N. 94 - Ottobre 2015
(CXXV)
L’EPOPEA DI ALESSANDRO MAGNO
IL GRANDE CONDOTTIERO TRA MITO E STORIA - PARTE XII
di Paola Scollo
L’interesse
per
la
presunta
omosessualità
di
Alessandro
Magno
ha
spesso
adombrato
le
figure
femminili
che
hanno
accompagnato
e
seguito
il
giovane
sovrano
nel
corso
della
sua
esistenza.
E
ciò
è
per
noi
motivo
di
profondo
rammarico,
in
quanto
non
si
tratta
di
presenze
evanescenti
e
prive
di
spessore,
ma
di
personalità
complesse,
carismatiche
ed
energiche.
Avvolto
da
un’aura
drammatica
e a
un
tempo
mistica,
tale
universo
femminile
esercita
un
fascino
indiscutibile,
in
quanto
svela
il
volto
più
intimo
del
basileus,
suggerendo
che
la
storia
non
è
scritta
soltanto
da
spietate
e
asettiche
logiche
politiche
ed
economiche,
ma
da
sentimenti
autentici
e da
passioni
travolgenti.
Passioni
che,
sottraendosi
al
controllo
del
logos,
sono
talvolta
incontrollate
e
incontrollabili,
dunque
fatali.
La
figura
femminile
che
in
modo
preminente
ha
influito
sull’indole
di
Alessandro,
condizionandone
anche
il
modus
vivendi,
è
stata
la
madre
Olimpiade.
Nata
intorno
al
375
a.C.
da
Neottolemo
I
d’Epiro
della
dinastia
di
Molosso,
Olimpiade
poteva
vantare
tra
i
propri
illustri
avi
l’eroe
omerico
Achille.
Il
legame
con
il
Pelide
ha
senz’altro
contribuito,
anche
attraverso
la
mediazione
di
Aristotele,
a
definire
la
dimensione
eroica
della
personalità
di
Alessandro,
alimentando
quel
desiderio
di
imitazione
ed
emulazione
del
modello
epico
che
lo
avrebbe
illuminato
per
tutta
la
vita.
Alla
morte
di
Neottolemo
I,
il
regno
epirota
venne
ereditato
da
Arriba,
fratello
del
sovrano
defunto,
che
dette
in
sposa
Olimpiade,
ancora
sedicenne,
a
Filippo
II
di
Macedonia
al
sesto
matrimonio.
Nel
357
a.C.
la
principessa
epirota
fu
ripudiata,
salvo
poi
essere
richiamata
alla
corte
di
Pella
perché
incinta.
Olimpiade
dette
così
alla
luce
il
primogenito
Alessandro
nel
356
a.C.
Secondo
una
versione
del
mito,
Alessandro
non
era
figlio
di
Filippo
ma
di
Zeus,
che
si
era
unito
a
Olimpiade
in
forma
di
serpente.
E
ciò
non
deve
sorprendere.
Sacerdotessa
di
Dioniso
e
baccante,
Olimpiade
era
solita
dormire
con
i
serpenti
e
compiere
riti
orfici
e
dionisiaci,
peraltro
ben
noti
alle
popolazioni
della
Tracia.
Tale
credenza
ha
esercitato
un
ruolo
vitale
nel
processo
di
divinizzazione
di
Alessandro
che,
con
il
trascorrere
del
tempo,
avrebbe
sempre
più
energicamente
affermato
e
vantato
la
filiazione
divina.
Olimpiade
non
ebbe
con
il
marito
un
rapporto
sereno.
Frequenti
motivi
di
contrasto
erano
le
pratiche
dionisiache
esercitate
da
lei
e la
poligamia
di
lui.
Di
contro,
con
il
figlio
ebbe
un
legame
profondo
e
indissolubile.
E
nella
natura
di
Alessandro
indomita
e
fiera,
ambiziosa
e
inappagata,
traboccante
di
eccessi
e
dedita
a
oscure
passioni
erano
ben
evidenti
i
tratti
dell’indole
e
dell’educazione
materna.
Inculcando
nel
figlio
la
convinzione
della
discendenza
da
Zeus,
Olimpiade
contribuì
notevolmente
alla
“megalomania”
del
sovrano.
Alimentava
i
suoi
audaci
progetti,
legittimandoli
alla
luce
di
una
volontà
superiore.
Cinica
e
spietata,
non
esitò
a
ricorrere
a
qualsiasi
mezzo
pur
di
assicurargli
il
regno
di
Macedonia.
In
occasione
delle
nozze
di
Filippo
II
con
Euridice,
figlia
del
generale
Attalo,
Alessandro
assunse
le
difese
della
madre.
Dopo
una
furiosa
lite
con
Filippo,
madre
e
figlio
trovarono
rifugio
presso
la
corte
di
Alessandro
I
d’Epiro,
fratello
minore
di
Olimpiade.
Durante
il
soggiorno
in
Epiro
Olimpiade
continuò
a
sostenere
Alessandro,
incitando
il
fratello
a
intraprendere
un’azione
armata
contro
la
Macedonia.
Giunse
poi
a
esporsi
in
prima
persona
nell’accordo
matrimoniale
con
la
figlia
del
sovrano
di
Alicarnasso,
suscitando
una
dura
reazione
da
parte
di
Filippo.
Dopo
il
rientro
di
Alessandro
in
Macedonia,
Olimpiade
continuò
a
soggiornare
in
Epiro
fino
al
336
a.C.,
anno
della
morte
di
Filippo
II
per
mano
della
guardia
del
corpo
Pausania
di
Orestide.
