N. 111 - Marzo 2017
(CXLII)
EMPOWERMENT
2.0
COMUNICAZIONE
POLITICA,
WEB
CONFLITTI
E
SOCIALNAUTI
di
Damiano
Greco
Collocare
nella
storia
la
contemporaneità
degli
eventi
che
stanno
caratterizzando
la
nostra
quotidianità
(terrorismo
-
forme
sempre
nuove
di
jihadismo
-
ondate
di
profughi
e
migranti
che
giungono
con
grande
disperazione
sulle
nostre
coste),
si
presenta
oggi
(maggiormente
di
ieri)
un
compito
assai
arduo.
Descrivere
con
minuzia
ogni
singolo
accadimento
senza
il
timore
di
inciampare
in
facili
conclusioni,
appare
sempre
più
difficile.
Trovare
nel
mazzo
di
chiavi
quella
in
grado
di
aprire
la
serratura
della
porta
interpretativa,
si
mostra
come
l’unica
soluzione,
per
una
più
chiara
visione
della
concatenazione
tra
i
vari
aspetti:
sociali
-
politici
-
economici
e
tecnologici.
Dobbiamo
dunque
enfatizzare
ancora
una
volta
il
potere
dei
mezzi
di
comunicazione
e di
informazione
che
guiderebbero
oggi
dei
potenti
bolidi
(a
volte
incontrollabili),
stiamo
parlando
naturalmente
dei
nuovi
social,
in
grado
di
enfatizzare
le
distorsioni
e le
rotture
del
sistema,
il
ruolo
delle
nuove
tecnologie
ci
pone
davanti
ad
un
immensa
responsabilità
nel
creare
network
virtuosi
capaci
di
produrre
una
diversa
coscienza,
infatti
l’accessibilità
e la
libertà
rappresentano
due
peculiarità
che
contraddistinguono
i
social,
dando
dimostrazione
di
poter
rinvigorire
e
rinnovare
la
sfera
pubblica.
Le
persone
sono
disposte
a
cambiare
se
percepiscono
di
possedere
gli
strumenti
adatti
per
potersi
relazionare
ed
esprimere,
attraverso
una
partecipazione
attiva,
in
grado
di
aumentare
l’influenza
sulla
pianificazione
delle
condizioni
sociali
e
politiche.
Nella
definizione
di
Mazzoleni
(1998)
la
comunicazione
politica
viene
descritta
come
“il
prodotto
dello
scambio
fra
i
tre
attori
dello
spazio
pubblico,
ossia
tra
sistema
politico,
sistema
dei
media
e
cittadini
–
elettori…”,
se
in
passato
dunque
individuavamo
un
netto
sbilanciamento
a
favore
dell’interazione
tra
i
primi
due
attori
– il
sistema
politico
e i
media
–
ponendo
di
fatto
il
terzo
attore
ad
uno
ruolo
di
mero
spettatore
all’interno
della
comunicazione
politica,
oggi
la
centralità
dei
New
Media
impone
una
visione
differente,
dove
troviamo
il
cittadino-utente
assumere
un
peso
sempre
più
rilevante,
in
grado
di
comunicare
attraverso
un
nuovo
linguaggio
eterogeneo
e
complesso,
ridisegnando
di
fatto
l’arena
del
confronto
politico.
All’interno
di
questa
cornice
troviamo
come
sempre
il
rapporto
tra
lo
stato
ed
il
cittadino,
tra
la
collettività
e
l'individuo.
Appare
chiaro
che
i
Governi
non
sono
più
in
grado
di
gestire
adeguatamente
le
attuali
problematiche,
l’unica
strada
percorribile
prima
di
scatenare
conflitti
senza
una
via
di
ritorno,
viene
rappresentata
dalla
necessità
di
far
assumere
ai
cittadini-utenti
una
maggiore
coscienza,
ponendoli
in
condizione
di
organizzarsi
e di
poter
gestire
i
propri
processi
e le
proprie
risorse,
riunendoli
sotto
un'unica
tenda,
quella
che
riporta
in
alto
la
scritta
“Empowerment”.
