N. 9 - Settembre 2008
(XL)
COMANDARE
UBBIDENDO
chiapas: le
peculiarità dell’Ezln
di Laura Novak
L’esercito zapatista di
liberazione nazionale irrompe nella scena politica
mondiale nel 1994 a quasi dieci anni dalla sua
formazione di stampo non violento. Il suo nome rimanda
immediatamente alla rivoluzione messicana guidata da
Emiliano Zapata nel 1911. Per poter comprendere
similitudini e contraddizioni nella storia dell’EZLN è
necessario però un rapido excursus storico.
Zapata è il figlio di
rancheros messicani che, giovanissimo, stanco della
situazione di povertà e sfruttamento in cui versavano i
contadini messicani delle provincia, diventa la guida
di un piccolo esercito di agricoltori del suo villaggio,
piuttosto mal armati, che iniziano a combattere contro
l’oppressione e le ruberie dei grandi proprietari
terrieri della loro zona. Sull’onda dell’entusiasmo
delle prime conquiste territoriali, l’esercito
rivoluzionario ormai equipaggiato ed accresciuto di
numero inizia la sua marcia sul Messico, fino al 1911,
in cui viene occupata la capitale, Città del Messico.
Il governo messicano in
carica cade e colui che è ritenuto l’ideologo della
rivoluzione, Madero, diviene presidente. Una grande
riforma, detta “Piano di Ayala”, redatta dallo stesso
Zapata, diviene la rivendicazione più forte da parte di
quei contadini che negli anni hanno visto espropriarsi
terreni e bestiami. Ma nel 1913, prima che la riforma
fosse attuata, Madero cade e Zapata decide di unire gli
intenti con un altro fronte rivoluzionario del Nord del
Messico, guidato da Pancho Villa. Huerta prima e
Venusiano Carranza dopo, conservatore e reazionario,
sono i nuovi presidente designati. La lotta diviene
allora più violenta e Zapata e Villa, più forti
nell’unione, marceranno di nuovo sulla capitale nel
1914. I successi durano poco. Entrambi sono dei
combattenti puri e non uomini politici, che per loro
ideologia non cedono a compromessi con il potere; mentre
Villa viene sconfitto da Carranza nel 1917, con un
imboscata nel 1919, in seguito ad un tradimento di un
suo colonnello, Zapata viene ucciso alle spalle. Da
allora l’immaginario collettivo messicano si nutre del
misticismo che aleggia intorno ad uno dei rivoluzionari
più autentici della storia. Di questo si è nutrito anche
l’EZLN.
La concomitanza della
prima apparizione pubblica di Marcos e dell’esercito di
cui è la guida solida da anni con l’entrata in vigore
della NAFTA , trattato di accordo tra Messico, Stati
Uniti e Canada in cui venivano gettate le basi per la
liberalizzazione del commercio tra i suddetti paesi, non
sembra essere stata una coincidenza.
Teatro della sua nascita
nel 1983 è il Chiapas, lo stato più meridionale e più
povero del Messico. Una zona in cui il colonialismo e il
conseguente latifondismo agrario non è mai terminato, in
cui la sua abbondanza di acqua potabile, che serve a
gestire il consumo idrico di gran parte dell’intero
Messico, è fuori dalla portata della metà della
popolazione. Troppo cara. La maggior parte degli
indigeni delle piccole comunità continuano a vivere in
un alfabetismo dominante e con la sicurezza di una
longevità inferiore alla media (la vita media è di 50/60
anni). Quelli che invece si sono trasferiti dalle
campagne, poste sotto sequestro dal governo per utilizzo
pubblico, alle città, in cerca di lavoro e condizioni di
vita migliori, sono quotidianamente vittime di razzismo
e segregazione sociale.
Un popolo, quello
indigeno, che nonostante sia una cospicua fetta
dell’intera popolazione del Chiapas (circa un terzo),
non è riconosciuto e continua a rimanere, agli occhi
dello Stato a cui appartiene, invisibile nelle
tradizioni e nelle esigenze.
Fin dall’inizio è quindi
chiaro quanto una forte peculiarità politica sia invece
presente nelle intenzioni di azione dell’EZLN rispetto
al mito rivoluzionario a cui tende accostarsi.
La globalizzazione di
massa e il consumismo economico moderno sono diventati
negli anni i bersagli preferiti nelle parole e negli
atti dell’EZLN. Argomenti che, analizzati nella
situazione locale disastrosa in cui vive il popolo
indigeno del Chiapas, vengono poi, in ogni loro
comunicato ufficiale, contestualizzati nella loro
universalità moderna. Condizioni comuni a quelle del
Chiapas esistono in svariate parti del mondo e anche di
questo vogliono essere portavoci.
Quello che più sorprende
dell’EZLN è che, a differenza delle altre
organizzazioni militari clandestine del mondo, dal 1994
ad oggi nessuna azione violenta di commando armato è
stato operata dall’EZLN. Nessun attentato o tentativo di
sovversione e di golpe. Il suo intento di denuncia
sociale è esplicato da sempre in manifestazioni
pacifiste in tutta la zona prima del Chiapas e in
seguito anche in tutto il Messico. Cortei, riunioni
comunitarie, collettivi di volontari che continuano a
raccogliere adesori alla comune lotta sono gli unici
strumenti di comunicazione utilizzati dai militanti.
Famose rimangono alla cronaca la marcia pacifista del
marzo 2001 terminata con l’ingresso a Città del Messico
in cui, a fianco dell’EZLN, hanno partecipato piccoli
gruppi politici non solo messicani ma anche di altre
parte del mondo; e l’enorme marcia non violenta
dell’assemblea operativa più importante dell’EZLN,
partita a gennaio del 2006 e conclusasi nel giugno
scorso, dopo un viaggio lungo tutto il Messico, teso a
raccogliere consensi, firme, appoggio alla grande causa
comune.
