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ATTUALITà


N. 40 - Aprile 2011 (LXXI)

a proposito del Federalismo Fiscale
opinioni di un “Terrone”

di Roberto Perrone

 

Va bene la realizzazione del federalismo fiscale poiché porrà fine agli sprechi e porterà ad una più oculata conduzione della cosa pubblica da parte dei “Governatori”.

 

Essere responsabili delle entrate e delle uscite potrà indurre i responsabili quanto meno a contenere la spesa pubblica entro il limite delle entrate, salvo la cosiddetta “motivata” perequazione che sa tanto di obolo.

 

È altrettanto significativo e valido il passaggio dalla spesa storica alla spesa che tiene conto di parametri standard (chissà che casino faranno su questo).

 

Premialità per i virtuosi e sanzioni per chi virtuoso non è e non è capace di esserlo. Benissimo. È però necessario, per ragioni di equità, fare in modo che le regioni possano iniziare questo nuovo corso in condizioni di parità. Parità oggi totalmente assente, in particolar modo tra le regioni del nord e quelle del sud.

 

È necessario innanzitutto pareggiare, risanandole, con un intervento dello Stato, le passività delle regioni con bilanci negativi anche attingendo da quei residui attivi di regioni i cui bilanci oggi risultano attivi o sono millantati per tali.

 

È inoltre necessario, equo e determinante, per quei principi di territorialità tanto cari ai leghisti, fare in modo che il Sud, oltre a recuperare quel poco di ciò che produce di suo, possa usufruire comunque di tutto ciò che producono altri o, diciamo meglio, sfruttano altri sul suolo regionale.

 

In Sicilia, per esempio, si estrae il 90% del petrolio Italiano ma, ai siciliani rimane ben poco. Lo stesso avviene con il petrolio della Basilicata. Tutte le aziende turistiche, dai Mediterranee ai Valtur, dagli alberghi a 5 stelle ai McDonald e tutte quelle strutture a capitale multinazionale e nordico, le cui sedi legali e fiscali sono a Milano, piuttosto che a Torino se non proprio in paesi cosi detti “paradisi fiscali”, dovranno concorrere al soddisfacimento delle necessità impositive delle regioni ove operano.

 

Considerata la nostra qualifica di “Terroni”, le regioni del Sud, per poter competere con le più attrezzate regioni del Nord nell’offerta dei servizi ai cittadini, dovrebbero tutelare le produzioni agricole di eccellenza, unitamente al nostro artigianato ed il nostro patrimonio paesaggistico.

 

L’olio, l’uva ed il vino di Puglia, con i quali il nord, a mezzo di una miracolistica operazione di moltiplicazione dei pani e dei pesci, produce i Montalcino i Barbera e il Bertolli rivendendoli al sud come nettare degli dei, dovrebbero essere tutelati e valorizzati oltre che aumentati di prezzo e perché no anche sottoposto a maggior oneri fiscali.

 

Con il ricavato potremo rifare anche le strade e le autostrade che camion e tir giornalmente utilizzano e consumano mentre consegnano i loro prodotti frutto dell’operosità e della virtuosità del nord.

 

Le ciliegie di Corato, l’uva di Rutigliano, i limoni di Salerno, i pomodori di Pachino e quelli di San Marzano; i Clementini calabresi, il pesce delle nostre paranze da Barletta a Trapani e Mazzara del Vallo. Le saline di Lesina, le Grotte di Castellana e i trulli di Alberobello, le isole Tremiti ed il Gargano; I sassi di Matera, Capri e la costiera Amalfitana, Taormina e Siracusa… potrei continuare a lungo ma mi fermo.

 

Questo è il nostro valore aggiunto, questa la nostra perequazione, questa la nostra forza, queste le nostre risorse. Usiamole, valorizziamole, monetizziamole.

 

(Non vendiamole)

 

Tutte le grandi multinazionali che dall’Unità d’Italia ad oggi hanno spremuto ed impoverito il sud dovrebbero lasciare nelle casse delle regioni ove operano tributi relativi a, IRPEF, IRAP; ICI; IVA e quant’altro.

 

Le nostre regole tributarie prevedono che il cittadino straniero se produce reddito in Italia corrisponda i tributi allo stato Italiano. Applichiamo questa regola tra le regioni ed avremmo ottenuto una perequazione equa ed automatica.

 

Questa è la vera perequazione ed il vero federalismo fiscale che voglia mantenere una nazione unita, uno stato valido che non abbia figli e figliastri, sia pure nell’applicazione di un federalismo fiscale,

 

In questo modo si porrebbe anche fine alle lamentele e i piagnistei dei leghisti che finalmente potrebbero accumulare il loro denaro non più sperperato da Roma ladrona e da terroni ladri e mafiosi, nel loro palazzo regionale consentendo, ogni tanto, al loro grande capo, di farvi un tuffo: come Paperon de’ Paperoni.

 

Una esortazione per i giovani meridionali: riprendetevi l’onore e la dignità del vostro passato, siate Borbone nel cuore nell’animo e nelle azioni e non fatevi toccare dalle offese leghiste.

 

Quando Napoli e il suo regno erano il faro e la civiltà d’Europa il Veneto faceva i conti con una nera emigrazione. Asserviti allo straniero erano loro a gemere ed emettere grida di dolore che i Borbone hanno anche saputo e voluto raccogliere inviando un contingente militare di 16.000 uomini, nella prima guerra d’indipendenza, allo scopo di aiutare a liberare quegli “italiani” dalla dominazione austriaca.

 

Desidero concludere queste mie riflessioni rivolgendo un pensiero a Giacinto De Sivo il poeta di Maddaloni che amò tanto il suo Re e la sua Patria da definirla il “Sorriso del Signore”.

 

“La Patria nostra era il sorriso del Signore.
La Provvidenza
la faceva abbondante e prospera,
lieta e tranquilla, gaia e bella,
aveva leggi sapienti, morigerati costumi
e pienezza di vita,
aveva esercito, flotta,
strade, industrie, opifici,
templi e regge meravigliose,
aveva un sovrano nato napolitano
e dal cuore napolitano.

L’invidia, l’ateismo e l’ambizione
congiurarono insieme per abbatterla e spogliarla”

Giacinto de’ Sivo
(da Storia delle Due Sicilie)

 

Forza e onore.



 

 

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