N. 33 - Settembre 2010
(LXIV)
FEDERALISMO DEMANIALE
Pezzi d’Italia in vendita?
di Giovanna D’Arbitrio
Giornali
e
telegiornali
qualche
giorno
fa
hanno
dato
un’allarmante
notizia:
l’Agenzia
Demaniale
ha
compilato
un
elenco
di
“beni”
(19mila
tra
fabbricati
e
terreni)
messi
a
disposizione
degli
enti
locali
dopo
l’approvazione
del
federalismo
demaniale.
Spiagge,
fari,
ferrovie,
acquedotti,
palazzi
antichi,
isole
e
perfino
le
Dolomiti
potrebbero
essere
venduti!
Insomma
pezzi
d’Italia
potrebbero
finire
sul
mercato
mondiale
globalizzato
come
merci
qualsiasi.
L’obiettivo
sembra
che
sia
la
loro
valorizzazione,
ma
si
può
arrivare
anche
ad
”alienarli”,
cioè
a
venderli
a
patto
che
gli
introiti
servano
a
ridurre
il
debito
pubblico.
Roma
pare
che
sia
il
territorio
più
coinvolto:
il
museo
di
Villa
Giulia,
il
mercato
di
Porta
Portese,
il
cinema
nuovo
Sacher
di
Nanni
Moretti,
l’idroscalo
di
Ostia
e
quant’altro
sono
nella
lista.
In
un
articolo,pubblicato
su
“la
Stampa”,
il
geologo
Mario
Tozzi
ha
cercato
di
mettere
in
evidenza
i
danni
che
tutto
ciò
potrebbe
arrecare
al
patrimonio
culturale
e
ambientale,
patrimonio
collettivo
che
rappresenta
l’
“identità”
del
nostro
paese.
Si
possono
considerare
monumenti
e
territori
come
una
sorta
di
“petrolio
d’Italia”,
insomma
una
risorsa
da
spremere,
soprattutto
in
tempo
di
crisi,
per
garantire
altri
servizi
in
tanti
comuni
in
difficoltà?
Si
può
forse
comprendere
che
talvolta
ci
siano
strutture
inutilizzate
e
prive
di
valore
che,
vendute
a
privati,
potrebbero
essere
fonte
di
profitti
da
impiegare
poi
a
vantaggio
di
tutti
i
cittadini.
Ci
domandiamo
però
se
sia
giusto
che
un
prestigioso
patrimonio
storico,
culturale
e
paesaggistico
debba
essere
alienato
in
assurde
ottiche
di
mercato.
Forse
dovremmo
imparare
soprattutto
a
discernere
“tra
oggetto
antico”
e
“valore
artistico”,
cioè
tra
oggetti
di
uso
quotidiano
e
vere
opere
d’arte,
come
afferma
Aldo
Marinelli
in
“Alfabeto
Italia”.
Per
quanto
riguarda
i
primi
si
potrebbe
custodirne
alcuni
esemplari
a
testimonianza
di
un’epoca
e
venderne
altri
realizzando
capitali
e
liberando
magazzini
e
scantinati
di
musei
dove
giacciono
abbandonati
da
tempo,
mentre
i
beni
artistici
di
prestigio
dovrebbero
essere
custoditi
e
difesi
con
cura.
Anche
la
privatizzazione
di
terreni
e
parchi
nazionali,
considerati
un
tempo
aree
protette,
potrebbe
dare
il
via
a
mille
speculazioni
(villaggi
turistici,
colture
OGM,
discariche
e
quant’altro,
come
accade
già
nei
paesi
del
III
mondo).
Preziosi
ecosistemi
e la
stessa
biodiversità
vengono
così
distrutti
ogni
giorno
sul
pianeta
Terra.
Mario
Tozzi
si
domanda:
"Quanto
vale
una
spiaggia
dell’arcipelago
toscano
o
una
torre
calcarea
delle
Dolomiti?
Quanto
vale
una
bellezza
naturale
nel
mondo
del
terzo
millennio,
dilaniato
da
una
crisi
economica
che
rischia
di
confondere
i
“valori
con
i
prezzi”?"
Secondo
lui,
nessun
valore
economico
e
finanziario
può
essere
assegnato
ai
beni
culturali
e
naturalistici:
sarebbe
pura
follia,
una
gravissima,
incalcolabile,
immensa
perdita
per
la
nostra
Italia
e
per
tutta
l’Umanità,
se
tali
strategie
politico-economiche
dovessero
ulteriormente
diffondersi.