N. 87 - Marzo 2015
(CXVIII)
L’estrema destra francese
dalla Rivoluzione del 1789 ai nostri giorni
di Umberto Vitiello
L’estrema
destra
in
Francia,
con
un’
evoluzione
non
priva
di
cambiamenti
e di
vistose
trasformazioni,
è
nella
sua
essenza
la
stessa
che,
nata
a
pochi
anni
dall’inizio
della
Rivoluzione
del
1789,
ha
attraversato
con
alterne
vicende,
e
tuttavia
con
una
non
trascurabile
attiva
presenza,
più
di
due
secoli
che
ci
separano
da
tale
evento,
per
configurarsi
ai
nostri
giorni
particolarmente
forte
e
minacciosa,
come
unanimemente
le
viene
riconosciuto..
Prima
della
Grande
Rivoluzione
del
1789,
che
segna
la
fine
dell’assolutismo
e
l’inizio
della
democrazia
in
Francia
e in
Europa,
sarebbe
non
solo
linguisticamente
anacronistico
parlare
di
estrema
destra,
ma
anche
improprio
definire
con
questo
termine
i
vari
sommovimenti
rivoluzionari,
come
quello
guidato
nel
XIV
secolo
da
Étienne
Marcel.
Prevosto
dei
mercanti
di
Parigi
sotto
il
regno
di
Giovanni
il
Buono,
nel
1357,
quando
il
re
in
piena
Guerra
dei
Cento
anni
è
prigioniero
degli
Inglesi
fin
dalla
battaglia
di
Poitiers
dell’anno
precedente,
Etienne
Marcel
è
alla
testa
del
movimento
riformatore
che
cerca
di
instaurare
una
monarchia
controllata,
e
dunque
non
più
assoluta,
affrontando
il
potere
reale
esercitato
dal
delfino,
il
futuro
Carlo
V.
Una
rivolta
che
oggi
non
si
definirebbe
certo
di
destra.
Egli
muore
il
31
luglio
1358,
assassinato
dai
borghesi
parigini,
convinti
che
Étienne
Marcel
sia
andato
troppo
lontano
nella
sua
opposizione
alla
corona,
rischiando
in
tal
modo
di
fare
cadere
Parigi
nelle
mani
degli
Inglesi.
Ciò
che
accadrà,
ma
solo
nel
1419,
a
meno
di
40
anni
dalla
fine
della
Guerra
dei
Cento
Anni,
che
iniziata
nel
1337
e ha
termine
solo
nel
1457,
120
anni
dopo.
Lo
stesso
può
dirsi
per
la
“jacquerie”,
l'insurrezione
contadina
iniziata
il
28
maggio 1358 e
conclusasi
il
10
giugno
dello
stesso
anno.
Partita
dalle
campagne
essa
aveva
avuto
l'appoggio
dello
stesso
Étienne
Marcel,
rappresentante
del
terzo
stato
e
capo
della
rivolta
del
1357.
Fattori
scatenanti
della
rivolta
furono
i
costi
delle
sconfitte
militari
francesi
di Crecy (1346)
e
di Poitiers (1356),
che,
insieme
agli
effetti
della
peste
del
1348,
pesavano
sui
contadini
francesi.
Diverse
furono
poi
le
sommosse
popolari
locali
contro
il
potere
centrale,
soffocate
quasi
tutte
nel
sangue
al
loro
insorgere
e
dagli
storici
ritenute
raramente
degne
di
essere
menzionate.
L’unico
altro
sommovimento
storico
di
rilievo
prima
della
Rivoluzione
del
1789,
ma
di
ben
altra
ispirazione
e
natura,
è
quello
patriottico
sollecitato
agli
inizi
del
XV
secolo
da
Giovanna
d’Arco
che,
convincendo
il
giovane
delfino
a
lasciare
il
Castello
di
Chinon
nella
regione
della
Loira
e a
combattere
al
suo
fianco
per
la
liberazione
della
Francia,
guida
vittoriosamente
le
truppe
francesi
contro
le
armate
inglesi,
toglie
l’assedio
dalla
città
d’Orléans,
conduce
il
delfino
per
la
sua
consacrazione
a
Reims,
che
da
re
assumerà
il
nome
di
Carlo
VII,
e
contribuisce
in
maniera
decisiva
a
cambiare
il
corso
della
Guerra
dei
Cent’anni.
Un
personaggio,
Giovanna
d’Arco,
che
esaltando
l’orgoglio
nazionale
non
poteva
non
divenire
un
mito
e
preso
a
modello
fin
dagli
ultimi
anni
del
XIX
secolo
dalla
destra
politica
e in
particolar
modo
da
monarchici
e
tradizionalisti,
ma
anche
da
movimenti
di
estrema
destra,
che
ancora
oggi
si
radunano
in
Place
des
Pyramides
a
Parigi
intorno
alla
sua
statua
equestre
dorata
immancabilmente
l’8
maggio,
giorno
della
liberazione
di
Orléans
dagli
Inglesi
nel
1429.
La
Grande
Rivoluzione
ha
inizio
il
14
luglio
del
1789
con
la
presa
della
Bastiglia
di
Parigi.
In
quello
stesso
anno
1789,
il
4
agosto,
vengono
aboliti
i
diritti
feudali,
e
il
26
agosto
viene
promulgata
“la
Dichiarazione
dei
Diritti
dell’Uomo
e
dei
Cittadini”,
che
rende
tutti
liberi
e
uguali
di
fronte
alla
legge,
e
non
più
sudditi.
