N. 108 - Dicembre 2016
(CXXXIX)
BREVE STORIA DELLE TEORIE OCCIDENTALI
SULLE
CAUSE
DEI
TERREMOti
PARTE III - LA CAUSALITÀ "DIVINA"
di Niccolò Caramel
In
accordo
con
Erhard
Oeser,
nel
periodo
che
corre
lungo
tutto
il
Medioevo
e
arriva
fino
ai
primi
tempi
moderni,
possiamo
costatare
una
grande
staticità
nello
sviluppo
dei
concetti
riguardanti
i
meccanismi
di
funzionamento
del
terremoto
e
nella
ricerca
delle
sue
cause.
In
questo
periodo,
l’autorità
di
Aristotele
era
così
rilevante
da
ridurre
le
speculazioni
fisiche
sui
terremoti
unicamente
a
commenti
alle
sue
idee.
L’unica
notevole
differenza
che
possiamo
evidenziare
rispetto
ad
Aristotele,
indissolubilmente
legata
al
tempo
storico
nel
quale
queste
idee
si
sono
formate,
è la
convergenza
da
parte
della
totalità
degli
autori
cristiani
nell’attribuire
a
Dio
la
qualità
di
Causa
Prima
dei
terremoti.
Perciò,
le
cause
naturali
presentate
dallo
Stagirita
divennero,
in
questo
periodo,
secondarie.
Mentre
Aristotele
fondava
la
propria
posizione
teorica
su
ricerche
empiriche,
gli
aristotelici
medievali
non
avevano
portato
a
termine
alcuno
studio
di
tale
genere,
limitandosi
a
commentare
le
sue
opere.
La
supremazia
aristotelica
e
degli
autori
dell’antichità
rimarrà
infatti
dominante
fino
all’accettazione
del
sistema
copernicano
e al
superamento
della
visione
aristotelica
della
natura,
in
seguito
allo
sviluppo
della
fisica
sperimentale
di
Galileo
Galilei.
Durante
il
primo
Medioevo,
i
modelli
esplicativi
derivanti
dall’antichità
erano
esposti
da
Isidoro
di
Siviglia.
Le
varie
spiegazioni
erano
sempre
frutto
di
elaborazioni
delle
teorie
di
Lucrezio,
Aristotele,
Democrito,
Sallusto,
Teofrasto
e
Seneca.
Sempre
in
quel
periodo,
le
teorie
scientifiche
divennero
più
sistematiche
grazie
alle
traduzioni
di
Aristotele
dall’arabo
e
alla
sua
acquisizione
scolastica.
La
lettura
fisica
del
mondo
che
cominciava
a
delinearsi,
affiancandosi
a
quella
simbolica,
rimaneva
comunque
relegata
ad
una
conoscenza
elitaria,
recepita
perlopiù
dagli
uomini
di
religione
e
nelle
corti
monarchiche.
Alberto
Magno
(1206-1280),
il
più
famoso
scienziato
naturale
del
XIII
secolo,
si
rifaceva
in
primo
luogo
alle
opere
di
Aristotele
e
dei
suoi
commentatori
arabi
ed
ebraici,
pur
criticando
chi
accettava
senza
giudizio
le
teorie
aristoteliche
e
incitando
ad
«investigare
le
cause
che
sono
all’opera
in
natura»
[Alberto
Magno
1569].
Nonostante
ciò,
la
sua
teoria
sui
terremoti
non
è
altro
che
la
ripetizione
di
intuizioni
aristoteliche
mescolate
alle
idee
di
Anassagora.
L’unica
novità
sta
nell’aver
pensato
che
i
terremoti
siano
causati
dal
vapore
secco
originato
dal
calore
del
Sole
che
si
insinua
nell’
“intestino”
della
Terra,
oltre
all’affermazione
del
verificarsi
di
pestilenze
in
seguito
ai
terremoti,
i
quali
farebbero
uscire
del
vapore
velenoso
dal
corpo
terrestre,
causando
la
morte
degli
animali.
