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N. 87 - Marzo 2015 (CXVIII)

L’estrema destra francese
dalla Rivoluzione del 1789 ai nostri giorni

di Umberto Vitiello

 

L’estrema destra in Francia, con un’ evoluzione non priva di cambiamenti e di vistose trasformazioni, è nella sua  essenza  la stessa che, nata a pochi anni dall’inizio della  Rivoluzione del 1789, ha attraversato con alterne vicende, e tuttavia con una non trascurabile attiva presenza, più di due secoli che ci separano da tale evento, per configurarsi ai nostri giorni particolarmente forte e minacciosa, come unanimemente le viene riconosciuto..

 

Prima della Grande Rivoluzione  del 1789, che segna la fine dell’assolutismo e l’inizio della democrazia in Francia e in Europa, sarebbe non solo linguisticamente anacronistico parlare di estrema destra, ma anche improprio definire con questo termine i vari sommovimenti rivoluzionari, come  quello guidato nel XIV secolo da Étienne Marcel.

 

Prevosto dei mercanti di Parigi sotto il regno di Giovanni il Buono, nel 1357, quando il re in piena Guerra dei Cento anni è prigioniero degli Inglesi fin dalla  battaglia di Poitiers dell’anno precedente, Etienne Marcel è alla testa del movimento riformatore che cerca di instaurare una monarchia controllata, e dunque non più assoluta, affrontando il potere reale esercitato dal delfino, il futuro Carlo V. Una rivolta che oggi non si definirebbe certo di destra.

 

Egli muore il 31 luglio 1358, assassinato dai borghesi parigini, convinti che Étienne Marcel sia andato troppo lontano nella sua opposizione alla corona, rischiando in tal modo di fare cadere Parigi nelle mani degli Inglesi. Ciò che accadrà, ma solo nel 1419, a meno di 40 anni dalla fine della Guerra dei Cento Anni, che iniziata nel 1337 e ha termine solo nel 1457, 120 anni dopo.

 

Lo stesso può dirsi per la “jacquerie”, l'insurrezione contadina iniziata il 28 maggio 1358 e conclusasi il 10 giugno dello stesso anno. Partita dalle campagne essa aveva avuto l'appoggio dello stesso Étienne Marcel, rappresentante del terzo stato e capo della rivolta del 1357. Fattori scatenanti della rivolta furono i costi delle sconfitte militari francesi di Crecy (1346) e di Poitiers (1356), che, insieme agli effetti della peste del 1348, pesavano sui contadini francesi.

 

Diverse furono poi le sommosse popolari locali contro il potere centrale, soffocate quasi tutte nel sangue al loro insorgere e dagli storici ritenute raramente degne di essere menzionate.  

 

L’unico altro sommovimento storico di rilievo prima della Rivoluzione del 1789, ma di ben altra ispirazione e natura, è quello patriottico sollecitato agli inizi del XV secolo da Giovanna d’Arco che, convincendo il giovane delfino a lasciare il Castello di Chinon nella regione della Loira e a combattere al suo fianco per la liberazione della Francia, guida vittoriosamente le truppe francesi contro le armate inglesi, toglie l’assedio dalla città d’Orléans, conduce il delfino per la sua consacrazione a Reims, che da re assumerà il nome di Carlo VII, e contribuisce in maniera decisiva a cambiare il corso della Guerra dei Cent’anni.

 

Un personaggio, Giovanna d’Arco, che esaltando l’orgoglio nazionale non poteva non divenire un mito e preso a modello fin dagli ultimi anni del XIX secolo dalla destra politica e in particolar modo da monarchici e  tradizionalisti, ma anche da movimenti di estrema destra, che ancora oggi si radunano in Place des Pyramides a Parigi intorno alla sua statua equestre dorata immancabilmente l’8 maggio, giorno della liberazione di Orléans dagli Inglesi nel 1429.

 

La Grande Rivoluzione ha inizio il 14 luglio del 1789 con la presa della Bastiglia di Parigi. In quello stesso anno 1789, il 4  agosto, vengono aboliti i diritti feudali, e  il 26 agosto viene promulgata “la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dei Cittadini”, che rende tutti liberi e uguali di fronte alla legge, e non più sudditi.

