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N. 49 - Gennaio 2012 (LXXX)

la federazione russa oggi
Il filo ambiguo e sottile che la lega ancora all’Unione Sovietica

di Umberto Vitiello

 

Coloro che sono stati nella Russia quand’era ancora una delle quindici repubbliche federate, la RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa), di gran lunga la più estesa (occupava piu di due terzi dell’intero territorio) e popolata dell’Unione Sovietica, tornandoci oggi non potranno non notare i tanti cambiamenti che hanno trasformato non solo il volto di parti importanti delle sue grandi città, ma perfino il modo di vivere dei loro abitanti.

I villaggi e i piccoli centri invece non gli appariranno probabilmente diversi, se non in minima parte, da come erano prima del 12 novembre 1991, giorno della nascita ed indipendenza della Federazione Russa e dell’inizio dell’agonia dell’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche), discioltasi ufficialmente il mese successivo, ed esattamente il 26 dicembre, dopo 74 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre del 25 ottobre 1917 (il 7 novembre, secondo il calendario gregoriano adottato nel 1918 anche in Russia).

Alcune strade hanno cambiato denominazione, come la via Gorkij di Mosca che ha ripreso il suo vecchio nome di Via di Tver, e così molte altre strade e stradine del centro storico di Mosca, di tante località e di San Pietroburgo, la seconda città della Federazione Russa per grandezza ed importanza, chiamatasi Pietrogrado all’inizio della Prima Guerra Mondiale. Leningrado alla morte di Lenine tornata con la fine dell’URSS a al suo nome, derivatole da Pietro il Grande, il suo fondatore.

La novità più vistosa e sorprendente, a detta di tutti, compresi i russi, è che i negozi, anche e soprattutto quelli di generi alimentari, sono ovunque e perennemente ben forniti, ciò che ha fatto presto sparire la reticella da spesa che tutti i sovietici, dai più modesti agli alti funzionari civili e militari, mettevano in tasca quando uscivano di casa per approfittare di inattese occasionali vendite improvvise e veloci di alimenti, utensili ed oggetti vari scomparsi per mesi e mesi dai banchi di vendita.

Altra novità sbalorditiva è la presenza dei MacDonald’s - l’emblema più popolare e strepitoso della “decadente America” tanto avversata durante il passato regime – che, ubicati nei punti più frequentati delle grandi città, hanno favorito il modo frettoloso e poco russo di nutrirsi, ma anche la nascita di catene concorrenziali di ristorantini che ripropongono pietanze tipiche locali, come gli Iolki-Palki, i Rostiks, i Grabli e le birrerie Kružka, contemporaneamente all’apertura di nuovi ristoranti di lusso dell’antica tradizione gastronomica zarista ed internazionale, tra cui si distinguono, a Mosca, il Café Puškin, il Soho Rooms, il CDL Restaurant e l’Hard Rock Cafe.

Da aggiungere anche l’apertura di tanti ristoranti stranieri: italiani, francesi, scandinavi, giapponesi e perfino britannici, come il semplice ma frequentato Moo-Moo, accanto a quelli già esistenti, come i classici ristoranti cinesi e quelli pittoreschi di alcune repubbliche, oggi indipendenti, della scomparsa Unione Sovietica .

Sbalorditive sono anche la creazione di modernissimi quartieri periferici e la ristrutturazione dei centri storici con la nascita di boutique al posto di vecchi Grandi Magazzini, come il GUM in Piazza Rossa, o in gallerie sotterranee, e di nuovi alberghi, soprattutto di lusso e in stile occidentale, come il Ritz-Carlton all’inizio della via Tver, nel centro storico di Mosca.

E quasi del tutto scomparsi sembrano i tantissimi appartamenti abitati da più famiglie con in comune l’uso della cucina e dei servizi igienici. Una realtà del tutto ignota ai turisti stranieri, di oggi come del passato, che rendeva sotto vari aspetti ancora più difficile la vita dei sovietici, quasi del tutto espropriati della loro vita privata e impauriti da reciproci sospetti di delazioni, oltre che intristiti da inevitabili litigi quotidiani.

