N. 52 - Aprile 2012
(LXXXIII)
l’era Berlusconiana
Otto anni di governo, venti di politica
di Giuseppe Formisano
La
storia
politica
di
Silvio
Berlusconi
è
indissolubilmente
legata
all’epilogo
della
cosiddetta
“Prima
Repubblica”
che
finì
nel
1992.
Le
iniziative
della
magistratura,
o
meglio
le
repliche
di
essa
-
che
aveva
avviato
le
proprie
attività
in
contrasto
all’attacco
antidemocratico
messo
in
atto
da
chi,
nei
precedenti
anni
-
aveva
finanziato
illecitamente
i
partiti,
corrotto
e
fatto
corrompersi,
posero
fine
al
sistema
politico
creato
nel
1945-46;
la
DC e
il
PSI
sparirono
dalla
scena
politica
dopo
essersi
macchiati
di
reati
con
soldi
sporchi.
Il
PCI,
invece,
cessò
di
esistere
di
lì a
poco
tempo
dopo
il
crollo
dell’URSS,
volendo
seguire
il
corso
dei
tempi,
cancellando
il
suo
essere
comunista
per
diventare
democratico
di
sinistra.
Alla
fine
di
questo
lungo
ciclo
della
storia
italiana
viene
fatto
iniziare,
dai
cosiddetti
“osservatori”
-
opinionisti
della
politica,
del
giornalismo
e
della
cultura
che
tutto
sanno
e
tutto
possono
–
una
“seconda
repubblica”:
nuova,
diversa
da
quella
corrotta
che
l’aveva
preceduta,
con
nuovi
simboli
politici
e
nuovi
personaggi.
Gli
anni
a
venire,
così
come
quelli
che
viviamo
noi
ora,
purtroppo,
hanno
palesato
la
sostanziale
e
continua
linea
tracciata
dalla
precedente.
La
seconda
repubblica,
insomma,
per
dirla
alla
Orwell,
è
più
uguale
della
prima.
Alle
belle
e
solari
aspettative
di
questa
seconda
fase
italiana,
nell’immaginario
collettivo
c’è
l’associazione
con
il
solare
sorriso
di
Silvio
Berlusconi,
l’imprenditore
datosi
alla
politica,
a
detta
sua,
per
amore
del
paese
e
della
libertà
che
voleva
difendere
dai
vecchi
comunisti.
Si
parla
così
di
ventennio
berlusconiano.
Ventennio
non
solo
politico,
ma
anche
culturale,
insomma
Berlusconi
come
fenomeno
sociale.
Ma è
vero
ciò?
Si
più
parlare
di
politica
berlusconiana
lunga
diciassette
anni,
dal
1994
(anno
in
cui
vinse
le
sue
prime
elezioni)
fino
alla
caduta
del
2011?
La
risposta
è
no.
Non
è
sostenibile
numericamente
un
periodo
berlusconiano
tanto
lungo.
Si
parte
nel
1992
con
due
governi
“tecnici”,
uno
di
Giuliano
Amato
(quanto
definire
tecnico
questo
esecutivo
per
la
forte
matrice
del
PSI,
è
difficile!)
e
l’altro
dell’ex
governatore
della
Banca
D’Italia
e
futuro
capo
delle
Stato,
Carlo
Azeglio
Ciampi.
Questi
furono
due
governi
traghettatori
verso
la
seconda
repubblica,
portando
al
1994,
quando
finalmente
gli
elettori
poterono
dire
la
loro,
travolgendo
elettoralmente
il
vecchio
sistema
pentapartitico
e
dando
fiducia
al
nuovo,
a
Forza
Italia
e a
Berlusconi
che
riuscì
a
far
confluire
in
un’unica
coalizione
due
partiti
non
proprio
compatibili:
gli
ex
fascisti
di
Alleanza
Nazionale
di
Gianfranco
Fini,
partito
nazionalista
cui
molti
voti
provenivano
dal
Sud
del
paese,
e la
Lega
Nord
di
Bossi,
razzista,
non
solo
con
gli
immigrati,
ma
anche
con
i
connazionali
meridionali.
Questa
alleanza
con
il
Nord
e il
Sud,
garantì
all’imprenditore
milanese
ed
ex
piduista,
preoccupato
per
le
sue
aziende,
la
vittoria
alle
elezioni
contro
la
“gioiosa
macchina
da
guerra”,
la
coalizione
di
centrosinistra,
definita
così
da
Achille
Occhetto,
il
segretario
del
PDS,
il
Partito
Democratico
della
Sinistra
(poi
DS,
oggi
PD
con
la
Margherita).
Siamo
a
maggio,
ma
il
governo
impiegherà
più
del
previsto
per
formarsi,
causa
ricusazioni
da
parte
del
capo
dello
Stato
Scalfaro
e
dall’Europa,
preoccupati
della
presenza
di
alcuni
esponenti
nel
nuovo
governo.
