N. 83 - Novembre 2014
(CXIV)
L’epopea di Alessandro Magno
IL GRANDE CONDOTTIERO Tra mito e storia- PARTE I
di Paola Scollo
È un’immagine singolare
quella
che
le
fonti
ci
tramandano
di
Alessandro
Magno.
Giovane
dall’indole
impetuosa
e
tenace,
comandante
fiero
e
ambizioso
dotato
di
straordinario
talento
tattico
e
strategico,
spirito
nobile
e
fiero
teso
verso
ogni
forma
di
sapere,
animo
energico
e
spietato
sul
campo
di
battaglia
con
i
nemici,
magnanimo
e
generoso
verso
gli
amici.
Alessandro
è
uno
dei
personaggi
più
controversi
dell’antichità.
Un personaggio contraddittorio
che,
proprio
per
questa
contraddittorietà,
ha
esercitato
ammirazione
e
fascino
in
ogni
epoca.
Un
fascino
che
oltrepassa
i
limiti
della
storia
per
divenire
mito.
Il
sogno
di
realizzare
un
unico
impero
per
un
unico
popolo,
di
custodire
e di
diffondere
la
cultura
ellenica
lo
guida
sino
agli
estremi
confini
del
mondo.
In pochi anni si pone
alla
guida
di
un
impero
sconfinato,
che
si
estende
dall’Adriatico
all’Oceano
Indiano,
dal
Danubio
e
dal
Caucaso
alla
Nubia.
Le
sue
mirabili
imprese
sono
state
narrate
da
Diodoro
Siculo,
Arriano,
Curzio
Rufo.
Di
notevole
valore
è la
testimonianza
di
Plutarco
nelle
Vite
parallele.
L’eccezionalità di Alessandro
ha
inizio
ancor
prima
della
sua
nascita:
si
pone
nel
momento
stesso
del
suo
concepimento.
Narra Plutarco che, alla
vigilia
delle
nozze,
Olimpiade
sognò
che
dal
suo
ventre,
colpito
da
fulmine,
si
propagavano
fiamme.
Successivamente,
a
Filippo
parve
di
imprimere
sul
ventre
della
sposa
un
sigillo
dalla
forma
di
leone
e,
«dato
che
nessun
sigillo
si
imprime
su
ciò
che
è
vuoto»,
l’indovino
Aristandro
di
Telmesso
immaginò
che
Olimpiade
fosse
incinta
di
un
«ragazzo
animoso
e
dalla
natura
di
leone»
(Alex.
II).
Il “figlio del sogno”,
Aléxandros,
nacque
nel
mese
di
Ecatombeone,
nel
giorno
in
cui
il
tempio
di
Artemis
a
Efeso
venne
distrutto
da
un
incendio.
Un
evento
naturale
-
secondo
Egesia
di
Magnesia
-
visti
gli
sforzi
compiuti
dalla
dea
per
portarlo
alla
luce.
Nato
in
circostanze
straordinarie,
era
inevitabile
che
Alessandro
fosse
destinato
a
una
vita
straordinaria.
Proprio
per
queste
ragioni,
nell’incipit
del
bios
dedicato
all’eroe,
Plutarco
spiega
di
voler
porre
attenzione
soprattutto
ai
segni,
semeia,
dell’anima.
Dopo aver riferito gli
aneddoti
sulla
nascita
di
Alessandro,
Plutarco
fornisce
rapide
indicazioni
sull’aspetto
fisico,
espressione
del
carattere
eccezionale.
A
tal
proposito
ricorda
che
Alessandro
aveva
ritenuto
opportuno
farsi
raffigurare
solo
da
Lisippo,
unico
artista
in
grado
di
riprodurre
in
modo
accurato
«quello
che
successori
e
amici
cercarono
sempre
di
imitare,
ossia
la
posizione
del
collo,
lievemente
piegato
a
sinistra,
e la
dolcezza
dello
sguardo»
(Alex.
IV).
Alessandro aveva una
pelle
chiara,
rossa
sul
petto
e
sul
volto,
che
emanava
un
gradevolissimo
profumo.
La
temperatura
corporea -
sempre
molto
alta,
quasi
da
febbre
-
doveva
essere,
con
ogni
probabilità,
motivo
dell’animo
collerico
e
incline
al
bere.
Filippo,
che
ben
conosceva
la
natura
inflessibile
del
figlio,
aveva
scelto
come
maestro
Aristotele
di
Stagira,
«pagandogli
un
alto
onorario,
degno
di
lui»
(Alex.
VII).
Fu proprio Aristotele a
inculcare
in
Alessandro
l’amore
per
la
grecità
e
per
i
classici.
