antica
SULL’ELLENISMO
PRIMO FENOMENO DI INTEGRAZIONE
GLOBALE?
di Antonio Di Palo
Della globalizzazione tendiamo con
giusta ragione a collocarne l’alba tra
il XX e XXI secolo. Il fenomeno è ormai
ben noto e con questo termine si intende
“la diffusione su scala mondiale, grazie
ai nuovi mezzi di comunicazione, di
tendenze, idee e problematiche”, come
recita la definizione di Oxford
Languages. Essa ha significato
un’integrazione culturale di massa di
seguito a una massiccia integrazione
economica e politica che ha praticamente
annullato molte delle barriere
conosciute dagli uomini.
Ma questo fenomeno tipicamente del XX e
del XXI secolo è stato in realtà
esperito dai popoli anche durante
l’ellenismo che, con modalità, ambizioni
e confini geopolitici differenti, li
aveva già resi “genti del mondo”.
L’ellenismo (noto anche come età
alessandrina o età ellenistica), termine
coniato da Johann Gustav Droysen,
storico e politico tedesco
dell’Ottocento, indica nella
storiografia moderna quel periodo
storico-culturale del Mondo Antico –
espressione con la quale ci si riferisce
alle parti della terra note ai popoli
europei prima dei viaggi di Cristoforo
Colombo – che generalmente si fa partire
dalla morte di Alessandro Magno fino
alla nascita formale dell’Impero Romano,
caratterizzato dalla diffusione della
civiltà “ellenica” nel mondo
mediterraneo, eurasiatico e orientale, e
dalla sua fusione con le culture
dell’Asia Minore, dell’Asia Centrale,
della Siria e della Fenicia, dell’Africa
del Nord, della Mesopotamia, dell’Iran e
dell’India con la conseguente nascita di
una civiltà detta appunto “ellenistica”.
È stato un momento di enorme importanza
che è riuscito a segnare il mondo
indelebilmente, provando per la prima
volta a uniformare un’unica visione del
mondo, trovando però diversi ostacoli
nel farlo.
Facciamo un passo indietro, l’evento
cruciale che sancì l’ascesa della nuova
cultura ellenistica, molto
probabilmente, fu la crisi del modello
politico greco, che portò sia
all’esasperazione dei suoi cittadini nei
confronti delle interminabili guerre tra
le diverse poleis sia alla
convinzione che la pace e l’unità
potessero essere raggiunte solo
attraverso l’intervento di un principe
straniero. È in questo contesto di
debolezza politica e di fratture sociali
che Filippo II di Macedonia si impone
sulla scena greca conquistandola
militarmente (e passando alla storia
anche e soprattutto per questo) nel 338
a.C. con la vittoria della battaglia di
Cheronea.
Poi ci fu l’avvento di Alessandro, che
seguì Filippo, e iniziarono a
registrarsi diversi passi indietro
riguardo le libertà alle varie poleis
– come vedremo a breve tutto il concetto
di città-stato verrà infatti
drasticamente ridimensionato – ma
nonostante ciò i successi del principe
macedone fecero pregustare alla
popolazione greca anche il coronamento
di un grande sogno: la vittoria della
Grecia unita contro il popolo persiano e
il possibile conseguente abbraccio greco
a tutte le terre fino ad allora
conosciute.
Nel 334 a.C Alessandro Magno passa il
Bosforo per attaccare l’impero persiano,
cimentandosi in uno sforzo che può, per
le conseguenze che ebbe, essere
considerato uno degli eventi epocali
nella storia del Mondo Antico.
La predisposizione mostrata dal popolo
greco verso questa impresa ci
suggerisce, in ogni caso, un aspetto che
molti storici hanno analizzato, e cioè
che in realtà le spinte “ellenistiche”,
e quindi le origini di tutto il
fenomeno, provengano da più lontano
rispetto alla spedizione di Alessandro e
addirittura ancor prima della
successione a Filippo, affondando le sue
radici nella civiltà greca e
mediterranea del tempo che al massimo il
macedone ha saputo interpretare
conferendogli ulteriore slancio.
