N. 49 - Gennaio 2012
(LXXX)
la federazione russa oggi
Il filo ambiguo e sottile che la lega ancora all’Unione Sovietica
di Umberto Vitiello
Coloro
che
sono
stati
nella
Russia
quand’era
ancora
una
delle
quindici
repubbliche
federate,
la
RSFSR
(Repubblica
Socialista
Federativa
Sovietica
Russa),
di
gran
lunga
la
più
estesa
(occupava
piu
di
due
terzi
dell’intero
territorio)
e
popolata
dell’Unione
Sovietica,
tornandoci
oggi
non
potranno
non
notare
i
tanti
cambiamenti
che
hanno
trasformato
non
solo
il
volto
di
parti
importanti
delle
sue
grandi
città,
ma
perfino
il
modo
di
vivere
dei
loro
abitanti.
I
villaggi
e i
piccoli
centri
invece
non
gli
appariranno
probabilmente
diversi,
se
non
in
minima
parte,
da
come
erano
prima
del
12
novembre
1991,
giorno
della
nascita
ed
indipendenza
della
Federazione
Russa
e
dell’inizio
dell’agonia
dell’URSS
(Unione
delle
Repubbliche
Socialiste
Sovietiche),
discioltasi
ufficialmente
il
mese
successivo,
ed
esattamente
il
26
dicembre,
dopo
74
anni
dalla
Rivoluzione
d’Ottobre
del
25
ottobre
1917
(il
7
novembre,
secondo
il
calendario
gregoriano
adottato
nel
1918
anche
in
Russia).
Alcune
strade
hanno
cambiato
denominazione,
come
la
via
Gorkij
di
Mosca
che
ha
ripreso
il
suo
vecchio
nome
di
Via
di
Tver,
e
così
molte
altre
strade
e
stradine
del
centro
storico
di
Mosca,
di
tante
località
e di
San
Pietroburgo,
la
seconda
città
della
Federazione
Russa
per
grandezza
ed
importanza,
chiamatasi
Pietrogrado
all’inizio
della
Prima
Guerra
Mondiale.
Leningrado
alla
morte
di
Lenine
tornata
con
la
fine
dell’URSS
a al
suo
nome,
derivatole
da
Pietro
il
Grande,
il
suo
fondatore.
La
novità
più
vistosa
e
sorprendente,
a
detta
di
tutti,
compresi
i
russi,
è
che
i
negozi,
anche
e
soprattutto
quelli
di
generi
alimentari,
sono
ovunque
e
perennemente
ben
forniti,
ciò
che
ha
fatto
presto
sparire
la
reticella
da
spesa
che
tutti
i
sovietici,
dai
più
modesti
agli
alti
funzionari
civili
e
militari,
mettevano
in
tasca
quando
uscivano
di
casa
per
approfittare
di
inattese
occasionali
vendite
improvvise
e
veloci
di
alimenti,
utensili
ed
oggetti
vari
scomparsi
per
mesi
e
mesi
dai
banchi
di
vendita.
Altra
novità
sbalorditiva
è la
presenza
dei
MacDonald’s
-
l’emblema
più
popolare
e
strepitoso
della
“decadente
America”
tanto
avversata
durante
il
passato
regime
–
che,
ubicati
nei
punti
più
frequentati
delle
grandi
città,
hanno
favorito
il
modo
frettoloso
e
poco
russo
di
nutrirsi,
ma
anche
la
nascita
di
catene
concorrenziali
di
ristorantini
che
ripropongono
pietanze
tipiche
locali,
come
gli
Iolki-Palki,
i
Rostiks,
i
Grabli
e le
birrerie
Kružka,
contemporaneamente
all’apertura
di
nuovi
ristoranti
di
lusso
dell’antica
tradizione
gastronomica
zarista
ed
internazionale,
tra
cui
si
distinguono,
a
Mosca,
il
Café
Puškin,
il
Soho
Rooms,
il
CDL
Restaurant
e
l’Hard
Rock
Cafe.
Da
aggiungere
anche
l’apertura
di
tanti
ristoranti
stranieri:
italiani,
francesi,
scandinavi,
giapponesi
e
perfino
britannici,
come
il
semplice
ma
frequentato
Moo-Moo,
accanto
a
quelli
già
esistenti,
come
i
classici
ristoranti
cinesi
e
quelli
pittoreschi
di
alcune
repubbliche,
oggi
indipendenti,
della
scomparsa
Unione
Sovietica
.
