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N. 9 - Febbraio 2006

L'ESERCITO PONTIFICIO

Il 1700

di Mirko Corarze

 

Il Settecento rappresenta per l’esercito pontificio l’inizio di un periodo grigio, il peggiore per questo esercito che, per tutto il Cinquecento e Seicento, aveva partecipato, distinguendosi, a diverse campagne, ad esempio in Grecia ed in Dalmazia contro i turchi, ma che dopo la cattiva prova fornita nella guerra di Successione Spagnola venne reputato dagli stessi Pontefici quasi un lusso superfluo, uno strumento inutile per la loro politica, tanto da poter essere ridotto drasticamente fino a contare pochissime migliaia di uomini.

 

Questi, poi, furono suddivisi in presidii, non in reggimenti o in battaglioni, quasi a sottolineare la funzione di mera difesa passiva dell’esercito e l’assoluta mancanza di mobilità.

In una tabella, si può evidenziare il potenziale militare dell’esercito pontificio nel primo Settecento:

 

Truppe permanenti:

 

Fanteria

Cavalleria

Artiglieria

Totale

4. 200

273

85

4. 558

 

Bombardieri e milizie:

 

Bombardieri

Cavalieri

Fanti

Totale

1. 730

4. 100

26. 400

32. 230

 

Le uniformi del primo Settecento consistevano in “giustacuore” bleu con mostre di vario colore a seconda dell’unità ed in calzoni e calze scelti a seconda del gusto del soldato o del comandante della compagnia. Completavano l’uniforme un cappello a larghe tese (che a breve si trasformò in tricorno) e buffetterie di cuoio naturale.

 

In seguito la struttura dell’esercito pontificio subì un cambiamento: infatti, i reggimenti di fanteria furono organizzati in compagnie di 120-150 combattenti, che si disponevano su dieci righe così come veniva ordinato nell’estratto dal concernente “L’esercizio e le manovre dell’Infanteria per l’istruzione delle truppe pontificie” nel regolamento ufficiale “Scuola del soldato e del plotone”.

 

Si trattava di una formazione pesante e massiccia, con uguale proporzione di picchieri e moschettieri della fanteria con picche lunghe 18 piedi e moschetti a miccia dalla lunghissima canna, adoperabili solo con supporto fisso (forcella), lenti al tiro che combattevano in ordine sparso per coprire le unità di fanteria.

 

L’azione della cavalleria continuava ad essere quella tradizionale: fuoco ed eccezionalmente urto; quella leggera, composta da Ussari, Dragoni e Croati, non aveva armi difensive, adoperava la spada e la pistola; quella croata, vera cavalleria leggera irregolare, adoperava anche una carabina.

 

I corazzieri, combattevano armati di spadone diritto e di due grosse pistole, disposti su 8-10 righe.

 

I Dragoni potevano essere considerati come fanteria montata; infatti, combattevano più a piedi che a cavallo.

Le artiglierie campali, che avevano una portata media di 800 passi, potevano eseguire sia tiri radenti che curvi, per la presenza già di obici, mortai e pezzi per tiri a mitraglia.

 

Interessante è la critica che Montecuccoli fa dell’artiglieria, definendola come “un caos in cui si stentava ad orientarsi”. In questo periodo, lo Stato della Chiesa fu tranquillamente percorso o usato come campo di battaglia da eserciti stranieri: Tal proposito basti ricordare la battaglia di Velletri (10-11 agosto 1744) tra gli imperiali, comandati dal principe di Lobkowitz e gli Ispano-Napoletani, comandati dal generale de Gages.

 

Verso la metà del Settecento, l’esercito pontificio toccò il più basso punto di efficienza e consistenza, e, già nel 1780, il Papa Clemente XVI dispose che gli effettivi fossero portati a 7. 000 uomini.

 

Con Pio VI si pose definitivamente mano alle riforme, specie sotto l’incombere dell’ondata rivoluzionaria francese; ma un organismo debole come l’esercito pontificio, non poteva essere risanato in poco tempo.

 

Le riforme più importanti furono introdotte nel 1794 dal generale Enea Caprara, proveniente dal servizio austriaco.

L’intera organizzazione dell’esercito venne allora rivoluzionata ma, dato il poco tempo a disposizione e gli inevitabili ostruzionismi, con scarsi risultati.

 

I cambiamenti si allargarono ovviamente anche al campo delle uniformi: la fanteria ricevette una giacchetta, detta “marsina”, corta, di taglio austriaco, allacciata fino alla vita da una sola fila di bottoni e portata, dalla vita in giù, con le falde bianche rovesciate.

Questa marsina, come i calzoni, era bianca ed aveva paramani e colletto rovesciato di colore diverso, a seconda del reparto.

 

Ghette nere e copricapi di vario genere contemplavano l’uniforme.

I granatieri erano dotati, in gran tenuta, di berrettone a pelo e, in tenuta ordinaria, di tricorno con fiocchetti gialli e rossi agli angoli.

 

I fucilieri in gran tenuta indossavano, invece, un caschetto di cuoio nero ornato di chiavi e triregno in ottone e di una corta criniera.