Quanto
alla
monarchia,
non
c’è
rivoluzionario
che
la
voglia
abolire,
ma
tutti
sono
d’accordo
che
il
re
debba
risiedere
a
Parigi
e il
5 e
6
ottobre
il
popolo
parigino
marcia
su
Versailles
e
impone
a
Luigi
XVI
e
alla
sua
famiglia
di
trasferirsi
al
Palais
des
Tuileries
a
Parigi.
Il
14
luglio
del
1790
viene
festeggiato
il
primo
anniversario
della
Rivoluzione,
cui
prende
parte
anche
il
re,
che
presto
tradirà
il
suo
giuramento
di
fedeltà.
L’anno
1791,
il
20
giugno,
fugge
con
la
famiglia
verso
la
frontiera
orientale,
ma
viene
catturato
a
Varenne
e
ricondotto
sotto
scorta
a
Parigi.
Nel
settembre
del
1792
viene
proclamata
la
repubblica,
anticipando
nel
continente
una
nuova
modalità
dell'esercizio
del
potere
politico,
basato
sulla
sovranità
popolare,
che
si
imporrà
in
seguito
in
quasi
tutta
Europa.
Nell’ottobre
dello
stesso
1792
il
re
viene
processato
e,
condannato
a
morte,
è
ghigliottinato
il
21
gennaio
del
1793.
Il
10
marzo
1793
scoppia
la
rivolta
cattolico-monarchica
in
Vandea,
dipartimento
(provincia)
della
Regione
della
Loira
confinante
con
la
Bretagna:
una
vera
controrivoluzione,
allargatasi
presto
ai
vicini
dipartimenti,
citata
e
inneggiata
negli
anni
che
seguiranno
e
fino
ai
nostri
giorni
dai
movimenti
di
estrema
destra
che
avversano
i
principi
della
Rivoluzione
Francese
del
1789,
sintetizzati
in
“Liberté,
Egalité
e
Fraternité”,
il
motto
nazionale
ancora
oggi
della
Repubblica
Francese.
La
Prima
Repubblica
dura
poco
più
di
dieci
anni,
dal
settembre
del
1792
al
18
maggio
del
1804,
data
in
cui
viene
promulgato
il
Primo
Impero
con
la
nomina
a
Imperatore
di
Napoleone
Bonaparte,
che
si
autoincorona
in
Notre-Dame,
la
cattedrale
di
Parigi,
il 2
dicembre
dello
stesso
1804,
diventando
non
molto
dopo
il
secondo
mito
della
destra
francese,
nonostante
che
le
sue
conquiste
all’estero
siano
anche
dovute
ai
principi
della
Rivoluzione
del
1789
ch’egli
diffonde
nei
Paesi
che
invade
con
le
sue
armate.
Il
Primo
Impero
dura
poco
meno
di
un
decennio.
Nell’aprile
del
1814
con
l’insediamento
a
Parigi
del
re
Luigi
XVIII,
fratello
di
Luigi
XVI,
ha
inizio
la
Restaurazione,
interrotta
solo
per
i
cosiddetti
Cento
Giorni,
dal
20
marzo
al
22
giugno
1815,
durante
i
quali
riprende
il
potere
Napoleone,
ma
solo
fino
a 4
giorni
dopo
la
sconfitta
del
18
giugno
subita
da
lui
a
Waterloo,
in
Vallonia,
Belgio.
Il
16
settembre
1824
Luigi
XVIII
muore
e
gli
succede
Carlo
X,
fratello
dei
suoi
due
predecessori,
che
abdica
nel
1830
in
seguito
alla
Rivoluzione
dei
Tre
Giorni
Gloriosi:
27,
28 e
29
luglio
1830.
Gli
succede
Luigi-Filippo,
che
abdica
a
sua
volta
il
24
febbraio
del
1848
per
la
Rivoluzione
detta
del
’48.
L’estrema
destra,
nata
con
la
caduta
della
monarchia
e la
proclamazione
della
Prima
Repubblica,
si
configura
inizialmente
come
un
movimento
oltranzista,
detto
anche
“ultra-royaliste”,
che
a
sua
volta
dà
vita
anche
a un
movimento
“legittimista”,
che
si
costituisce
attorno
al
concetto
di
“ordine
naturale”
contrapposto
a
quello
di
rivoluzione,
conservando
tuttavia
una
forte
avversione
nei
confronti
del
centralismo
statale,
eredità
del
periodo
rivoluzionario.
È la
volta
poi
dell’
’’orleanismo”,
il
movimento
politico
di
destra
che
si
afferma
con
la
Rivoluzione
dei
Tre
Giorni
Gloriosi
del
luglio
1830,
rivoluzione
che
porta
all’avvicendamento
tra
i
Borboni
e il
ramo
cadetto
degli
Orléans
con
la
nomina
di
Re
dei
Francesi
di
Louis-Philippe.
Peculiarità
dell’
‘”orleanismo”
è
un
equilibro
più
accentuato
tra
monarchia
e
parlamento.
La
fine
della
monarchia
orleanista
con
la
Rivoluzione
del
febbraio
1848
porta
alla
proclamazione
della
Seconda
Repubblica
francese,
presto
terminata
dal
plebiscitarismo
autoritario
di
Luigi
Napoleone
Bonaparte
che,
eletto
Presidente
della
Repubblica,
il 2
dicembre
1852
con
un
colpo
di
Stato
assume
il
titolo
di
Imperatore
col
nome
di
Napoleone
III.