Ma ciò che oggi sbalordisce ancora di più è l’apertura di tante chiese e di nuove sinagoghe e moschee, con la loro assidua frequentazione dopo oltre 70 anni di ateismo di Stato di femmine e maschi, giovani e anziani, e perfino di noti personaggi politici ed istituzionali legati al vecchio regime .

(Secondo una stima ufficiale, in URSS gli Atei erano il 57 % della popolazione, mentre il restante 43 per cento era ripartito tra le varie religioni: Russi Ortodossi 20%; Musulmani 15%; altri Cristiani - Protestanti, Ortodossi Georgiani, Ortodossi Armeni, Cattolici ecc.- 7%; Ebrei meno dell'1%.- E a proposito dell’ultimo dato, è interessante notare che questo meno 1% in varie epoche e ancora oggi viene indicato dai fanatici o “fondamentalisti” come il responsabile di tutti i mali russi, passati, presenti e futuri. Esattamente come dichiarano convinti gli antisemiti di tutto il mondo, facendo passare in tal modo per stupido, incapace e facile alla sottomissione tutto il resto della popolazione, cioè oltre il 99% degli abitanti della terra).

Un esempio per tutte, la Cattedrale moscovita di Cristo Salvatore, la più grande di tutte le chiese ortodosse russe.

Voluta per la liberazione della Russia e la sconfitta di Napoleone, la sua costruzione iniziò tardi, durò oltre 40 anni e la consacrazione avvenne solo il 26 maggio 1883, giorno dell’incoronazione dello zar Alessandro III.

Con l’avvento del regime sovietico, a differenza dei monumenti storici, taluni dedicati a zar e zarine, e di quasi tutte le chiese di San Pietroburgo, rispettati e fatti rispettare da Lenin, la grande chiesa di Mosca su ordine di Stalin fu fatta saltare il 5 dicembre 1931, con la distruzione di pregevoli opere d’arte. Vi si voleva costruire il Palazzo dei Congressi che, per le innumerevoli falde acquifere nel sottosuolo, fu eretto invece nel Cremlino, mentre al posto della Cattedrale di Cristo Salvatore fu aperta un’enorme piscina pubblica.

Caduto il regime sovietico e ristabilita la libertà di culto, la sua ricostruzione è avvenuta in poco più di quattro anni. La chiesa inferiore è stata consacrata nel 1996 e quella superiore il 19 agosto 2000, alla presenza delle autorità civili e militari della capitale della Federazione Russa.

E ciò che ha dell’incredibile è non solo che il primo presidente della Federazione Russa, il noto esponente del Partito Comunista Sovietico Boris Nikolajevič El’tsin, morto per un attacco cardiaco il 23 aprile 2007, fu esposto nella Cattedrale di Cristo Salvatore prima della sepoltura nel cimitero moscovita di Novodeviči, ma anche che essa è stata poi frequentata assiduamente, e lo è tuttora, dai suoi successori Vladimir Vladimirovič Putin, (presidente della Federazione Russa dal 31 dicembre 1999 al 6 maggio 2008), ex membro e dirigente del KGB, l’organizzazione dei servizi segreti del passato regime, e Dmitrij Anatoljevič Medvedev (presidente della Federazione Russa dal 7 maggio 2008), leningradese come il suo predecessore e suo stretto collaboratore dal 1991 al 1996 come esperto del Comitato per le relazioni esterne dell’Ufficio di Sindaco di San Pietroburgo, presieduto da Putin.

Ecco dunque come in talune circostanze si palesa il filo ambiguo e sottile che lega la nuova Russia a quella del passato regime: cambiamenti apparenti che hanno il solo scopo di celare il proseguimento d’una politica oligarchica.

Tanto da far dichiarare il 7 ottobre 2011 a Nikolaj Zlobin, dirigente del World Security Institut (Wsi) e analista/Vedomosti: - “Cosa è cambiato dal 1991 ad oggi? Poco o nulla. Come si evince dall’analisi (…). La Federazione sembra essere orientata verso la democrazia. Tuttavia nella sua gestione politica si notano ancora troppi segni del passato: la Russia proclama i principi del libero mercato, ma la sua economia nazionale ricorda sempre più quella sovietica. Le dichiarazioni sullo stalinismo e sulla storia sovietica hanno preso il posto di un reale dibattito sul presente e sul futuro del Paese. In quanto al potere decisionale, la Duma si distingue ben poco dal Soviet Supremo. In conclusione, la Russia nel mondo è vista sempre più non soltanto come il prosecutore legale, ma anche politico dell’Urss”.