Sbalorditive
sono
anche
la
creazione
di
modernissimi
quartieri
periferici
e la
ristrutturazione
dei
centri
storici
con
la
nascita
di
boutique
al
posto
di
vecchi
Grandi
Magazzini,
come
il
GUM
in
Piazza
Rossa,
o in
gallerie
sotterranee,
e di
nuovi
alberghi,
soprattutto
di
lusso
e in
stile
occidentale,
come
il
Ritz-Carlton
all’inizio
della
via
Tver,
nel
centro
storico
di
Mosca.
E
quasi
del
tutto
scomparsi
sembrano
i
tantissimi
appartamenti
abitati
da
più
famiglie
con
in
comune
l’uso
della
cucina
e
dei
servizi
igienici.
Una
realtà
del
tutto
ignota
ai
turisti
stranieri,
di
oggi
come
del
passato,
che
rendeva
sotto
vari
aspetti
ancora
più
difficile
la
vita
dei
sovietici,
quasi
del
tutto
espropriati
della
loro
vita
privata
e
impauriti
da
reciproci
sospetti
di
delazioni,
oltre
che
intristiti
da
inevitabili
litigi
quotidiani.
Ma
ciò
che
oggi
sbalordisce
ancora
di
più
è
l’apertura
di
tante
chiese
e di
nuove
sinagoghe
e
moschee,
con
la
loro
assidua
frequentazione
dopo
oltre
70
anni
di
ateismo
di
Stato
di
femmine
e
maschi,
giovani
e
anziani,
e
perfino
di
noti
personaggi
politici
ed
istituzionali
legati
al
vecchio
regime
.
(Secondo
una
stima
ufficiale,
in
URSS
gli
Atei
erano
il
57 %
della
popolazione,
mentre
il
restante
43
per
cento
era
ripartito
tra
le
varie
religioni:
Russi
Ortodossi
20%;
Musulmani
15%;
altri
Cristiani
-
Protestanti,
Ortodossi
Georgiani,
Ortodossi
Armeni,
Cattolici
ecc.-
7%;
Ebrei
meno
dell'1%.-
E a
proposito
dell’ultimo
dato,
è
interessante
notare
che
questo
meno
1%
in
varie
epoche
e
ancora
oggi
viene
indicato
dai
fanatici
o
“fondamentalisti”
come
il
responsabile
di
tutti
i
mali
russi,
passati,
presenti
e
futuri.
Esattamente
come
dichiarano
convinti
gli
antisemiti
di
tutto
il
mondo,
facendo
passare
in
tal
modo
per
stupido,
incapace
e
facile
alla
sottomissione
tutto
il
resto
della
popolazione,
cioè
oltre
il
99%
degli
abitanti
della
terra).
Un
esempio
per
tutte,
la
Cattedrale
moscovita
di
Cristo
Salvatore,
la
più
grande
di
tutte
le
chiese
ortodosse
russe.
Voluta
per
la
liberazione
della
Russia
e la
sconfitta
di
Napoleone,
la
sua
costruzione
iniziò
tardi,
durò
oltre
40
anni
e la
consacrazione
avvenne
solo
il
26
maggio
1883,
giorno
dell’incoronazione
dello
zar
Alessandro
III.
Con
l’avvento
del
regime
sovietico,
a
differenza
dei
monumenti
storici,
taluni
dedicati
a
zar
e
zarine,
e di
quasi
tutte
le
chiese
di
San
Pietroburgo,
rispettati
e
fatti
rispettare
da
Lenin,
la
grande
chiesa
di
Mosca
su
ordine
di
Stalin
fu
fatta
saltare
il 5
dicembre
1931,
con
la
distruzione
di
pregevoli
opere
d’arte.
Vi
si
voleva
costruire
il
Palazzo
dei
Congressi
che,
per
le
innumerevoli
falde
acquifere
nel
sottosuolo,
fu
eretto
invece
nel
Cremlino,
mentre
al
posto
della
Cattedrale
di
Cristo
Salvatore
fu
aperta
un’enorme
piscina
pubblica.