 

Quanto alla monarchia, non c’è rivoluzionario che la voglia abolire, ma tutti sono d’accordo che il re debba risiedere a Parigi e il 5 e 6 ottobre il popolo parigino marcia su Versailles e impone a Luigi XVI e alla sua famiglia di trasferirsi al Palais des Tuileries a Parigi. Il 14 luglio del 1790 viene festeggiato il primo anniversario della Rivoluzione, cui prende parte anche il re, che presto tradirà il suo giuramento di fedeltà. L’anno 1791, il 20 giugno, fugge con la famiglia verso la frontiera orientale, ma viene catturato a Varenne e ricondotto sotto scorta a Parigi.

 

Nel settembre del 1792  viene proclamata la repubblica, anticipando nel continente una nuova modalità dell'esercizio del potere politico, basato sulla sovranità popolare, che si imporrà in seguito in quasi tutta Europa. Nell’ottobre dello stesso 1792 il re viene processato e, condannato a morte, è ghigliottinato il 21 gennaio del 1793.

 

Il 10 marzo 1793 scoppia la rivolta cattolico-monarchica in Vandea, dipartimento (provincia) della Regione della Loira confinante con la Bretagna: una vera controrivoluzione, allargatasi presto ai vicini dipartimenti, citata e inneggiata negli anni che seguiranno e fino ai nostri giorni dai movimenti di estrema destra che avversano i principi della Rivoluzione Francese del 1789, sintetizzati in “Liberté, Egalité e Fraternité”, il motto nazionale ancora oggi della Repubblica Francese.      

 

La Prima Repubblica dura poco più di dieci  anni, dal settembre del 1792 al 18 maggio del 1804, data in cui viene promulgato il Primo Impero con la nomina a Imperatore di Napoleone Bonaparte, che si autoincorona in Notre-Dame, la cattedrale di Parigi, il 2 dicembre dello stesso 1804, diventando non molto dopo il secondo mito della destra francese, nonostante che le sue conquiste all’estero siano anche dovute ai principi della Rivoluzione del 1789 ch’egli diffonde nei Paesi che invade con le sue armate.

 

Il Primo Impero dura poco meno di un decennio. Nell’aprile del 1814 con l’insediamento a Parigi del re Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI,   ha inizio la Restaurazione, interrotta solo per i cosiddetti Cento Giorni, dal 20 marzo al 22 giugno 1815, durante i quali riprende il potere Napoleone, ma solo fino a 4 giorni dopo la sconfitta del 18 giugno subita da lui a Waterloo, in Vallonia, Belgio.

 

Il 16 settembre 1824 Luigi XVIII muore e gli succede Carlo X, fratello dei suoi due predecessori, che abdica nel 1830 in seguito alla Rivoluzione dei Tre Giorni Gloriosi: 27, 28 e 29 luglio 1830. Gli succede Luigi-Filippo, che abdica a sua volta il 24 febbraio del 1848 per la Rivoluzione detta del ’48.

 

L’estrema destra, nata con la caduta della monarchia e la proclamazione della Prima Repubblica, si configura inizialmente come un movimento oltranzista, detto anche  “ultra-royaliste”, che a sua volta dà vita anche a un movimento “legittimista”, che si costituisce attorno al concetto di “ordine naturale” contrapposto a quello di rivoluzione, conservando tuttavia una forte avversione nei confronti del centralismo statale, eredità del periodo rivoluzionario.  È la volta poi dell’ ’’orleanismo”, il movimento politico di destra che si afferma con la Rivoluzione dei Tre Giorni Gloriosi del luglio 1830, rivoluzione che porta all’avvicendamento tra i Borboni e il ramo cadetto degli Orléans con la nomina di Re dei Francesi di Louis-Philippe. Peculiarità dell’ ‘”orleanismo”  è un equilibro più accentuato tra monarchia e parlamento.

