N. 19 - Dicembre 2006
EMIL
ZATOPEK
Una
locomotiva dall'est
di
Matteo Liberti
Emil Zatopec,
atleta di origine ceca, è stato senza
dubbio uno dei più grandi corridori
nella storia dello sport, per certi
versi il simbolo stesso
dell’atletica moderna.
Un evento su tutti lo
portò nel mito: l’olimpiade di
Helsinki ed i tre ori che
vi vinse; ma tutta la sua carriera fu
degna di essere ricordata e raccontata.
Partiamo dal sopranome,
che rimanda alla sua capacità di
resistenza ed alla disinvoltura con
cui sapeva cambiare passo e velocità,
ma anche al suo stile non proprio
ortodosso, quasi
sgraziato: la
locomotiva umana.
Così
divenne famoso.
La
locomotiva cominciò a correre per
caso.
Era nato in
Cecoslovacchia, Emil, nella città di Koprivinice,
il 19 settembre del 1922; cresciuto in una
famiglia numerosa sostenuta dal solo
lavoro del padre, un calzolaio.
Zatopek
da
giovane intraprese vari lavori, anche
di fatica, tra cui l'operaio in una
fabbrica che produceva scarpe...
Ebbene, si racconta che un
giorno il capo della fabbrica, grande
appassionato di atletica, organizzò
una gara aziendale.
Il giovane Zatopek
non aveva però una gran voglia di correre
e, per poter giustificare la sua
momentanea pigrizia, si disse che raccontò
di soffrire di grossi dolori al
ginocchio. Lo zelante capo si
sarebbe però alla diagnosi di un
medico, il quale affermò che il
ragazzo era a posto, e che si era
inventato tutto.
Emil dovette a quel
punto, sua fortuna prossima, disputare
la gara.
Arrivò secondo, ma
quel che conta è che ricevette comunque gli applausi degli
spettatori presenti, e la cosa sembrò
entusiasmarlo, gli piacque.
E gli bastò per
cominciare, da allora, ad allenarsi a
correre… in ogni ritaglio di tempo,
correva: la sera dopo il lavoro,
oppure la mattina presto, o la notte…
fino a che la corsa non proseguì
all’interno dell’accademia, in qualità
di militare professionista.
Ora poteva
dedicarsi quasi totalmente alla
disciplina sportiva, seguendo
programmi di allenamento durissimo,
correndo su ogni tipo di terreno e per
non meno di quattro ore giornaliere.
Emil Zatopek si segnalò
per la prima volta a livello
internazionale durante gli Europei del
1946 ad Oslo, prima
grande manifestazione sportiva dopo la
guerra.
Ottenne un quinto posto
nei 5.000 metri.
Vinse invece, nello
stesso anno, la gara dei 10.000 nei
giochi interalleati di
Berlino.
Alle successive
Olimpiadi di Londra, nel
1948, Zatopek guadagnò la sua
prima medaglia d'oro.
La vinse sui 10.000
metri, diventando il primo
campione olimpico cecoslovacco in una
disciplina di atletica.
Nel 1951 fu
invece il primo atleta a scendere
sotto l'ora di corsa nei
20 km.
Arrivarono poi le
tre medaglie
d'oro ai giochi del
1952
in Finlandia, ad
Helsinki.
Furono sui i
5.000
metri, i
10.000
e la
maratona,
a cui partecipava per la prima volta e
con decisione improvvisa...
Era il 27 luglio.
Zatopek
concluse la propria gara con una
straordinaria accelerazione che lo
condusse, solitario, dentro uno stadio
olimpico in delirio, con una folla
dedita solo ad urlare il suo nome.
Alla locomotiva era
riuscito tutto quello che non era mai
riuscito a nessuno.
In ognuna di queste
gare Zatopek aveva stabilito il record
olimpico.
La
settimana d'oro di Zatopek lo consacrò
uomo simbolo di quelle olimpiadi, e
non solo.
Le sue imprese fecero
presto il giro del mondo, così come il
suo soprannome...