La Federazione Russa è una particolare democrazia federativa con un Presidente che - eletto direttamente per un mandato, ridotto a 4 anni nel 1996 - detiene un notevole potere esecutivo. Il Presidente, che risiede al Cremlino, nomina le più alte cariche ufficiali dello Stato, compreso il Primo ministro, che deve essere approvato dalla Duma, la camera bassa del parlamento.

Se la Duma respinge per tre volte la candidatura proposta, il Presidente può addirittura decretarne lo scioglimento. E anche se la Duma ha il diritto di approvare a maggioranza assoluta una mozione di sfiducia al governo, il Presidente può manifestare il suo dissenso. Se poi la Duma approva entro tre mesi un'altra mozione di sfiducia, il Presidente può optare tra l'accettazione delle dimissioni del governo e lo scioglimento dell'assemblea.

Il Presidente può inoltre fare passare dei decreti senza il consenso del parlamento. Egli è anche il capo delle forze armate e del consiglio nazionale di sicurezza. E i forti poteri di cui è titolare hanno determinato una definizione della forma di governo russa come "fortemente presidenzialistica". La Russia ha un parlamento bicamerale.

L'Assemblea Federativa (in russo: Federalnoe Sobranie) consiste in una camera alta conosciuta come Consiglio Federativo (Sovjet Federacii), composto da 166 delegati che prestano un servizio quadriennale (ognuna delle 83 suddivisioni amministrative ne nomina due), e in una camera bassa conosciuta, appunto, come Duma di Stato (Gosudarstvennaja Duma) che comprende 450 deputati, anch'essi in carica per quattro anni.

La nuova legge elettorale prevede la distribuzione dei seggi tra le liste che alle elezioni hanno superato su scala nazionale lo sbarramento del 7%.

In base alla legge sulla non eleggibilità del Presidente della Federazione Russa per un terzo mandato quadriennale consecutivo, nel 2008 Vladimir Vladinirovič Putin ha fatto candidare ed eleggere Dmitrij Anatoljevič Medvedev, che a sua volta ha nominato Putin Primo ministro, in base a un accordo di alternanza tra loro due.

Nel 2012, scaduto il suo mandato presidenziale di 4 anni, Medvedev rinuncia a candidarsi per il secondo mandato per favorire la rielezione di Putin a Presidente della Federazione Russa. E Putin nomina Medvedev Primo ministro una volta tornato al Cremlino, dove resterà per due mandati e non per 8 anni (4 + 4), ma addirittura per 12 anni, perché nel frattempo è stato deciso che dalla prossima elezione il mandato presidenziale è di sei e non più di quattro anni. Putin, dunque, potrà restare al Cremlino fino al 2024.

Un accordo e un modo di procedere che contribuiscono non poco a bloccare la crescita d’una vera democrazia. Che, facendo fatica ad affermarsi e presentandosi con le sue tante contraddizioni oltre che con una palese incapacità di arginare la corruzione dilagante, induce le masse a insane nostalgie o ad abbracciare ideologie totalitarie, come quella nazifascista, combattuta e vinta dal vecchio regime, l’unico merito universalmente riconosciutogli.

La malavita organizzata, la mafia russa, pur presente nel passato regime, quando all’epoca di Stalin si diede un rigoroso codice di comportamento e i suoi affiliati si auto-denominarono “Ladri nella Legge” (Воры в эавоне), si è fortemente rinvigorita in questi ultimi anni grazie alla corruzione dilagante in non poche istituzioni e sull’intero territorio della federazione..

Il ritorno alla fede e la solida nostalgia per la dittatura comunista sono apparentemente contraddetti dal dilagare di un odio razziale che mal si concilia sia col cristianesimo che col “catechismo” politico del passato regime. Che tuttavia, pur predicando bene, razzolava già allora molto male in questo campo.