 

La fine della monarchia orleanista con la Rivoluzione del febbraio 1848  porta alla proclamazione della Seconda Repubblica francese, presto terminata dal plebiscitarismo autoritario di Luigi Napoleone Bonaparte che, eletto Presidente della Repubblica, il 2 dicembre  1852 con un colpo di Stato assume il titolo di Imperatore col nome di Napoleone III. È il Secondo Impero, periodo in cui sorge  un’altra destra che va ad affiancarsi alle precedenti: il “bonapartismo”. L’esito catastrofico della guerra  franco-prussiana del 1870  e l’avvento della Terza Repubblica (4 settembre 1870 – 10 luglio 1940) sconvolge il quadro politico e culturale, e le destre, orfane dell’istituto monarchico, faticano a dialogare tra loro.  Verso la fine dell’ ‘800 il  nazionalismo, nato a sinistra come patriottismo rivoluzionario, penetra nelle destre e diventa il loro unico comune denominatore.   

 

Poco dopo si delinea ed afferma una delle figure più carismatiche dell’estrema destra francese: Charles Maurras (1868 – 1952). Letterato provenzale discepolo di F. Mistral, è il teorico di “Action française”, un movimento politico nazionalista e monarchico di ispirazione antiparlamentare e antidemocratica, fondato nel 1899 da Henri Vaugeois e da Maurice Pujo. Maurras esprime le proprie teorie politiche in molti saggi, ha parte attiva nell’affare Dreyfus (iniziato nel 1894 e finito nel 1906), inneggiando al ridestato antisemitismo,  e combatte tutti gli sviluppi del pensiero moderno: il razionalismo, il liberalismo, il socialismo e perfino il romanticismo, che ritiene disordine letterario, oltre che confusione mentale e politica. 


Condannato dalla Chiesa di Roma nel 1926, le si sottomette nel 1939.  In quegli anni Maurras sostiene il fascismo e l’impresa d’Etiopia di Mussolini e nel 1936 è condannato per minacce di morte ai deputati francesi favorevoli alle sanzioni contro l’Italia. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, è contro la Germania hitleriana. Ma dopo la disfatta del 1940 e l’occupazione della Francia da parte dei tedeschi diviene uno dei più autorevoli consiglieri del maresciallo Pétain.

Collaborazione che ha termine il 18 aprile 1942, giorno del  ritorno di Laval al potere con la nomina dl capo del  governo collaborazionista di Vichy fino al 1945, anno della liberazione dai nazifascisti tedeschi e dai fascisti italiani. In quel periodo Maurras  è soprattutto l'ideologo e l'animatore della cosiddetta Révolution nationale che, ispirata alla tradizione del pensiero controrivoluzionario francese, propugna un sistema nuovo, basato essenzialmente sull'integrazione dell'individuo nelle tre comunità "naturali": la famiglia, la professione e la nazione.
 

Condannato nel  1945  alla reclusione perpetua per la sua collaborazione col governo di Vichy, viene graziato nel 1948. Entrato all'Académie française nel 1938, ne è espulso nel 1945 e muore 7 anni dopo.

 

Quanto all’’'affaire Dreyfus” va ricordato che non fu solo un caso di tragico errore giudiziario, ma anche la constatazione socio-politica indiscutibile che mostrava al mondo intero una Francia, dal luglio del 1789 faro della civiltà occidentale dei diritti civili, divenuta per quasi la metà della sua popolazione antisemita e fondamentalista di estrema destra. Si calcola che furono poi moltissimi i francesi che rimasero colpevolisti anche quando si accertò l’innocenza dell’ufficiale ebreo francese Alfred Dreyfus (1859 – 1935), con la scoperta del vero ufficiale colpevole di spionaggio, il capitano Ferdinand Walsin Esterhazy (1847 –1923).

Un’organizzazione di estrema destra di origine particolarmente sorprendente è quella che nasce nel 1936 e prende il nome di Partito Popolare Francese: un partito fascista guidato da Jacques Doriot, prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Il primo nucleo viene costituito il 28 giugno 1936 da Doriot ed un certo numero di compagni ex membri del Partito Comunista Francese, tra cui  Henri Barbée e Paul Marion, che si sono indirizzati verso il fascismo in opposizione alla politica del Fronte Popolare, la coalizione di partiti politici di sinistra al governo tra il 1936 e il 1938.

