[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

166 / OTTOBRE 2021 (CXCVII)


contemporanea

ERNST JÜNGER, SOLDATO DELL’ANIMA

L’AVVENTURA DI UN UOMO

di Alessio Guglielmini

 

È abbastanza arduo individuare un filo conduttore nei (quasi) 103 anni lungo i quali si dipana la vita di Ernst Jünger, tuttavia se dovessimo sceglierne uno, citeremmo forse l’avventura intrapresa dalla sua anima tra le varie stagioni della sua densissima esistenza. Non perché Jünger non sia una presenza reale, ma perché è soprattutto lo snodarsi del suo pensiero, della sua scrittura filosofica, del suo senso del mito e della storia a fargli attraversare, non certo impunemente, le notevoli traversie del Novecento tedesco ed europeo.

 

In occasione della Prima Guerra Mondiale, Jünger è patriota ed eroe al fronte. Questo coinvolgimento è dovuto a una percezione nobilitante dell’esperienza del soldato. Nel 1913 il giovane Ernst è già arruolato nella Legione straniera. Allo scoppio della Grande Guerra porta questa attitudine al rischio nelle file dell’esercito tedesco. Viene ferito 14 volte e decorato con le più alte onorificenze.

 

La cronaca estetica e spirituale di quella vicenda, Nelle tempeste d’acciaio, è simmetrica al rigurgito nazionalista che alimenta gli slogan del partito nazionalsocialista. Jünger diventa nel giro di poco oggetto del desiderio della propaganda hitleriana, anche se l’indipendenza dello scrittore viene confermata dalla crescente freddezza nei suoi confronti di alcuni gerarchi, tra cui Goebbels.

 

Giorgio Galli ipotizza tuttavia che Jünger svolga un ruolo di estrema influenza presso l’élite al comando. Il suo romanzo breve Sulle scogliere di marmo (1939) sarebbe espressione del dibattito che anima i membri dei circoli segreti che ispirano la filosofia del Reich e che sono incerti sulla piega che sta prendendo la politica di Hitler. Sul fatto che la figura del Forestaro del romanzo sia ricalcata sul profilo di Hitler non sussistono dubbi, così come emblematica è la fine che tocca agli oppositori del Forestaro stesso: appesi a un uncino, come accadrà ad alcuni dei congiurati impiccati nell’estate del ‘44 dopo l’attentato di von Stauffenberg a Rastenburg.

 

Jünger durante la Seconda Guerra Mondiale è anche l’ufficiale colto e cosmopolita che a Parigi frequenta gli intellettuali francesi, soprattutto nei giovedì letterari che si tengono a casa di Florence Gould. Sono proprio i diari di quegli anni, pubblicati con il nome suggestivo di Irradiazioni, a dare la misura di tali incontri, alcuni eccellenti e sintomatici dell’intreccio culturale-ideologico di quel periodo.

 

Mezzo secolo dopo, nelle interviste rilasciate a Franco Volpi e Antonio Gnoli e giunte a noi con il titolo di I prossimi Titani, Jünger recupera alcuni di quegli aneddoti. Nella Parigi occupata conosce ad esempio Céline, di cui apprezza sentitamente l’opera mentre ne disprezza il collaborazionismo e l’antisemitismo. Le conversazioni con Volpi e Gnoli sono del resto occasione per ricordare l’aiuto fornito da Jünger a un amico di origini ebraiche della scrittrice Colette. Ma è in particolare la Arendt a tratteggiare il profilo di Jünger quale esponente della Resistenza, sebbene il diretto interessato preferisca porre la questione in termini più che altro spirituali.

 

Malgrado l’opposizione al Reich, Jünger nel secondo dopoguerra viene in parte emarginato dalla vita intellettuale tedesca per aver ispirato la componente militarista del nazismo. Dopo qualche anno di “embargo” culturale ritorna alle cronache nel 1950, aprendo “un botta e risposta” filosofico con il discusso Martin Heidegger. Jünger dedica a Heidegger Oltre la linea in cui affronta i temi del nichilismo; Heidegger risponde cinque anni più tardi con La questione dell’essere.

 

Nel 1951 fa la sua comparsa il Trattato del Ribelle, in cui Jünger, sulla scia dell’“Unico” di Stirner, abbozza quello che diventerà l’identikit dell’anarca. Il Ribelle jüngeriano non è assillato dalla dimensione sociale, non è l’antagonista di un preciso impianto politico. La sua ribellione è eterna, incondizionata e lo porta a vivere attraverso le epoche in base a una sua filosofia irriducibile che lo situa in un “bosco ideale”, in uno spazio distaccato, ed estraneo, rispetto all’apparato vigente.

 

Sul finire degli anni Cinquanta irrompe un altro saggio, benché improntato alla forma del racconto mitico. Al muro del tempo specifica la suggestione di Jünger per la potenza di un indeterminato avvento titanico che spinge da sotto come un gorgo apocalittico tenuto a stento nei suoi binari dall’impalcatura della storia. È un’opera crepuscolare che, in qualche modo, profetizza l’arrivo dell’imminente Muro di Berlino che andrà a tagliare in due tronconi quella Germania ancora in fase di ripensamento dopo i tumuli e le macerie prodotti da anni di assedi e di bombardamenti.