Caduto
il
regime
sovietico
e
ristabilita
la
libertà
di
culto,
la
sua
ricostruzione
è
avvenuta
in
poco
più
di
quattro
anni.
La
chiesa
inferiore
è
stata
consacrata
nel
1996
e
quella
superiore
il
19
agosto
2000,
alla
presenza
delle
autorità
civili
e
militari
della
capitale
della
Federazione
Russa.
E
ciò
che
ha
dell’incredibile
è
non
solo
che
il
primo
presidente
della
Federazione
Russa,
il
noto
esponente
del
Partito
Comunista
Sovietico
Boris
Nikolajevič
El’tsin,
morto
per
un
attacco
cardiaco
il
23
aprile
2007,
fu
esposto
nella
Cattedrale
di
Cristo
Salvatore
prima
della
sepoltura
nel
cimitero
moscovita
di
Novodeviči,
ma
anche
che
essa
è
stata
poi
frequentata
assiduamente,
e lo
è
tuttora,
dai
suoi
successori
Vladimir
Vladimirovič
Putin,
(presidente
della
Federazione
Russa
dal
31
dicembre
1999
al 6
maggio
2008),
ex
membro
e
dirigente
del
KGB,
l’organizzazione
dei
servizi
segreti
del
passato
regime,
e
Dmitrij
Anatoljevič
Medvedev
(presidente
della
Federazione
Russa
dal
7
maggio
2008),
leningradese
come
il
suo
predecessore
e
suo
stretto
collaboratore
dal
1991
al
1996
come
esperto
del
Comitato
per
le
relazioni
esterne
dell’Ufficio
di
Sindaco
di
San
Pietroburgo,
presieduto
da
Putin.
Ecco
dunque
come
in
talune
circostanze
si
palesa
il
filo
ambiguo
e
sottile
che
lega
la
nuova
Russia
a
quella
del
passato
regime:
cambiamenti
apparenti
che
hanno
il
solo
scopo
di
celare
il
proseguimento
d’una
politica
oligarchica.
Tanto
da
far
dichiarare
il 7
ottobre
2011
a
Nikolaj
Zlobin,
dirigente
del
World
Security
Institut
(Wsi)
e
analista/Vedomosti:
-
“Cosa
è
cambiato
dal
1991
ad
oggi?
Poco
o
nulla.
Come
si
evince
dall’analisi
(…).
La
Federazione
sembra
essere
orientata
verso
la
democrazia.
Tuttavia
nella
sua
gestione
politica
si
notano
ancora
troppi
segni
del
passato:
la
Russia
proclama
i
principi
del
libero
mercato,
ma
la
sua
economia
nazionale
ricorda
sempre
più
quella
sovietica.
Le
dichiarazioni
sullo
stalinismo
e
sulla
storia
sovietica
hanno
preso
il
posto
di
un
reale
dibattito
sul
presente
e
sul
futuro
del
Paese.
In
quanto
al
potere
decisionale,
la
Duma
si
distingue
ben
poco
dal
Soviet
Supremo.
In
conclusione,
la
Russia
nel
mondo
è
vista
sempre
più
non
soltanto
come
il
prosecutore
legale,
ma
anche
politico
dell’Urss”.
La
Federazione
Russa
è
una
particolare
democrazia
federativa
con
un
Presidente
che
-
eletto
direttamente
per
un
mandato,
ridotto
a 4
anni
nel
1996
-
detiene
un
notevole
potere
esecutivo.
Il
Presidente,
che
risiede
al
Cremlino,
nomina
le
più
alte
cariche
ufficiali
dello
Stato,
compreso
il
Primo
ministro,
che
deve
essere
approvato
dalla
Duma,
la
camera
bassa
del
parlamento.
Se
la
Duma
respinge
per
tre
volte
la
candidatura
proposta,
il
Presidente
può
addirittura
decretarne
lo
scioglimento.
E
anche
se
la
Duma
ha
il
diritto
di
approvare
a
maggioranza
assoluta
una
mozione
di
sfiducia
al
governo,
il
Presidente
può
manifestare
il
suo
dissenso.
Se
poi
la
Duma
approva
entro
tre
mesi
un'altra
mozione
di
sfiducia,
il
Presidente
può
optare
tra
l'accettazione
delle
dimissioni
del
governo
e lo
scioglimento
dell'assemblea.