Il Partito Popolare Francese inizialmente si organizza intorno alla città di Saint-Denis sur Seine, di cui è stato sindaco il comunista Doriot dal 1930 al 1934, e viene sostenuto dalla popolazione operaia nella zona. Anche se ancora non dichiaratamente fascista, il Partito Popolare Francese ne ha già adottato molti aspetti ideologici ed iconografici, attirando i consensi dei nazionalisti. Entrano infatti a far parte dell’organizzazione ex membri di gruppi come Action Française, Jeunesses Patriotes, Croix de Feu e Solidarité Française.

Il partito tiene una serie di grandi manifestazioni dopo la sua formazione e adotta come contrassegno una croce celtica rossa bianca e blu. I suoi membri indossano magliette blu lucente, pantaloni blu scuro, berretti e bracciali con la croce celtica tricolore. Ideologicamente fascista ed esteticamente nazista, durante la Seconda Guerra Mondiale il  partito si schiera subito coi tedeschi che invadono la Francia e collabora attivamente con il Governo di Vichy. Il Partito Popolare Francese si dissolve il 22 febbraio 1945, quando la guerra sta per finire e la Francia è già stata liberata dai nazisti tedeschi e dai fascisti italiani.

In quegli stessi anni agisce la Cagoule, il cappuccio simbolo e nome gergale dell’“Organisation secrète d'action révolutionnaire”, una violenta organizzazione francese d'ispirazione fascista ed anticomunista che ha per  scopo, tra gli altri, quello di rovesciare la Terza Repubblica francese.

 

La Cagoule ha come leader Eugène Deloncle, ingegnere del genio marittimo che all'indomani della Prima Guerra Mondiale aderisce al movimento della destra monarchica Action française e fonda nel 1935, con Jean Filliol, l'Organisation secrète d'action révolutionnaire, detta la Cagoule.  Jean Filliol, militante anche lui dell’Action française, aveva diretto la 17° squadra dei Camelots du Roi, l’organizzazione paramilitare dell’Action française.  

 

Una volta nella Cagoule, si rende responsabile di diversi omicidi, tra cui quello nel giugno del 1937 dei fratelli antifascisti italiani Carlo e Nello Rosselli, braccati dopo essersi ritrovati insieme liberi e felici in Francia. Nello, il più giovane, dopo aver ottenuto in Italia facilmente e senza alcun sospetto il passaporto, ha raggiunto il fratello Carlo, ch’era riuscito a evadere dal carcere dopo essere stato arrestato dai fascisti. Nello non ha probabilmente neppure pensato di poter essere pedinato oltre frontiera. Ma a Bagnoles-de-l’Orne, una località termale nella Normandia non lontana da Parigi, dove si incontrano, otto fanatici della “Cagoule” li prendono e, su una strada isolata nei pressi del castello di Couterne, li ammazzano. Una sciagurata morte in terra di Francia, la culla della libertà e dei diritti civili.  

Durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la Francia il 24 giugno 1940 si arrende alle truppe della Germania nazista che l’hanno invasa, le varie compagini della destra fascista francese, pur dichiarandosi patriottiche e nazionaliste, si schierano con il nemico come attivi e solerti collaboratori.

 

I tedeschi si riprendono l’Alsazia e occupano tre quinti del territorio francese rimanente, lasciandone il resto, collocato a sud e a ovest, alla Francia di Vichy: questo Stato fantoccio collaborazionista con la Germania, fondato il 10 luglio 1940,  viene affidato paradossalmente al generale Philippe Pétain, eroe francese della Prima Guerra Mondiale contro la Germania. In quello stesso lasso di tempo il generale Charles de Gaulle si dichiara, via radio da Londra, capo del governo in esilio, chiamando a raccolta l'esercito della Francia libera, trovando supporto in alcune colonie francesi e il riconoscimento dagli angloamericani.  