È il
Secondo
Impero,
periodo
in
cui
sorge
un’altra
destra
che
va
ad
affiancarsi
alle
precedenti:
il
“bonapartismo”.
L’esito
catastrofico
della
guerra
franco-prussiana
del
1870
e
l’avvento
della
Terza
Repubblica
(4
settembre
1870
– 10
luglio
1940)
sconvolge
il
quadro
politico
e
culturale,
e le
destre,
orfane
dell’istituto
monarchico,
faticano
a
dialogare
tra
loro.
Verso
la
fine
dell’
‘800
il
nazionalismo,
nato
a
sinistra
come
patriottismo
rivoluzionario,
penetra
nelle
destre
e
diventa
il
loro
unico
comune
denominatore.
Poco
dopo
si
delinea
ed
afferma
una
delle
figure
più
carismatiche
dell’estrema
destra
francese:
Charles
Maurras
(1868
–
1952).
Letterato
provenzale
discepolo
di
F.
Mistral,
è il
teorico
di
“Action
française”,
un
movimento
politico
nazionalista
e
monarchico
di
ispirazione
antiparlamentare
e
antidemocratica,
fondato
nel
1899
da
Henri
Vaugeois
e da
Maurice
Pujo.
Maurras
esprime
le
proprie
teorie
politiche
in
molti
saggi,
ha
parte
attiva
nell’affare
Dreyfus
(iniziato
nel
1894
e
finito
nel
1906),
inneggiando
al
ridestato
antisemitismo,
e
combatte
tutti
gli
sviluppi
del
pensiero
moderno:
il
razionalismo,
il
liberalismo,
il
socialismo
e
perfino
il
romanticismo,
che
ritiene
disordine
letterario,
oltre
che
confusione
mentale
e
politica.
Condannato
dalla
Chiesa
di
Roma
nel
1926,
le
si
sottomette
nel
1939.
In
quegli
anni
Maurras
sostiene
il
fascismo
e
l’impresa
d’Etiopia
di
Mussolini
e
nel
1936
è
condannato
per
minacce
di
morte
ai
deputati
francesi
favorevoli
alle
sanzioni
contro
l’Italia.
Allo
scoppio
della seconda
guerra
mondiale,
è
contro
la Germania hitleriana.
Ma
dopo
la
disfatta
del 1940 e
l’occupazione
della
Francia
da
parte
dei
tedeschi
diviene
uno
dei
più
autorevoli
consiglieri
del
maresciallo
Pétain.
Collaborazione
che
ha
termine
il
18
aprile
1942,
giorno
del
ritorno
di Laval al
potere
con
la
nomina
dl
capo
del
governo
collaborazionista
di
Vichy
fino
al
1945,
anno
della
liberazione
dai
nazifascisti
tedeschi
e
dai
fascisti
italiani.
In
quel
periodo
Maurras
è
soprattutto
l'ideologo
e
l'animatore
della
cosiddetta
Révolution
nationale
che,
ispirata
alla
tradizione
del
pensiero
controrivoluzionario
francese,
propugna
un
sistema
nuovo,
basato
essenzialmente
sull'integrazione
dell'individuo
nelle
tre
comunità
"naturali":
la
famiglia,
la
professione
e la
nazione.
Condannato
nel
1945
alla
reclusione
perpetua
per
la
sua
collaborazione
col
governo
di
Vichy,
viene
graziato
nel 1948.
Entrato
all'Académie
française
nel 1938,
ne è
espulso
nel 1945
e
muore
7
anni
dopo.
Quanto
all’’'affaire Dreyfus”
va
ricordato
che
non
fu
solo
un
caso
di
tragico
errore
giudiziario,
ma
anche
la
constatazione
socio-politica
indiscutibile
che
mostrava
al
mondo
intero
una
Francia,
dal
luglio
del
1789
faro
della
civiltà
occidentale
dei
diritti
civili,
divenuta
per
quasi
la
metà
della
sua
popolazione
antisemita
e
fondamentalista
di
estrema
destra.
Si
calcola
che
furono
poi
moltissimi
i
francesi
che
rimasero
colpevolisti
anche
quando
si
accertò
l’innocenza
dell’ufficiale
ebreo
francese
Alfred
Dreyfus (1859 – 1935),
con
la
scoperta
del
vero
ufficiale
colpevole
di
spionaggio,
il
capitano
Ferdinand
Walsin
Esterhazy (1847 –1923).
Un’organizzazione
di
estrema
destra
di
origine
particolarmente
sorprendente
è
quella
che
nasce
nel
1936
e
prende
il
nome
di
Partito
Popolare
Francese:
un
partito
fascista
guidato
da Jacques
Doriot,
prima
e
durante
la Seconda
Guerra
Mondiale.
Il
primo
nucleo
viene
costituito
il
28
giugno
1936
da
Doriot
ed
un
certo
numero
di
compagni
ex
membri
del Partito
Comunista
Francese,
tra
cui
Henri
Barbée e
Paul
Marion,
che
si
sono
indirizzati
verso
il
fascismo
in
opposizione
alla
politica
del Fronte
Popolare,
la
coalizione
di
partiti
politici
di
sinistra
al
governo
tra
il
1936
e il
1938.
