N. 101 - Maggio 2016
(CXXXII)
EVENTUALISMO
Come
fare
dell'evento
un'opera
d'arte
di Federica Campanelli
Tra
la
fine
degli
anni
’70
e i
primi
anni
’80
del
XX
secolo
prese
vita
un’innovativa
teoria
estetica
volta
a
ripristinare
quella
ricerca
intellettuale
e
sperimentale
che,
in
ambito
artistico,
aveva
costituito
la
base
dei
movimenti
d’Avanguardia nei
decenni
precedenti.
La
nascita
dell’ Eventualismo può
essere
ricondotta
all’ambiente
culturale
formatosi
tra
la
galleria
romana
del Centro
Studi
Jartrakor e
la Rivista
di
Psicologia
dell’arte,
fondate
rispettivamente
nel
1977
da Sergio
Lombardo, Anna
Homberg e
Cesare
Pietroiusti, e
nel
1979
dal
già
citato
Lombardo.
Il
Centro
Sudi
Jartrakor
è
stato
per
lungo
tempo
una
Galleria
d‘Arte
e
uno
spazio
di
estetica
sperimentale che
ha
ospitato
mostre
personali
di
artisti
prestigiosi
come
Giacomo
Balla, Piero
Manzoni, Ettore
Colla.
La
fondazione
dello
Jartrakor
si
inserisce
in
un
ambiente
del
tutto
sfavorevole:
il
clima
sperimentale
(motore
dei
primi
movimenti
artistico-culturali
riconosciuti
come
Avanguardia)
si
era
oramai
spento
da
anni,
come
già
l’Arte Concettuale degli
anni
’60.
Lo
sforzo
più
grande
stava
dunque
nel
tentativo
di
restituire
vigore
e
protagonismo
alla
più
spinta
sperimentazione.
Dopo
l’esperienza
concettuale,
nel
1967
venne
lanciata
l’Arte
Povera:
questa
riuscì
in
breve
a
consacrare
a
livello
internazionale
un’arte
italiana
legata
ai
valori
della
povertà
e
della
limitatezza,
supportata
da
segni
minimi.
Da
qui
in
poi
si
poté
assistere
al
declino
di
quella
corrente
di
ricerca
realizzata
sui
principi
sperimentali
della
scienza
empirica,
per
lasciare
il
posto
a
coloro
che
potessero
trovare
un
positivo
esito
commerciale.
L’Arte
Povera
aveva,
effettivamente,
concesso
anche
questo.
È in
questo
ambito,
apparentemente
del
tutto
avverso,
che
Lombardo,
Homberg
e
Pietroiusti
si
proclamano
pionieri
di
una
vera
e
propria
riforma
estetica
e
intellettuale.
L’Eventualismo
è
volto
a
raccogliere
tra
il
pubblico
esperienze
individuali
e
assolutamente
non
prevedibili,
quindi eventuali,
casuali,
rivelatrici
di
caratteri
latenti.
Esso
non
vuole
presentarsi
principalmente
come
ermeneutica
della
psiche,
piuttosto
come esperienza
estetica;
una
sorta
di
gioco
in
cui
lo
spettatore
può
(e
deve)
liberamente concedersi
all’opera-strumento,
senza
alcuno
sforzo
di
lettura.
In
effetti
è il
pubblico
a essere
letto mediante
lo
strumento
messo
a
punto
dall’artista.
Tale
strumento
è
l’opera.
L’Eventualismo,
più
che
movimento
artistico,
è
dunque
un
esperimento
estetico,
una
ricerca
introspettiva.
Lo
spettatore
diviene,
in
un
certo
senso,
l’analita
e
l’artista
l’analizzatore:
l’opera
d’arte
è il
dispositivo
per
l’indagine,
uno
strumento
accuratamente
progettato,
costruito
e
calibrato.
I
gradi
della
ricerca
risultano
relativamente
semplici
e
meccanici.
L’esperienza,
ogni
volta
del
tutto
pragmatica,
inizia
con
un
dialogo
tra
artisti
e
pubblico,
interazione
tra
lo
spettatore
e
l’opera
d’arte,
e si
realizza
infine
nel
responso
del
pubblico
stesso.
L’evento
è il
responso;
la
risposta
di
un
qualsiasi
fruitore
diviene
elemento
primario
nella
realizzazione
dell’intero
processo
estetico
e,
dunque,
nel
compimento
dell’opera
d’arte.
