N. 100 - Aprile 2016
(CXXXI)
F.C. Internazionale
parte I - L’inizio di una grande avventura
di Francesco Agostini
Può
sembrare
sciocco,
in
un
mondo
spietato
e
cinico
come
quello
del
calcio,
aggrapparsi
a
numeri,
statistiche
e
record
eppure,
delle
volte,
questi
rendono
meglio
l’idea
di
qualunque
altra
fonte.
Per
capire
la
grandezza
dell’Inter
ne
basta
uno
solo:
in
tanti
anni
di
storia,
la
squadra
di
Milano
è
l’unica
in
Italia
che
non
è
mai
scesa
nella
serie
cadetta,
la
B. È
effettivamente
un
dato
che
fa
riflettere
e
che
sprona
chiunque
sia
un
appassionato
di
calcio
a
guardare
a
questa
grande
compagine
con
ammirazione
e
profondo
rispetto.
Il
Football
Club
Internazionale
Milano
nasce
il
nove
marzo
1908
dall’idea
di
quarantaquattro
giovani
dissidenti
della
squadra
che
negli
anni
diventerà
la
sua
più
accesa
rivale:
il
Milan,
l’altra
formazione
del
capoluogo
lombardo.
I
colori
stessi
dell’Inter
nascono
in
contrapposizione
a
quelli
del
Milan,
rosso
e
nero.
Il
nero
rimase,
rigorosamente
a
strisce
verticali,
ma
gli
si
oppose
l’azzurro
che,
in
qualità
di
colore
freddo,
ben
si
distanziava
dalla
tonalità
calda
del
rosso.
Il
simbolo
interista
fu
scelto
da
uno
dei
quarantaquattro
fondatori
stessi,
Giorgio
Muggiani,
pittore
che
attraversò
anche
una
fase
futurista.
Futurista
è,
appunto,
la
scelta
del
simbolo:
una
C al
cui
interno
si
snodano
in
un
bellissimo
incastro,
la
M,
la I
e la
F,
che
stanno
rispettivamente
per
Calcio,
Milano,
Inter
e
Football.
Il
logo
rimase
in
bianco
e
nero
fino
al
1928,
poi
fecero
la
comparsa
i
colori
e il
giallo
ravvivò
lo
stemma.
In
seguito
si
aggiunse
una
piccola
stella
laterale
che
negli
ultimi
anni
si è
spostata
in
alto,
sopra
la
grande
C.
Quanto
ai
soprannomi,
l’Inter
ne
ha
principalmente
due:
la
“Beneamata”
e il
“Biscione”.
La
“Beneamata”
fu
un
nomignolo
dato
dal
giornalista
sportivo
Gianni
Brera
che,
vista
l’enorme
popolarità
che
la
squadra
aveva
non
solo
nell’interland
lombardo
ma
in
tutta
Italia,
decise
di
sottolinearne
l’affetto
e il
consenso
che
essa
riceveva.
L’altro,
il
“Biscione”
è
tutt’oggi
il
simbolo
della
città
di
Milano.
Lo
stadio
di
casa
è
ovviamente
San
Siro,
uno
dei
luoghi
più
amati
al
mondo
per
praticare
il
calcio
e
che,
vista
la
coabitazione
cittadina
con
il
Milan,
è
diviso
fra
le
due
squadre.
San
Siro
è un
impianto
storico
che
ha
subìto
un
importante
restyling
nel
1990
in
occasione
dei
mondiali
di
calcio,
svoltisi
proprio
in
Italia.
Singolare
nella
storia
dell’Inter
è
sicuramente
la
vicenda
legata
alla
prima
presidenza
del
club.
Colui
che
ricevette
per
primo
l’incarico
fu
Giovanni
Paramithiotti,
di
per
sé
già
fuori
dal
comune
nel
nome.
La
cosa
per
certi
versi
drammatica
fu
che
Paramithiotti,
ebreo
e
imprenditore
affermato,
aveva
nell’ambiente
la
brutta
fama
di
iettatore.
Uno
che
portava
sfortuna,
insomma.
L’Italia,
allora
ancora
molto
indietro
culturalmente
e
socialmente,
risentiva
ancora
di
queste
antiche
e
sciocche
credenze
e
fatti
accertati
narrano
di
come
il
presidente
dell’Inter
si
recasse
allo
stadio
camuffandosi
con
cappelli
e
barba
finta,
per
non
farsi
riconoscere.
Non
sopportando
più
la
situazione,
l’anno
seguente
fu
costretto
a
dimettersi
e
salì
in
carica
un
altro
imprenditore,
Ettore
Strauss.
L’inizio
della
storia
interista
partì
subito
bene.
A
soli
due
anni
di
distanza
dalla
nascita
come
società
sportiva,
la
“Beneamata”
riuscì
a
vincere
il
primo
scudetto,
cosa
che
si
ripeté
dieci
anni
dopo,
nel
1920.
In
seguito,
negli
anni
del
fascismo,
l’Inter
come
altre
squadre
fu
costretta
a un
radicale
cambiamento
impostogli
dalle
scelte
radicali
del
duce.
Il
nome
Internazionale,
infatti,
non
era
gradito
a
Mussolini
e a
gran
parte
dei
dirigenti
del
Partito
Nazionale
Fascista.
Troppo
esterofilo,
dicevano,
e
per
di
più
aveva
una
“terribile”
somiglianza
con
l’Internazionale
comunista.
Di
conseguenza
il
nome
fu
cambiato
nel
1931
in
un
più
Italico
Ambrosiana,
termine
derivato
dal
patrono
di
Milano,
Sant’Ambrogio,
in
modo
che
desse
nuovamente
un’idea
d’italianità
e di
tradizione
alla
squadra.
Come
anche
accadde
alla
Roma,
l’Ambrosiana
dovette
fondersi
con
l’Unione
Sportiva
Milanese
perché
sempre
il
regime
fascista
aveva
decretato
la
drastica
riduzione
delle
squadre
cittadine.
Oltre
al
nome,
cambiò
anche
la
maglia.
L’Ambrosiana
non
aveva
più
le
strisce
verticali
nerazzurre
ma
una
maglietta
bianca
sovrastata
da
una
gigantesca
croce
rossa,
altro
simbolo
della
città
meneghina.
Proprio
al
centro
della
croce
c’era
il
fascio
littorio,
a
sottolineare
la
centralità
dell’oppressivo
partito
fascista,
che
permeava
ogni
singolo
ambito
della
vita
politica,
culturale
e
ricreativa
degli
italiani.
Il
nome
del
club
e la
maglia
tornarono
all’origine
grazie
al
crollo
del
regime,
nel
1945.