Il
Presidente
può
inoltre
fare
passare
dei
decreti
senza
il
consenso
del
parlamento.
Egli
è
anche
il
capo
delle
forze
armate
e
del
consiglio
nazionale
di
sicurezza.
E i
forti
poteri
di
cui
è
titolare
hanno
determinato
una
definizione
della
forma
di
governo
russa
come
"fortemente
presidenzialistica".
La
Russia
ha
un
parlamento
bicamerale.
L'Assemblea
Federativa
(in
russo:
Federalnoe
Sobranie)
consiste
in
una
camera
alta
conosciuta
come
Consiglio
Federativo
(Sovjet
Federacii),
composto
da
166
delegati
che
prestano
un
servizio
quadriennale
(ognuna
delle
83
suddivisioni
amministrative
ne
nomina
due),
e in
una
camera
bassa
conosciuta,
appunto,
come
Duma
di
Stato
(Gosudarstvennaja
Duma)
che
comprende
450
deputati,
anch'essi
in
carica
per
quattro
anni.
La
nuova
legge
elettorale
prevede
la
distribuzione
dei
seggi
tra
le
liste
che
alle
elezioni
hanno
superato
su
scala
nazionale
lo
sbarramento
del
7%.
In
base
alla
legge
sulla
non
eleggibilità
del
Presidente
della
Federazione
Russa
per
un
terzo
mandato
quadriennale
consecutivo,
nel
2008
Vladimir
Vladinirovič
Putin
ha
fatto
candidare
ed
eleggere
Dmitrij
Anatoljevič
Medvedev,
che
a
sua
volta
ha
nominato
Putin
Primo
ministro,
in
base
a un
accordo
di
alternanza
tra
loro
due.
Nel
2012,
scaduto
il
suo
mandato
presidenziale
di 4
anni,
Medvedev
rinuncia
a
candidarsi
per
il
secondo
mandato
per
favorire
la
rielezione
di
Putin
a
Presidente
della
Federazione
Russa.
E
Putin
nomina
Medvedev
Primo
ministro
una
volta
tornato
al
Cremlino,
dove
resterà
per
due
mandati
e
non
per
8
anni
(4 +
4),
ma
addirittura
per
12
anni,
perché
nel
frattempo
è
stato
deciso
che
dalla
prossima
elezione
il
mandato
presidenziale
è di
sei
e
non
più
di
quattro
anni.
Putin,
dunque,
potrà
restare
al
Cremlino
fino
al
2024.
Un
accordo
e un
modo
di
procedere
che
contribuiscono
non
poco
a
bloccare
la
crescita
d’una
vera
democrazia.
Che,
facendo
fatica
ad
affermarsi
e
presentandosi
con
le
sue
tante
contraddizioni
oltre
che
con
una
palese
incapacità
di
arginare
la
corruzione
dilagante,
induce
le
masse
a
insane
nostalgie
o ad
abbracciare
ideologie
totalitarie,
come
quella
nazifascista,
combattuta
e
vinta
dal
vecchio
regime,
l’unico
merito
universalmente
riconosciutogli.
La
malavita
organizzata,
la
mafia
russa,
pur
presente
nel
passato
regime,
quando
all’epoca
di
Stalin
si
diede
un
rigoroso
codice
di
comportamento
e i
suoi
affiliati
si
auto-denominarono
“Ladri
nella
Legge”
(Воры
в
эавоне),
si è
fortemente
rinvigorita
in
questi
ultimi
anni
grazie
alla
corruzione
dilagante
in
non
poche
istituzioni
e
sull’intero
territorio
della
federazione..
Il
ritorno
alla
fede
e la
solida
nostalgia
per
la
dittatura
comunista
sono
apparentemente
contraddetti
dal
dilagare
di
un
odio
razziale
che
mal
si
concilia
sia
col
cristianesimo
che
col
“catechismo”
politico
del
passato
regime.
Che
tuttavia,
pur
predicando
bene,
razzolava
già
allora
molto
male
in
questo
campo.
