N. 101 - Maggio 2016
(CXXXII)
Fabio Massimo Cunctator
Il dittatore che salvò Roma temporeggiando - Parte I
di Paola Scollo
Protagonista
della
scena
politica
di
Roma
all’epoca
dello
scontro
con
Cartagine,
Fabio
Massimo
apparteneva
alla
gens
dei
Fabi,
che
«generò
molti
e
grandi
uomini»
(Fab.
I
3).
Personaggio
discusso
e
controverso,
ha
ispirato
nel
corso
del
tempo
il
genio
di
scrittori
e
artisti.
Numerosi
e,
talvolta,
antitetici
i
giudizi
che
sono
stati
espressi
su
di
lui.
Ennio,
negli
Annales
(XII
370
-
372),
ha
affermato:
«Un
solo
uomo
ha
rimesso
in
piedi
temporeggiando
lo
stato»;
Polibio
(Storie
III
87.
6)
lo
ha
definito
«uomo
insigne
per
prudenza
e
doti
naturali».
Cicerone
(De
senectute
IV
10 -
12)
ha
scorto
in
lui
«gravità
condita
di
gentilezza»
e,
soprattutto,
una
forma
di
«pazienza»
con
cui,
seppur
anziano,
«smorzava
la
giovanile
baldanza
di
Annibale».
D’altra
parte,
-ricorda
sempre
Cicerone-
Fabio
non
era
«grande
soltanto
in
pubblico
e
sotto
gli
occhi
dei
concittadini»,
ma
era
anche
«più
eccelso
nell’intimità
della
sua
casa».
Pur
condividendo
il
giudizio
di
Ennio,
Tito
Livio
ha
avanzato
dubbi
sulla
possibilità
di
considerare
l’azione
«temporeggiatrice»
di
Fabio
quale
espressione
di
un’indole
cauta
o,
piuttosto,
quale
conseguenza
del
tipo
di
guerra
che
si
combatteva
all’epoca.
Valerio
Massimo
ne
ha
ammirato
la
«costanza
nell’amor
di
patria».
Infatti,
«sottoposto
a
molte
altre
ingiustizie,
egli
rimase
sempre
nella
stessa
disposizione
di
spirito
e
non
si
permise
mai
di
adirarsi
contro
la
repubblica:
tanto
costante
fu
nell’amore
verso
i
concittadini».
Degna
di
ammirazione
è
poi
la
condotta
tenuta
in
occasione
della
guerra
contro
Cartagine:
«come
Scipione
con
il
combattere,
costui
con
il
non
combattere
apparve
essere
il
maggior
sostegno
della
patria;
quegli
con
la
rapidità
conquistò
Cartagine,
con
il
temporeggiare
questi
fece
sì
che
Roma
non
fosse
soggiogata»
(De
constantia
III
8.
2).
Tuttavia,
proprio
l’azione
del
temporeggiare,
cunctare,
che
per
molti
scrittori
ha
costituito
motivo
di
lode,
è da
porre
alle
origini
di
numerose
aspre
critiche
nei
confronti
di
Fabio.
Ed è
ad
un
tempo
vero
che
nel
perenne
dissidio
tra
pugnare
e
cunctare
risiede
il
fascino
del
suo
carattere,
ethos.
Tale
contrasto
emerge
particolarmente
dal
ritratto
che
del
dittatore
romano
ha
delineato
Plutarco
nelle
Vite.
Sin
dalle
prime
righe
del
racconto
di
Plutarco
è
possibile
scorgere
un
profondo
e
vivo
contrasto
che
anima
la
natura,
physis,
di
Fabio.
Stando
al
biografo,
era
opinione
diffusa
che
il
giovane
fosse
pigro
o,
addirittura,
stupido.
Ad
alimentare
tale
giudizio
pare
siano
state
la
lentezza
e la
fatica
che
manifestava
nell’apprendere
quanto
gli
veniva
insegnato.
In
ogni
caso,
con
il
trascorrere
del
tempo,
il
giovane
dimostrò
efficacemente
che
la
pigrizia
era,
in
realtà,
imperturbabilità,
la
circospezione
prudenza,
la
scarsa
prontezza
e la
lenta
reattività
fermezza
e
costanza.
Infatti
-
specifica
Plutarco
-
soltanto
«chi
è in
grado
di
guardare
in
profondità»,
ovvero
di
procedere
oltre
le
apparenze,
può
giungere
alla
comprensione
della
vera
physis
di
Fabio,
caratterizzata
da
fermezza,
magnanimità,
forza
leonina,
mitezza,
rettitudine,
stoltezza
e
capacità
di
sopportazione.
Un
ruolo
di
assoluta
centralità
è
poi
da
attribuire
alla
praotes,
che
distingue
il
personaggio
sia
dal
punto
di
vista
fisico
sia
dal
punto
di
vista
morale.
E
pare
che
proprio
per
tale
mitezza
e
pacatezza
abbia
ricevuto
il
soprannome
di
Ovicula,
pecorella.
Narra
Plutarco
che,
sin
da
giovane,
Fabio
esercitò
il
proprio
corpo
alla
guerra,
reputandolo
«un’arma
data
all’uomo
dalla
natura
stessa».
Inoltre,
coltivò
la
parola,
«strumento
di
persuasione
del
popolo»,
cercando
di
adattare
lo
stile
oratorio
al
proprio
modus
vivendi
(Fab.
I
7).
Con
questa
indole
Fabio
riuscì
a
intraprendere
una
brillante
carriera
politica.
Per
ben
cinque
volte
ottenne
il
consolato
e
nel
233
a.C.,
in
occasione
del
primo
incarico,
celebrò
il
trionfo
sui
Liguri.
Nel
230
a.C.
fu
nominato
censore.
Nel
228
a.C.,
in
qualità
di
console
per
la
seconda
volta,
si
oppose
alla
Lex
Flaminia
sulla
divisione
dell’agro
piceno
e
gallico.
Al
di
là
di
questi
significativi
successi
politici,
la
fama
di
Fabio
è
legata
in
particolar
modo
allo
scontro
con
Annibale
durante
le
guerre
puniche.