È proprio durante questo periodo buio, quello del collaborazionismo tra la Francia e la Germania nazista, che l’estrema destra avanza per la prima volta. In un contesto di sconfitta e di occupazione tedesca l'estrema destra impone le sue idee xenofobe e bigottamente cattoliche. Vengono limitate le libertà individuali, si contrasta il divorzio, l’aborto è punito con la ghigliottina, gli ebrei vengono privati della loro nazionalità. I principi stessi della rivoluzione del 1789 vengono negati: “libertà, uguaglianza e fratellanza” diventano “lavoro, famiglia, patria”.

Il regime di Vichy adotta politiche repressive, violente e antisemitiche di propria iniziativa, anche senza la direzione della Germania nazista. Durante l'occupazione tedesca, settantaseimila ebrei sono deportati nei campi di sterminio, spesso con l'aiuto delle autorità del regime di Vichy. In Francia, ben pochi si organizzano inizialmente contro l'occupazione tedesca. L'antisemitismo, il nazionalismo, l'odio razziale ed etnico e l'opportunismo spingono molti cittadini a collaborare con il regime nazista della Francia occupata dai tedeschi e con quello di Vichy. La resistenza si diffonde e il numero di oppositori cresce solo quando la sconfitta della Germania nazista sta diventando realtà.  

 

Il Governo di Vichy è ancora oggi la più importante conquista di potere da parte delle destre fasciste francesi e per comprendere il consenso di cui godeva tra i francesi basterà sapere che quando gli inglesi occuparono il Libano, solo 6.000 soldati su 31.000 accettarono di aderire alla "Francia libera" di De Gaulle, mentre gli altri rientrarono in Francia. Eppure tutti sapevano del collaborazionismo coi nazisti e delle tante corresponsabilità in crimini commessi in tutta la Francia al fianco degli occupanti, compresa la retata del velodromo invernale a Parigi eseguita dalla polizia parigina, in cui furono arrestati 12.884 ebrei, tra cui 4.051 bambini e 5.802 donne. Tutti furono poi trasferiti in campi di detenzione, tra cui quello di Drancy, dove la sorveglianza era eseguita dalla gendarmeria francese. Le accuse coinvolgeranno poi principalmente Pierre Laval, il più fedele e convinto collaborazionista, giudicando opportuno che la Francia fosse al fianco della Germania alla conclusione della guerra ineluttabilmente vittoriosa per quest'ultima.

 

La grande maggioranza della stampa francese sotto l'occupazione sostiene la politica collaborazionista e antisemita di Pétain. Una parte di questa stampa è nelle mani dei tedeschi, che finanziano alcune pubblicazioni, in special modo attraverso le Éditions du Pont.

 

Già prima della fine della guerra i collaborazionisti francesi subiscono arresti ed incarcerazioni, giudizi sommari ed esecuzioni capitali, solitamente emesse direttamente dai partigiani che li hanno catturati. I rapporti sessuali con un militare tedesco prevedono  per le donne il taglio dei capelli a zero ed il pubblico ludibrio. Solo 750 vengono giudicati da un tribunale regolare. Alcuni di loro sono condannati a morte. Charles de Gaulle concede pochissime grazie, tra cui quella al generale Philippe Pétain, eroe della Prima Guerra Mondiale, la cui pena è commutata nel carcere a vita. Nato a Cauchy-à-la-Tour il 24 aprile 1856, viene internato a 89 anni a L'Île-d'Yeu, dove muore sei anni dopo, il 23 luglio 1951, ricevendo in punto di morte il rifiuto da parte del governo francese alla sua richiesta d'accoglimento delle proprie spoglie presso l'Ossario di Verdun.