Basti
pensare
all’antisemitismo
di
Stato
che
emarginava
tutti
coloro
che,
pur
essendo
russi
da
varie
generazioni,
non
potendo
nascondere
la
propria
ebraicità,
se
non
adottando
un
nuovo
cognome,
quando
ciò
gli
era
consentito,
venivano
nella
pratica
quotidiana
privati
dei
propri
diritti
fondamentali
e di
incarichi
importanti,
pur
essendo
stati
ottenuti
da
loro
solo
grazie
alle
proprie
ben
dimostrate
competenze.
L’odio
razziale
presente
durante
quasi
tutti
gli
anni
del
regime
sovietico,
seppure
quasi
sempre
ipocritamente
negato,
è
oggi
dichiarato
apertamente
da
tantissimi
russi
verso
le
altre
etnie
e
perfino
contro
i
russi
dell’est
e
del
sud,
definiti
con
disprezzo
“neri”
o
con
altri
epiteti
dispregiativi.
Questi
fanatici
-
che
si
dicono
“nazionalisti
russi
puri”,
si
dichiarano
filocomunisti
ed
antimperialisti
e
rivogliono
la
Festa
della
Rivoluzione
d’Ottobre
abolita
nel
2005,
sostituita
dalla
Festa
dell’Unità
Nazionale
-
sono
contestualmente
filonazisti,
hanno
per
slogan:
“La
Russia
ai
Russi”,
attaccano
frontalmente
la
politica
governativa
alleandosi
coi
liberali
e i
neo-comunisti
contro
il
Cremlino
e
gridano
assieme:
“Via
il
Partito
dei
Ladri
e
degli
Imbroglioni”,
cioè
il
partito
“Russia
Unita”
di
Putin
e
Medvedev,
e
“Gloria
alla
Russia!
Via
la
feccia
dalla
Duma!”
Gli
slogan
dei
nazi
russi
non
sono
parole
innocue
e
senza
conseguenze,
ma
pericolosi
incitamenti
all’odio
e
alla
violenza.
In
Russia
nei
primi
10
mesi
del
2011
si
sono
registrati
ufficialmente
ben
18
omicidi
razziali.
Un
po’
meno
del
2010,
ma
l’anno
non
è
ancora
finito
e 18
morti
ammazzati
non
rappresentano
certo
una
cifra
insignificante.
Per
tanti
Russi
non
c’è
nessuna
contraddizione
tra
democrazia
e
nazionalismo.
E
per
loro
il
nazionalismo
induce
a
violenza
e ad
omicidi
solo
perché
il
governo
non
provvede
a
liberare
“la
terra
russa
dagli
immigrati”.
Continuano
dunque
a
incitare
i
loro
connazionali
“bianchi”
e
“settentrionali”
all’odio
etnico.
I
giovani
neo-comunisti,
quasi
tutti
benestanti,
generalmente
figli
di
nostalgici
appartenenti
alla
nomenclatura
del
passato
regime,
non
sono
da
meno.
Stigmatizzando
l’avvertito
malessere
di
tanti
strati
della
popolazione,
in
particolar
modo
dei
pensionati
dal
reddito
vergognosamente
basso,
inneggiano
ipocritamente
alla
libertà,
alla
solidarietà
tra
le
varie
etnie
e
all’egualitarismo
dell’URSS,
ben
sapendo
della
loro
esistenza
solo
formale
nel
passato
regime,
durante
il
quale
imperavano
la
censura
e la
spietata
vigilanza
poliziesca,
che
inculcava
in
tutti
il
terrore
di
essere
sospettati
di
antistatalismo
e
finire,
dopo
un
processo
sommario,
in
un
campo
di
lavoro
forzato,
il
gulag.
(Gulag
(in
russo:
ГУЛаг
-
Главное
управление
исправительно-трудовых
лагерей,
"Glavnoe
upravlenie
ispravitelno-trudovykh
lagerej",
"Direzione
principale
dei
campi
di
lavoro
correttivi",
spesso
scritto
GULag)
è
stato
il
settore
della
polizia
politica
dell'URSS
che
costituì
il
sistema
penale
dei
campi
di
lavoro
forzato.
Benché
questi
campi
fossero
stati
pensati
per
la
generalità
dei
criminali,
il
sistema
dei
Gulag
è
noto
soprattutto
come
mezzo
di
repressione
degli
oppositori
politici
dell'Unione
Sovietica)
A
Mosca,
in
Malyj
karetnyj
pereulok,
12 (Малый
каретный
пер.,
д.