L’opera
d’arte,
considerata
nella
sua
fisicità,
perde
qualsiasi
valore
stilistico-formale
se
non
accompagnata
dalla
sua
complementare
unità:
lo
spettatore.
Il
valore
estetico
e i
contenuti
espressivi,
culturalmente
impliciti
nell’opera
fino
a
quel
momento,
subiscono
una
traslazione;
l’opera
diviene
mero
stimolo,
pura
provocazione.
Si
instaura
una
condizione
di astinenza
espressiva ereditata
dall’Avanguardia
storica.
Nonostante
le
impressioni
siano
determinate
da
uno
stesso
stimolo,
queste
sono sentite
ed
elaborate
intimamente
da
ogni
individuo
in
maniera
differente.
Da
qui
derivano
risposte
diverse
e
tanto
più
queste
si
distinguono
tra
loro,
tanto
più
eventualista
è lo
stimolo.
Il
valore
innovativo
assunto
dall’opera
d’arte,
nel
contesto
eventualista,
ha
però
delle
limitazioni:
come
qualsiasi
avvenimento
perde
carattere
di esperienza
nuova,
quindi
capace
di
sorprendere,
attraverso
l’abuso.
Quando
lo
stimolo
viene
percepito
per
la
prima
volta,
gli
utenti
sono
naturalmente
in
grado
di
fornire
risposte
nuove,
diverse
e
rivelatrici
di
vari
aspetti
caratteriali
o
psichici
(se,
successivamente,
i
dati
raccolti
vengono
elaborati).
Nel
momento
in
cui
lo
stimolo
è
diffuso,
già
noto
a un
gran
numero
di
spettatori,
alla
percezione
seguono risposte
che
volgono
progressivamente
all’immutabilità;
diventano
vuote,
esclusivamente
formali,
convenzionali.
Col
tempo
l’evento
si satura e
l’opera
perde
qualsiasi
valenza.
Sergio Lombardo
fornisce
una
semplice
e
chiarificante
spiegazione
del
senso
della
ricerca
eventualista:
“Il
ruolo
attivo
di
chi
percepisce
o di
chi
interpreta
l’evento
è un
tema
centrale
delle
avanguardie,
sul
quale
regna
una
gran
confusione.
Spesso
la
richiesta
d’un
coinvolgimento
attivo
del
pubblico
come
co-autore
dell’opera
d’arte
compare
nella
storia
dell’arte
contemporanea,
dal
Futurismo
al
Dadaismo,
dall’Agit-prop
all’Happening,
dal
Fluxus
alla
Performance...
Si
voleva
creare
un’opera
d’arte
in
grado
di
attivare
lo
spettatore
rendendolo
compartecipe
dell’atto
creativo...
L’Eventualismo
ha
affrontato
il
problema
in
termini
rigorosi,
in
assenza
dei
quali,
quanto
più
la
pittura
si
gonfia
per
invadere
lo
spazio
circostante,
tanto
più
superficiale
diventa
il
coinvolgimento
del
pubblico.
L’Eventualismo
affronta
direttamente
il
valore
qualitativo,
la
profondità
psicologica
del
coinvolgimento
del
pubblico,
la
valutazione
del
suo
comportamento
reattivo
in
termini
di
spontaneità,
originalità
e
variabilità”
(Sergio
Lombardo,
presentazione
della
mostra
di
G.
Di
Stefano,
R.
Galeotti,
A.
Homberg, S. Lombardo,
P.
Mottola,
presso
Jartrakor
di
via
dei
Pianellari
20,
Roma
1989).
Sono
descritte,
di
seguito,
alcuni
esempi
indicativi
di
opere
eventualiste.
Sergio
Lombardo
nel
1968
realizza Sfera
con
sirena,
una
grande
sfera
dal
diametro
di
1.04
metri.
La
sfera
viene
posta
in
un
ambiente
liberamente
attraversato
dal
pubblico.
Se
urtata,
accidentalmente
o
volutamente,
e
quindi
spostata
da
una
iniziale
posizione
prestabilita,
la
sfera
emette
un
suono
avvertibile
fino
a
800
metri.
L’allarme
non
termina
finché
la
sfera
non
è
ricondotta
nella
posizione
iniziale.
L’evento
si
traduce
nelle
reazioni,
piuttosto
imbarazzate,
delle
persone
che
s’imbattono
nella
sfera.
Il
pubblico
partecipa,
suo
malgrado,
a un
meccanismo
spesso
imbarazzante
e
fastidioso,
per
sé
stessi
ma
soprattutto
per
gli
altri.