Il
Partito
Popolare
Francese
inizialmente
si
organizza
intorno
alla
città
di Saint-Denis
sur
Seine,
di
cui
è
stato
sindaco
il
comunista
Doriot
dal
1930 al 1934,
e
viene
sostenuto
dalla popolazione
operaia nella
zona.
Anche
se
ancora
non
dichiaratamente
fascista,
il
Partito
Popolare
Francese
ne
ha
già
adottato
molti
aspetti
ideologici
ed
iconografici,
attirando
i
consensi
dei
nazionalisti.
Entrano
infatti
a
far
parte
dell’organizzazione
ex
membri
di
gruppi
come Action
Française, Jeunesses
Patriotes, Croix
de
Feu e Solidarité
Française.
Il
partito
tiene
una
serie
di
grandi
manifestazioni
dopo
la
sua
formazione
e
adotta
come
contrassegno
una croce
celtica rossa
bianca
e
blu.
I
suoi
membri
indossano
magliette
blu
lucente,
pantaloni
blu
scuro,
berretti
e
bracciali
con
la
croce
celtica
tricolore.
Ideologicamente
fascista
ed
esteticamente
nazista,
durante
la
Seconda
Guerra
Mondiale
il
partito
si
schiera
subito
coi
tedeschi
che
invadono
la
Francia
e
collabora
attivamente
con
il
Governo
di
Vichy.
Il
Partito
Popolare
Francese
si
dissolve
il
22
febbraio
1945,
quando
la
guerra
sta
per
finire
e la
Francia
è
già
stata
liberata
dai
nazisti
tedeschi
e
dai
fascisti
italiani.
In
quegli
stessi
anni
agisce
la
Cagoule,
il
cappuccio
simbolo
e
nome
gergale
dell’“Organisation
secrète
d'action
révolutionnaire”,
una
violenta
organizzazione
francese
d'ispirazione
fascista
ed
anticomunista
che
ha
per
scopo,
tra
gli
altri,
quello
di
rovesciare
la
Terza
Repubblica
francese.
La
Cagoule
ha
come
leader
Eugène
Deloncle,
ingegnere
del
genio
marittimo
che
all'indomani
della
Prima
Guerra
Mondiale
aderisce
al
movimento
della
destra
monarchica
Action
française
e
fonda
nel
1935,
con
Jean
Filliol,
l'Organisation
secrète
d'action
révolutionnaire,
detta
la
Cagoule.
Jean
Filliol,
militante
anche
lui
dell’Action
française,
aveva
diretto
la
17°
squadra
dei
Camelots
du
Roi,
l’organizzazione
paramilitare
dell’Action
française.
Una
volta
nella
Cagoule,
si
rende
responsabile
di
diversi
omicidi,
tra
cui
quello
nel
giugno
del
1937
dei
fratelli
antifascisti
italiani
Carlo
e
Nello
Rosselli,
braccati
dopo
essersi
ritrovati
insieme
liberi
e
felici
in
Francia.
Nello,
il
più
giovane,
dopo
aver
ottenuto
in
Italia
facilmente
e
senza
alcun
sospetto
il
passaporto,
ha
raggiunto
il
fratello
Carlo,
ch’era
riuscito
a
evadere
dal
carcere
dopo
essere
stato
arrestato
dai
fascisti.
Nello
non
ha
probabilmente
neppure
pensato
di
poter
essere
pedinato
oltre
frontiera.
Ma a
Bagnoles-de-l’Orne,
una
località
termale
nella
Normandia
non
lontana
da
Parigi,
dove
si
incontrano,
otto
fanatici
della
“Cagoule”
li
prendono
e,
su
una
strada
isolata
nei
pressi
del
castello
di
Couterne,
li
ammazzano.
Una
sciagurata
morte
in
terra
di
Francia,
la
culla
della
libertà
e
dei
diritti
civili.
Durante
la
Seconda
Guerra
Mondiale,
quando
la
Francia
il
24
giugno
1940
si
arrende
alle
truppe
della
Germania
nazista
che
l’hanno
invasa,
le
varie
compagini
della
destra
fascista
francese,
pur
dichiarandosi
patriottiche
e
nazionaliste,
si
schierano
con
il
nemico
come
attivi
e
solerti
collaboratori.
I
tedeschi
si
riprendono
l’Alsazia
e
occupano
tre
quinti
del
territorio
francese
rimanente,
lasciandone
il
resto,
collocato
a
sud
e a
ovest,
alla Francia
di
Vichy:
questo
Stato
fantoccio
collaborazionista
con
la
Germania,
fondato
il
10
luglio 1940,
viene
affidato
paradossalmente
al
generale
Philippe
Pétain,
eroe
francese
della Prima
Guerra
Mondiale
contro
la
Germania.
In
quello
stesso
lasso
di
tempo
il
generale
Charles
de
Gaulle si
dichiara,
via
radio
da
Londra,
capo
del
governo
in
esilio,
chiamando
a
raccolta
l'esercito
della
Francia
libera,
trovando
supporto
in
alcune
colonie
francesi
e il
riconoscimento
dagli
angloamericani.
È
proprio
durante
questo
periodo
buio,
quello
del
collaborazionismo
tra
la
Francia
e la
Germania
nazista,
che
l’estrema
destra
avanza
per
la
prima
volta.