 

Proprio questo mondo post-bellico, sospeso tra la dimensione storica e quella mitica, riemerge negli scenari dei principali romanzi di Jünger dopo il conflitto. Heliopolis del 1949 è un affresco incerto sul significato della civiltà. Il territorio di Heliopolis ricorda le antiche promesse del Mediterraneo eppure queste stesse promesse vengono nel frattempo infrante dalle regole di una tecnica onnivora e spietata. La scienza, nella narrazione di Heliopolis, non è solo votata al progresso ma è anche disciplina che mette in subbuglio l’etica e la moralità. Nel laboratorio del dottor Mertens si compiono esperimenti su cavie umane e si producono i germi delle guerre chimiche.

 

Tale perversione della conoscenza annienta lo spirito, le tradizioni e le età eroiche. Il comandante Lucius de Geer, protagonista del romanzo nonché ambasciatore dello Jünger pensiero, è un nostalgico dell’aristocrazia e di antichi valori ridimensionati, nella realtà della Germania presa tra le due guerre, tanto dal tentativo liberale di Weimar che dalla dittatura nazista. Ma verosimilmente il punto interrogativo del traballante sistema di Heliopolis, dominato dall’antagonismo tra il Podestà e il Proconsole, si rivolge pure all’ambiguo avvenire della Germania, incastrata, mentre Jünger scrive, tra le ingerenze occidentali e quelle sovietiche.

 

Meno stoica, e più disillusa, è invece la personalità di Martin Venator, detto Manuel, che nella (magrebina) città di Eumeswil, che fornisce il titolo al romanzo di Jünger del 1977, svolge al contempo il ruolo di storico e di barista/steward notturno. Eumeswil è città-stato, scappata al controllo dei grandi imperi e dominata da una presenza autarchica e populista, il Condor. Il Condor è circondato da sinistri caporioni che assecondano il suo potere, tribale e capriccioso, all’interno della casbah.

 

Venator, in quanto storico, è da una parte il garante della memoria, il custode di un flusso millenario che incombe minaccioso sulla corte di Eumeswil; dall’altra, in quanto steward, è al soldo di quel sistema di vizi e di scambi clientelari alimentato dagli umori del Condor. È dunque alle apparenze un conformista, nel momento in cui sembra tollerare le dinamiche di potere vigenti, ma è in verità un totale anticonformista allorché trae linfa dall’antico magma della storia per porsi su un piano più elevato che sfugge al “qui e ora”.

 

Questo sfuggire all’attualità è tipico dell’anarca, profilo in cui Venator si riconosce. Egli osserva da una visuale neutra le logiche su cui si fonda l’autorità del Condor e alterna a tale visuale un intenso ripescaggio delle figure che hanno segnato i tempi, da Bruto a Tročkij, da Carlo V a Pietro il Grande. Sono loro i più accreditati giudici del declino che attende inesorabilmente anche il regime del Condor.

 

Senza contare che di Jünger si potrebbe ricordare la “carriera” di entomologo, ricostruita con notevole perizia espressiva in Cacce sottili, dello scrittore e filosofo tedesco rimane un’eredità ricca, complessa, sfaccettata come le esperienze e gli incontri da lui intrapresi nel corso del secolo.

 

Lungo i suoi (quasi) 103 anni Jünger vive come soldato, attraversa la temperie che conduce la Germania dal trattato di Versailles al disastro del secondo conflitto mondiale, si confronta con gli intellettuali a lui coevi, tra cui Schmitt, Gide, Spengler, Drieu La Rochelle e Heidegger. Dirige insieme allo storico delle religioni Mircea Eliade la rivista Antaios (1959-1971), confermando il suo interesse per il simbolo e l’archetipo. Sperimenta più volte l’LSD in compagnia del suo “creatore” Albert Hofmann e ne scrive in Avvicinamenti.

 

Lascia capitoli fertili, profetici che ripercorrono le attese, i dissidi, le crisi del pensatore novecentesco sorpreso tra il fasto degli antichi imperi e il dominio della tecnica imposto da nuove, soverchianti, forme di potere.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

A. Gnoli, F. Volpi, I prossimi Titani. Conversazioni con Ernst Jünger, Adelphi, Milano 1997.

E. Jünger, Sulle scogliere di marmo, Guanda, Parma 1988.

E. Jünger, Irradiazioni. Diario (1941-1945), Guanda, Parma 1993.

E. Jünger - Martin Heidegger, Oltre la linea, Adelphi, Milano 1989.

E. Jünger, Trattato del Ribelle, Adelphi, Milano 1990.

E. Jünger, Al muro del tempo, Adelphi, Milano 2000.

E. Jünger, Heliopolis, Guanda, Parma 2006.

E. Jünger, Eumeswil, Guanda, Parma 2001.

H. Schwilk, Ernst Jünger. Una vita lunga un secolo, Effatà Editrice, Cantalupa 2013.

G. Galli, Hitler e il nazismo magico. Le componenti esoteriche del Reich millenario, Rizzoli, Milano 1989. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]