12 )
è
Memorial,
l’associazione
per
la
difesa
dei
diritti
umani,
l’unica
Organizzazione
Non
Governativa,
“ONG”,
che
riesce
ancora
ad
essere
presente
in
Russia.
Diretto
dallo
storico
Arsenij
Roginskij,
Memorial
assiste
tutte
le
persone
che
vengono
private
dei
loro
diritti,
in
particolar
modo
se
per
motivi
politici,
e ha
come
attività
preminente
il
mantenimento
e la
diffusione
del
ricordo
dei
campi
di
lavoro
forzato
sovietici,
i
gulag,
con
una
vasta
raccolta
di
documentazioni
e
testimonianze,
che
si
arricchisce
giorno
dopo
giorno.
E
tuttavia
la
percezione
che
si
ha
oggi
in
Russia
delle
vittime
della
repressione
sovietica
è
ancora
distorta.
La
maggior
parte
della
popolazione
è
convinta
che
il
numero
di
vittime
sia
assolutamente
limitato.
Grazie
a
Memorial,
il
30
ottobre
1990,
circa
due
mesi
prima
della
dissoluzione
dell’URSS,
a
Mosca,
in
Piazza
Lubjanka,
vicino
alla
sede
dell’FSB
(i
servizi
segreti
russi,
l’ex
KGB)
fu
inaugurato
un
monumento
alle
vittime
dei
gulag,
una
semplice
pietra
proveniente
dalle
Isole
Solovki,
dove
nacque
il
primo
dei
campi
di
lavoro
forzato
sovietici.
(FSB
-
Federal’naja
služba
bezopasnosti
Rossijskoj
Federacii
(in
cirillico:
Федеральная
служба
безопасности
Российской
Федерации)
Servizi
federali
per
la
sicurezza
della
Federazione
Russa ,
è il
servizio
segreto
della
Federazione
Russia,
erede
del
KGB
sovietico.
KGB
-
Komitet
gosudarstvennoj
bezopasnosti
(in
cirillico:
КГБ
-
Комитет
государственной
безопасности),
Comitato
per
la
sicurezza
dello
Stato,
era
il
nome
della
principale
agenzia
di
sicurezza,
servizio
segreto
e
polizia
segreta
dell'Unione
Sovietica,
attiva
dal
13
marzo
1954
al 6
novembre
1991).
Un
altro
successo
di
Memorial
è
stata
la
“legge
sulla
riabilitazione
delle
vittime
della
repressione
politica”
promulgata
nel
1991.
In
poco
più
di
vent’anni
l’associazione
Memorial
è
riuscita
a
documentare
la
scomparsa
di
un
numero
tra
i 22
e i
27
milioni
di
persone
e ha
aiutato
i
familiari
a
scoprire
le
cause
della
loro
morte.
Memorial
si
occupa
tuttora
dell'assistenza
legale
e
finanziaria
delle
vittime
sopravvissute
ai
campi
di
lavoro
forzato.
Aiuta
inoltre
tutti
i
cittadini
che
ne
fanno
richiesta
a
ritrovare
documenti
e
luogo
di
sepoltura
degli
ex
prigionieri
vittime
della
repressione.
Fino
ai
nostri
giorni
Memorial
ha
raccolto
ed
archiviato
documenti
riguardanti
più
di
un
milione
e
mezzo
di
persone
rinchiuse
nei
gulag.
Per
rammentare
alle
future
generazioni
l'esistenza
dell’Arcipelago
Gulag
e
testimoniare
la
sofferenza
patita
dalle
vittime
della
repressione
sovietica
in
questi
ultimi
anni
Memorial
ha
creato
un
Museo
virtuale
dei
Gulag,
che
riunisce
documenti
e
inchieste
sui
campi
di
lavoro
forzato
di
tutte
le
ex
repubbliche
dell'Unione
Sovietica,
“l’Arcipelago
Gulag”
di
cui
ha
scritto
mirabilmente
Solženitsin.
Con
l'avvento
di
Vladimir
Vladimirovič
Putin
alla
Presidenza
della
Federazione
Russa,
l'atteggiamento
delle
autorità
ha
iniziato
a
farsi
repressiva
e
l’attività
di
Memorial
è
ancora
oggi
duramente
ostacolata
dalle
autorità
politiche.