Basti pensare all’antisemitismo di Stato che emarginava tutti coloro che, pur essendo russi da varie generazioni, non potendo nascondere la propria ebraicità, se non adottando un nuovo cognome, quando ciò gli era consentito, venivano nella pratica quotidiana privati dei propri diritti fondamentali e di incarichi importanti, pur essendo stati ottenuti da loro solo grazie alle proprie ben dimostrate competenze.

L’odio razziale presente durante quasi tutti gli anni del regime sovietico, seppure quasi sempre ipocritamente negato, è oggi dichiarato apertamente da tantissimi russi verso le altre etnie e perfino contro i russi dell’est e del sud, definiti con disprezzo “neri” o con altri epiteti dispregiativi.

Questi fanatici - che si dicono “nazionalisti russi puri”, si dichiarano filocomunisti ed antimperialisti e rivogliono la Festa della Rivoluzione d’Ottobre abolita nel 2005, sostituita dalla Festa dell’Unità Nazionale - sono contestualmente filonazisti, hanno per slogan: “La Russia ai Russi”, attaccano frontalmente la politica governativa alleandosi coi liberali e i neo-comunisti contro il Cremlino e gridano assieme: “Via il Partito dei Ladri e degli Imbroglioni”, cioè il partito “Russia Unita” di Putin e Medvedev, e “Gloria alla Russia! Via la feccia dalla Duma!”

Gli slogan dei nazi russi non sono parole innocue e senza conseguenze, ma pericolosi incitamenti all’odio e alla violenza. In Russia nei primi 10 mesi del 2011 si sono registrati ufficialmente ben 18 omicidi razziali. Un po’ meno del 2010, ma l’anno non è ancora finito e 18 morti ammazzati non rappresentano certo una cifra insignificante.

Per tanti Russi non c’è nessuna contraddizione tra democrazia e nazionalismo. E per loro il nazionalismo induce a violenza e ad omicidi solo perché il governo non provvede a liberare “la terra russa dagli immigrati”. Continuano dunque a incitare i loro connazionali “bianchi” e “settentrionali” all’odio etnico.

I giovani neo-comunisti, quasi tutti benestanti, generalmente figli di nostalgici appartenenti alla nomenclatura del passato regime, non sono da meno. Stigmatizzando l’avvertito malessere di tanti strati della popolazione, in particolar modo dei pensionati dal reddito vergognosamente basso, inneggiano ipocritamente alla libertà, alla solidarietà tra le varie etnie e all’egualitarismo dell’URSS, ben sapendo della loro esistenza solo formale nel passato regime, durante il quale imperavano la censura e la spietata vigilanza poliziesca, che inculcava in tutti il terrore di essere sospettati di antistatalismo e finire, dopo un processo sommario, in un campo di lavoro forzato, il gulag.

(Gulag (in russo: ГУЛаг - Главное управление исправительно-трудовых лагерей, "Glavnoe upravlenie ispravitelno-trudovykh lagerej", "Direzione principale dei campi di lavoro correttivi", spesso scritto GULag) è stato il settore della polizia politica dell'URSS che costituì il sistema penale dei campi di lavoro forzato. Benché questi campi fossero stati pensati per la generalità dei criminali, il sistema dei Gulag è noto soprattutto come mezzo di repressione degli oppositori politici dell'Unione Sovietica)

 A Mosca, in Malyj karetnyj pereulok, 12 (Малый каретный пер., д. 12 ) è Memorial, l’associazione per la difesa dei diritti umani, l’unica Organizzazione Non Governativa, “ONG”, che riesce ancora ad essere presente in Russia.

Diretto dallo storico Arsenij Roginskij, Memorial assiste tutte le persone che vengono private dei loro diritti, in particolar modo se per motivi politici, e ha come attività preminente il mantenimento e la diffusione del ricordo dei campi di lavoro forzato sovietici, i gulag, con una vasta raccolta di documentazioni e testimonianze, che si arricchisce giorno dopo giorno. E tuttavia la percezione che si ha oggi in Russia delle vittime della repressione sovietica è ancora distorta. La maggior parte della popolazione è convinta che il numero di vittime sia assolutamente limitato.