In
un
contesto
di
sconfitta
e di
occupazione
tedesca
l'estrema
destra
impone
le
sue
idee
xenofobe
e
bigottamente
cattoliche.
Vengono
limitate
le
libertà
individuali,
si
contrasta
il
divorzio,
l’aborto
è
punito
con
la
ghigliottina,
gli
ebrei
vengono
privati
della
loro
nazionalità.
I
principi
stessi
della
rivoluzione
del
1789
vengono
negati:
“libertà,
uguaglianza
e
fratellanza”
diventano
“lavoro,
famiglia,
patria”.
Il
regime
di
Vichy
adotta
politiche
repressive,
violente
e
antisemitiche
di
propria
iniziativa,
anche
senza
la
direzione
della
Germania
nazista. Durante
l'occupazione
tedesca,
settantaseimila
ebrei
sono
deportati
nei
campi
di
sterminio,
spesso
con
l'aiuto
delle
autorità
del
regime
di
Vichy.
In
Francia,
ben
pochi
si
organizzano
inizialmente
contro
l'occupazione
tedesca.
L'antisemitismo,
il
nazionalismo,
l'odio
razziale
ed
etnico
e
l'opportunismo
spingono
molti
cittadini
a
collaborare
con
il
regime
nazista
della
Francia
occupata
dai
tedeschi
e
con
quello
di
Vichy.
La
resistenza
si
diffonde
e il
numero
di
oppositori
cresce
solo
quando
la
sconfitta
della
Germania
nazista
sta
diventando
realtà.
Il Governo
di
Vichy è
ancora
oggi
la
più
importante
conquista
di
potere
da
parte
delle
destre
fasciste
francesi
e
per
comprendere
il
consenso
di
cui
godeva
tra
i
francesi
basterà
sapere
che
quando
gli
inglesi
occuparono
il
Libano,
solo
6.000
soldati
su
31.000
accettarono
di
aderire
alla
"Francia
libera"
di
De
Gaulle,
mentre
gli
altri
rientrarono
in
Francia.
Eppure
tutti
sapevano
del
collaborazionismo
coi
nazisti
e
delle
tante
corresponsabilità
in
crimini
commessi
in
tutta
la
Francia
al
fianco
degli
occupanti,
compresa
la
retata
del
velodromo
invernale
a
Parigi
eseguita
dalla
polizia
parigina,
in
cui
furono
arrestati
12.884
ebrei,
tra
cui
4.051
bambini
e
5.802
donne.
Tutti
furono
poi
trasferiti
in
campi
di
detenzione,
tra
cui
quello
di
Drancy,
dove
la
sorveglianza
era
eseguita
dalla
gendarmeria
francese.
Le
accuse
coinvolgeranno
poi
principalmente
Pierre
Laval,
il
più
fedele
e
convinto
collaborazionista,
giudicando
opportuno
che
la Francia fosse
al
fianco
della Germania alla
conclusione
della
guerra
ineluttabilmente
vittoriosa
per
quest'ultima.
La
grande
maggioranza
della
stampa
francese
sotto
l'occupazione
sostiene
la
politica
collaborazionista
e
antisemita
di
Pétain.
Una
parte
di
questa
stampa
è
nelle
mani
dei
tedeschi,
che
finanziano
alcune
pubblicazioni,
in
special
modo
attraverso
le Éditions
du
Pont.
Già
prima
della
fine
della
guerra
i
collaborazionisti
francesi
subiscono
arresti
ed
incarcerazioni,
giudizi
sommari
ed
esecuzioni
capitali,
solitamente
emesse
direttamente
dai
partigiani
che
li
hanno
catturati.
I
rapporti
sessuali
con
un
militare
tedesco
prevedono
per
le
donne
il
taglio
dei
capelli
a
zero
ed
il
pubblico
ludibrio.
Solo
750
vengono
giudicati
da
un
tribunale
regolare.
Alcuni
di
loro
sono
condannati
a
morte.
Charles
de
Gaulle
concede
pochissime
grazie,
tra
cui
quella
al
generale
Philippe
Pétain,
eroe
della
Prima
Guerra
Mondiale,
la
cui
pena
è
commutata
nel
carcere
a
vita.
Nato
a
Cauchy-à-la-Tour
il
24
aprile
1856,
viene
internato
a 89
anni
a L'Île-d'Yeu,
dove
muore
sei
anni
dopo,
il
23
luglio
1951,
ricevendo
in
punto
di
morte
il
rifiuto
da
parte
del
governo
francese
alla
sua
richiesta
d'accoglimento
delle
proprie
spoglie
presso
l'Ossario
di
Verdun.
Le
destre
fasciste
francesi
del
regime
di
Vichy
sono
rappresentate
da
due
"grandi"
partiti:
il
Partito
Popolare
Francese (PPF).
e il
Raggruppamento
Nazionale
Popolare (RNP);
da
partiti
"medi":
il
Partito
Francista o Francismo di Marcel
Bucard;
il
Partito
Operaio
e
Contadino
Francese (POPF),
che
raggruppava
l'ala
collaborazionista
del
PCF
(molti
sindaci
e
deputati,
pochi
militanti);
la
Lega
dei
Pensatori
Francesi (LPF),
il
movimento
più
stupefacente,
costituito
da
sinceri
intellettuali
repubblicani,
compresi
i
franco-massoni
e
qualche
celebrità
di
sinistra,
ma
favorevoli
alla
Collaborazione
per
ottenere
dalla
Germania
il
permesso
per
la
Francia
di
ristabilire
la Repubblica;
il
Mouvement
social
révolutionnaire di Eugène
Deloncle (prima
leader
de
la Cagoule);
il
Partito
Nazionalista
Bretone per
l'indipendenza
dalla
Francia
della
Bretagna
pro-nazista;
da
piccoli
gruppi
filonazisti
francesi:
Il
Fronte
Francese
di
Jean
Boisse,
Il
"Semaforo"
di
Marcel
Delaunay,
Il
Partito
Francese
per
il
Collettivismo
Francese di
Pierre
Clémenti..I
Giovani
della
Nuova
Europa di Marc
Augier detto
Saint-Loup.