Le destre fasciste francesi del regime di Vichy sono rappresentate da due "grandi" partiti:  il Partito Popolare Francese (PPF). e il Raggruppamento Nazionale Popolare (RNP); da  partiti "medi": il Partito Francista o Francismo di Marcel Bucard; il Partito Operaio e Contadino Francese (POPF), che raggruppava l'ala collaborazionista del PCF (molti sindaci e deputati, pochi militanti); la Lega dei Pensatori Francesi (LPF), il movimento più stupefacente, costituito da sinceri intellettuali repubblicani, compresi i franco-massoni e qualche celebrità di sinistra, ma favorevoli alla Collaborazione per ottenere dalla Germania il permesso per la Francia di ristabilire la Repubblica; il Mouvement social révolutionnaire di Eugène Deloncle (prima leader de la Cagoule); il Partito Nazionalista Bretone per l'indipendenza dalla Francia della Bretagna pro-nazista; da piccoli gruppi filonazisti francesi: Il Fronte Francese di Jean Boisse, Il "Semaforo" di Marcel Delaunay, Il Partito Francese per il Collettivismo Francese di Pierre Clémenti..I Giovani della Nuova Europa di Marc Augier detto Saint-Loup. La Lingua francese di Pierre Costantini. Il Comitato Francia-Germania  di  Georges Scapini  (proveniente dall'estrema destra).

 

Il Circolo Collaborazione di Alphonse de Chateaubriant, Il Brezona staccatosi dal Partito Nazionalista Bretone che si rifà al nazional-socialismo, e in questo movimento, Galv, apertamente pro-nazista e formato dai redattori delle riviste Arvor,  Stur d'Olier Mordrel, e il Bezen Perrot formato da una parte del Partito Nazionalista Bretone.
 

Negli anni che seguono la dissoluzione del regime di Vichy e i processi sommari e regolari dei collaborazionisti, colpevoli di tradimento e di connivenza col nemico, la destra è presente in Franca quasi esclusivamente con la stampa. I giornali più noti e diffusi di estrema destra del primo dopoguerra sono: Paroles françaises (1946),  Aspects de la France(1947),  Verbe (1949),  Rivarol (1951),  Fraternité française (1954),  La Nation française (1955).

 

La prima organizzazione di estrema destra di un certo rilievo che emerge e si diffonde in Francia nel dopoguerra è quella poi detta poujadista, dal nome di Pierre Poujade (1920-20003), un movimento politico e sindacale  francese  nato nel  1953  nel dipartimento del Lot, durante una rivolta fiscale. Esso rivendica la difesa dei  commercianti  e degli  artigiani  criticando l'inefficacia della politica parlamentare, così com'è praticata durante la Quarta Repubblica. Col nome UDCA (Unione per la difesa dei commercianti e degli artigiani) si diffonde in tutta la Francia nel giro di due anni ed ottiene 52 deputati nelle elezioni del 1956, presentandosi al voto sotto il nome di Unione e fraternità francese (UFF), dichiarando la propria avversità  al trattato di Roma per la Comunità europea e chiedendo l'eliminazione dei controlli fiscali e la difesa dei piccoli commercianti. Nei loro comizi e sulla propria stampa i poujadisti criticano gli intellettuali definendoli incapaci di comprendere il buon senso dell'uomo della strada e si dicono contrari alla concessione dell’indipendenza all’Algeria.

 

Il poujadismo si dissolve al termine della Quarta Repubblica, quando si allea con i gollisti e i comunisti, per scomparire del tutto con l’avvento della Quinta Repubblica francese nel 1958. Solo 14 anni dopo apparirà in Francia un nuovo movimento politico di estrema destra diffuso su tutto il suo territorio: il  Fronte Nazionale.

 

Il Fronte Nazionale  nasce nel 1972, ma le sue radici si fanno risalire generalmente alle accuse antisemite del Caso Dreyfus del 1895 e al regime di Vichy , durante il quale l'estrema destra può finalmente imporre le sue idee xenofobe e negare i principi della Rivoluzione del 1789, sostituendo “libertà, uguaglianza e fratellanza” con  “lavoro, famiglia, patria”.  Il suo fondatore, Jean-.Marie Le Pen (nato in Bretagna nel 1928), è un poujadista eletto al parlamento nel 1956 nell’ “Unione e fraternità francese”. È il più giovane deputato di quella legislatura. Non ha ancora compiuto 28 anni e usa comportamento e linguaggi volgari, come ad esempio quando dichiara che “La Francia è governata da pederasti: Sartre, Camus, Mauriac”. 