Come è chiaro fin da subito, quindi, il
mondo ellenistico dal punto di vista
geografico ha compreso un’area immensa
se si pensa alla percezione dei confini
di quell’epoca che andava dall’Italia
meridionale all’India e aveva in
Alessandria d’Egitto il suo centro più
rilevante. L’ellenismo pose fine anche a
un limite fino a quel momento parso
invalicabile, e cioè quello tra le
culture occidentali e quelle orientali.
Con l’età ellenistica, per la prima
volta, questa barriera viene eliminata
aprendo il varco, in questo modo, anche
alla successiva diffusione della civiltà
romana.
La cultura ellenica, venendo a contatto
con le tradizioni e le credenze delle
diverse popolazioni, divenne cultura
“ellenistica” e la koinè (una
“nuova” lingua greca semplificazione di
quella originaria) si trasformò, molti
anni prima dell’inglese, nella lingua
usata degli gli affari politici ed
economici di rilievo e della cultura di
tutti i territori facenti parte
dell’universo ellenistico, esercitando
un potente ruolo di unificazione.
Un’unificazione necessaria dal momento
in cui la polis fino ad allora
conosciuta, e cioè il fulcro
dell’economia, delle strutture sociali,
dei valori morali, della religione e del
rapporto con il mondo che i cittadini
greci avevano da tantissimi anni, viene
messo in crisi dalla costruzione di
vasti stati territoriali soggetti al
potere centrale di un sovrano assoluto.
Le poleis non muoiono, ma, per
quanto provino a non trasformarsi
definitivamente, sono sempre più
eliminate dalla grande politica e
ridotte a municipi posti sotto la
protezione dei grandi stati e fra essi
contesi.
Anche l’importanza che Atene conserva
ancora nel III secolo, quale “capitale
morale”, va rapidamente declinando, pur
riuscendo la città a non perdere le sue
tradizionali peculiarità. Questo porta
l’uomo greco ad affacciarsi al mondo e a
trasformarsi da cittadino della polis
a cittadino del mondo, cosa mai accaduta
prima di allora per qualsiasi popolo di
cui si ha conoscenza. Ma soprattutto le
città crescono, si espandono e si
popolano vertiginosamente: Alessandria,
Pergamo, Antiochia divengono centri
economici, culturali e politici con
un’edilizia fiorente, e infatti
l’urbanesimo sarà un altro tratto
distintivo di tutto questo periodo.
L’obbiettivo resta sempre quello
ambizioso di uniformare, in questo caso
le città – ma, si badi bene, senza
omologarle dato che sarebbe stato
impossibile viste comunque le unicità e
le diversità di ognuna –, pur essendo
esse diventate ormai contenitori di
etnie tra le più disparate. Possiamo
dire, infatti, che probabilmente questo
è stato anche il primo tentativo di
costituire città “globali” e aperte,
arricchite dalle differenze di chi le
viveva: delle città cosmopolite e
culturalmente integrate e variegate,
come quelle in cui ci imbattiamo oggi
quando atterriamo a Vienna piuttosto che
a Bruxelles. Da qualche parte si è pur
cominciato a immaginare ciò che poi è
accaduto. Dopo la morte di Alessandro
alcune città greche pensarono di poter
riconquistare la loro libertà ma le
ribellioni costarono al popolo dure
repressioni.
La koinè fu anche la lingua della
letteratura ellenistica e si rivelò
fondamentale per il consolidamento
definitivo della “civiltà del libro”. In
età arcaica e per parte dell’età
classica, infatti, la letteratura era
fruita esclusivamente oralmente, è con
l’età ellenistica che la comunicazione
letteraria per la prima volta muta e
diventa anche lettura individuale.