La
Lingua
francese
di Pierre
Costantini.
Il
Comitato
Francia-Germania
di
Georges
Scapini
(proveniente
dall'estrema
destra).
Il
Circolo
Collaborazione di Alphonse
de
Chateaubriant,
Il
Brezona staccatosi
dal Partito
Nazionalista
Bretone che
si
rifà
al
nazional-socialismo,
e in
questo
movimento, Galv,
apertamente
pro-nazista
e
formato
dai
redattori
delle
riviste Arvor,
Stur d'Olier
Mordrel,
e
il Bezen
Perrot formato
da
una
parte
del
Partito
Nazionalista
Bretone.
Negli
anni
che
seguono
la
dissoluzione
del
regime
di
Vichy
e i
processi
sommari
e
regolari
dei
collaborazionisti,
colpevoli
di
tradimento
e di
connivenza
col
nemico,
la
destra
è
presente
in
Franca
quasi
esclusivamente
con
la
stampa.
I
giornali
più
noti
e
diffusi
di
estrema
destra
del
primo
dopoguerra
sono:
Paroles
françaises (1946),
Aspects
de
la
France(1947),
Verbe (1949),
Rivarol (1951),
Fraternité
française (1954),
La
Nation
française (1955).
La
prima
organizzazione
di
estrema
destra
di
un
certo
rilievo
che
emerge
e si
diffonde
in
Francia
nel
dopoguerra
è
quella
poi
detta
poujadista,
dal
nome
di
Pierre
Poujade
(1920-20003),
un
movimento politico e sindacale
francese
nato
nel
1953
nel
dipartimento
del Lot,
durante
una
rivolta
fiscale.
Esso
rivendica
la
difesa
dei
commercianti
e
degli
artigiani
criticando
l'inefficacia
della
politica parlamentare,
così
com'è
praticata
durante
la Quarta
Repubblica.
Col
nome
UDCA
(Unione
per
la
difesa
dei
commercianti
e
degli
artigiani)
si
diffonde
in
tutta
la Francia nel
giro
di
due
anni
ed
ottiene
52
deputati
nelle elezioni
del
1956,
presentandosi
al
voto
sotto
il
nome
di Unione
e
fraternità
francese (UFF),
dichiarando
la
propria
avversità
al trattato
di
Roma per
la
Comunità
europea
e
chiedendo
l'eliminazione
dei
controlli
fiscali
e la
difesa
dei
piccoli
commercianti.
Nei
loro
comizi
e
sulla
propria
stampa
i
poujadisti
criticano
gli
intellettuali definendoli
incapaci
di
comprendere
il
buon
senso
dell'uomo
della
strada
e si
dicono
contrari
alla
concessione
dell’indipendenza
all’Algeria.
Il
poujadismo
si
dissolve
al
termine
della
Quarta
Repubblica,
quando
si
allea
con
i gollisti e
i comunisti,
per
scomparire
del
tutto
con
l’avvento
della Quinta
Repubblica
francese nel 1958.
Solo
14
anni
dopo
apparirà
in
Francia
un
nuovo
movimento
politico
di
estrema
destra
diffuso
su
tutto
il
suo
territorio:
il
Fronte
Nazionale.
Il
Fronte
Nazionale
nasce
nel
1972,
ma
le
sue
radici
si
fanno
risalire
generalmente
alle
accuse
antisemite
del
Caso
Dreyfus
del
1895
e al
regime
di
Vichy
,
durante
il
quale
l'estrema
destra
può
finalmente
imporre
le
sue
idee
xenofobe
e
negare
i
principi
della
Rivoluzione
del
1789,
sostituendo
“libertà,
uguaglianza
e
fratellanza”
con
“lavoro,
famiglia,
patria”.
Il
suo
fondatore,
Jean-.Marie
Le
Pen
(nato
in
Bretagna
nel
1928),
è un
poujadista
eletto
al
parlamento
nel
1956
nell’
“Unione
e
fraternità
francese”.
È il
più
giovane
deputato
di
quella
legislatura.
Non
ha
ancora
compiuto
28
anni
e
usa
comportamento
e
linguaggi
volgari,
come
ad
esempio
quando
dichiara
che
“La
Francia
è
governata
da
pederasti:
Sartre,
Camus,
Mauriac”.
Nel
corso
degli
anni
che
seguono
la
dissoluzione
del
pujadismo,
Jean-Marie
Le
Pen
si
fa
conoscere
sempre
più
come
l’uomo
forte
dell’estrema
destra
e
nel
.1972
egli
fonda
il
Front
national
(Fn).