Solo
una
puntuale
osservanza
dei
principi
di
umanità,
moralità
ed
etica
potrà
arginare
forme
di
depotenziamento
della
democrazia
alle
quali
stiamo
assistendo.
La
società
civile
digitale
non
solo
dovrebbe
incentivare
questi
principi
ma
addirittura
prendersene
carico
nella
loro
totalità.
Come
osservava
il
compianto
maestro
Di
Nolfo
(2012),
i
conflitti
si
susseguono
con
straordinario
mutamento
accompagnando
da
sempre
l’umanità,
seguendo
un
filo
periodicamente
modificato
dalle
innovazioni
tecnologiche
che
di
fatto
influenzerebbero
le
percezioni
della
geopolitica.
La
comprensione
dell’attualità,
nelle
sue
infinite
variabili
che
si
proiettano
oggi
attraverso
il
moltiplicarsi
di
atti
terroristici
e il
diffondersi
di
stati
di
tensione
in
tutto
il
globo,
ci
porta
ad
analizzare
un
conflitto
generale,
persistente
e
cinicamente
accettato,
entrato
con
forza
nella
nostra
routine
di
vita.
Sarebbe
un
errore
dunque
circoscrivere
la
portata
degli
eventi
ai
territori
colpiti.
Se
un
tempo
il
“nemico”
era
facilmente
riconoscibile
velato
magari
dal
viso
di
un
leader
carismatico,
oggi
invece
il
tutto
appare
confuso
e
mimetizzato,
facendoci
piombare
in
uno
stato
di
continua
paura
che
ci
indirizza
ad
adagiarsi
nell’isolazionismo,
diffidando
di
tutto
e
tutti.
Eppure
il
terrorismo
non
rappresenta
di
per
se
una
novità,
infatti
come
la
storia
ci
ricorda
gli
ultimi
decenni
sono
stati
caratterizzati
da
questi
atti
codardi,
indissolubilmente
legati
ai
disordini
internazionali,
ciò
che
realmente
ci
pone
in
uno
stato
di
allarme
è
l’incidenza
degli
atti
terroristici
avvenuti
in
Europa
rispetto
alle
altre
aeree
del
mondo.
Alla
luce
delle
considerazioni
mosse
è
giusto
chiedersi
quali
possano
essere
le
azioni
da
intraprendere
attraverso
la
tripartizione
di
Zimmerman.
Si
dovrebbe
innanzitutto
accantonare
l’idea
rappresentata
da
una
ulteriore
intensificazione
dell’intervento
militare
nelle
regioni
interessate
e
fulcro
dei
conflitti
che
possa
di
fatto
arginare
la
problematica
del
terrorismo
e
donarci
maggiori
certezze
in
termini
di
sicurezza,
adottare
piuttosto
una
diplomazia reticolare
e
multilaterale
in
grado
di
stringere
nuove
alleanze
regionali.
Successivamente
soffocare
tempestivamente
possibili
focolai
di
guerra,
evitando
di
dare
credito
ai
vari
regimi
repressivi
complici
del
Jihadismo,
accantonando
l’idea
che
destabilizzare
le
zone
del
Nord
Africa
e
del
Medio
Oriente
possa
generare
dei
profitti
economici
nell’immediato.
Impossibile
inoltre
ipotizzare
di
poter
bloccare
gli
immensi
flussi
migratori
serrando
semplicemente
i
cancelli
dell’Unione
Europea,
chiusura
che
al
contrario
incentiverebbe
piuttosto
alla
persistenza
di
un
clima
di
odio
e
disperazione.
Non
può
esistere
una
sicurezza
individuale
se
non
si
costruisce
quella
di
tutti.
Si
necessita
una
nuova
politica
europea
di
sicurezza,
guidata
dai
nuovi
cittadini-utenti
con
rinnovata
energia,
ultimo
baluardo
contro
i
nuovi
conflitti.