 

Nel corso degli anni che seguono la dissoluzione del pujadismo, Jean-Marie Le Pen si fa conoscere sempre più come l’uomo forte dell’estrema destra e nel .1972 egli fonda il Front national (Fn). Il partito ottiene però i primi successi solo circa dieci anni dopo, nel 1981, quando il Presidente François Mitterand, che per indebolire la forte opposizione rappresentata dalla destra moderata francese fa in modo che l’estrema destra abbia la possibilità di partecipare ai dibattiti televisivi.

 

Il Fronte nazionale ottiene le sue prime vittorie a partire dall’anno dopo, il 1982, e si impone come partito di denuncia, attaccando la corruzione delle altre organizzazioni politiche. Il successo giunge nel 2002, quando al secondo turno delle elezioni presidenziali il Fronte Nazionale è in ballottaggio con il presidente uscente Jacques Chirac, della destra moderata.

 

La Francia teme un’ipotetica vittoria dell’estrema destra e vota in massa Jacques Chirac. Nei cinque anni che seguono il Fronte Nazionale vive fasi di debolezza e alle elezioni presidenziali del 22 aprile 2007 non riesce ad entrare in ballottaggio con Nicolas Sarkozy, che ottenendo anche i consensi dell’elettorato di estrema destra, è eletto presidente il 16 maggio di quell’anno.

 

Nel 2011 Jean-Marie Le Pen, che è nel suo ottantatreesimo anno, capendo che per risollevare le sorti del partito da lui fondato deve mettersi da parte, cede lo scettro a sua figlia Marine, europarlamentare dal 2004.

 

Appena è a capo del Fronte Nazionale, Marine Le Pen comprende che il nemico da sconfiggere è il Presidente Sarkozy e che la strategia da seguire per ottenere tale scopo è il rinnovo del partito e la conquista dell’elettorato deluso con una denuncia incalzante dell’incapacità della destra moderata di risollevare la Francia dalla crisi economica e sociale. Nomina vicepresidente del  Fronte Nazionale il trentunenne Florian Philippot e prende le distanze dal linguaggio politico provocatorio e spesso volgare di suo padre, per far breccia tra i giovani e gli elettori di centro e della destra moderata.

 

L’anno dopo, il 2012,  candita e viene eletta  al parlamento francese Marion Maréchal Le Pen, di 23 anni, figlia di sua sorella Yann, che diviene la più giovane parlamentare della storia di Francia. Nello stesso 2012 il Fronte Nazionale giudica la sconfitta di Sarkozy alle presidenziali come una mezza vittoria di Marine Le Pen,  grazie alla svolta data alla politica del Fronte Nazionale, che è arrivata terza alle elezioni, con un recupero di voti dell’estrema destra a scapito della destra moderata. Più di 6 milioni di francesi hanno votato il Fronte Nazionale al primo turno delle elezioni presidenziali del 2012 e la maggior parte di questi elettori non ha votato Sarkozy al secondo turno  Secondo alcuni politologi la vera svolta alla politica del Fronte Nazionale s’è avuta già nel 2007, con l'ingresso nel partito del comunista Alain Sora, che con la sua corrente Egalité & Réconciliation parla esplicitamente di "sinistra del lavoro, destra dei valori"  da opporre alla "destra finanziaria" e alla "sinistra libertaria”.

 

Il vincitore delle elezioni presidenziali del 2012 è il socialista  François Hollande, che però solo otto mesi dopo è calato moltissimo nei sondaggi. per le promesse economiche non mantenute e per l’assenza di linea direttrice e di autorità, Nel novembre 2013 batte il record di impopolarità con il 20% di opinioni favorevoli, che cala ancora  nel marzo del 2014 per non aver rispettato ancora una volta le promesse economiche e quella di invertire la curva della disoccupazione entro la fine del 2013. Ma nel gennaio del 2015, a seguito degli attentati di terroristi jihadisti a Parigi che hanno fatto 17 morti, il presidente François Hollande ha accresciuto la propria popolarità di 21 punti percentuali, arrivando al 40%., un record storico senza precedenti. Questo balzo repentino è ritenuto l'effetto della rapida risposta che il Governo francese ha messo in pratica per contrastare le minacce alla sicurezza nazionale e la compostezza mostrata nei luttuosi eventi, culminata nella grande marcia di Parigi di domenica 11 gennaio.

