.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

ambiente


N. 110 - Febbraio 2017 (CXLI)

BREVE STORIA DELLE TEORIE OCCIDENTALI SULLE CAUSE DEI TERREMOTI
PARTE V - SEICENTO: IL SECOLO DEL FUOCO SOTTERRANEO

di Niccolò Caramel

 

Una visione simile a quella di Keplero fu adottata da Renato Cartesio (1596-1650). Dopo Lucrezio, il quale scrisse una cosmologia completa a partire dal Caos, Cartesio è il primo a proporre un’architettura ordinata della Terra, basandosi su pochi e semplici strumenti, integrati dalle leggi dei fluidi e della caduta. Il modello utilizzato procede secondo deduzione logica, mai secondo una quantificazione reale e numerabile (motivazione che spingerà in seguito Isaac Newton a contestare la concezione cartesiana della filosofia naturale, reputandola come fantasiosa).

 

Cartesio, nei Principia Philosophiae (1644), si propose di trasferire al sottosuolo terrestre le nature concentriche che gli antichi attribuivano al cielo. Egli suppose che la Terra si fosse formata in questo modo: al centro si trova un nucleo fluido di fuoco incandescente, simile al Sole, circondato da un guscio sferico di metallo. Attorno al nocciolo centrale si forma uno strato di sedimentazione rocciosa, creata per differenziazione tra gli elementi più pesanti e quelli più leggeri. Questi sono racchiusi da uno strato di acqua e uno di aria, al di là di questi si trova la crosta con sopra l’atmosfera. Nella sua visione, però, non viene presupposta una diretta connessione tra il “fuoco centrale” e i focolai locali osservabili nella crosta terrestre. La formazione di montagne e oceani viene spiegata mediante delle fratture nella Terra che si allargano e cadono nell’oceano sottostante e sul deposito roccioso, il processo di erosione – già nominato da Aristotele e Giordano Bruno – non viene invece contemplato: ogni cosa viene spiegata attraverso il processo di caduta. Per chiarire le irregolarità del pianeta Cartesio ricorse solamente a leggi meccaniche e chimiche, e, nella sua visione, i terremoti e le eruzioni vulcaniche vengono causati da una scintilla accidentale che infiammava il vapore solforico all’interno di anfratti e grotte sotto la crosta della Terra, provocando lo scuotimento delle pareti degli antri:

 

«Quando una scintilla vien fatta scoccare in queste cavità, subito essa divampa in tutto il fumo di cui sono piene e la materia fumante, mutando si a questo modo in fiamma, si rarefà d’un tratto e spinge con grande violenza tutti i lati del luogo dov’è rinchiusa [...] Di qui vengono i terremoti: quando le cavità invase dalla fiamma sono molto estese, per un momento può essere scossa tutta la zona che sovrasta e anche quella che le circonda». [Cartesio 1968, 269-270]

 

Nonostante la spiegazione cartesiana non porti grandi novità rispetto al passato e sebbene egli si affidi alla coerenza deduttiva piuttosto che alla ricerca di conferme empiriche, preoccupandosi unicamente della logicità del suo pensiero nella spiegazione della natura, possiamo notare nella sua concezione molti elementi del concetto moderno di tettonica a zolle o tettonica delle placche, che svolgono un ruolo importante nella generazione dei terremoti: l'inclinazione del blocco della crosta nel processo di caduta indica una concezione non troppo lontana da quella contemporanea sulle aree di subduzione a rischio sismico nella zona della litosfera. La visione di Cartesio portò ad una rivoluzione in ambiente europeo nella visione del sottosuolo (solamente in ambito protestante, in Italia si rimarrà ancora ad una interpretazione più ortodossa) e riuscì a dare una spiegazione più realistica rispetto a quella medievale delle profondità terrestri abitate dagli inferi. Molti vennero influenzati dalle idee cartesiane e cercarono di fornire la propria interpretazione; rispetto alla cultura medievale, nel Cinquecento e Seicento iniziarono così a circolare rappresentazioni naturalistiche del sottosuolo.

 

Pochi anni dopo, il gesuita Athanasius Kircher (1601-1680) volle ristabilire una coerenza tra la concezione religiosa della presenza degli inferi nel centro della Terra e le dottrine fisiche e chimiche che mostrano la presenza del fuoco nel sottosuolo. Le teorie kircheriane vennero esplicate nel suo Mundus subterraneus, quo universae denique naturae divitiae (1664-1678). Il concetto di “fuoco centrale” come causa diretta di eruzioni vulcaniche e scosse sismiche non era più sufficiente a spiegare i movimenti sulla superficie terrestre. Kircher, così, elaborò un sistema secondo il quale la totalità dei fenomeni di riscaldamento rilevabili in superficie e ritrovabili in tutti i continenti sono i punti di uscita dell’energia che, originata nel nocciolo più interno del pianeta, si dirama in nidi di fuoco intermedi (Pyrophylacia) collegati al nocciolo da grotte sotterranee e passaggi che si estendono nella totalità del corpo terrestre.

