)
di
mia
sorella
maggiore.
Per
me
nel
2009
la
mia
libertà
di
donna
è
poter
decidere
di
vivere
da
sola,
avere
un
lavoro
anche
prettamente
maschile,
girare
la
notte
da
sola,
poter
comprare
preservativi
o
entrare
in
un
sexy
shop,
e
compiere
ogni
mia
scelta,
affrancata
da
imposizioni
di
figure
maschili.
La
posizione
femminile
oggi
è
frutto
di
battaglie
fondamentali,
che
nel
corso
di
un
lungo
secolo
ha
condotto
la
donna
da
oggetto,
souvenir,
utensile,
strumento,
a
soggetto
imprescindibile
della
storia
umana.
Lotte,
che
in
Italia,
a
differenza
di
altri
paesi
europei,
sono
costate
fatica,
impegno
fisico
ed
intellettuale
sovra
misura.
Questa,
beninteso,
non
vuole
essere
un’apologia
ottusa
dell’utero
come
fonte
di
potere,
né
una
condanna
sterile
verso
il
nostro
paese
come
se,
davvero,
fosse
il
peggiore
dove
nascere
o
vivere.
Sarebbe
un
improprio
storico
e di
cronaca.
Il
mio
intento,
se
davvero
ne
ho
uno,
è
quello
di
sottolineare
che
le
donne
siamo
noi…
Quindi,
se
si
tratta
di
decidere
del
nostro
utero,
della
nostra
scelta
di
diventare
madri,
mogli,
consorti,
perché
non
siamo
noi
a
decidere?
In
un’epoca
di
leggi
AD
PERSONAM,
perché
non
poter
scegliere
noi
riguardo
ad
una
legge
su
una
pillola
che
utilizzeremmo
noi,
solo
noi
e
nessun’altro?
Ed è
qui
che
subentra
il
fattore
X o,
in
tempi
di
reality
show,
un X
factor…decidetelo
voi.
Il
nostro
meraviglioso
cupolone.
L’Italia,
seppur
si
professi
uno
stato
laico,
non
lo
è;
non
lo è
mai
stato
nemmeno
quando
alla
guida
c’erano
i
socialisti
negli
anni
’80
(che
del
vecchio
Socialismo
avevano
solo
il
nome);
non
lo
potrà
mai
essere.
Dunque
siamo
uno
stato
grande
che
al
suo
interno,
come
in
una
culla,
custodisce
un
altro
minuscolo
stato;
il
popolo
del
macrostato
non
conosce
nemmeno
le
leggi
(le
ha?)
o il
Pil
di
questo
microstato,
mentre
questo
microstato
conosce,
valuta,
giudica
del
macrostato
anche
la
minima
“perversione”
PERSONALE.
Se
non
bastasse
l’ingiustizia
sociale
attuata
nella
pratica
del
giudizio,
si
può
anche
aggiungere
che
il
famoso
microstato
impone,
devia,
comanda,
gestisce
la
nostra
condotta
morale,
che
determina
le
nostre
leggi.
In
tutto
il
lungo
osteggiamento
alla
pillola
abortiva,
operato
da
istituzioni
cattoliche,
Stato
Vaticano,
esponenti
della
politica
conservatrice
e
cattolica,
gli
argomenti
sfioravano
la
filosofia,
l’etica,
la
sublimazione
dell’essere
donna,
la
coscienza
civica
ed
il
valore
simbolico
della
famiglia,
baluardo
di
calore
umano
e
cristiano.
Argomenti,
qualche
volta
un
po’
confusi
e
arrabattati,
ma
di
certo
elevati.
Credo
che
tutto
ciò
possa
far
sorgere
un
legittimo
dubbio
riguardo
a
cotanta
rimostranza
e
protesta:
forse
che
la
pillola
RU486
ce
la
introducano
in
gola
a
forza
in
ospedale
o
all’ingresso
delle
farmacie?
L’idea
che
si
ha
oggi,
in
relazione
all’argomento,
somiglia
molto
ad
un
“se
una
donna
vuole
abortire,
deve
soffrire”;
in
espiazione
ad
un
grave
peccato
di
promiscuità,
o ad
una
decisione
personale
per
il
proprio
futuro,
bisognerà
subire
umilianti
colloqui
con
psicologi
aggressivi
e
obiettori
di
coscienza,
trafile
lunghe
e
burocratiche,
derisione
e
avversione,
operazioni
dolorose
e
dalle
conseguenze
spesso
irrimediabili.
Senza
contare
il
mercato
nero
degli
aborti
clandestini,
che,
sembrerà
assurdo,
esiste
ancora.
Una
pillola
quindi
cos’è?
Una
soluzione
sembrerebbe
troppo
semplice.
Secondo
i
detrattori,
tanto
semplice,
da
indurre
in
tentazione
all’aborto
facile,
o,
addirittura,
a
farla
diventare
pratica
anti-concezionale.
Tutte
noi
possiamo
comprare
profilattici
nei
supermercati
a
qualsiasi
età,
o
assumere
pillole
anti-concezionali
anche
per
tutta
la
vita.
Una
donna
può
decidere
autonomamente
di
non
voler
abortire
per
svariate
ragioni,
per
convinzioni
personali,
culturali
o
religiose;
domani,
che
l’aborto
consista
in
una
pillola
o un
intervento
chirurgico,
le
sue
convinzioni
personali,
culturali
o
religiose,
di
certo
non
scompariranno
nel
buio.
Nello
stesso
modo,
una
donna
può
decidere
di
dover
o
voler
abortire
per
le
stesse
svariate
ragioni,
che
consista
in
un’operazione
oppure
in
una
pillola.
Di
cosa
parlano
allora
quando
sottolineano
la
pericolosità
sociale
dell’utilizzo
massiccio
della
RU486?
La
paura
di
un’operazione
esiste,
ma è
di
certo
ben
inferiore
ad
altre
tremende
paure,
pesanti
traumi
e
grandi
sofferenze
d’animo.
Il
concepimento
desiderato,
aspettato
e
cercato
è un
atto
d’amore
a
due.
Ma
quando
diventa
un
incubo
ad
uno
(ed
è
sempre
l’uno
femminile),
quell’uno
deve
essere
LIBERO
di
scegliere
la
strada
più
giusta
e
meno
dolorosa
da
seguire.
Questo
io
lo
definirei
vero
amore
cristiano
del
prossimo.
Ed
ecco,
per
tutte
noi
giovani
donne,
profilarsi
all’orizzonte
una
nuova
grande
battaglia.
Il
fondamentalismo
femminista
ora
assume
un
altro
senso.
Tremate,
tremate
le
streghe
stanno
per
tornare.
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