In molti
ritengono che
la prova dei 5.000 mila
metri di Helsinki sia stata la più
affascinante gara nella storia
mondiale di questa disciplina.
Ancora quarto a mezzo
giro dell'arrivo, riuscì a superare il
trio di testa nell'ultima curva.
Quello stesso giorno la moglie Dana
ottenne la medaglia d'oro nel lancio
del giavellotto.
Nei 10.000 metri
Zatopek si limitò invece a staccare da
subito tutti i suoi avversari,
lasciando il secondo a più di cento
metri.
Leggenda
vuole, inoltre, che quei giochi olimpici fossero
stati affrontati da Emil Zatopek in
condizioni fisiche non perfette,
perché condizionate da una persistente
febbre...
Febbre
che sicuramente non aveva quando,
nel 1954, riuscì ad essere il primo
uomo ad
infrangere la barriera della mezzora
sui 10.000 metri.
Intanto, per
non smentirsi, qualche giorno prima
aveva stabilito il nuovo record del
mondo sui 5.000.
Imbattuto per sette
anni consecutivi, 38 gare.
E con
diciotto
record mondiali su prove di
fondo.
Oltre a
ciò, Zatopek si vide assegnato per tre
volte, nel 1949, nel 1951 e nel 1952
il titolo di miglior sportivo del
mondo.
A cercare un qualche
segreto della sua capacità atletica,
in molti hanno spesso messo l'accento sui suoi originali metodi di
allenamento...
Il principale era sui
10.000 metri, divisi in più
tappe: cinque scatti da 200 metri,
venti giri di pista (400 metri) ed
infine altre 5 serie da 200 metri. Ma,
aldilà delle particolari tipologie
adottate, quel che va ricordato è che
quella
dell'allenamento era per Zatopek una
specie di ossessione.
Ne studiava
sempre di nuovi, su ogni superficie e
terreno, ironizzando spesso su se
stesso e sulle sue manie, da uomo di
spirito quale era.
Il suo
buon umore non svanì neanche quando
nel 1956, ai
giochi di Melbourne, si ritrovò
solo sesto alla conclusione della
maratona.
Sarebbe
stata la sua ultima olimpiade.
Aveva 34
anni.
L'atleta
entrò allora nel mito.
Rimase
l'uomo, con tutto il suo carisma.
Aveva studiato da
autodidatta, Zatopek, arrivando anche ad
imparare cinque lingue.
E da
autodidatta si era avvicinato alla
politica, diventando una delle figure
di spicco della dissidenza
cecoslovacca e firmatario entusiasta,
nel 1968, del manifesto di
Alexander
Dubcek,
l'eroe riformatore e sfortunato della
primavera di Praga.
Con
l'intervento sovietico che spense la
primavera, Zatopek pagherà sulla sua
pelle le proprie scelte.
Espulso
dall'esercito, fu costretto ad
abbandonare
Praga.
Tornato nelle terre
d'origine, si guadagnò da vivere
tornando a fare l'operaio e poi il
minatore.
Il
ritorno a Praga avvenne, in trionfo,
nel 1975, con la nomina di consulente
del
Ministero dello sport.
Ma sarà
solo dopo il crollo definitivo del
regime comunista, nel 1989, che Zatopek poté riacquisire
tutta la fama che
meritava, non più frenata, nella sua
diffusione, dai meccanismi della
guerra fredda.
Il
ritiro ufficiale della locomotiva dal
mondo sportivo avvenne nel
1982.
Continuò a vivere nella sua città,
insieme all'amata moglie Dana,
fino al 21 novembre del
2000.
Da quel
giorno, il giorno in cui morì, visse nei ricordi e nella fantasia
popolare degli appassionati di sport.
Due anni dopo, nel giardino del
Museo Olimpico
di Losanna,
si vedrà sorgere una statua di bronzo con le
sue sembianze.
Successivamente, l'Associazione
Ceca di Atletica
ne onorerà la memoria col titolo di
Atleta del Secolo.
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