Questo altro incredibile passo in avanti
mostra però anche dei limiti: la civiltà
del libro appartiene soltanto a un
pubblico ristretto ed elitario e i ceti
bassi ne restano esclusi. Si differenzia
così una cultura alta da una cultura
popolare che intanto continua a
svilupparsi per le strade in forme
abbastanza tradizionali. Ed è forse
questo il motivo principale per cui si
può parlare di ellenismo come
“tentativo” non sufficientemente
completo di uniformazione di un mondo:
la cultura i fatti non permeano nelle
masse che, pur diventate agglomerati di
“cittadini del mondo”, restano escluse
da importanti settori della vita
pubblica.
Il rapido scemare della civiltà orale e
la sempre più imponente funzione del
libro furono anche i fattori che
portarono alla nascita della filologia,
disciplina nuovissima che meriterebbe
una trattazione a parte e che per ovvi
motivi ci permetteremo di non
approfondire.
Anche la scienza raggiunse vette
importanti e venne resa fruibile più
massicciamente grazie al libro. Nacque
la figura dello scienziato di
professione, dedito allo studio e alla
ricerca e il primato di questa
rigogliosità scientifica e tecnica
spettò senza dubbio ad Alessandria, dove
la Biblioteca e il Museo attrassero
tutti gli scienziati più grandi
dell’epoca, diventando un crocevia di
contaminazione scientifica di
prim’ordine nel panorama del mondo di
allora. Tantissimi, tra l’altro, i
manuali di varie discipline scientifiche
che ci sono pervenuti direttamente
dall’ellenismo, testi che hanno
racchiuso teorie che sono state la base
teorica e il sistema di principi per
ricerche e ulteriori passi in avanti che
si verificheranno nei secoli a venire.
L’ellenismo è stato il primo grande
esperimento di integrazione culturale
scaturito da un progetto geopolitico, ma
l’integrazione realizzatasi, oltre a
essere prodotto degli allargamenti e
delle conquiste macedoni, ha
rappresentato essa stessa la sponda
teorica su cui si è basato il progetto
alessandrino: portare la cultura
ellenica ovunque e farla incontrare con
tutte le altre.
Oggi è estremamente semplice per noi
pensare il mondo come un posto nel quale
poter ascoltare canzoni sudcoreane o
guardare serie TV indiane. Non è anomalo
per noi preoccuparci di ciò che accade
in Nagorno Karabakh o in Medio Oriente,
perché sentiamo che tutto questo
riguarda anche noi, e forse potremmo
anche evitare di descrivere ciò come
modo di pensare il mondo: questo è a
tutti gli effetti il nostro mondo, la
nostra dimensione spazio-temporale.
Ma per gli uomini del periodo che va
dalle imprese di Alessandro Magno
all’imporsi di Roma la contaminazione
culturale fu cosa totalmente nuova. I
cittadini mediterranei conducevano le
loro vite nella dimensione “ristretta”
della polis e mai avevano pensato
di doversi preoccupare dei popoli
orientali, di condividerne taluni
problemi o addirittura un repertorio
linguistico.
L’incredibile apertura degli orizzonti
politici e psicologici fu anche ingiusta
dal punto di vista sociale in alcuni
suoi aspetti perché, come abbiamo visto,
se è vero che i confini si allargarono a
dismisura offrendo molte opportunità,
l’urbanizzazione dei centri più
importanti lasciò nelle “periferie”
delle campagne tantissime categorie e
classi che non furono capaci di
trasferirvisi e che furono lasciate al
di fuori della vera vita politica,
economica e sociale. Anche la
disuguaglianza centro urbano-periferia
che non ci sembra niente di
particolarmente nuovo, fu un dramma
psicosociale del tutto inedito per quei
popoli.
Saranno poi i Romani a sfruttare
l’enorme possibilità di non avere più
barriere culturali tra occidente e
oriente, costituitasi grazie
all’ellenismo, per farne una creatura
ancora più integrata – il latino non
subirà semplificazioni come il greco, ad
esempio – anche grazie alla rilevanza
ancora più marcata del centro (“Roma
caput mundi”) e all’atteggiamento e
la costituzione da “impero” che
assumerà. |