Nel
dicembre
del
2008
la
sede
di
San
Pietroburgo
dell'associazione
è
stata
sottoposta
ad
una
lunga
perquisizione,
ordinata
dal
Prefetto.
I
militari
hanno
sequestrato
numerosi
documenti
cartacei
e
tutti
i
dischi
rigidi
dei
computer
in
uso
nella
sede,
oltre
a
10.000
foto
d’epoca
e
diari.
Nel
mese
precedente
nel
Centro
“Sakharov”
di
Mosca
era
stato
proiettato
il
documentario
“Ribellione.
Il
caso
Litvinenko”,
che
è
vietato
in
Russia,
sul
noto
assassinio
in
Inghilterra
di
Aleksandr
Litvinenko,
ex
agente
del
KGB.
Nel
2009
il
Parlamento
europeo
ha
assegnato
il
“Premio
Sakharov
per
la
libertà
di
pensiero”
a
Ludmila
Alexejeva,
Oleg
Orlov
e
Sergej
Kovalev
in
rappresentanza
dell’associazione.
Memorial
segue
tuttora
da
vicino
la
situazione
in
Cecenia
e a
tutt'oggi
è
una
delle
pochissime
ONG
a
mantenere
attivo
un
ufficio
a
Grozny,
la
sua
capitale.
Il
legame
tra
la
Federazione
Russa
e il
passato
regime
sovietico
si
avverte
in
particolar
modo
nella
censura,
che
tiene
sotto
stretto
controllo
la
radio,
la
televisione
e la
stampa.
L’unico
giornale
libero
ed
indipendente
ancora
in
vita
nella
Federazione
Russa
è
Novaja
Gazeta
(Новая
Газета),
un
periodico
che
esce
due
volte
la
settimana,
il
lunedì
e il
giovedì.
Ha
pubblicato
importanti
inchieste
su
casi
di
corruzione
nell'esercito
e
sulla
condizione
dei
civili
ceceni
coinvolti
nel
conflitto,
di
cui
è
stato
sempre
un
fermo
oppositore
sin
dai
tempi
del
governo
El'tsin
(1994-1996).
Fra
i
suoi
giornalisti
vi
era
Anna
Politkovskaja,
autrice
di
inchieste
sulla
guerra
in
Cecenia
assassinata
il 7
ottobre
2006
a
Mosca,
in
circostanze
misteriose.
Come
è
capitato,
purtroppo,
a
diversi
altri
giornalisti
in
questi
ultimi
anni.
Non
vi è
dunque
che
una
sola
differenza
tra
la
repressione
di
oggi
e
quella
sovietica.
Nell’URSS
gli
scrittori
e i
giornalisti
dissidenti
venivano
condannati
ai
lavori
forzati,
oggi
si
fanno
sparire.
In
un
articolo
del
novembre
del
2011
pubblicato
dalla
Novaja
Gazeta,
Julija
Latynina
(Юлия
Латынина)
si
chiede
fin
dal
titolo:
“A
quando
la
fine?”
(Когда
конец?)
e
dichiara
che,
avendo
il
congresso
del
partito
“Russia
Unita”
decretato
l’accordo
dell’alternanza
tra
Putin
e
Medvedev
al
Cremlino
e
alla
Presidenza
del
Consiglio
dei
Ministri,
il
percorso
di
cambiamento
di
regime
in
Russia
è
praticamente
chiuso.
Anche
perché
il
prezzo
del
petrolio
non
crolla,
i
giovani
in
Russia
sono
sempre
di
meno,
le
persone
desiderose
di
libertà
e
indipendenza
possono
liberamente
espatriare
e il
potere
attraverso
i
mass-media,
tutti
nelle
sue
mani,
riesce
a
convincere
le
grandi
masse
della
popolazione
che
con
le
proteste
non
si
risolvono
i
problemi.
Sono
questi
i
principali
fattori
che
contribuiscono
a
rendere
stabile
il
regime.
Ma
non
mancano
del
tutto
fattori
–
scrive
la
giornalista
–
che
operano
contro
di
esso.
La
corruzione,
innanzitutto.