Secondo
la
testimonianza
di
Plutarco,
il
giovane
ammirava
Aristotele
non
meno
di
Filippo,
perché
il
padre
gli
aveva
dato
la
vita,
mentre
il
filosofo
gli
aveva
insegnato
a
vivere
rettamente.
Era
solito,
infatti,
ripetere:
«Io
vorrei
distinguermi
per
la
conoscenza
di
ciò
che
è
meglio,
più
che
per
la
potenza»
(Alex.
VII).
Inizialmente Filippo
provava
soddisfazione
per
le
imprese
di
Alessandro,
al
punto
tale
da
essere
contento
che
i
Macedoni
chiamassero
Alessandro
re,
basileus,
e
lui
stesso,
Filippo,
generale,
strategos.
Ben
presto,
però,
fra
i
due
emersero
forti
motivi
di
contrasto,
aggravati
dal
comportamento
di
Olimpiade,
donna
gelosa
e
collerica
(Alex.
IX).
La rottura avvenne in
occasione
delle
nozze
di
Filippo
con
Cleopatra.
Portando
con
sé
la
madre,
Alessandro
abbandonò
la
Macedonia
per
stabilirsi
in
Illiria.
Successivamente,
in
molti
pensarono
che
dietro
all’assassinio
di
Filippo
per
mano
di
Pausania
si
celasse
proprio
Alessandro.
Ancora ventenne, Alessandro
si
trovò
a
ereditare
un
regno
sul
quale
si
concentravano
invidie,
odi
e
pericoli
(Alex.
XI).
Pur
avendo
un
carattere
impetuoso,
il
giovane
mostrava
di
possedere
temperanza,
egkrateia
e
sapienza,
sophrosyne,
requisiti
indispensabili
per
non
cedere
ai
piaceri
del
corpo.
In cima ai suoi pensieri,
«alti
e
magnanimi
più
di
quanto
prevedesse
l’età»,
stava
la
brama
di
gloria.
Proprio
per
questo
motivo,
non
manifestava
gioia
per
le
vittorie
paterne:
«Amici,
mio
padre
si
prenderà
tutto
e
non
mi
lascerà
l’opportunità
di
compiere
con
voi
alcuna
importante,
luminosa
impresa».
In sintesi, Alessandro
non
aspirava
a
piaceri
o
ricchezze,
ma a
virtù
e
fama,
ritenendo
che
quanto
più
riceveva
dal
padre,
tanto
meno
avrebbe
guadagnato
da
solo.
Voleva
ereditare
un
regno
che
non
gli
offrisse
ricchezze,
lusso,
guadagni,
ma
lotte,
guerre,
fama
(Alex.
V).
Di
qui
la
spedizione
contro
Dario
per
ampliare
i
confini
dell’impero
e,
soprattutto,
per
realizzare
la
completa
fusione
del
popolo
macedone
con
quello
persiano.
A tal proposito, Plutarco
nota
che
il
coraggio
che
Alessandro
infondeva
nelle
sue
azioni
rendeva
imbattibile
la
sua
ambizione:
l’alto
sentire,
megalopsykia,
sosteneva
e
alimentava
la
volontà
d’agire,
ponendosi
a
fondamento
di
una
vita
breve,
ma
costellata
di
splendide
e
mirabili
imprese
(Alex.
XXVI).
Sul campo di battaglia
sembrava
che
Alessandro
agisse
come
un
folle
guidato
da
sconsideratezza
più
che
da
raziocinio
(Alex.
XVI).
Durante
la
spedizione
contro
Dario,
si
espose
a
notevoli
rischi,
riportando
numerose
ferite;
tuttavia,
secondo
Plutarco,
i
danni
maggiori giunsero
dalla
scarsità
di
viveri
e
dalle
pessime
condizioni
climatiche.
Alessandro
tentava
di
opporre
al
destino
avverso
virtù
e
forza,
ritenendo
che
«nulla
fosse
invincibile
per
gli
audaci,
né
sicuro
per
i
vili»
(Alex.
LVIII).
I suoi successi non erano
dovuti
esclusivamente
alla
sorte,
tyche,
che
pure
gli
aveva
concesso
«una
posizione
favorevole»,
ma
alle
sue
straordinarie
doti
(Alex.
XX).
La vittoria su Dario
ebbe
un
grande
impatto,
soprattutto
in
Grecia:
Alessandro
divenne
il
re
del
più
grande
impero
mai
esistito.
E
pare
che,
a
partire
da
quel
momento,
pretese
di
essere
appellato
re,
basileus,
dell’Asia.