 

Tuttavia il Fronte Nazionale diretto da Marine Le Pen, ritenuto da molti francesi sempre meno un pericolo per la democrazia e sempre più un partito d’opposizione, sembra aver conquistato il consenso di almeno un terzo dell’elettorato, ottenendo consensi tra i moderati di centro e conservando quelli degli estremisti di destra, convinti che i cambiamenti voluti ed ottenuti da Marine Le Pen sono solo formali e non hanno minimamente modificato l’essenza dell’ideologia del partito. Il nazionalismo rimane la sua espressione più significativa e basilare, da cui deriva una serie di avversità irrinunciabili, come quelle  verso lo straniero, l’immigrazione, la globalizzazione, una sovranità superiore che riduca quella francese, e pertanto il Fronte Nazionale è contro l’Europa Unita, l’euro e la NATO. 

 

A ciò vanno  aggiunte la conferma dell’avversione  verso i principi della Rivoluzione del 1789, con l’auspicio di un ripristino di leggi abrogate, come quella della pena di morte per taluni crimini, e la revisione storica che consentirebbe tra l’altro di rivedere ed eliminare il giudizio negativo sul generale Pétain e il Governo di Vichy.  I cambiamenti operati da Marine Le Pen non aprono pertanto a nessuna alleanza con gli altri partiti presenti nel parlamento francese, alleanza che per la legge elettorale delle quinta Repubblica sarebbe indispensabile al Fronte Nazionale per poter fare eleggere un numero non insignificante di deputati, come succede in tutte le legislature. Alle ultime elezioni ha ottenuto solo due seggi, occupati da Marion Maréchal-Le Pen, figlia della sorella Yann di Marine Le Pen, e dall’avocato Gilbert Collard.

 

L’accresciuto consenso del Fronte Nazionale, tanto da far sperare a molti dei suoi simpatizzanti una vittoria alle elezioni presidenziali del 2017, sembra rendere ancora più difficile la possibilità di un’alleanza. Tuttora non c’è partito che attenui  le proprie critiche e si dichiari favorevole a una tale eventualità.

 

Il consenso accresciuto del Fronte Nazionale viene spiegato col fatto che la piccola borghesia francese nel suo realismo e cinismo ha sposato per intero l’estrema destra di oggi, chiedendo nei fatti dogmatismo e autorità, ma coprendo la sua richiesta con la cosmesi linguistica dell’ipocrisia chiamando  tutto ciò “rivoluzione liberale” e non “fascismo”. E a questa piccola borghesia che, trincerata in un sordo egoismo,  diviene sempre più disumana, nutrendosi di un odio crescente verso gli avversari politici e i diversi per religione, sesso e colore della pelle, la destra moderata, il centro e la sinistra contrappongono con solida convinzione  l’esprit républicain, il ricordo e la consapevolezza di essere tutti liberi cittadini e non più sudditi a partire dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei cittadini del 1789, di essere da allora tutti uguali di fronte alla legge e chiamati tutti ad essere umanamente solidali. Liberté, Égalité, Fraternité” è e resta il motto della Repubblica francese! – è il grido rivolto a chi ha abbracciato e diffonde ideologie sovversive che riporterebbero la Francia alle condizioni in cui era prima della Rivoluzione del 1789.

 

”Nella nostra Francia moderna, che cos’è dunque la Repubblica? È un grande atto di fiducia. Istituire la Repubblica è proclamare che milioni di uomini sapranno tracciare essi stessi la regola comune della propria azione; ch’essi sapranno conciliare la libertà e la legge, il movimento e l’ordine; ch’essi sapranno combattersi senza sbranarsi; che le loro divisioni non andranno fino a un furore cronico di guerra civile, e che essi non cercheranno mai in una dittatura passeggera una tregua funesta e un vigliacco riposo. Istituire la Repubblica è proclamare che i cittadini delle grandi nazioni moderne, obbligati a provvedere con un lavoro costante alle necessità della vita privata e familiare, avranno tuttavia abbastanza tempo e libertà di spirito per occuparsi della cosa comune” .



 

 

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