N. 46 - Ottobre 2011
(LXXVII)
Empoli e l’Arno
dalle origini al 1333
di Salvina Pizzuoli
C’è una storia geografica che ogni fiume porta con sé, una storia che corre parallela e si intreccia con quella delle popolazioni che si sono stanziate sulle sue sponde e nella valle utilizzando il suo corso per le opportunità che offre: la viabilità naturale, la notevole fonte di approvvigionamento idrico, senza dimenticare la capacità, forse troppo abusata nei secoli, di ripulire dai rifiuti indesiderati.
L’impronta
che
il
suo
corso
lascia
nel
territorio
è
caratterizzata
da
una
striscia
più
o
meno
larga,
più
o
meno
incisa,
a
volte
serpentiforme,
comunque
mai
uniforme,
dai
monti
al
piano
e
poi
fino
al
mare
che
pervade
con
il
suo
delta
o
accoglie
nel
suo
estuario,
segnata
nel
tempo
da
molte
trasformazioni
naturali
e
dalla
storia
delle
popolazioni
che
hanno
interferito
con
la
sua
geografia.
Nel
paesaggio
naturale
del
Valdarno
inferiore
la
valle
si
configura
con
caratteristiche
diverse:
a
nord
terreni
pianeggianti,
anticamente
ricoperti
da
paludi
successivamente
bonificate,
a
sud
colline
incise
da
valli
di
corsi
fluviali
minori,
tributari
dell’Arno.
La
piana
oltre
che
fertile
è
sempre
stata
anche
un
comodo
luogo
di
transito
favorito
dalla
natura
del
terreno
privo
di
rilievi,
valloni
e
strapiombi
tanto
che
nel
medioevo
turriti
castelli,
torri,
mura
sostituivano
le
carenze
dell’ambiente
in
fatto
di
protezione
mentre
la
presenza
del
fiume
si
ravvisava
nelle
antiche
attività
umane
a
esso
connesse:
la
conciatura
delle
pelli
e la
lavorazione
dell’argilla.
In
questa
piana,
lungo
la
riva
sinistra
dell’Arno,
si
colloca
oggi
e si
collocava,
un
florido
centro
commerciale
e
agricolo;
negli
atti
ufficiali
compare
quasi
dal
nulla
solo
in
età
medioevale
sollevando
non
poche
domande
da
parte
degli
studiosi.
Lo
storico
ottocentesco
Emanuele
Repetti
nel
suo
Dizionario
geografico
fisico
storico
della
Toscana
alla
voce
Empoli
scriveva
Empoli
(Impolum,
Empulum,
Emporium)
nel
Val-d’Arno
inferiore.
Terra
la
più
popolata
della
Toscana,
di
forma
regolare
e
ben
fabbricata…Giace
in
un’aperta
pianura
che
porta
il
nome
della
stessa
Terra,
presso
la
riva
manca
dell’Arno…Questa
popolarissima
terra
che
lo
storico
Giucciardini
chiamava
il
granajo
della
Rep.
Fiorentina,
nel
secolo
XI
non
era
che
una
piccola
borgata
col
foro
davanti
alla
pieve
e
sottolineava
che
Non
restano
memorie
di
Empoli
che
possano
dirsi
più
antiche
del
sec.
VIII.
; a
partire
dal
780,
in
vari
documenti,
compare
infatti
il
nome
Empoli
e
Pontorme
(
oggi
un
quartiere
cittadino).
Annoverava
invece
le
origini
romane
del
sito
tra
le
ipotesi
Stà
a
favore
di
tale
congettura
la
corografica
posizione
di
Empoli
che
Cluverio
opinava
potesse
corrispondere
al
Portus
ad
Arnum,
cioè,
alla
terza
stazione
dell’antica
strada
municipale
da
Pisa
a
Firenze,
riportando
la
teoria
di
Cluverio,
ovvero
Philipp
Cluver
storico
e
geografo
tedesco
del
XVII
secolo.
Nella
Tavola
Peutingeriana,
copia
di
un’antica
mappa
romana
nella
quale
sono
indicate
le
strade
militari
dell’impero,
compreso
il
vicino
oriente,
l’India
e la
Cina,
sono
indicate,
lungo
una
strada
che
collegava
Pisa
a
Firenze,
all’altezza
del
corso
dell’Arno,
tre
località
tra
le
quali
In
Portu
occupa
una
posizione
prossima
a
quella
dell’attuale
Empoli.