Per
lungo
tempo
su
di
lei
sarebbero
pesati
gravi
sospetti
di
colpevolezza.
A
tal
proposito
Diodoro
Siculo
ricorda
che
Olimpiade
fece
erigere
un
monumento
in
onore
di
Pausania.
Una
testimonianza
questa
che
sembrerebbe
assegnarle
un
ruolo
di
connivenza
nell’uccisione
del
marito
che
l’aveva
abbandonata
e
umiliata.
Dopo
la
scomparsa
di
Filippo,
Olimpiade
continuò
a
sostenere
Alessandro,
impegnandosi
attivamente
nell’eliminazione
dei
potenziali
pretendenti
al
trono.
Stando
alle
fonti,
furono
commessi
circa
quindici
omicidi
di
presunti
rivali.
Da
ultimo
pare
che
abbia
istigato
al
suicidio
Euridice,
settima
moglie
di
Filippo,
e ne
abbia
fatto
uccidere
i
figli.
Le
ingerenze
di
Olimpiade
nelle
questioni
politiche
furono
all’origine
di
frequenti
scontri
con
Alessandro
che,
dopo
la
repressione
della
rivolta
delle
città
greche
del
335
a.C.,
decise
di
estromettere
la
madre
dalla
gestione
del
potere.
Alla
vigilia
della
spedizione
in
Asia,
il
basileus
nominò
Antipatro
quale
reggente
del
regno
di
Macedonia,
manifestando
la
netta
intenzione
di
negare
alla
madre
qualsiasi
ruolo
decisionale.
Durante
la
sua
assenza
intrattenne
comunque
con
lei
un
fitto
rapporto
epistolare.
Con
il
trascorrere
del
tempo
i
rapporti
tra
Olimpiade
e
Antipatro
divennero
molto
tesi
al
punto
tale
da
imporre
la
sostituzione
del
reggente
macedone
con
Cratero.
Dopo
la
prematura
morte
di
Alessandro,
Antipatro
riuscì
tuttavia
a
riconfermare
il
proprio
potere
in
Macedonia
e in
Grecia.
Olimpiade
scelse
di
rifugiarsi
in
Epiro,
dove
rimase
fino
al
319
a.C.
Benché
lontana,
continuava
a
esercitare
un
forte
ascendente.
Basti
pensare
che
il
nuovo
reggente
Poliperconte
tentò
di
rafforzare
il
proprio
potere
invitandola
a
Pella
insieme
al
nipote
Alessandro,
figlio
di
Roxane.
Lei
rifiutò.
Trascorsi
tre
anni,
Olimpiade
si
pose
alla
guida
dell’esercito
del
nipote
nel
conflitto
contro
Cassandro
e
Filippo
Arrideo
per
la
conquista
della
città
di
Pella.
Alla
vista
della
madre
di
Alessandro
Magno
e
della
sacerdotessa
di
Dioniso
ormai
quasi
sessantenne,
gli
avversari
non
osarono
opporsi
e si
limitarono
ad
abbassare
le
insegne.
Arrideo
ed
Euridice
furono
uccisi
insieme
alla
folta
schiera
di
sostenitori
e
seguaci.
Si
trattò
tuttavia
di
un
successo
effimero,
in
quanto
nel
316
a.C.
Cassandro
assediò
Pella,
imponendo
a
Olimpiade
la
resa
in
cambio
della
salvezza.
In
realtà
gli
accordi
non
vennero
rispettati:
accusata
dell’uccisione
di
Filippo
Arrideo,
Olimpiade
fu
condannata
a
morte.
Secondo
alcuni
testimoni,
preferì
togliersi
la
vita.
Stando
a
Giustino,
in
punto
di
morte
continuò
a
mantenere
un
atteggiamento
fiero
e
impavido
cosicché
i
sicari
si
rifiutarono
di
perpetrare
l’omicidio.
Sarebbero
stati
i
parenti
delle
persone
che
aveva
fatto
assassinare
ad
ucciderla
strangolandola.
Cassandro
le
negò
pubbliche
esequie.
Alla
luce
di
quanto
è
emerso,
Olimpiade
mostra
di
possedere
tutti
i
tratti
di
un
personaggio
eccezionale.
Ambiziosa
e
affascinata
dal
potere,
si
adoperò
in
vari
modi
per
assicurare
al
figlio
la
successione
al
trono:
dapprima
alimentando
in
lui
la
consapevolezza
delle
origini
divine,
poi
provvedendo
personalmente
all’eliminazione
degli
eventuali
avversari.
Durante
gli
undici
anni
di
assenza
di
Alessandro,
fu
di
fatto
lei
a
reggere
il
regno
di
Macedonia.
Temuta
anche
dal
marito
per
i
riti
dionisiaci
che
era
solita
compiere,
Olimpiade
si
presenta
come
un
personaggio
controverso.
Tale
complessità
si
manifestava
in
una
duplice
natura
–
fredda
e
cinica
da
una
parte,
passionale
e
irruente
dall’altra
–
che
riceveva
linfa
vitale
dal
legame
con
Dioniso,
divinità
dell’ebbrezza
e
simbolo
della
dimensione
più
oscura
e
ferina
dell’uomo.
In
linea
con
il
paradigma
divino,
Olimpiade
era
proprio
così:
oscura
e
mistica,
ma
soprattutto
eccessiva
e
nell’amore
e
nell’odio.