Ancora
Lombardo,
nel
1979,
progetta
e
realizza
lo Specchio
tachistoscopico
con
stimolazione
a
sognare.
Si
tratta
di
uno
specchio,
piuttosto
sottile,
montato
su
una
scatola.
Internamente
è
inserita
un’immagine
che
diventa
visibile
per
un
brevissimo
istante
quando
la
scatola
è
illuminata
da
un
flash.
Lo
spettatore
è
invitato
a
osservare
la
propria
immagine
per
qualche
minuto,
concentrandosi
sull'occhio
destro.
Al
momento
opportuno
sarà
lo
stesso
spettatore
ad
attivare
il
flash
mediante
un
pulsante.
La
notte
stessa,
o
quella
immediatamente
successiva,
lo
spettatore
sognerà...
Sarà
il
sogno
il
vero
evento.
Si
presume
che
questo
sia
indimenticabile
e
che
riguarderà
l’immagine
della
persona
in
forme
nuove,
simboliche.
La
persona
sarà
tenuta
a
descrivere,
anche
graficamente,
il
sogno
compiuto.
Secondo
Lombardo
si
dovrebbe
trattare
della
reale,
vera,
autentica
immagine
di
chi
ha
partecipato
all’esperimento.
Giovanni
Di
Stefano,
altro
attivista
eventualista,
nel
1989
realizza Correzioni
della
memoria.
Dipinti
in
colori
vinilici
su
tela.
L’opera-stimolo
consiste
in
figure
geometriche,
disposte
più
o
meno
casualmente
su
di
una
base
bianca.
Il
fruitore
osserva
la
composizione
e
successivamente
tenta
di
ricomporla
esclusivamente
servendosi
del
proprio
ricordo.
La
nuova
composizione
diviene
così
lo
stimolo
per
lo
spettatore
seguente.
L’esperienza
viene
ripetuto
otto
volte.
Questa
è
una
tecnica
compositiva
simile,
nella
meccanica,
a un
esercizio
spesso
eseguito
in
ambiente surrealista,
il
gioco
dal
nome Le
cadavre
exquis
boira
du
nouveau
vin (il
cadavere
eccellente
berrà
il
vino
novello).
Ogni
giocatore
era
tenuto
a
scrivere
una
singola
parola,
una
frase,
comporre
una
poesia
o un
racconto
breve.
Al
termine
di
ciò,
il
giocatore
successivo,
avrebbe
dovuto
continuare
il
lavoro
precedente
ignorandone
del
tutto
il
contenuto
o
conoscendone
solo
la
parola
finale.
Si
costruiva
così
un’opera
tramite
eventi
successivi,
individuali
e
spontanei.
Quando
venne
eseguito
per
la
prima
volta,
si
ottenne
la
frase
le
cadavre
exquis
boira
du
nouveau
vin;
da
qui
il
nome
dato
al
gioco.
Questo
esercizio
ha
trovato
tra
i
surrealisti
anche
altre
applicazioni.
Seguendo
lo
steso
schema,
il
gioco
è
stato
compiuto
anche
mediante
il
disegno.
Ogni
giocatore
si
trovava
nella
condizione
di
continuare
un
disegno
precedentemente
eseguito,
pur
non
conoscendolo
interamente.
I
risultati
furono
eccellenti:
figure
dinamiche
e
grottesche,
irreali,
evocative
di
immagini
ancora
più
remote,
simili
in
molti
aspetti
alle
crature
realizzate
da
Bosch
secoli
prima.
La
produzione
artistica
che
più
ha
saputo
tradurre
il
pensiero
surrealista,
ha
dunque
trovato
un
validissimo
strumento
in
questo
gioco;
era
“automatismo
psichico
puro…”
come
André
Breton
dichiarava,
senza
alcuna
limitazione
formale
e
stilistica;
riversare
su
carta
immagini
o
parole
la
cui
natura
è
spontanea
perché
nasce
da
un
input
spontanei.
Come
si
osserva
dagli
esempi
sopra
decritti,
gli
stimoli
sono
variabili,
nella
loro
struttura
e
nel
meccanismo
che
essi
possono
innescare:
circostanze
particolari
nelle
quali
interagire
spontaneamente
con
oggetti,
immagini,
suoni
che
conducono
comunque
a
una
nuova
idea
di
percezione
e
fruizione
dell’opera
d’arte.
Sicuramente
più
dinamica
e
coinvolgente.