Risulta
sempre
più
evidente
che
il
potere
concede
ai
propri
funzionari
di
commettere
qualsiasi
crimine,
attribuendo
la
colpa
di
questi
crimini
alle
vittime,
che
a
furia
di
ribellarsi
all’ingiustizia
si
mettono
automaticamente
contro
la
legge.
Un
gatto
che
si
morde
la
coda,
dunque,
un
potere
che
si
autodistrugge.
Subito
dopo
la
corruzione
c’è
il
nazionalismo,
associato
principalmente
al
problema
del
Caucaso,
soprattutto
in
Cecenia,
e
agli
immigrati
dell’Asia
Centrale
e
dal
Sud.
La
mancanza
di
controllo
del
Paese
comporta
anche
l’impossibilità
d’un
controllo
fattivo
sul
Caucaso
e
sulla
stessa
immigrazione
di
Russi
asiatici
e
meridionali,
avversati
dai
Russi
europei,
soprattutto
da
quelli
settentrionali
poveri
(finanziariamente
e/o
intellettualmente),
che
ricorrono
ad
ogni
sorta
di
angheria
contro
i
nuovi
arrivati,
da
est
e
dal
sud,
pur
di
affermare
la
propria
superiorità
su
di
loro,
ritenendosi
legittimati
a
trattarli
come
schiavi.
Il
terzo
fattore
di
instabilità
è
Internet.
Oggi
si
calcola
che
ben
60
milioni
di
Russi
siano
nella
rete.
Putin,
da
quando
ha
preso
il
potere,
ha
avuto
la
TV
tutta
per
sé e
le
notizie
che
questa
diffonde
sono
tutte
ben
controllate
dai
funzionari
e
dalla
polizia.
Internet
ha
cambiato
nettamente
la
situazione,
favorendo
la
libera
diffusione
delle
opinioni,
in
Russia
come
nel
mondo
intero,
e
nel
Nord-Africa
in
particolare,
dove
ha
contribuito
non
poco
a
ridare
vigore
ai
dissidenti
e a
spingerli
a
scendere
in
piazza
per
pretendere
ed
ottenere
libertà
e
democrazia
vera.
Il
quarto
fattore
di
instabilità
è
l’opinione
pubblica.
In
Russia
diventa
sempre
più
un’abitudine
parlar
male
del
regime
e
criticare
apertamente
la
corruzione
degli
alti
funzionari
e la
complicità
dei
due
oligarchi.
Anche
nelle
riviste
patinate,
che
va
nelle
mani
di
molti
benestanti
e di
membri
della
nuova
nomenclatura,
non
manca
mai
una
sottile
critica
al
Governo
e al
Cremlino.
Una
situazione
molto
simile
a
quella
del
1989,
quando
il
regime
sovietico
crollò
perché
criticato
da
tutti,
tranne
che
dalla
TV
di
Stato
e
dai
giornali,
tutti
più
o
meno
rispettosi
delle
direttive
dell’unico
partito
esistente,
il
PCUS.
Infine:
l’assenza
di
difensori.
Il
regime
non
ha
nessuno
disposto
a
sacrificarsi
per
salvarlo,
neanche
nelle
alte
sfere,
dove
funzionari
provenienti
dal
KGB
o
dalla
FSB
non
fanno
nulla
per
liberare
la
Russia
dalla
corruzione.
“
Sono
uomini
ben
disposti
a
chiudere
anche
entrambi
gli
occhi
per
il
Capo
del
Governo
e il
Presidente,
ma
non
a
farsi
ammazzare
per
loro”.
Ci
sarà
una
Primavera
Russa,
come
quella
Araba?
–
Una
domanda
senza
risposta.
Il
regime
è
sempre
più
instabile,
l’accordo
dell’alternanza
tra
i
due
oligarchi
è
sempre
più
criticato,
lo
stesso
Putin
non
gode
più
dei
trionfi
di
piazza
e in
talune
occasioni
è
perfino
contestato.
Ma
purtroppo
le
leggi
attuali
non
consentono
una
previsione
di
rinnovamento
sostanziale
con
le
prossime
elezioni.
E
tuttavia
il
fermento
d’un
malessere
crescente
è
avvertito
ovunque.
E
tutti
si
chiedono
con
rabbia
ed
impazienza:
“A
quando
la
fine
di
questo
regime?”