L’esistenza
di
un
insediamento
urbano
in
età
romana
fu
sicuramente
favorito
dalle
vie
fluviali,
allora
navigabili,
e
dalla
presenza
di
una
strada
consolare,
la
Quinctia,
attribuita
al
console
Quinctius
Flaminius
e
fatta
risalire
al
II
secolo
a.C.;
si
presume
che
in
età
romana
fosse
una
via
di
fondovalle
ricalcata
su
un
precedente
tracciato
che
collegava
Fiesole
a
Firenze
per
dirigersi
poi
verso
Pisa
attraversando
Montelupo
ed
Empoli.
La
marcata
propensione
ad
essere
un
centro
di
scambi
in
una
piana
attraversata
da
vari
corsi
d’acqua
e
collocata
al
centro
di
un’area
aperta
e
strategica,
Empoli
la
porta
nel
nome;
per
alcuni
studiosi
l’etimo
è di
origine
greca
e
precisamente
deriva
da
inpoleo
(vendo)
o da
emporion
(mercato).
E’anche
vero
che
altri
ipotizzano
un
etimo
diverso,
legato
ad
un
antico
castello
chiamato
Empolum
di
cui
si
fa
mensione
sin
dall’VIII
secolo
e
che
si
riferiva
ad
Empoli
vecchio
la
quale
denominazione
di
vecchio
ci
porta
ad
un'
antichità
assai
rimota,
attestata
palesemente
dagli
avanzi
di
romani
edilìzi;
da
colonne,
cioè,
capitelli,
musaici,
scavati
sotto
i
fondamenti
delle
stesse
mura
castellane
di
Empoli
in
varie
epoche,
e
persino
in
questo
medesimo
secolo:
indizi
manifesti
di
un
grande
paese
già
esistente
da
prima
ed
interrato
di
poi
per
lo
considerevole
rialzamento
di
suolo
in
quella
valle,
causato
dalle
alluvioni
del
fiume
Orme
e
dell'Arno
si
legge
in
uno
scritto
del
1861
ad
opera
di
un
prete
veneziano,
Giuseppe
Cappelletti,
nel
suo
libro
dedicato
alla
storia
delle
chiese
d’Italia.
I
vari
reperti
rinvenuti
già
intorno
al
XVIII
secolo
fecero
ipotizzare
un
centro
urbano
in
età
romana
nella
zona
di
Empoli
vecchio,
più
ad
ovest
rispetto
al
centro
storico
attuale,
ma
gli
scavi
effettuati
nell’attuale
centro
storico
di
Empoli
dal
1981
al
2001
e i
materiali
reperiti,
gettano
una
luce
nuova
sulla
storia
e
sul
ruolo
della
cittadina
del
Valdarno
inferiore,
ma
aprono
anche
nuovi
interrogativi.
Strutture
murarie,
ceramiche
provenienti
da
diversi
tipi
di
contenitore,
materiale
anforaceo,
pavimentazioni
musive
di
una
domus,
monete,
tra
cui
un
sesterzio
di
Nerone,
bronzi,
vetri,
sono
i
materiali
di
epoca
romana
rinvenuti,
anche
in
scavi
recenti,
che
si
collocano
tra
la
tarda
Repubblica
e
l’età
imperiale.
Che
Empoli
fosse
comunque
un
grosso
nodo
di
scambio
è
indubbio;
i
resti
fittili
rinvenuti
provenienti
da
varie
zone,
la
stessa
anfora
di
Empoli,
ne
sono
una
documentata
testimonianza.
La
vocazione
ad
essere
un
centro
mercantile,
garantita
da
una
fitta
viabilità
fluviale,
si
ravvisa
anche
successivamente
nel
nome
attribuito
alla
Pieve
di
S.
Andrea
detta
Pieve
al
Mercato
ed
attorno
alla
quale
si
realizzerà
l’incastellamento;
scriveva
il
Repetti
infatti
che
la
contessa
Emilia
invitò
i
popoli
di
Empoli
vecchio
e di
altre
borgate
del
distretto
Empolese
di
recarsi
ad
abitare
nel
luogo
della
pieve
di S
Andrea
e
documenta
l’incastellamento
alla
data
del
dì
10
dicembre
1119
da
parte
della
contessa
Emilia
moglie
del
conte
Guido
Guerra
signore
di
Empoli
che
col
consenso
del
marito
promise
e
giurò
tutto
quello
che
era
stato
promesso
e
giurato
dal
conte
Guido
Guerra
di
lei
consorte;cioè
“che,
da
quell’ora
sino
alle
calende
di
maggio
avvenire,
i
due
coniugi
avrebbero
obbligato
gli
uomini
del
distretto
di
Empoli,
sia
che
abitassero
alla
spicciolata,
o
che
stessero
riuniti
nei
castelli,
borghi
e
ville
dell’empolese
contrada,
compresi
quelli
del
luogo
di
Cittadella
(
tra
Empoli
vecchio
ed
Empoli
nuovo),
affinché
essi
stabilissero
il
loro
domicilio
intorno
alla
chiesa
matrice
di
Sant’Andrea
di
Empoli,
donando
per
tal’
effetto
a
tutte
le
famiglie
un
pezzo
di
terra,
o
casalino,
sufficiente
a
costruirvi
le
abitazioni,
e il
luogo
per
erigere
il
nuovo
castello.