Viviamo
in
un
tempo
dove
gli
schemi
dell’informazione
si
sono
rivoluzionati,
se
in
passato
le “Breaking
News”
restavano
un
argomento
esclusivo
dei
telegiornali
e
magari
confinato
successivamente
ai
programmi
di
approfondimento,
oggi
grazie
alle
nuove
tecnologie
tutto
ciò
si
mescola
inesorabilmente,
divenendo
attraverso
i
nuovi
strumenti
social
una
fonte
viva
di
notizie.
L’innovazione
caratterizzata
dalla
accelerazione
è
parte
integrante
della
società
digitale
che
inesorabilmente
produce
uno
spazio
di
partecipazione,
dimostrando
di
possedere
virtù
persuasive
in
grado
di
attrarre
il
pubblico
attraverso
nuove
forme
di
narrazione
che
innescano
meccanismi
di
identificazione
a
favore
degli
utenti.
Il
tutto
con
un
linguaggio
nuovo,
un
mix
eterogeneo
di
immagini,
musica
e
vocalità.
Come
ci
ricorda
Donatella
Campus
(2008)
le
abitudini
mediatiche
degli
utenti
si
sono
ulteriormente
diversificate,
la
consapevolezza
da
parte
di
quest’ultimi
di
poter
divenire
attori
attivi,
ha
incoraggiato
un
nuovo
fenomeno,
quello
della
partecipazione,
che
si
lega
con
il
senso
di
appartenenza
ed
alla
primitiva
necessità
da
parte
dell’individuo
di
identificarsi
e
rassicurarsi
con
un
gruppo
sociale,
che
si
esprime
oggi
attraverso
i
moderni
mezzi
di
comunicazione,
in
una
sorta
di
interdipendenza
attraverso
il
conoscimento
di
una
comune
base
ideologica
che
può
essere
legata
a
vere
e
proprie
filosofie
di
vita,
credenze
religiose,
idee
politiche.
Un
filo
conduttore
che
apre
a
nuovi
percorsi
di
cui
è
difficile
prevedere
il
luogo
di
arrivo.
Ma
come
stiamo
avendo
modo
di
vedere
lo
sviluppo
tecnologico
non
costituisce
necessariamente
un
progresso
verso
alti
livelli
di
qualità
democratica.
Talvolta
si
creano
degli
scenari
disarmonici
favorendo
il
depotenziamento
del
meccanismo
democratico
stesso.
La
reazione
del
mondo
social
davanti
ad
una
tragedia
non
è
sempre
immediata
e
nemmeno
univoca,
la
linea
che
demarca
una
“tendenza
social”
ad
un
reale
avvicinamento
(seppur
virtuale)
è
estremamente
sottile.
Si
sfruttano
determinati
avvenimenti
caricando
uno
status
con
relativi
“hashtag”
per
attrarre
like
o
addirittura
le
nuove
“emoticons”
introdotte
recentemente
da
Facebook,
in
una
sorta
di
competizione
alla
condivisione
o al
commento
più
sensibile,
per
poi
ritornare
alla
propria
routine
social
caricando
foto
o
link
demenziali
in
una
sorta
di
cinico
carosello
virtuale.
Mentre
stiamo
fissando
lo
schermo
del
nostro
smartphone
o
tablet
le
notizie
ci
arrivano
in
tempo
reale,
magari
nel
momento
in
cui
stiamo
guardando
una
GIF
(Graphics
Interchange
Format),
oppure
mentre
stiamo
sbirciando
le
foto
appena
caricate
da
un
amico,
ci
ritroviamo
davanti
ad
una
notizia
che
interrompe
il
nostro
“quieto
scorrere
digitale”,
anche
attraverso
le
testimonianze
dirette
di
chi
si
trova
nel
luogo
dove
sta
avvenendo
il
fatto.
I
“Socialnauti”
facilmente
volubili
e
influenzabili
si
ritrovano
dunque
esposti
ad
una
pluralità
di
eventi,
incapaci
ad
effettuare
autonomamente
una
scrematura
si
affidano
al
trend
del
momento
per
esporre
il
proprio
pensiero.
