[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

163 / LUGLIO 2021 (CXCIV)


arte

MANET LO SCANDALOSO

UN’EVOLUZIONE PITTORICA ATTRAVERSO LE DONNE

di Laura Campagna

 

Edouard Manet, pittore che fece da premessa all’Impressionismo, è da sempre considerato come “provocatore” per la riproduzione di nudi femminili in temi come la prostituzione e la sessualità. Questi ultimi vengono presi da Manet e trasposti cromaticamente su tela con carattere narrativo, raccontando questo universo reale, conosciuto dalla società borghese (nei luoghi e riti che vi consumavano) ma reso nascosto poiché ritenuto “moralmente indegno”.

 

Luoghi come l’ambiente che ci presenta nel quadro Olympia (1863), il quale nome era tipicamente usato tra le cortigiane, anche per questo un quadro legato alla parola “scandalo”. Una stanza dai dominanti toni scuri che si contrappongono a quelli chiari della modella – nonché musa di Manet –V ictorine Meurent, soggetto di un rovesciamento iconografico rispetto al tema classico della Venere di Tiziano, poiché raffigura una prostituta elevata a icona di bellezza moderna resa evidente da oggetti di uso quotidiano nell’attività della donna: l’orchidea, il nastrino, il bracciale e le pantofole.

 

 

Olympia, olio su tela, 1863, Parigi, Musée D’Orsay

 

Un ammasso di macchie che è il mazzo di fiori, inviato a Olympia da un cliente, insieme al simbolo di lussuria quale il gatto nero, confermano ulteriormente la condizione della donna. Un dettaglio, precisamente la mano che Olympia porta sul pube per equilibrare il visibile e il nascosto, è una scelta di Manet per omaggiare e rendere rivoluzionario il gesto, gridando che la femmina è sensuale non solo in chiave mitologica, ma anche nei momenti che i “moralisti benpensanti” a cui viene mostrata la realtà passano effettivamente con le loro cortigiane.

 

Vediamo come il pittore si appassiona allo studio della luce e a una tavolozza chiara a partire dal 1870, tecniche dell’Impressionismo, di cui lui non fece parte ma che contribuì a formare.

 

Visibile è, questo cambiamento, nel dipinto Davanti allo specchio (1876), in cui si afferma sulla tela la cosiddetta “Nanà” (1877), nome di una ragazza che, nel romanzo L’ammazzatoio di Zola (inizialmente sostenitore di Manet), decide di intraprendere la vita da prostituta denunciando così la falsità dei rapporti della Parigi perbenista, a differenza di Manet che in un quadro dedicato a lei, attraverso un’atmosfera dai toni bianchi e azzurri, rende la scena giocosa quasi domestica, distante dalla critica dello scrittore che infatti si allontanerà dalla sua amicizia.

 

Tornando al dipinto del 1876, Manet ci propone una figura resa evidente dalle sottili linee nere che fanno da confini tra le forme sinuose e lo sfondo colorato, un po’ nebbioso. Una presunta Nanà che forse guarda gli occhi di un uomo attraverso lo specchio, un suo cliente, un amante. O forse è una sfera privata in cui noi siamo i “guardoni”, stiamo spiando una donna che contempla se stessa: il suo corpo dalla pelle lattea definito da pennellate larghe e forti, abbracciata ancora per poco dal corsetto che, con erotismo silente ma intenso, viene lentamente slacciato come vediamo dal nastro tirato dalla sua graziosa mano. Una tela chiara ma intrisa di passionalità.

 

Questo è un altro modo di intendere la sensualità rispetto all’Olympia (1863): non vi è il nudo, ma un atteggiamento che ci lascia intendere la vita della donna.

 

 

Davanti allo specchio, olio su tela, 1876,

New York, Museum Solomon R. Guggenheim

 

L’evoluzione pittorica di Manet è evidente ne Il Bar delle Folies-Bergère (1881), ultimo lavoro importante prima della sua morte, nel quale convivono le suggestioni impressioniste e la coerente scelta di voler raccontare la vita reale: pennellate ampie e solide per definire la protagonista Suzon (non a caso vera cameriera nel bar) e alcuni oggetti che simboleggiano il suo legame con il mondo della prostituzione, a cui viene associato il colore spiccato delle arance, che creano una natura morta, e il bracciale.

 

 

Il bar delle Folies-Bergère, olio su tela, 1881-1882,

Londra, Courtauld Institute Galleries

 

A differenza dei precedenti quadri, Manet ci racconta la realtà attraverso l’inumanità della donna: il suo sguardo assente rispecchia la solitudine e la lontananza dalla vivacità della folla, visibile attraverso pennellate spezzate di colore pertinenti sia lo specchio sia la luce dei lampadari grazie a tocchi vivaci di colori puri e chiari.

 

Non è più il nudo a fare scandalo, ma il fatto di mostrare alla società la propria immagine, fondere l’osservante con ciò che egli stesso osserva. L’espediente dello specchio ribalta tuttavia la tradizionale concezione di “arte come realtà”: in questo modo ciò che teoricamente è vero viene presentato come un semplice riflesso, mentre è proprio il mondo della giovane a trasformarsi in un’”immagine reale”, un mondo, quello di Suzon, che rompe con tutto quanto c’è di razionale, come dimostra il riflesso della ragazza volutamente spostato rispetto a dove sarebbe stato corretto dipingerlo, creando un incerto punto di vista.

 

In sintesi, un mondo in cui tutto è lecito.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

G. Dorfles, A. Vettese, E. Princi, G. Pieranti, Capire l’arte (dal Neoclassicismo a oggi), Atlas, Bergamo 2016.

F. Baumgart, Piccola storia dell’arte (dalle più remote origini ai giorni nostri), Oscar Mondadori, Milano 1976. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]