Non
distaccandosi
di
molto
dal
maestro
Alberto
Magno,
il
teologo
e
filosofo
Tommaso
d’Aquino
(1225-1274)
riteneva
la
dottrina
cristiana
più
importante
della
conoscenza
scientifica.
Egli
era
convinto,
infatti,
che
i
terremoti
fossero
sempre
originati
da
Dio;
le
cause
naturali
come
i
vapori
o i
venti
dovevano
essere
considerate
solamente
secondarie.
Anche
Tommaso
d’Aquino
riprese
la
teoria
di
Aristotele,
ritenendo
che
le
esalazioni
secche
o
infiammate,
oppure
dei
tuoni
sotterranei,
fossero
le
cause
naturali
dei
terremoti.
Alberto
Magno,
come
ci
mostra
Martin
Grabmann,
influenzò
anche
l'autore
della
prima
storia
naturale
scritta
in
tedesco,
Konrad
von
Megenberg
(1309-1374).
Egli,
nel
capitolo
Von
dem
ertpidem,
del
suo
Das
Buch
der
Natur,
(chiamato
anche
Buch
von
den
natürlichen
Dingen),
descrisse
il
terremoto
che
distrusse
la
città
di
Villach,
in
Austria,
nel
1348.
Megenberg
rifiutava
la
spiegazione
popolare,
recepita
da un
mito
di
derivazione
nordica,
secondo
cui
i
terremoti
erano
causati
dal
movimento
di
un
pesce
gigante
di
nome
Celebrant,
e
affermava,
su
“suggerimento”
di
Aristotele,
che
i
venti
inclusi
in
caverne
e
fori
sotterranei,
addensatisi
a
causa
dell’influsso
degli
astri,
provocano
la
frantumazione
della
crosta
quando
cercano
di
uscire.
Dio
rimaneva
la
causa
prima
del
fenomeno,
però
si
nota
una
causa
secunda
con
la
quale
Megenberg
riusciva
a
spiegare
naturalmente
il
terremoto,
nutrendo
la
sua
esposizione
con
convinzioni
sulle
concatenazioni
naturali
di
causa
ed
effetto
[Megenberg
2003].
La
spiegazione
esclusivamente
naturale
del
fenomeno,
poiché
era
ricollegata
all’eresia
e
per
questo
metteva
in
discussione
l’idea
dell'onnipotenza
divina,
venne
rifuggita
dalla
tarda
antichità
in
poi.
Infine,
grazie
alla
volgarizzazione
di
tali
teorie,
i
vari
modelli
interpretativi
esposti
nella
discussione
accademica
iniziarono
ad
essere
percepiti
anche
da
aree
più
ampie
della
popolazione
[Schenk
2010,
35-37].
Riferimenti
bibliografici:
Alberto
Magno,
De
Mineralibus
et
rebus
metallicis
libri
quinque,
Albert
le
Grand
(ed.),
apud
Joannem
Birckmannum
et
Theodorum
Baumium,
1569.
Grabmann
M.,
L’influsso
di
Alberto
Magno
sulla
vita
intellettuale
del
Medio
Evo,
Scuola
tipografica
missionaria
domenicana,
1931.
Megenberg
K.,
Das
Buch
der
Natur,
Herausgegeben
von
Robert
Luff
und
Georg
Steer
(1349),
Niemeyer,
Tubingen,
2003.
Oeser
E.,
Historical
Earthquake
Theories
from
Aristotle
to
Kant,
in
Rudolf
Gutdeutsch,
Gottfried
Grünthal
e
Roger
Musson
(a
cura
di),
Historical
Earthquakes
in
Central
Europe,
vol.
I,
Abhandlungen
der
Geologischen
Bundesanstalt,
vol.
48,
Geologische
Bundesanstalt,
Wien,
1992.
Schenk
G.J.,
Dis-astri.
Modelli
interpretativi
delle
calamità
naturali,
in
Le
calamità
ambientali
nel
tardo
Medioevo
europeo:
realtà,
percezioni,
reazioni,
a
cura
di
M.
Matheus,
G.
Piccinini,
G.
Pinto
e
G.M.
Varanini,
Firenze
University
Press,
Firenze,
2010.