Bisogna però sottolineare
come il loro scopo ultimo abbia, piuttosto che un
carattere locale e ristretto quindi alla zona del
Chiapas, un significato di contestazione di un sistema
mondiale. Essenzialmente la causa a cui unirsi rimane
boicottare quella “democrazia” di matrice occidentale,
imposta in molti paesi del Sud del Mondo, ormai
trasformatasi in una oligarchia sempre più spietata.
La via per arrivare alla
sovversione diviene quindi un attacco dall’interno,
creare uno stato nello stato, di stampo esclusivamente
indigeno, che smantelli il modello di società esportato
dall’Occidente. Nel Chiapas durante questo decennio l’EZLN
ha potuto creare molti municipi completamente autonomi
ed indigeni che, nel corso degli anni, auto
governandosi, sono riusciti a mantenere intatte tutte
quelle caratteristiche e tradizioni autoctone degli
indios sudamericani (quelli del Chiapas in particolare
sono discendenti Maya) contro la violenta pressione
colonizzatrice.
Un governo fatto dal
popolo (che forma, sotto la supervisione dell’EZLN, con
elezioni cittadine le quattro giunte di governo in cui
sono raggruppati tutti i nuovi municipi) per il popolo.
C’è da sottolineare che in
ogni caso però l’esercito esiste comunque sempre nella
sua funzione paramilitare ed in questo è quindi formato
esclusivamente da uomini scelti. La gerarchia dell’EZLN
è fondata su un consiglio superiore di 76 comandanti,
eletti da assemblee rivoluzionarie, completamente
invisibili all’opinione pubblica, ma con forte potere
decisionale, e un unico sub comandante, Marcos appunto,
che è la guida e il capo dell’esercito miliare.
La sua identità è a tutt’oggi
è sconosciuta. Il governo messicano, nel 1995, aveva
dichiarato di averlo identificato in un ex docente e
ricercatore universitario messicano non indio, Rafael
Sebastina Guillen Vicente, ma di questo non si hanno mai
avute certezze.
E’ certo però che il suo
ruolo è da anni al centro di ammirazione da una parte e
di aspre critiche dall’altra. Ritenuto fortemente
carismatico, Marcos è sicuramente un uomo di enorme
cultura (lo testimonia la sua vasta produzione
letteraria) e un eloquente comunicatore.
Da sempre ogni singolo
comunicato, relazione o discorso pubblico, firmato EZLN,
è scritto da lui, ed è lui a farsene diretto portavoce
al popolo.
Le critiche che
provengono, non solo dai governi attaccati dall’EZLN ma
anche da uomini politici e studiosi di sinistra (di
vecchia scuola zapatista), è il carattere politico che
negli ultimi quattro anni ha deviato il percorso dell’EZLN.
Da tempo, infatti, si indica in Marcos colui che sta
cercando di riorganizzare l’EZLN per trasformarlo
lentamente in un nuovo partito politico. Testimonianze
di ciò arrivano non solo da svariati suoi comunicati in
cui appoggia apertamente altri gruppi sovversivi del
mondo marcatamente politici, ma anche e soprattutto da
suoi sempre piu innumerevoli tentativi di contatto con
veri e propri partiti della sinistra extra parlamentare.
Ma questo non è tutto.
Molti continuano a chiedersi come l’ideologia dell’EZLN,
che come abbiamo detto si rifà (anche se piuttosto alla
lontana) a quella della rivoluzione messicana nel 1911,
in cui il liberalismo economico moderno e il conseguente
estremo consumismo dilagante sono gli obiettivi da
boicottare, possa conciliarsi con la grande capacità
gestionale mass-mediale di Marcos.
Se i mass media sono i
mezzi per la dilagazione del fenomeno consumistico degli
ultimi quarant’anni, come è possibile che proprio coloro
che ne vorrebbero cancellare l’esistenza li utilizzino
in modo assiduo, strategico e a volte mistificatore?
Dagli anni della
rivoluzione agraria del 1911 ad oggi certo le modalità
di espressione e comunicazione si sono trasformati
completamente.
Viene quindi da chiedersi:
se gran parte della popolarità dell’EZLN si deve infatti
al mito e alla morbosa attenzione creati intorno a
questa figura, celata da sempre dietro un passamontagna,
con un fazzoletto rosso al collo e una pipa in bocca,
dove si può tracciare, nell’operato di Marcos e dell’EZLN,
quella linea di confine che deve esistere tra lo
sfruttare abilmente i meccanismi forse marci di un
sistema, ma con lo scopo di inclinarlo, e il rimanere
imprigionati in quei meccanismi senza quindi riuscire a
rinnegare il ruolo che ci viene imposto nella e dalla
società?
Ed è forse nel suo dettame
più importante “mandar obedeciendo” (Comandare
ubbidendo) che sta quel confine. Da un suo proclama
infatti del 2002 cito: ”Non ci arrendiamo, resistiamo!
Non riceveremo nulla dal governo, resisteremo finchè
colui che comanda, non comanderà ubbidendo”.
Qualsiasi opinione si
possa avere sulla sua figura e sui suoi intenti rimane
il fatto che per l’opinione pubblica mondiale non ha
viso né espressione, ma rimane con forza incontrastata
il volto, “il non volto”, di uno dei movimenti
rivoluzionari più longevi, insieme all’Eta e all’Ira,
che esistano nella storia contemporanea. |