 

Sempre all’interno del dibattito che iniziò a partire dall’uscita dei Principia Philosophiae e che si protrasse fino alla metà del XVIII secolo, in molti si cimentarono nel tentativo di spiegare l’origine e la formazione del pianeta terrestre. Tra di essi troviamo il teologo e scrittore di cosmologia Thomas Burnet (1635-1715). Egli prestava attenzione, nella compilazione del Telluris Theoria Sacra (1681-1689) e nella sua edizione inglese Sacred Theory of the Earth (1684-1689), nel cercare di offrire non solamente una spiegazione di filosofia naturale, ma anche una storia della salvezza in termini eterodossi. Ricercò una mediazione tra teorie cartesiane e nuove scoperte newtoniane ed espose un parallelismo tra discorso biblico e scienza, pur allontanandosi dal meccanicismo. Vediamo in Burnet, al pari di Cartesio, una spiegazione geocentrica del sottosuolo, nonostante egli si differenziasse dal filosofo francese nella rappresentazione sulla composizione degli strati e nella formazione di questi. Nel suo disegno i vulcani assumono una notevole rilevanza (nel Sacred Theory of the Earth si può notare un riferimento non esplicito alle teorie di Kircher, pur non accettando la concezione dei pyrophylacia), ma il fuoco viene considerato come elemento superficiale. I terremoti, invece, sono il prodotto dei fuochi e delle arie che si muovono nelle cavità sotterranee e ne colpiscono le pareti.

 

Nel trattato scientifico Prodromo (1669), Niels Stensen (1638-1687), medico e anatomista danese, attribuisce un ruolo importante al fuoco sotterraneo. In contrasto con le idee di Kircher, Stensen – o Stenone – si basava su prove empiriche. Egli, infatti, riteneva di primaria importanza osservare direttamente ciò che si indaga, adottando un atteggiamento autoptico. Stenone fu il primo ad analizzare la temporalità degli strati successivi di roccia, cercando delle conferme attraverso l’effettuazione di discese nelle caverne (nel 1671 scese in una grotta della Toscana e disegnò una sezione della Terra). Da un'indagine approfondita della struttura geologica della Toscana, egli dimostrò, oltre al cambiamento nell’ossatura degli strati, dato da un lento processo di sedimentazione, anche la mutazione rapida e traumatica attraverso il sollevamento, o il crollo, causato dai terremoti; le scosse telluriche sarebbero, così, la principale causa della genesi delle montagne.

 

Robert Hooke (1635-1703), studioso della Royal Society, lavorò come astronomo e naturalista, in particolare sul problema dei fossili. Egli provò, ancora prima di Stenone, a dedurre la variazione della crosta terrestre in seguito ai terremoti. Hooke pensava che, a causa di alcuni grandi terremoti, significative porzioni della Terra si fossero alzate senza distruggere gli strati, ma alzandoli e creando montagne. Non elaborò mai, però, una teoria che spiegasse le cause delle scosse.

 

Pur rimanendo attaccato a teorie passate, un tentativo di spiegazione venne presentato anche dal filosofo e naturalista tedesco Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716), nella Protogaea (1690-1691). Consapevole del fatto che le teorie riguardanti il cuore della Terra erano pure congetture, spiegò la formazione del globo a partire dalle concezioni di Cartesio e Agricola: la Terra era una stella che si raffreddò, mantenendo il nucleo caldo; la crosta superficiale, in seguito al raffreddamento, si solidificò e si inspessì. In questa visione i terremoti e le eruzioni vulcaniche sono causati dallo scoppio dei focolari locali presenti nelle grotte formate durante il raffreddamento della crosta terrestre.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Burnet T., Telluris Theoria Sacra, Amsterdam: Joannem Wolters, 1699 (ed. or. 1681-1689).

Cartesio R., I principi della filosofia, in Opere filosofiche, volume terzo, Editori Laterza, Roma, 1968 (ed. or. 1644).

Kircher A., Mundus subterraneus, quo universae denique naturae divitiae, Amstelodami: apud Joannem Janssonium à Waesberge & filios, 1678 (prima ed. 1664).

Leibniz G.W., Protogaea, Toulouse : Presses universitaires du Mirail, c1993 (prima or. 1690-1).

Oeser E., Historical Earthquake Theories from Aristotle to Kant, in Rudolf Gutdeutsch, Gottfried Grünthal e Roger Musson (a cura di), Historical Earthquakes in Central Europe, vol. I, Abhandlungen der Geologischen Bundesanstalt, vol. 48, Geologische Bundesanstalt, Wien, 1992.

Stenone N., Prodromo a una dissertazione su un solido naturalmente contenuto in un altro solido, Roma: Casa Editrice Leonardo da Vinci, 1928 (prima ed. 1669).



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.