Grazie a Memorial, il 30 ottobre 1990, circa due mesi prima della dissoluzione dell’URSS, a Mosca, in Piazza Lubjanka, vicino alla sede dell’FSB (i servizi segreti russi, l’ex KGB) fu inaugurato un monumento alle vittime dei gulag, una semplice pietra proveniente dalle Isole Solovki, dove nacque il primo dei campi di lavoro forzato sovietici. (FSB - Federal’naja služba bezopasnosti Rossijskoj Federacii (in cirillico: Федеральная служба безопасности Российской Федерации) Servizi federali per la sicurezza della Federazione Russa , è il servizio segreto della Federazione Russia, erede del KGB sovietico. KGB - Komitet gosudarstvennoj bezopasnosti (in cirillico: КГБ - Комитет государственной безопасности), Comitato per la sicurezza dello Stato, era il nome della principale agenzia di sicurezza, servizio segreto e polizia segreta dell'Unione Sovietica, attiva dal 13 marzo 1954 al 6 novembre 1991).

Un altro successo di Memorial è stata la “legge sulla riabilitazione delle vittime della repressione politica” promulgata nel 1991.

In poco più di vent’anni l’associazione Memorial è riuscita a documentare la scomparsa di un numero tra i 22 e i 27 milioni di persone e ha aiutato i familiari a scoprire le cause della loro morte.


Memorial si occupa tuttora dell'assistenza legale e finanziaria delle vittime sopravvissute ai campi di lavoro forzato. Aiuta inoltre tutti i cittadini che ne fanno richiesta a ritrovare documenti e luogo di sepoltura degli ex prigionieri vittime della repressione. Fino ai nostri giorni Memorial ha raccolto ed archiviato documenti riguardanti più di un milione e mezzo di persone rinchiuse nei gulag.

Per rammentare alle future generazioni l'esistenza dell’Arcipelago Gulag e testimoniare la sofferenza patita dalle vittime della repressione sovietica in questi ultimi anni Memorial ha creato un Museo virtuale dei Gulag, che riunisce documenti e inchieste sui campi di lavoro forzato di tutte le ex repubbliche dell'Unione Sovietica, “l’Arcipelago Gulag” di cui ha scritto mirabilmente Solženitsin.

Con l'avvento di Vladimir Vladimirovič Putin alla Presidenza della Federazione Russa, l'atteggiamento delle autorità ha iniziato a farsi repressiva e l’attività di Memorial è ancora oggi duramente ostacolata dalle autorità politiche. Nel dicembre del 2008 la sede di San Pietroburgo dell'associazione è stata sottoposta ad una lunga perquisizione, ordinata dal Prefetto.


I militari hanno sequestrato numerosi documenti cartacei e tutti i dischi rigidi dei computer in uso nella sede, oltre a 10.000 foto d’epoca e diari. Nel mese precedente nel Centro “Sakharov” di Mosca era stato proiettato il documentario “Ribellione. Il caso Litvinenko”, che è vietato in Russia, sul noto assassinio in Inghilterra di Aleksandr Litvinenko, ex agente del KGB.

Nel 2009 il Parlamento europeo ha assegnato il “Premio Sakharov per la libertà di pensiero” a Ludmila Alexejeva, Oleg Orlov e Sergej Kovalev in rappresentanza dell’associazione.

Memorial segue tuttora da vicino la situazione in Cecenia e a tutt'oggi è una delle pochissime ONG a mantenere attivo un ufficio a Grozny, la sua capitale.

Il legame tra la Federazione Russa e il passato regime sovietico si avverte in particolar modo nella censura, che tiene sotto stretto controllo la radio, la televisione e la stampa.

L’unico giornale libero ed indipendente ancora in vita nella Federazione Russa è Novaja Gazeta (Новая Газета), un periodico che esce due volte la settimana, il lunedì e il giovedì. Ha pubblicato importanti inchieste su casi di corruzione nell'esercito e sulla condizione dei civili ceceni coinvolti nel conflitto, di cui è stato sempre un fermo oppositore sin dai tempi del governo El'tsin (1994-1996).

Fra i suoi giornalisti vi era Anna Politkovskaja, autrice di inchieste sulla guerra in Cecenia assassinata il 7 ottobre 2006 a Mosca, in circostanze misteriose. Come è capitato, purtroppo, a diversi altri giornalisti in questi ultimi anni.