Berlusconi
vorrebbe
Cesare
Previti,
il
proprio
avvocato,
al
Ministero
della
Giustizia;
Scalfaro,
preoccupato
per
un
forte
conflitto
d’interessi
-
che
già
esisteva
al
momento
della
candidatura
visto
che
Berlusconi
con
le
sue
televisioni
poteva
orientare
facilmente
il
voto
degli
italiani
– lo
fece
spostare
alla
Difesa.
L’UE
non
gradiva
personaggi
come
Bossi
e
Fini,
autori
di
esternazioni
razziste
e
omofobe.
Il
governo,
però,
durò
solo
duecento
giorni.
Bossi
fece
il
“ribaltone”
e
Berlusconi
cadde.
Per
ritrovarlo
al
governo
bisognerà
aspettare
il
2001,
quando
con
la
CDL,
Casa
delle
Libertà,
vincerà
la
competizione
elettorale
sostituendo
i
governi
di
centrosinistra
che
si
susseguirono
dal
1996
con
Prodi
prima
e
D’Alema
poi.
Il
13
maggio
2001
Berlusconi
ritornò
a
Palazzo
Chigi
con
UDC
(a
Casini
la
presidenza
della
Camera),
Lega
e
AN.
Tale
governo
è
ricordato
per
le
leggi
ad
personam
e
per
le
continue
figuracce
fatte
dal
premier
italiano
in
incontri
internazionali,
e
anche
per
essere
l’unico
dal
1945
ad
aver
governato
per
cinque
anni
ininterrottamente.
Ciò
è
vero,
ma
non
significa
che
abbia
mantenuto
un’unica
legislatura
perché
nel
2005
(anno
delle
sconfitte
del
centrodestra
nelle
regionali
e di
una
leggera
recessione
economica),
Berlusconi
fu
costretto
ad
operare
un
rimpasto
e
formare
un
nuovo
esecutivo,
realizzando
il
suo
terzo
governo,
incluso
quello
del
1994.
Ciò
che
non
è
vero
e
che
sarebbe
corretto
ricordare,
è
che
Berlusconi,
poiché
governò
sì
per
cinque
anni,
ma
non
con
un’unica
legislatura,
non
è
stato
l’unico
dal
1945
ad
aver
adempiuto
questo
compito;
nel
lontano
1963,
Aldo
Moro
creò
il
primo
governo
di
centrosinistra
con
il
PSI
(Nenni
era
vicepresidente),
il
PRI
e i
socialdemocratici
del
PSDI.
Anche
Moro
governò
per
cinque
anni,
fino
al
1968,
pur
se
realizzò
tre
diversi
esecutivi
con
i
medesimi
partiti.
Nel
2006
si
rinnova
dopo
dieci
anni
la
sfida
Prodi-Berlusconi,
e
anche
questa
volta
vince
il
primo.
La
maggioranza
al
Senato,
però,
è
esigua
e il
governo
andrà
avanti
per
due
anni
grazie
al
supporto
dei
senatori
a
vita.
Nonostante
che
dal
2001
al
2006,
negli
anni
dell’opposizione,
gli
uomini
del
centrosinistra
gridavano
allo
scandalo
ogniqualvolta
una
legge
di
Berlusconi
otteneva
l’approvazione
del
parlamento,
nei
due
anni
al
governo,
di
quelle
legge
non
furono
cancellate
neanche
le
virgole,
essendo
la
maggioranza
impantanata
in
scambi
di
poltrone
tra
le
molte
liste
costitutrici
della
coalizione
di
governo
(l’Unione),
e
mostrando
sempre
più
spesso
l’incompatibilità
tra
elementi
diversissimi
e
culturalmente
lontani
come
Rifondazione
e
l’UDEUR
di
Mastella.
Proprio
quest’ultimo
tolse
la
fiducia
al
governo
dopo
il
coinvolgimento
suo
e
della
moglie
(Presidente
del
Consiglio
regionale
campano)
in
una
faccenda
di
ordinario
clientelismo.
Nel
2008,
il
primo
anno
in
cui
si
cominciò
a
parlare
di
crisi
economica,
Berlusconi
vinse
di
nuovo,
a
mani
basse,
ma
ancora
una
volta
(perdendo
pezzi
della
maggioranza
dalla
rottura
con
Fini
in
avanti)
non
fu
capace
di
completare
la
legislatura
che
sarebbe
scaduta
nel
2013.
Considerando
tutto,
Berlusconi
ha
governato
otto
anni:
cinque
dal
2001
al
2006,
tre
dal
2008
al
2011,
più
duecento
giorni
dal
1994
al
1995.
Perché
allora
parlare
di
ventennio
berlusconiano?
Perché
può
piacere
o
no,
con
le
sue
faccende
giudiziarie,
i
suoi
commenti
in
materia
di
fiscale
e
mafia,
i
suoi
attacchi
alla
magistratura
e la
schiera
di
fedelissimi
che
ha
creato,
l’imprenditore
milanese
è un
uomo
che
ha
fatto
la
storia
italiana.