Le buffetterie, cintura e bandoliera, erano di cuoio bianco. Nelle occasioni solenni, i copricapo erano ornati di un ramoscello di bosso, all’uso austriaco.

 

Gli ufficiali erano armati di spada con dragona mista d’oro e di rosso come i fiocchetti del tricorno, unico copricapo degli ufficiali.

La seguente tabella ci evidenzia le uniformi dei reparti regolari pontifici:

 

Reparto

Abito

Mostre

Panciotto

Calzoni

Forte Urbano

bianco

blu

bianco

bianco

Bologna

bianco

blu

bianco

bianco

Fortezza Perugia

blu

rosso

rosso

blu

Castel S. Angelo

blu

rosso

blu

bianco

Forte di Ferrara

bianco

azzurro

bianco

bianco

Presidio di Ancona

bianco

rosso

bianco

bianco

Forte di S. Leo

bianco

giallo

bianco

bianco

Presidio di Ferrara

bianco

blu

bianco

bianco

Forte di Ancona

bianco

celeste

celeste

bianco

Forte di Civitavecchia

bianco

blu

bianco

bianco

Fortezza di Pesaro

blu

rosso

bianco

bianco

Fiumicino

bianco

blu

bianco

bianco

Battaglione de’ Corsi

bianco

rosso

rosso

bianco

Fortezza di Sinigaglia

blu

rosso

rosso

blu

Presidio di Civitavecchia

blu

rosso

rosso

rosso

Porto d’Anzio

bianco

celeste

celeste

bianco

Fortezza di Ascoli

blu

rosso

rosso

rosso

 

Con un esercito che si limitava a presidiare, con scarse forze, le più importanti città e piazze dello Stato, era quasi naturale che esistessero delle milizie provinciali, composte da volontari, dotate di scarsa efficienza militare, ma pur sempre utili per il mantenimento dell’ordine.

 

La tabella sottostante, ci illustra chiaramente come variavano, a seconda delle province e delle Armi, le uniformi delle milizie provinciali:

 

Milizie provinciali – Fanteria:

 

Provincia

Abito

Mostre

Calzoni

Panciotto

Ferrara

blu

rosso

blu

rosso

Romagna

bianco

rosso

bianco

rosso

Marca

blu

rosso

bianco

bianco

Urbino

blu

rosso

rosso

rosso

Umbria

blu

rosso

rosso

rosso

Sabina

blu

rosso

rosso

rosso

Patrimonio

blu

giallo

blu

giallo

Marittima

rosso

rosso

rosso

rosso

Benevento

blu

rosso

blu

rosso

Cesena

bianco

celeste

bianco

bianco

 

Milizie provinciali – Cavalleria:

 

Provincia

Abito

Mostre

Calzoni

Panciotto

Ferrara

blu

bianco

blu

blu

Romagna

blu

rosso

blu

rosso

Marca

blu

rosso

blu

blu

Urbino

blu

giallo

giallo

giallo

Sabina

blu

rosso

blu

blu

Patrimonio

blu

rosso

rosso

rosso

Marittima

blu

rosso

rosso

rosso

Umbria

bianco

azzurro

blu

blu

 

E queste milizie, che si addestravano la domenica e prestavano servizio a seconda delle necessità non mancavano nello Stato Pontificio, sia per il carattere marziale degli abitanti dell’Appennino, sia per le esenzioni fiscali.

 

Ancora verso la fine del secolo, diverse centinaia di “miliziotti” vennero impiegati in sussidio delle forze regolari.  

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

L. Antonielli, Le licenze di porto d’armi nel Settecento: duttilità d’una fonte.

Bosi P. , Cronologia dei principali avvenimenti della storia militare d’Italia in appendice a: “Il soldato istrutto nei fasti militari della sua patria dalle epoche più remote fino ai nostri giorni. Dizionario storico, geografico, topografico, militare d’Italia compilato sulla scorta delle più accreditate opere antiche e moderne”, Torino, 1870.

P. Crociani - M. Brandani - M. Fiorentino, Le uniformi italiane del Settecento, Roma, 1986.

Donati C. , Organizzazione militare e carriera delle armi nell’ Italia di Antico Regime: qualche riflessione in: “Ricerche di storia in onore di Franco della Peruta”, vol. I: politica e istituzioni (a cura di Betri M. L. e Bigazzi D.), Milano, 1996

S. E. Finer, La formazione dello stato e della nazione in Europa: la funzione del militare, in “La formazione degli Stati nazionali nell’Europa Occidentale”, a cura di C. Tilly, Bologna, 1984.

V. Ilari, Storia del servizio militare in Italia (1506-1870), Roma, CeMiSS, Rivista Militare, 1989.

E. Nistri, Eserciti e società nell’età moderna, Messina - Firenze, 1979.

E. Scala, Storia delle fanterie italiane, vol. III, Roma, SME, Tipografia regionale, 1951.

C. Tilly, La formazione degli Stati Nazionali nell’Europa occidentale, Bologna, 1984.

F. Turotti, Storia delle armi italiane dal 1796 al 1814, Milano, 1856

 

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