Non vi è dunque che una sola differenza tra la repressione di oggi e quella sovietica. Nell’URSS gli scrittori e i giornalisti dissidenti venivano condannati ai lavori forzati, oggi si fanno sparire.

In un articolo del novembre del 2011 pubblicato dalla Novaja Gazeta, Julija Latynina (Юлия Латынина) si chiede fin dal titolo: “A quando la fine?” (Когда конец?) e dichiara che, avendo il congresso del partito “Russia Unita” decretato l’accordo dell’alternanza tra Putin e Medvedev al Cremlino e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il percorso di cambiamento di regime in Russia è praticamente chiuso.

Anche perché il prezzo del petrolio non crolla, i giovani in Russia sono sempre di meno, le persone desiderose di libertà e indipendenza possono liberamente espatriare e il potere attraverso i mass-media, tutti nelle sue mani, riesce a convincere le grandi masse della popolazione che con le proteste non si risolvono i problemi.

Sono questi i principali fattori che contribuiscono a rendere stabile il regime. Ma non mancano del tutto fattori – scrive la giornalista – che operano contro di esso.

La corruzione, innanzitutto. Risulta sempre più evidente che il potere concede ai propri funzionari di commettere qualsiasi crimine, attribuendo la colpa di questi crimini alle vittime, che a furia di ribellarsi all’ingiustizia si mettono automaticamente contro la legge. Un gatto che si morde la coda, dunque, un potere che si autodistrugge.

Subito dopo la corruzione c’è il nazionalismo, associato principalmente al problema del Caucaso, soprattutto in Cecenia, e agli immigrati dell’Asia Centrale e dal Sud.

La mancanza di controllo del Paese comporta anche l’impossibilità d’un controllo fattivo sul Caucaso e sulla stessa immigrazione di Russi asiatici e meridionali, avversati dai Russi europei, soprattutto da quelli settentrionali poveri (finanziariamente e/o intellettualmente), che ricorrono ad ogni sorta di angheria contro i nuovi arrivati, da est e dal sud, pur di affermare la propria superiorità su di loro, ritenendosi legittimati a trattarli come schiavi.

Il terzo fattore di instabilità è Internet. Oggi si calcola che ben 60 milioni di Russi siano nella rete. Putin, da quando ha preso il potere, ha avuto la TV tutta per sé e le notizie che questa diffonde sono tutte ben controllate dai funzionari e dalla polizia.

Internet ha cambiato nettamente la situazione, favorendo la libera diffusione delle opinioni, in Russia come nel mondo intero, e nel Nord-Africa in particolare, dove ha contribuito non poco a ridare vigore ai dissidenti e a spingerli a scendere in piazza per pretendere ed ottenere libertà e democrazia vera.

Il quarto fattore di instabilità è l’opinione pubblica. In Russia diventa sempre più un’abitudine parlar male del regime e criticare apertamente la corruzione degli alti funzionari e la complicità dei due oligarchi. Anche nelle riviste patinate, che va nelle mani di molti benestanti e di membri della nuova nomenclatura, non manca mai una sottile critica al Governo e al Cremlino. Una situazione molto simile a quella del 1989, quando il regime sovietico crollò perché criticato da tutti, tranne che dalla TV di Stato e dai giornali, tutti più o meno rispettosi delle direttive dell’unico partito esistente, il PCUS.

Infine: l’assenza di difensori. Il regime non ha nessuno disposto a sacrificarsi per salvarlo, neanche nelle alte sfere, dove funzionari provenienti dal KGB o dalla FSB non fanno nulla per liberare la Russia dalla corruzione. “ Sono uomini ben disposti a chiudere anche entrambi gli occhi per il Capo del Governo e il Presidente, ma non a farsi ammazzare per loro”.

Ci sarà una Primavera Russa, come quella Araba? – Una domanda senza risposta. Il regime è sempre più instabile, l’accordo dell’alternanza tra i due oligarchi è sempre più criticato, lo stesso Putin non gode più dei trionfi di piazza e in talune occasioni è perfino contestato. Ma purtroppo le leggi attuali non consentono una previsione di rinnovamento sostanziale con le prossime elezioni. E tuttavia il fermento d’un malessere crescente è avvertito ovunque. E tutti si chiedono con rabbia ed impazienza: “A quando la fine di questo regime?”



 

 

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