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N. 13 - Giugno 2006

IL MARCHESE FEDERIGO FAGNANI E IL SUO VIAGGIO A PIETROBURGO

Cronache di un italiano nella capitale dell'impero zarista tra il 1810 e il 1811

di Leila Tavi

 

Numerosi viaggiatori italiani  si sono succeduti nella Russia pre-rivoluzionaria fin dai tempi di Marco Polo.

 

Le Lettere di Pietroburgo correndo gli anni 1810-1811 furono scritte dal marchese Federigo Fagnani e pubblicate per la prima volta alla metà del 1812; l'opera è il resoconto di un viaggio fatto dal nobile milanese tra l’ottobre 1810 e il marzo 1811 nella capitale dell'Impero russo.

 

 

Il libro, oltre a presentare uno scorcio di vita sociale della città russa ai primi dell’Ottocento, è interessante per l’accurata analisi della vita politica e istituzionale della Russia zarista.

 

Illuminante e sconcertante è la previsione, che ritroviamo nel capitolo che conclude la I ed., dell’immediata e rovinosa disfatta del 1812 che l’esercito napoleonico subì durante la campagna di Russia.

 

Tali dichiarazioni del marchese Fagnani riguardo a una prossima invasione francese della Russia scatenarono l’ira di Napoleone, che diede l’ordine di sequestrare il libro da tutti i librai del Regno d’Italia.

 

Una seconda edizione ampliata uscì nel 1815, dopo il passaggio dall’amministrazione francese a quella asburgica in Lombardia.

 

I rapporti culturali tra Italia e Russia furono nel XIX secolo frequenti e intensi. A cavallo tra Settecento e Ottocento pittori, attori e architetti italiani furono particolarmente apprezzati dalla nobiltà russa.

 

Pietroburgo colpì particolarmente Federico Fagnani che, come d’uso tra i giovani nobili alla fine del Settecento ispirati dalla tradizione del Grand Tour, aveva soggiornato a lungo in Francia e in Germania e viaggiato per l’Europa, ma fu subito affascinato da una città da sogno, dall’aspetto “austero e maestoso”, come declamava Puskin.

 

Il marchese (Fagnani ricevette il 20 ottobre 1809 in aggiunta il titolo di “conte del Regno” da Napoleone) fu nominato proprio nel 1810 auditore del Consiglio di Stato per il Regno italico. Non fu la ragione di Stato però che spinse il marchese Fagnani a intraprendere un lungo e faticoso viaggio in nave, piuttosto la curiosità di scoprire con i propri occhi una città di cui tanto aveva sentito decantare la bellezza.

 

Egli partì dalla Germania e raggiunse Stoccolma, dalla capitale svedese ripartì il 3 ottobre 1810, sempre via mare, per Waxholm, Granham, Griselhamm, circumnavigando le isole di Aland, Ecker, Bomarsund, fino a giungere ad Abo a bordo di un Sump, tipica imbarcazione a vela svedese. Un tratto di strada attraverso la Finlandia fu percorso in carrozza, per poi entrare, di nuovo via mare, a Pietroburgo dalla parte del quartiere “Wiburgo”, che affacciava a nord sul golfo di Cronstadt, l’attuale golfo della Finlandia.

 

La prima impressione della capitale russa fu di magnificenza, mentre la nave si avvicinava al porto: il conte fu come abbagliato dal luccicante splendore delle cupole dorate dei sobor in lontananza. Man mano che ebbe la possibilità di girare per la città il suo giudizio riguardo all'architettura e alla struttura urbanistica fu, come documentato dalle prime sei delle lettere della II edizione, attento e critico.

 

Del palazzo di marmo costruito nel 1785 dall’architetto italiano Antonio Rinaldi scrisse: “Ho udito raccontare, che l’architetto Italiano, che ne diede il disegno, vicino agli estremi della sua vita si rammaricasse amaramente di lasciare dopo di se un monumento, che avrebbe macchiato la sua fama […]”. (Lett. 5., tomo II, p. 102); egli è prodigo di elogi invece per la cattedrale della Madonna di Kazan, la cui bellezza eguaglia, a detta del Fagnani, quella della Basilica di San Paolo fuori le mura di Roma e per il “Romitorio”, l’Ermitage, che secondo Fagnani “merita il primo onore tra’ palazzi Imperiali; ne […] alcun altro lo avanza di bellezza e di magnificenza in tutta l’Europa”.

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Nella settima lettera viene svelato al lettore il vero scopo del viaggio a Pietroburgo, che non è né diplomatico né di divertimento, “perché se così fosse, sarei da un pezzo rimpatriato; ma bensì di vedere i paesi, ed i costumi dei popoli, allettato dalla speranza di trarne qualche profitto”. Dai “Petropolitani”  il conte imparò a conoscere usanze e costumi peculiari, e a volte strambi per un visitatore occidentale, come, ad esempio, l’abitudine di recarsi ai banja, le saune pubbliche.