Il
partito
ottiene
però
i
primi
successi
solo
circa
dieci
anni
dopo,
nel
1981,
quando
il
Presidente
François
Mitterand,
che
per
indebolire
la
forte
opposizione
rappresentata
dalla
destra
moderata
francese
fa
in
modo
che
l’estrema
destra
abbia
la
possibilità
di
partecipare
ai
dibattiti
televisivi.
Il
Fronte
nazionale
ottiene
le
sue
prime
vittorie
a
partire
dall’anno
dopo,
il
1982,
e si
impone
come
partito
di
denuncia,
attaccando
la
corruzione
delle
altre
organizzazioni
politiche.
Il
successo
giunge
nel
2002,
quando
al
secondo
turno
delle
elezioni
presidenziali
il
Fronte
Nazionale
è in
ballottaggio
con
il
presidente
uscente
Jacques
Chirac,
della
destra
moderata.
La
Francia
teme
un’ipotetica
vittoria
dell’estrema
destra
e
vota
in
massa
Jacques
Chirac. Nei
cinque
anni
che
seguono
il
Fronte
Nazionale
vive
fasi
di
debolezza
e
alle
elezioni
presidenziali
del
22
aprile
2007
non
riesce
ad
entrare
in
ballottaggio
con
Nicolas
Sarkozy,
che
ottenendo
anche
i
consensi
dell’elettorato
di
estrema
destra,
è
eletto
presidente
il
16
maggio
di
quell’anno.
Nel
2011
Jean-Marie
Le
Pen,
che
è
nel
suo
ottantatreesimo
anno,
capendo
che
per
risollevare
le
sorti
del
partito
da
lui
fondato
deve
mettersi
da
parte,
cede
lo
scettro
a
sua
figlia
Marine,
europarlamentare
dal
2004.
Appena
è a
capo
del
Fronte
Nazionale,
Marine
Le
Pen
comprende
che
il
nemico
da
sconfiggere
è il
Presidente
Sarkozy
e
che
la
strategia
da
seguire
per
ottenere
tale
scopo
è il
rinnovo
del
partito
e la
conquista
dell’elettorato
deluso
con
una
denuncia
incalzante
dell’incapacità
della
destra
moderata
di
risollevare
la
Francia
dalla
crisi
economica
e
sociale.
Nomina
vicepresidente
del
Fronte
Nazionale
il
trentunenne
Florian
Philippot
e
prende
le
distanze
dal
linguaggio
politico
provocatorio
e
spesso
volgare
di
suo
padre,
per
far
breccia
tra
i
giovani
e
gli
elettori
di
centro
e
della
destra
moderata.
L’anno
dopo,
il
2012,
candita
e
viene
eletta
al
parlamento
francese
Marion
Maréchal
Le
Pen,
di
23
anni,
figlia
di
sua
sorella
Yann,
che
diviene
la
più
giovane
parlamentare
della
storia
di
Francia.
Nello
stesso
2012
il
Fronte
Nazionale
giudica
la
sconfitta
di
Sarkozy
alle
presidenziali
come
una
mezza
vittoria
di
Marine
Le
Pen,
grazie
alla
svolta
data
alla
politica
del
Fronte
Nazionale,
che
è
arrivata
terza
alle
elezioni,
con
un
recupero
di
voti
dell’estrema
destra
a
scapito
della
destra
moderata.
Più
di 6
milioni
di
francesi
hanno
votato
il
Fronte
Nazionale
al
primo
turno
delle
elezioni
presidenziali
del
2012
e la
maggior
parte
di
questi
elettori
non
ha
votato
Sarkozy
al
secondo
turno
Secondo
alcuni
politologi
la
vera
svolta
alla
politica
del
Fronte
Nazionale
s’è
avuta
già
nel
2007,
con
l'ingresso
nel
partito
del
comunista
Alain
Sora,
che
con
la
sua
corrente Egalité
&
Réconciliation parla
esplicitamente
di "sinistra
del
lavoro,
destra
dei
valori"
da
opporre
alla
"destra finanziaria"
e
alla
"sinistra libertaria”.
Il
vincitore
delle
elezioni
presidenziali
del
2012
è il
socialista
François
Hollande,
che
però
solo
otto
mesi
dopo
è
calato
moltissimo
nei
sondaggi.
per
le
promesse
economiche
non
mantenute
e
per
l’assenza
di
linea
direttrice
e di
autorità,
Nel
novembre
2013
batte
il
record
di
impopolarità
con
il
20%
di
opinioni
favorevoli,
che
cala
ancora
nel
marzo
del
2014
per
non
aver
rispettato
ancora
una
volta
le
promesse
economiche
e
quella
di
invertire
la
curva
della
disoccupazione
entro
la
fine
del
2013.
Ma
nel
gennaio
del
2015,
a
seguito
degli
attentati
di
terroristi
jihadisti
a
Parigi
che
hanno
fatto
17
morti,
il
presidente
François
Hollande
ha
accresciuto
la
propria
popolarità
di
21
punti
percentuali,
arrivando
al
40%.,
un
record
storico
senza
precedenti.
Questo
balzo
repentino
è
ritenuto
l'effetto
della
rapida
risposta
che
il
Governo
francese
ha
messo
in
pratica
per
contrastare
le
minacce
alla
sicurezza
nazionale
e la
compostezza
mostrata
nei
luttuosi
eventi,
culminata
nella
grande
marcia
di
Parigi
di
domenica
11
gennaio.