I
conti
Guidi
erano
potentissimi
signori
che
verso
la
metà
dell’XI
secolo
dal
Valdarno
superiore
avevano
occupato
la
piana
del
Valdarno
inferiore
costruendovi
castelli.
La
vocazione
della
Terra
di
Empoli
a
divenire
o
tornare
ad
essere
un
mercato
importante
e
sicuramente
florido,
si
affermerà
nuovamente
a
partire
dall’incastellamento
come
dimostrarono
le
varie
lotte
dei
signori
del
Valdarno
superiore
e
poi
della
stessa
Firenze
per
conquistarlo.
Il
fiume
e le
vie
d’acqua
in
mezzo
alle
quali
era
sorto
avevano
contribuito
al
suo
notevole
sviluppo
commerciale
ed
economico
mentre
la
sua
posizione
centrale
nel
territorio
lo
avevano
reso
luogo
adatto
a
vari
congressi
politici
e
baluardo
contro
le
aggressioni
delle
repubbliche
nemiche
di
Firenze
della
quale
Empoli
sarebbe
sempre
stata
alleata.
I
fatti
accaduti
ne
sono
testimonianza:
dopo
la
battaglia
di
Montaperti
del
1260,
combattuta
tra
Senesi
e
Fiorentini,
i
primi
ghibellini
ed i
secondi
guelfi,
e
dopo
la
sconfitta
dei
Fiorentini,
fu
tenuto
proprio
in
quello
che
oggi
è
conosciuto
come
il
palazzo
Ghibellino
di
Empoli
il
congresso
dei
vincitori;
era
in
realtà
il
palazzo
nuovo
dei
conti
Guidi,
ma
proprio
a
causa
di
quel
congresso
fu
ribattezzato
palazzo
Ghibellino;
lì
Manente
degli
Uberti,
più
conosciuto
come
Farinata,
nobile
fiorentino
di
fede
ghibellina,
difese
Firenze
dalla
distruzione,
come
Dante
rammenta
nei
famosi
versi
del
canto
X
dell’Inferno.
La
città
inoltre
fu
più
volte
assediata,
nel
1315
dalle
truppe
di
Castruccio
Castracani
signore
di
Lucca,
ma
anche
dai
Pisani
e
dai
Visconti,
ma
le
sue
mura
castellane
resistettero
sempre.
Fu
la
forza
del
fiume,
quello
che
aveva
contribuito
e
non
poco
alla
sua
floridezza,
ad
abbatterle
nel
diluvio
del
1333.
L’avvenimento
trova
ampio
spazio
in
varie
cronache;
lo
storico
Inghirami
in
Storia
della
Toscana
del
1842
dà
ampio
spazio
ad
una
delle
alluvioni
del
fiume
Arno
che
coinvolse
pesantemente
tutta
la
valle
a
causa
delle
piogge
torrenziali
che
riempirono
a
dismisura
il
suo
letto
nell’anno
1333.
Anche
Giovanni
Villani
nelle
Istorie
fiorentine
racconta
delle
terre
che
lungo
il
corso
del
fiume
ebbero
a
soffrire
della
sua
furia:
coperse
l'Arno
e
guastò
il
Valdarno
di
sotto,
e
Pontormo
e
Empoli
e
Santa
Croce
e
Castelfranco,
e
gran
parte
de
le
mura
di
quelle
terre
rovinaro.
Che
Empoli
però
avesse
assunto
ormai
un
ruolo
fondamentale
nella
piana,
lo
testimonia
il
fatto
che
proprio
Firenze
si
premurò
di
ricostruirle
Tale
sventura
fu
apprezzata
dalla
Repubblica
fiorentina,
la
quale
con
sua
deliberazione
del
1336,
poco
dopo
l'escursione
ostile
fatta
sul
territorio
Empolese
dal
fuoriuscito
Ciupo
degli
Scolari
capitano
di
Mastino
della
Scala,
provvide
al
rifacimento
delle
mura
di
Empoli
e di
Pontorme,
concedendo
a
quei
popoli,
per
sostenere
le
spese,
alcune
temporanee
franchigie
ed
esenzioni
dai
pubblici
aggravj.