Se
ciò
è
avvenuto
con
una
forza
dirompente
attraverso
una
valanga
di
like,
condivisioni
e
foto
profilo
modificate
ad
hoc
con
le
bandiere
dei
paesi
europei
colpiti
dagli
attenti
terroristici,
non
possiamo
dire
lo
stesso
per
Ankara
e
soprattutto
per
Lahore
dove
le
oltre
70
vittime
e
circa
320
feriti
ad
opera
di
kamikaze
sono
state
in
maggioranza
donne
e
bambini
di
fede
cristiana,
che
celebravano
la
Pasqua
lo
scorso
anno.
Difficilmente
aprendo
Facebook
si
potrà
vedere
un
profilo
con
i
colori
della
bandiera
pakistana.
Un
paese
che
viene
nuovamente
colpito
dal
terrorismo
attraverso
un
atto
codardo
che
non
ha
nulla
da
“invidiare”
a
quelli
che
hanno
insanguinato
Parigi
o
Bruxelles.
La
democrazia
per
poter
funzionare
correttamente
richiede
dunque
cittadini
“illuminati”,
porre
l’accento
sull’istruzione
e la
promozione
delle
scienze
risulta
essere
ancora
oggi
molto
importante,
ma
la
vera
priorità
dei
nostri
tempi
è
insegnare
a
comprendere
la
realtà
del
mondo
iperconnesso
di
oggi
con
i
suoi
elevatissimi
collegamenti,
il
forte
impatto
tecnologico
e la
velocità
innovativa
degli
attuali
canali
comunicativi
a
cui
sono
inesorabilmente
legate
le
nuove
generazioni,
rischia
seriamente
di
impedire
a
quest’ultime
di
poter
raggiungere
e
comprendere
l’attuale
contesto
sociale,
ma
di
arrivarci
con
grande
affanno
e
confusione,
favorendo
sempre
più
la
divisione
a
serio
discapito
del
progresso
socio-culturale.
Un
pericolo
rappresento
dalle
nuove
tecnologie
dunque,
che
deve
essere
scongiurato
attraverso
la
consapevolezza
da
parte
dei
nativi
digitali
delle
possibilità
offerte
dal
web,
in
vista
soprattutto
dell’alto
livello
di
istruzione
che
contraddistingue
l’attuale
generazione
di
giovani,
in
grado
sempre
più
di
occupare
spazi
di
influenza
attraverso
l’uso
dei
nuovi
social
-
viene
rappresentato
dalla
necessità
di
riparare
i
Millennials,
che
attualmente
si
trovano
sotto
una
incessante
pioggia
di
dati
creati
da
internet,
bacino
digitale
dove
inesorabilmente
si
genera
un
fiume
in
piena,
in
grado
di
trascinare
e
travolgere
non
solo
la
comunicazione
politica,
ma
anche
le
nostre
relazioni,
le
nostre
emozioni,
le
nostre
vite.
Indirizzandoli,
dunque,
verso
nuove
forme
di
lotta
sociale
e
politica,
condividendo
la
ricerca
della
giustizia,
della
democrazia
e
della
verità.
Proprio
nell’epoca
della
post-verità
(come
viene
riportato
in
una
puntata
di
speciale
tg1
andata
in
onda
il
29/01/2017
–
ONLIFE)
in
cui
politica
e
media
si
ritrovano
sotto
accusa
dobbiamo
essere
maggiormente
consapevoli
della
possibile
scomparsa
della
mediazione
giornalistica
così
come
la
conosciamo,
assenza
che
potrebbe
essere
occupata
da
meccanismi
meno
democratici,
dove
ad
essere
influenzate
o
hackerate
non
saranno
più
ad
esempio
le
elezioni,
ma
direttamente
la
nostra
capacità
di
informarci,
conoscere,
votare
e
scegliere
liberamente.