 

Io ero perciò inclinato a considerare quest’uso come una bizzarra stravaganza fuori d’ogni ragionevolezza” e perniciosa alla sanità. Dopo avere per altro osservate le cose da vicino, mi sono in parte ricreduto […] (Lett. 8., tomo II, p. 183-184). Fagnani considerava l’abitudine dei Russi di qualsiasi estrazione sociale di andare alla sauna ogni sabato sana e igienica, in un paese dal rigido inverno, “ove si traspira poco”. (Lett. 8., tomo 1., p. 205). Secondo l’autore lombardo anche il più povero dei mužik sarebbe piuttosto morto di fame pur di non rinunciare al tradizionale bagno del sabato.

 

Il nobile milanese, che Vincenzo Gioberti nel Gesuita Moderno definisce: “vecchio avaro, ambizioso, astuto pizzicante dell'incredulo e dell'ateista, epicureo in morale e non stoico in politica”, trovava l'usanza della sauna mista disdicevole.

 

“[…] il bagno delle donne è una scena d’una lubricità sì nauseosa, che è più acconcia a frenare la concupiscenza, che a destare alcuna voglia disonesta; ed anzi stampa nella fantasia delle immagini sì laide e disgustose, da non doversi cancellare sì presto”. (Lett. 8., tomo 1., p. 205).

 

Dei “Petropolesi” Fagnani serbò un bel ricordo: “[…] in nessuna parte dell’Europa il forestiero è accolto con maggiore urbanità, né più festeggiato, che a Pietroburgo. Sembra anzi, che gli abitanti di queste remote contrade s’ingegnino col fare cortese accoglienza al viaggiatore di ricompensarlo in certo modo de’ disagi del lungo e penoso viaggio”. (Lett. 9., tomo I, p. 215).

 

Egli colse appieno e seppe ben descrivere lo spirito libero che caratterizzava in quei tempi la nobiltà russa di corte, restia alle convenzioni sociali e all’etichetta. “[…] parmi aver notato qualche divario tra le feste di Pietroburgo, e quelle del nostro paese, e della Francia. In Italia in fatti si balla con gran vivacità e brio; […]. Nella Francia invece, […] la maestria e la grazia, con cui si balla congiunge col garbo, e colla disinvoltura naturale di quel popolo, […]. Ma le feste all’incontro di questo paese non sono né tanto animate come le nostre, né vi spicca la perfezione dell’arte come in quelle di Francia; e pare che si balli piuttosto pel dovere di società e per moda, che per piacere.” (Ivi, p. 217-218)

 

Affascinato dall’azzardo dei giochi di società, dalla gaiezza delle feste ufficiali e degli inviti a corte, a cui, in occasione delle ricorrenze festive come il Capodanno, erano invitati nobili e popolani, dalla pericolosità degli sport invernali in voga in Russia, il Fagnani descrive nelle sue Lettere scritte di Pietroburgo non ogni singolo dettaglio dei suoi incontri con la nobiltà russa, ma le impressioni, il colpo d'occhio, la caratteristica che avrebbe reso indimenticabile il suo viaggio al ritorno in patria.

 

"[...] ciò che rende questa festa anche più singolare, si è miscuglio di tante strane, e tra loro contrarie fogge di vestiti. Cosacchi, Tartari, Calmucchi, Polacchi, Turchi, Greci, Russi, Europei, Asiatici, tutti vestiti al modo de' loro paesi, componevano un bellissimo ballo in maschera, ove nessuno poteva dirsi mascherato".

 

Le sue Lettere rappresentano una testimonianza fondamentale dei rapporti culturali tra l’Italia e la Russia agli inizi dell’Ottocento.

 

Dopo il viaggio in Russia Fagnani si ritirò dalla vita politica e visse isolato nella sua villa di Gerenzano dove trascorse i suoi giorni scrivendo e collezionando libri fino alla sua morte nel 1840. Non si hanno notizie documentate né sulla vita del marchese né sulla sua produzione letteraria.

 

L’unica fonte finora attendibile per lo studio sull’autore è la voce nel Dizionario biografico degli Italiani, per il resto non abbiamo ancora nessuna fonte documentaria sull’autore diversa da letteratura grigia e pagine internet. Certo è che scrisse ancora alcuni saggi: La Notizia della Bigattaia della Magnana, Osservazioni di economia campestre fatte nello Stato di Milano, oltre a una traduzione degli epigrammi di Marziale.



 

 

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