Tuttavia
il
Fronte
Nazionale
diretto
da
Marine
Le
Pen,
ritenuto
da
molti
francesi
sempre
meno
un
pericolo
per
la
democrazia
e
sempre
più
un
partito
d’opposizione,
sembra
aver
conquistato
il
consenso
di
almeno
un
terzo
dell’elettorato,
ottenendo
consensi
tra
i
moderati
di
centro
e
conservando
quelli
degli
estremisti
di
destra,
convinti
che
i
cambiamenti
voluti
ed
ottenuti
da
Marine
Le
Pen
sono
solo
formali
e
non
hanno
minimamente
modificato
l’essenza
dell’ideologia
del
partito.
Il
nazionalismo
rimane
la
sua
espressione
più
significativa
e
basilare,
da
cui
deriva
una
serie
di
avversità
irrinunciabili,
come
quelle
verso
lo
straniero,
l’immigrazione,
la
globalizzazione,
una
sovranità
superiore
che
riduca
quella
francese,
e
pertanto
il
Fronte
Nazionale
è
contro
l’Europa
Unita,
l’euro
e la
NATO.
A
ciò
vanno
aggiunte
la
conferma
dell’avversione
verso
i
principi
della
Rivoluzione
del
1789,
con
l’auspicio
di
un
ripristino
di
leggi
abrogate,
come
quella
della
pena
di
morte
per
taluni
crimini,
e la
revisione
storica
che
consentirebbe
tra
l’altro
di
rivedere
ed
eliminare
il
giudizio
negativo
sul
generale
Pétain
e il
Governo
di
Vichy.
I
cambiamenti
operati
da
Marine
Le
Pen
non
aprono
pertanto
a
nessuna
alleanza
con
gli
altri
partiti
presenti
nel
parlamento
francese,
alleanza
che
per
la
legge
elettorale
delle
quinta
Repubblica
sarebbe
indispensabile
al
Fronte
Nazionale
per
poter
fare
eleggere
un
numero
non
insignificante
di
deputati,
come
succede
in
tutte
le
legislature.
Alle
ultime
elezioni
ha
ottenuto
solo
due
seggi,
occupati
da Marion
Maréchal-Le
Pen,
figlia
della
sorella
Yann
di
Marine
Le
Pen,
e
dall’avocato
Gilbert
Collard.
L’accresciuto
consenso
del
Fronte
Nazionale,
tanto
da
far
sperare
a
molti
dei
suoi
simpatizzanti
una
vittoria
alle
elezioni
presidenziali
del
2017,
sembra
rendere
ancora
più
difficile
la
possibilità
di
un’alleanza.
Tuttora
non
c’è
partito
che
attenui
le
proprie
critiche
e si
dichiari
favorevole
a
una
tale
eventualità.
Il
consenso
accresciuto
del
Fronte
Nazionale
viene
spiegato
col
fatto
che
la
piccola
borghesia
francese
nel
suo
realismo
e
cinismo
ha
sposato
per
intero
l’estrema
destra
di
oggi,
chiedendo
nei
fatti
dogmatismo
e
autorità,
ma
coprendo
la
sua
richiesta
con
la
cosmesi
linguistica
dell’ipocrisia
chiamando
tutto
ciò
“rivoluzione
liberale”
e
non
“fascismo”.
E a
questa
piccola
borghesia
che,
trincerata
in
un
sordo
egoismo,
diviene
sempre
più
disumana,
nutrendosi
di
un
odio
crescente
verso
gli
avversari
politici
e i
diversi
per
religione,
sesso
e
colore
della
pelle,
la
destra
moderata,
il
centro
e la
sinistra
contrappongono
con
solida
convinzione
l’esprit
républicain,
il
ricordo
e la
consapevolezza
di
essere
tutti
liberi
cittadini
e
non
più
sudditi
a
partire
dalla
dichiarazione
dei
diritti
dell’uomo
e
dei
cittadini
del
1789,
di
essere
da
allora
tutti
uguali
di
fronte
alla
legge
e
chiamati
tutti
ad
essere
umanamente
solidali.
“Liberté,
Égalité,
Fraternité”
è e
resta
il
motto
della
Repubblica
francese!
– è
il
grido
rivolto
a
chi
ha
abbracciato
e
diffonde
ideologie
sovversive
che
riporterebbero
la
Francia
alle
condizioni
in
cui
era
prima
della
Rivoluzione
del
1789.
”Nella
nostra
Francia
moderna,
che
cos’è
dunque
la
Repubblica?
È un
grande
atto
di
fiducia.
Istituire
la
Repubblica
è
proclamare
che
milioni
di
uomini
sapranno
tracciare
essi
stessi
la
regola
comune
della
propria
azione;
ch’essi
sapranno
conciliare
la
libertà
e la
legge,
il
movimento
e
l’ordine;
ch’essi
sapranno
combattersi
senza
sbranarsi;
che
le
loro
divisioni
non
andranno
fino
a un
furore
cronico
di
guerra
civile,
e
che
essi
non
cercheranno
mai
in
una
dittatura
passeggera
una
tregua
funesta
e un
vigliacco
riposo.
Istituire
la
Repubblica
è
proclamare
che
i
cittadini
delle
grandi
nazioni
moderne,
obbligati
a
provvedere
con
un
lavoro
costante
alle
necessità
della
vita
privata
e
familiare,
avranno
tuttavia
abbastanza
tempo
e
libertà
di
spirito
per
occuparsi
della
cosa
comune”
.